Giornata di studio, Lerici, 31 marzo 2023
“L’impatto delle recenti novità normative sulla Fiscalità locale”
È necessaria una breve analisi dell’istituto che, nella procedura di liquidazione giudiziale, più di ogni altro caratterizza il rapporto tra ente impositore e concessionario della riscossione: le cd. domande supertardive o ultratardive. L’art. 208, comma 3, Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza dispone che: “Decorso il termine di cui al comma 1, e comunque fino a quando non siano esaurite tutte le ripartizioni dell’attivo della liquidazione giudiziale, la domanda tardiva è ammissibile solo se l’istante prova che il ritardo è dipeso da causa a lui non imputabile e se trasmette la domanda al curatore non oltre sessanta giorni dal momento in cui è cessata la causa che ne ha impedito il deposito tempestivo. Quando la domanda risulta manifestamente inammissibile perché l’istante non ha indicato le circostanze da cui è dipeso il ritardo o non ne ha offerto prova documentale o non ha indicato i mezzi di prova di cui intende valersi per dimostrarne la non imputabilità, il giudice delegato dichiara con decreto l’inammissibilità della domanda. Il decreto è reclamabile a norma dell’articolo 124”.
Anzitutto, pare opportuno individuare il termine per la presentazione della domanda di ammissione al passivo concorsuale, c.d.“ultratardiva” ex art. 208, terzo comma C.C.I.I., posto che oltre il termine di trenta giorni prima dell’udienza fissata per la verifica del passivo e non oltre quello di sei mesi dal deposito del decreto di esecutività dello stato passivo, (termine prorogabile fino a dodici mesi in casi di particolare complessità della procedura), la domanda deve ritenersi ammissibile se:
- il ritardo viene ritenuto non imputabile al creditore;
- non siano esaurite tutte le ripartizioni dell’attivo della liquidazione giudiziale.
Non ricorrendo anche uno degli indicati presupposti, ovvero perché l’istante non ha indicato le circostanze da cui è dipeso il ritardo o non ne ha offerto prova documentale o non ha indicato i mezzi di prova di cui intende valersi per dimostrarne la non imputabilità, oppure qualora siano esaurite tutte le ripartizioni dell’attivo della liquidazione giudiziale, il giudice delegato dichiara con decreto l’inammissibilità della domanda.
La problematica inerente l’argomento delle domande ultratardive è, nella maggior parte dei casi pratici, legata alla richiesta di ammissione di crediti tributari.
La ragione è di facile comprensione ed è individuabile nelle lungaggini burocratiche che caratterizzano il procedimento di accertamento e di riscossione, (con prevalenza delle ipotesi in cui la domanda sia proposta dall’Agente/concessionario della riscossione).
Infatti, non è dubbio che, stante la legittimazione processuale dell’Agente/Concessionario della riscossione a proporre la domanda di ammissione al passivo, ai sensi del disposto dell’art. 88, D.P.R. 602/73, gli eventuali colpevoli ritardi nella presentazione della stessa nell’ambito dell’attività di propria competenza costituiscono motivo di esclusione della domanda in questione se presentata oltre l’anno.
Ne consegue che il ritardo nella presentazione dell’istanza di insinuazione tardiva da prendersi in considerazione non è solo quello che discende dalla attività dell’Agente/Concessionario della riscossione, ma anche quello derivato dalla formazione dell’atto accertativo da parte dell’amministrazione finanziaria, o dell’ente impositore quali effettivi creditori.
Si deve anche premettere che la non imputabilità del ritardo nella presentazione dell’istanza, non può valutarsi pressochè esclusivamente in relazione alla scusabile non conoscenza della procedura concorsuale.
Possono infatti verificarsi situazioni in cui l’ente impositore (creditore istante), pur a conoscenza della avvenuta dichiarazione di fallimento si trovi nella impossibilità per causa di forza maggiore o per altre circostanze a lui non imputabili di presentare tempestiva insinuazione al passivo o, comunque, di rispettare il termine annuale di per la presentazione della istanza di insinuazione tardiva.
Pertanto, in primis, tali situazioni vanno valutate caso per caso con un accertamento in fatto.
L’ipotesi più ricorrente per cui si ritiene che il ritardo non sia imputabile all’Agente/Concessionario della riscossione, o comunque all’Ente creditore, è quello in cui il curatore non abbia inviato l’avviso ai creditori e agli altri interessati ex art. 200, C.C.I.I.., pur restando resta salva la facoltà del curatore di dimostrare che l’Agente/Concessionario della riscossione, avendo avuto notizia del liquidazione giudiziale indipendentemente dalla ricezione del predetto avviso, avrebbe comunque potuto procedere tempestivamente all’insinuazione.
La normativa vigente, articolata nella materia in modo lacunoso, ritiene colpevole il comportamento dell’Amministrazione, che pure si attenga ai termini stabiliti dalla legge per le procedure di accertamento e di emissione dei ruoli, delle cartelle di pagamento o delle ingiunzioni fiscali, ma non riescano ad insinuare il credito tributario nel termine annuale.
