Convegno Pontremoli, 21 febbraio 2020

“Prime riflessioni sulla riscossione delle entrate locali mediante accertamento esecutivo, ai sensi della L. 160/19”


Prima di procedere ad analizzare i concreti risvolti giurisprudenziali relativi all’argomento assegnato, occorre comprendere il fenomeno giuridico posto alla base del Libro V Titolo V Capo X Sezione II del codice civile, ovvero che cosa si intende per “fusione tra società”.

La fusione, disciplinata dagli articoli 2501-2504quinquies c.c., è l’operazione attraverso la quale due o più società si concentrano in una sola e può estrinsecarsi secondo due modalità:

  1. a) fusione per unione, ovvero costituzione di una nuova società;
  2. b) fusione per incorporazione, cioè assorbimento in una società di una o più altre, in maniera diretta quando la partecipante incorpora la partecipata, o inversa quando la partecipata incorpora la partecipante.

Con la fusione, le società fuse o incorporate si estinguono e si verifica la successione dell’incorporante nei beni, nei diritti e negli obblighi già in capo all’incorporata e il loro passaggio ad un altro soggetto: l’art. 2504bis c.c. stabilisce, infatti, che <<La società che risulta dalla fusione, o quella incorporante, assumono i diritti e gli obblighi delle società estinte>>.

La fusione può essere effettuata anche in pendenza di procedure concorsuali: in particolare, ciò è possibile anche fra società in liquidazione purché non sia iniziata la distribuzione dell’attivo.

Se la fusione è eterogenea, cioè si verifica fra società di natura giuridica diversa, si applicano anche le norme relative alla trasformazione societaria eterogenea: la fusione può, inoltre, essere omogenea, ovvero tra società dello stesso tipo.

Il procedimento di fusione può essere articolato in tre fasi essenziali: progetto, delibera e atto di fusione; l’art 2502 c.c. dispone che <<la fusione è decisa da ciascuna delle società che vi partecipano mediante l’approvazione del relativo progetto>>.

In particolare, vengono predisposti il progetto di fusione (art. 2501ter c.c.), la situazione patrimoniale delle società partecipanti alla fusione (art. 2501quater c.c.), la relazione dell’organo amministrativo (art. 2501quinquies c.c.) e la relazione degli esperti (art. 2501sexies c.c.).

Il progetto di fusione, unico per tutte le società partecipanti, deve essere depositato e iscritto nel Registro delle imprese dovendo intercorrere 30 giorni liberi tra la delibera e l’iscrizione (salvo rinuncia unanime dei soci), con i creditori che possono proporre opposizione entro 60 giorni dall’iscrizione: occorre, inoltre, depositare la relazione dell’organo amministrativo, la relazione degli esperti, la situazione patrimoniale redatta dall’organo amministrativo risalente a non oltre 120 giorni salvo che all’unanimità vi rinuncino i soci delle partecipanti (così il D.Lgs. 123/2012) e gli ultimi tre bilanci approvati con l’informativa di accompagnamento; in alternativa al deposito, è ammessa la pubblicazione sul sito internet della società, con modalità atte a garantire la sicurezza del sito, l’autenticità dei documenti, la certezza della data di pubblicazione.

Il progetto di fusione deve contenere:

–        il tipo, la denominazione, la sede della società partecipanti alla fusione;

–        l’atto costitutivo della società risultante dalla fusione o di quella incorporante;

–        il rapporto di cambio delle azioni o quote delle società partecipanti alla fusione, nonché l’eventuale conguaglio in denaro;

–        le modalità di assegnazione delle azioni o quote della società risultante dalla fusione;

–        la data dalla quale tali azioni o quote parteciperanno agli utili;

–        la data a partire dalla quale le transazioni delle società partecipanti alla fusione sono imputate a bilancio della società risultante dalla fusione;

–        il trattamento eventualmente riservato a particolari categorie di soci o possessori di titoli diversi dalle azioni;

–        i vantaggi eventualmente proposti a favore degli amministratori delle società partecipanti alla fusione.

