Si tratta di un caso ricorrente, in quanto, nella società a responsabilità limitata, i soci non rischiano oltre il capitale conferito al momento della costituzione della società, quindi, nel momento in cui essa viene meno, solitamente non vi sono complicazioni successive. 

Infatti, a seguito della cancellazione e dell’estinzione di tale tipologia societaria, i soci non possono essere aggrediti per i debiti sociali dai creditori, a meno che non abbiano percepito utili, al momento della liquidazione, dal bilancio finale. 

Questo meccanismo, che possiamo definire successorio sui generis, è disposto dall’articolo 2495  comma 2 c.c., (modificato dalla riforma del diritto societario del 2003). 

Comporta che la società, dal punto di vista civilistico sia estinta, ma che sopravviva dal punto di vista fiscale, quale centro di imputazione di effetti giuridici ai fini tributari, determinando che i debiti della società non si estinguano, ma si trasferiscano ai soci, nei limiti che sono stati appena rappresentati. 

Ciò avviene nell’intento di impedire che la società debitrice possa, con un proprio comportamento unilaterale, sfuggire al controllo del creditore ed espropriarlo del suo diritto.

Le Sezioni Unite hanno sancito, infatti, che qualora all’estinzione della società, di persone o di capitali, conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese, non corrisponda il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla società estinta, si determina un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale: a) l’obbligazione della società si trasferisce ai soci, i quali ne rispondono nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, “pendente societate”, fossero limitatamente o illimitatamente responsabili per i debiti sociali; b) i diritti ed i beni non compresi nel bilancio di liquidazione della società estinta si trasferiscono ai soci, in regime di contitolarità o comunione indivisa, con esclusione delle mere pretese, ancorché azionate o azionabili in giudizio, e dei crediti ancora incerti o illiquidi, la cui inclusione in detto bilancio avrebbe richiesto un’attività ulteriore (giudiziale o extragiudiziale), il cui mancato espletamento da parte del liquidatore consente di ritenere che la società vi abbia rinunciato, a favore di una più rapida conclusione del procedimento estintivo. (Corte di Cass. SS.UU. 12 marzo 2013, n. 6070).

La riforma è più formale che sostanziale, poiché, nella pratica, è rarissimo trovare una società a responsabilità limitata che, a seguito della cancellazione ed estinzione riesca a distribuire utili ai soci. 

È, inoltre, intervenuto il cd. Decreto semplificazioni fiscali (D.Lgs.175/2014) che, all’ articolo 28 comma 4, prevede che ai fini della validità e dell’efficacia degli atti di liquidazione, accertamento, contenzioso e riscossione dei tributi e contributi, sanzioni ed interessi, l’estinzione della società di cui all’articolo 2495 c.c., abbia effetto trascorsi cinque anni dalla richiesta di cancellazione dal registro delle imprese. (Questo principio si applica alle società che hanno richiesto la cancellazione dal registro delle imprese successivamente al 13 dicembre 2014).

Quindi, gli effetti della reviviscenza perdurano per cinque anni, sono riferiti alle varie fasi dell’attuazione del tributo e coinvolgono gli atti della liquidazione, dell’accertamento (inclusa l’istruttoria tributaria), della riscossione e del contenzioso.  Per ciascuno di tali atti, la società a responsabilità limitata mantiene la propria vitalità e costituisce, come visto, un legittimo destinatario di atti impositivi solo ai fini fiscali (avendo anche legittimazione attiva e passiva).

Il decreto ha inciso su un ulteriore aspetto di non secondaria importanza, che ha dato adito ad un contrasto tra la norma e la giurisprudenza.

Infatti, è previsto che, entro un anno dalla cancellazione, la notifica dell’atto possa essere effettuata presso l’ultima sede della società.

Nella pratica, notificare un atto ad una società a responsabilità limitata presso l’ultima sede non è fruttuoso, poiché spesso avviene che entro pochi mesi dalla sua estinzione non si trovi più alcun riferimento a quell’indirizzo, oppure si trovi una diversa società. 

In quel caso, la notifica si ritualizzerà per irreperibilità, ma avrà l’importante effetto interruttivo della prescrizione.

La Cassazione, intervenendo sul punto, sostiene, invece, che sia opportuno notificare direttamente ai soci, in qualità di soci della s.r.l. che hanno percepito utili dal bilancio finale di liquidazione.

Il contrasto è evidente e può creare forti incertezze.

Considerato che le pronunce della Cassazione sono ondivaghe, non è raro che dopo un anno dalla notifica, effettuata secondo la pronuncia citata, venga emanata una nuova sentenza che abbracci il disposto normativo dell’art. 2495 c.c..

Perciò, appare opportuno notificare contestualmente presso la sede della società entro l’anno per interrompere la prescrizione e direttamente ai soci, in modo che il Giudice designato non dichiari invalida la notifica.

 

Dott. Eleonora Cucchi

Cultore della materia di Diritto della riscossione pubblica

Università “N. Cusano” Roma