L’orientamento giurisprudenziale prevalente, ribadisce che deve infatti ritenersi che l’Amministrazione finanziaria, o l’Ente impositore, come tutti gli altri creditori, debba in linea di principio rispettare il termine annuale per la presentazione delle istanze tardive di insinuazione senza che i diversi e più lunghi termini previsti per la formazione della fase accertativa, e per quella successiva di riscossione, possano costituire una esimente di carattere generale dal rispetto del citato termine.
In altri termini, una volta che l’Ente impositore, titolare del credito, o il Concessionario della riscossione che assolva funzioni accertative, abbia avuto conoscenza della dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale, dovrà immediatamente attivarsi per predisporre i titoli per la tempestiva insinuazione dei propri crediti al passivo in termini inferiori a quelli massimi attribuiti dalla legge per l’espletamento di tali incombenze.
Ne consegue che:
- le insinuazioni c.d. ultratardive possono essere presentate fino ad esaurimento delle operazioni di riparto;
- spetta ai singoli creditori l’onere di depositarle entro un termine ragionevole a decorrere dal momento in cui l’impedimento è venuto meno;
- grava su di essi (conseguenza non secondaria) l’onere di allegazione e prova, oltreché del fatto non imputabile, anche della data in cui è cessato l’impedimento;
Il termine di decadenza entro il quale deve essere depositata la domanda non è normativamente indicato.
Nel caso, invece, in cui l’avviso ai creditori e agli altri interessati ex art. 200, C.C.I.I. sia pervenuto con un ritardo tale da pregiudicare una tempestiva insinuazione, dovrà essere valutato il dies a quo in cui sia venuta meno la causa non imputabile del ritardo rispetto al termine entro il quale il creditore deve depositare la domanda.
La lacunosità normativa, porta a sostenere che l’istanza debba essere presentata entro un termine “ragionevole” a far data dal giorno in cui è cessato l’impedimento che le ha dato causa.
Se appare congruo ritenere che per i crediti ordinari, tale termine potrebbe configurarsi in un lasso temporale di almeno 90 giorni, in conformità con quello che la legge individua come spazio temporale sufficiente per la predisposizione di un’istanza tempestiva di ammissione al passivo, diversamente si deve porre la problematica relativamente ai crediti di natura tributaria e/o sanzionatoria, che sovente sono sorti in vigenza della procedura concorsuale.
Infatti, non può negarsi che l’accertamento dei crediti tributari, non è contestuale alle annualità a cui gli stessi si riferiscono.
Appare fisiologico che l’accertamento operato dall’Ente creditore, quindi l’insorgenza del credito, possa “realizzarsi” ben oltre anche al biennio successivo.
Quindi fissare tale termine ultimo per la presentazione delle domande tardive non appare verosimile.
È necessario condurre il sistema in uno schema “realistico”, a meno che non si voglia rendere pressocchè irrealizzabile l’ammissibilità della domanda di insinuazione del credito tributario.
Pertanto, il termine ultimo per la presentazione delle domande tardive non necessariamente deve decorrere dal deposito del decreto di esecutività dello stato passivo, ma può anche decorrere dalla data in cui viene meno la causa non imputabile, che ha determinato l’impedimento alla presentazione della domanda tempestiva.
Per i crediti che sono sorti solo durante la procedura concorsuale, o comunque che potevano essere fatti valere solo in corso di procedura, dopo il decorso del termine di cui all’art. 208, terzo comma, C.C.I.I., il termine per la presentazione della domanda non può che iniziare a decorrere dalla data in cui è sorto il diritto alla pretesa creditoria o è venuta meno la causa che impediva la presentazione della domanda.
La legge indica, invece, il termine ultimo entro il quale le domande ultratardive possono essere proposte, cioè “fino a quando non siano esaurite tutte le ripartizioni dell’attivo concorsuale”, termine coincidente con la irretrattabilità del decreto con il quale si dichiara esecutivo il progetto di riparto previsto dall’art. 232, C.C.I.I..
Per quanto attiene al momento e alle modalità di accertamento della non imputabilità del ritardo appare pacifico che il creditore ritardatario, ove intenda sottrarsi alle conseguenze negative previste dall’art. 208, C.C.I.I., debba richiedere, nel medesimo ricorso con cui propone la domanda di insinuazione, che il giudice accerti anche la sussistenza della causa di giustificazione del ritardo.
A tal fine, per la presentazione della istanza di insinuazione al passivo, sarà sufficiente l’esistenza del titolo attestante il credito, senza doverne attendere la notifica; parimenti l’Ente creditore potrà presentare istanza di ammissione al passivo con documentazione incompleta e con conseguente ammissione del credito ai sensi dell’art. 204, comma 2, lett. b), con riserva di produzione dei documenti.
Dott.ssa Eleonora Cucchi
Unicusano Roma