Uno o più esperti (nominati dal presidente del Tribunale se s.p.a. o s.a.p.a., scelti fra le società di revisione se società quotata) devono redigere una relazione sulla congruità del rapporto di cambio per ciascuna società partecipante, indicando i metodi seguiti per la relativa determinazione.

Le delibere di fusione assunte dalle assemblee straordinarie di ciascuna delle società partecipanti non possono comportare modifiche dei diritti dei soci o dei terzi: direttamente conseguente alla delibera è l’atto di fusione, che deve essere stipulato per atto pubblico (art. 2504 c.c.) dai rappresentanti legali delle società partecipanti, depositato presso l’Ufficio del Registro delle imprese entro 30 giorni dalla sua stipulazione ed ha effetto decorsi 60 giorni dal momento dell’iscrizione, a tutela dei creditori sociali che entro tale termine possono proporre opposizione, salve le deroghe previste dall’art. 2503 c.c.

Esistono poi delle procedure semplificate previste per l’incorporazione di società interamente possedute (art. 2505 c.c.) e possedute al 90% (art. 2505bis c.c.), con particolare riferimento alla possibilità che la delibera di fusione venga adottata dagli organi amministrativi delle singole società.

Fa eccezione il caso di fusione a seguito di acquisizione con indebitamento (c.d. leveraged buy out) alla quale non sono applicabili le procedure semplificate: in tale ipotesi, una società si è indebitata per acquisire il controllo dell’altra, quando per effetto della fusione, il patrimonio di quest’ultima viene a costituire garanzia o fonte di rimborso dei debiti. In tal caso, il progetto di fusione deve indicare le risorse finanziarie previste per il soddisfacimento delle obbligazioni della società risultante dalla fusione e la relazione dell’organo amministrativo deve indicare le ragioni che giustificano l’operazione, corredate di un piano economico finanziario in linea con gli obiettivi da raggiungere: la relazione degli esperti deve dare atto della ragionevolezza del progetto di fusione, al quale occorre allegare la relazione del revisore legale della società obiettivo o della società acquirente.

Fatte queste doverose premesse, entriamo nel dettaglio delle “situazioni patologiche” nelle quali rientrano le società incorporate sottoposte ad esecuzione tributaria.

Partiamo da un dato sul quale la giurisprudenza appare orientata in maniera costante ed uniforme: per effetto della fusione per incorporazione la società incorporata non si estingue, né per effetto della fusione sorge un nuovo soggetto giuridico distinto da quello incorporato; semplicemente, si verifica una vicenda modificativa in forza della quale la società risultante dalla fusione prosegue in tutti i rapporti anteriori alla fusione. Ma il primo problema che si pone per il creditore è il seguente: a chi notifico l’atto tributario? Alla nuova società risultante dalla fusione? O alla società incorporata?

Nel caso di fusione per incorporazione, pur essendo la società incorporata non ancora estinta, dobbiamo tenere conto delle forme di pubblicità che la legge prescrive in questi casi: l’iscrizione nel Registro delle Imprese e la pubblicazione del relativo estratto nella Gazzetta Ufficiale, così come previsti dall’art. 2504 c.c., costituiscono il confine a partire dal quale la notifica effettuata presso la sede della società incorporata si considera inesistente, dal momento che, esaurite le ultime formalità sopra richiamate, la società incorporante deve essere considerata a tutti gli effetti come colei che assume i diritti e gli obblighi della società incorporata; pertanto, la notifica eseguita dopo tale data presso la sede della società incorporata risulterà nulla, trattandosi peraltro di nullità assoluta rilevabile d’ufficio.

Viceversa, è valida la notifica dell’impugnazione al procuratore costituito della società incorporata ove, in analogia con l’art. 300 c.p.c., l’impugnante non abbia potuto venire a conoscenza dell’evento modificatore della capacità della persona giuridica, non potendo certamente essere invocata la presunzione di conoscenza dei terzi nei confronti di vicende per le quali la legge prescrive precise forme di pubblicità notizia, presunzione che evidentemente non può operare in sede processuale. Di conseguenza, l’estinzione del soggetto che è parte costituita nel processo, non produce effetto se non è stata dichiarata dal procuratore in udienza ovvero se non è stata notificata alle altre parti ai sensi dell’art. 300 c.p.c. Mentre la notifica nella nuova sede legale resta comunque valida anche se priva delle forme di pubblicità prescritte dalla legge, la società che intenda contestare la notifica effettuata nella precedente sede ha l’onere di dimostrare l’avvenuta esecuzione di tutte le formalità pubblicitarie previste.

Risolto il problema della notifica, vediamo di entrare nel merito degli obblighi fiscali delle società incorporate partendo da una significativa pronuncia del Consiglio di Stato Sezione III n.2937 del 30/06/2016: secondo la disciplina civilistica successiva alla modifica del diritto societario del 2003, a seguito di fusione per incorporazione due o più società si concentrano in una sola, attraverso un mutamento formale di un’organizzazione societaria già esistente ma senza che venga creato un nuovo ente (Cass., sez. VI, 18 novembre 2014 n. 24498, Cass. civile, sez. lav., 15 febbraio 2013, n. 3820).

All’esito dell’operazione che unisce i soggetti e il patrimonio delle diverse società, il soggetto risultante dalla fusione assume i diritti e gli obblighi di tutte le società partecipanti ex art. 2504-bis c.c.: è in capo a questo soggetto che proseguono tutti i rapporti non definiti con i terzi sorti anteriormente alla modifica della struttura societaria. Nel momento dell’incorporazione, quindi, anche le obbligazioni di pagamento delle imposte tributarie pregresse si trasferiscono alla società incorporante, per cui ubi commoda ibi et incommoda, restando inadempiente la società incorporante alla quale l’obbligazione tributaria inadempiuta si è trasferita (in tal senso, cfr. anche quanto previsto dall’art. 172, comma 4, TUIR, a norma del quale “Dalla data in cui ha effetto la fusione la società risultante dalla fusione o incorporante subentra negli obblighi e nei diritti delle società fuse o incorporate relativi alle imposte sui redditi, salvo quanto stabilito nei commi 5 e 7”).

Pertanto, le cause di esclusione della società incorporata, relative alle pregresse inadempienze verso il Fisco, si estendono automaticamente alla società incorporante, in conformità con l’art. 38, comma 1, lett. g) del D. Lgs. 163/2006, che mira a garantire la solvibilità e solidità finanziaria dei contraenti delle pubbliche amministrazioni, evitando che soggetti privi di tali requisiti partecipino a gare pubbliche utilizzando lo schermo di altra società – incorporante – in continuità dell’attività imprenditoriale, sia pure nel nuovo assetto organizzativo, consentendo il permanere di un grave inadempimento delle obbligazioni tributarie, indice dell’inaffidabilità del concorrente dal punto di vista della regolarità fiscale.

Sul punto si è già espressa costante ed uniforme giurisprudenza (cfr. in particolare Consiglio di Stato, sez. VI, 7 agosto 2015 n. 3910, ord. 18 dicembre 2013, n. 5032; T.A.R. Toscana, Firenze, sez. II, 28 febbraio 2014, n. 409) per cui la società incorporante risponde del debito tributario non assolto dalla società incorporata.

Si tratta, infatti, di una vicenda evolutiva del medesimo soggetto, sia pure diversamente organizzato, in base al quale la società incorporante o risultante dalla fusione, pur non potendo essere identificata come un successore universale, neppure può considerarsi un soggetto “altro” e “diverso”, ma al più “composito” in cui le società partecipanti all’operazione societaria continuano in qualche modo ad esistere.

In tal senso anche la Cassazione Civile, con la sentenza n.20928 del 07/09/2017, in continuità giurisprudenziale con i principi sin qui espressi, ha ribadito che “la cartella di pagamento intestata alla società incorporata è dunque idonea a produrre effetti, e ciò in coerenza all’art. 2504 bis c.c., laddove stabilisce che la società incorporante assume i diritti e gli obblighi delle società incorporate”.

La società cancellata dal registro delle imprese conserva solo la capacità di stare in giudizio per tutelare l’affidamento della controparte. Questo il principio da ultimo ribadito dalla Cassazione Civile Sezione III con la sentenza n.23641 del 24/09/2019.

La fusione per incorporazione, che non comporta un fenomeno successorio in base al quale si verifica l’estinzione della società incorporata e viene ad esistenza un nuovo soggetto giuridico (la società incorporante), non consente alla società incorporata di mantenere la legittimazione processuale, se non limitatamente all’esigenza di tutelare l’affidamento della controparte che non abbia potuto venire a conoscenza dell’avvenuta fusione.

Nel caso in esame il Giudice di primo grado condannava una società a corrispondere ad una banca un indennizzo per illegittima occupazione di un immobile ottenuto sulla base di un contratto di locazione finanziaria oggetto di reiterate cessioni tra diverse società, l’ultima delle quali incorporata per fusione.

Dopo la conferma della sentenza di primo grado in sede di appello, nel ricorso per cassazione veniva contestata l’entità del canone di sublocazione finanziaria: la banca, proponendo ricorso in via incidentale nei confronti della decisione del Giudice di appello, sosteneva l’inammissibilità dell’impugnazione in quanto proposta da una società priva di legittimazione ad agire perché già cancellata dal Registro delle imprese.

La Cassazione ha dapprima richiamato il disposto dell’art. 2504 bis c.c., nel testo vigente riformato ex D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, avente ad oggetto gli effetti dell’operazione di fusione, secondo il quale la società che risulta dalla fusione o quella incorporante assumono i diritti e gli obblighi delle società partecipanti, proseguendo in tutti i loro rapporti, anche processuali, anteriori all’operazione.

Secondo il precedente orientamento della giurisprudenza di legittimità, la fusione comporterebbe l’estinzione della società e la conseguente successione a titolo universale del soggetto incorporante in tutti i rapporti sostanziali e processuali: tale posizione è stata, tuttavia, superata dalla tesi c.d. “modificazionistica” (già anticipata all’inizio della nostra discussione) in virtù della quale la fusione per incorporazione rientra tra le vicende meramente modificative dell’atto costitutivo.

La riforma dello stesso art. 2504 bis c.c. – motiva la Cassazione – ha sostituito l’aggettivo “estinte”, che veniva utilizzato per fare riferimento alle società incorporate, con quello di “società partecipanti alla fusione”: ecco perché la teoria della successione a titolo universale che implica l’estinzione della società incorporata non ha più ragion d’essere.

Non solo, ma anche l’espressione “proseguendo in tutti i loro rapporti anche processuali alla fusione” contenuta nell’art. 2504 bis c.c. non lascia certo intravedere alcuna apertura in favore della tesi relativa all’estinzione della società incorporata: di conseguenza, la società incorporante, quale centro unitario di imputazione dei rapporti giuridici preesistenti, ovvero di tutte le posizioni attive e passive, è investita anche della legittimazione attiva e passiva della incorporata, non potendo sussistere alcuna differenza soggettiva tra la società incorporata e quella risultante dalla fusione.

Proprio sulla base della tesi c.d. “modificazionistica”, la giurisprudenza ha ammesso che la legittimazione processuale resta in capo alla società che, nel corso del giudizio, venga fusa per incorporazione in un’altra: quest’ultima, dunque, non solo è legittimata a proporre appello, ma è anche legittimata passivamente a subirne la notifica; la Cassazione ha, inoltre, confermato la sentenza emessa nei confronti dell’incorporata, nonostante il perfezionamento della fusione nel corso del giudizio.

E per quanto riguarda la legittimazione processuale attiva della società incorporata già cancellata dal Registro delle imprese?

I Giudici, in questo caso, hanno ancora una volta sottolineato che la fusione per incorporazione determina un fenomeno evolutivo – modificativo della società in relazione al quale non è possibile determinare l’estinzione di un soggetto e la creazione di un altro: tale operazione – si sostiene – comporta una unificazione paritaria tra le società partecipanti che si integrano reciprocamente.

La cancellazione dal Registro delle imprese della società incorporata è fenomeno ben diverso da quello che si verifica in seguito alla cessazione o al compimento delle attività di liquidazione: nella fusione per incorporazione la società incorporante, che partecipa alla fusione ed è chiamata a subentrare nella posizione processuale dell’incorporata, non è mai del tutto distinta dalla parte già costituita, ragion per cui tale operazione è strettamente correlata alla volontà degli organi delle due società coinvolte. Permangono, tuttavia, dei dubbi sugli effetti processuali che ne derivano.

Se è vero che la maggior parte delle pronunce che si sono occupate della legittimazione processuale passiva della società incorporata cancellata dal Registro delle imprese hanno sostenuto che tale evento non avrebbe rilievo dirimente ove determinato dalla fusione, occorre considerare che esistono altre pronunce (seppur meno numerose) che hanno affrontato la questione della legittimazione attiva della società incorporata cancellata dal Registro delle imprese, e ciò con particolare riferimento all’esigenza di garantire la tutela dell’affidamento della controparte processuale.

Cosa accade se la controparte, ignorando l’avvenuta fusione per incorporazione con conseguente cancellazione della società incorporata, abbia agito nei confronti di quest’ultima?

Per la Cassazione, tale ipotesi deve essere trattata diversamente dal caso in cui la società incorporata prima ottenga la cancellazione dal Registro delle imprese e solo successivamente proponga l’azione: tale situazione non appare giustificabile nella logica del sistema, poiché la società incorporata non sarebbe autorizzata a mantenere una propria individualità anche dopo l’avvenuta fusione con la conseguente cancellazione dal Registro delle imprese tanto da far ritenere giuridicamente possibile una propria autonoma legittimazione attiva; la Cassazione ha così dichiarato inammissibile il ricorso principale, mentre ha accolto quello incidentale della banca, dichiarando inammissibile l’impugnazione proposta da una società priva di legittimazione ad agire perché già cancellata dal Registro delle imprese, con conseguente passaggio in giudicato della sentenza di primo grado.

Un’ultima significativa pronuncia della Corte di Cassazione è stata articolata con l’ordinanza 28 ottobre 2019, n. 27425, che ha stabilito come la notifica successiva alla cancellazione dal Registro delle imprese da parte dell’Agente per la riscossione determina l’inesistenza della notifica: la pronuncia prende le mosse dal ricorso per cassazione di Agenzia delle Entrate e Agenzia delle Entrate – Riscossione (già Equitalia Centro S.p.A.), affidato ad unico motivo, nei confronti della sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Toscana, che aveva respinto l’appello del Concessionario contro la decisione della Commissione Tributaria Provinciale di Firenze n. 1296/2014, con cui era stato accolto il ricorso proposto dal contribuente avverso cartella esattoriale IRPEF, IRAP, IVA 2007, notificata in data 10/11 agosto 2011, da Equitalia Cerit S.p.A, ritenuta inesistente “perché proveniente da soggetto giuridico, alla data delle notificazioni, non più esistente perché cancellato dal Registro delle imprese”; secondo i ricorrenti, seguendo l’impostazione della CTR, si verificherebbe una <<violazione/falsa applicazione dell’art. 2504-bis c.c.>> in quanto la continuità tra società incorporante e società incorporata, a seguito di operazione di fusione societaria ex art. 2504 bis c.c., comporterebbe l’imputazione degli effetti dell’attività della seconda alla prima.

La Corte ha ritenuto infondato tale motivo di censura: in particolare, l’art. 2504-bis c.c., comma 1, nel testo che risulta dopo la riforma attuata con il D.Lgs. n. 6 del 2003, non intacca la previsione secondo cui la società risultante dalla fusione o incorporante assume i diritti e gli obblighi delle società partecipanti all’operazione, ma non parla più di società <<estinte>> e soprattutto prevede espressamente che l’assunzione in capo alla società risultante dalla fusione o incorporante dei diritti e degli obblighi delle società preesistenti comporta la prosecuzione di tutti i rapporti, anche processuali, anteriori alla fusione.

La Corte ha dunque osservato che <<il legislatore ha così (definitivamente) chiarito che la fusione tra società, prevista dall’art. 2501 c.c. e segg., non determina, nell’ipotesi di fusione per incorporazione, l’estinzione della società incorporata, né crea un nuovo soggetto di diritto nell’ipotesi di fusione paritaria; ma attua l’unificazione mediante l’integrazione reciproca delle società partecipanti alla fusione>> (Cass., Sez. Un., n. 2637/2006) e le fusioni avvenute dopo l’entrata in vigore del nuovo testo dell’art. 2504-bis c.c., determinano soltanto un fenomeno evolutivo – modificativo della società, il che significa che non vi è <l’estinzione di un soggetto e (correlativamente) la creazione di un diverso soggetto; risolvendosi (come già è stato rilevato in dottrina) in una vicenda meramente evolutiva–modificativa dello stesso soggetto, che conserva la propria identità, pur in un nuovo assetto organizzativo> (cfr. Cass., Sez. Un., n. 19698/2010, 19509/2010);

Ben diversa è la situazione dell’estinzione conseguente alla cancellazione della società dal Registro delle imprese per cessazione o per completamento delle attività di liquidazione, in base alla considerazione che, <<nell’incorporazione per fusione, la società incorporante, già prima della citata novella del 2003, partecipando essa stessa alla fusione, non è mai totalmente distinta dalla parte già costituita, onde quel tipo di operazione dipende interamente dalla volontà degli stessi organi delle due società che ne sono protagoniste, ivi compresa l’incorporante che è destinata a subentrare nella posizione processuale dell’incorporata>> (cfr. Cass., Sez. Un., n. 6070/2013).

L’evento della cancellazione non assume, quindi, rilievo dirimente, qualora sia determinato dalla fusione, ed ancora le Sezioni Unite (Cass., Sez. Un., n. 6070/2013) hanno rimarcato, esaminando la rilevanza della cancellazione ai fini dell’estinzione della società, che <<ben diverso è il caso dell’estinzione conseguente a cancellazione della società dal Registro delle imprese, che certamente può anch’essa dipendere da un atto volontario della parte, ma alla quale non può dirsi partecipe il soggetto (il socio) destinato a succederle nel processo, al quale può essere sì talvolta imputato di aver concorso con la sua volontà a porre la società in liquidazione, ma di regola non certo di averne determinato l’estinzione, a seguito di cancellazione dal registro, nonostante la pendenza dì rapporti non ancora definiti>>.

Tuttavia, occorre considerare che la stessa Corte ha dichiarato l’inammissibilità dell’appello proposto dalla società incorporata, in ragione delle peculiarità della fattispecie, in cui <<la società incorporata prima ha ottenuto la cancellazione dal Registro delle imprese e poi ha proposto appello, così venendo contra factum proprium>>: è stato, infatti, ribadito che, in tema di fusione per incorporazione, l’art. 2504 bis c.c., nel testo modificato dal d.lgs. n. 6 del 2003, nel prevedere la prosecuzione dei rapporti giuridici, anche processuali, in capo al soggetto unificato quale centro unitario di imputazione di tutti i rapporti preesistenti, risolve la fusione in una vicenda evolutivo-modificativa dello stesso soggetto giuridico, che, pur in presenza di un nuovo assetto organizzativo, conserva la propria identità; ove, peraltro, la società incorporata abbia ottenuto, in epoca successiva all’entrata in vigore dell’art. 4 del d.lgs. n. 6 del 2003, la cancellazione dal Registro delle imprese, si determina, attesa l’efficacia costitutiva del suddetto provvedimento di cancellazione, l’immediata estinzione della società stessa, che non può più mantenere la propria individualità, né può far valere la persistenza di una propria autonoma legittimazione attiva.

Nel caso esaminato dalla Corte, alla luce dell’intervenuta cancellazione dal Registro delle imprese della società Equitalia Cerit S.p.A. in data 28.6.2011 e la notifica della cartella esattoriale in data successiva (10/11 agosto 2011), si è ritenuto che la Commissione Tributaria Regionale abbia correttamente applicato i principi sopra richiamati annullando la cartella esattoriale notificata dalla società incorporata successivamente alla cancellazione dal Registro delle Imprese.

Marco Mora

Avvocato La Spezia