Malgrado le differenze rispetto alla procedura “ordinaria” di pignoramento presso terzi, non mancano alcune analogie tra quest’ultima e l’istituto di cui all’art. 72-bis D.P.R. 602/73, soprattutto per ciò che concerne i limiti di pignorabilità.

La predetta norma fa infatti espressamente salve le previsioni dell’art. 545, commi 4, 5 e 6, c.p.c. e del successivo art. 72-ter D.P.R. 602/73.

L’applicabilità dei limiti di cui all’art. 545 al pignoramento ex art. 72-bis D.P.R. 602/73 è stata ribadita dalla giurisprudenza di merito. (In tal senso si veda Tribunale di Verona, ord., 23.01.2013, in Fisco on line, 2013. La pronuncia citata che ha dichiarato l’illegittimità del pignoramento eseguito da Equitalia su uno stipendio, che risultava già pignorato nei limiti di legge da un Istituto di Credito. E’ stata pertanto respinta la tesi dell’Agente della Riscossione secondo cui il soddisfacimento effettivo del proprio credito sarebbe potuto avvenire “in coda”, ossia dopo l’esaurirsi del primo -in ordine temporale- pignoramento, effettuato dall’istituto di Credito).

A seguito delle modifiche apportate dall’art. 3, comma 5, lettera a), D.L. 02.03.2012 n. 16, convertito con modificazioni dalla Legge 26.04.2012 n. 44, il pignoramento presso terzi di cui all’art. 72-bis D.P.R. 602/73 è inoltre soggetto ai limiti di pignorabilità di cui al successivo art. 72-ter del citato Decreto.

Tale norma dispone che:

“1. Le somme dovute a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, possono essere pignorate dall’agente della riscossione in misura pari ad un decimo per importi fino a 2.500 euro e in misura pari ad un settimo per importi superiori a 2.500 euro e non superiori a 5.000 euro.

2.Resta ferma la misura di cui all’articolo 545, quarto comma, del codice di procedura civile, se le somme dovute a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, superano i cinquemila euro.

2-bis. Nel caso di accredito delle somme di cui ai commi 1 e 2 sul conto corrente intestato al debitore, gli obblighi del terzo pignorato non si estendono all’ultimo emolumento accreditato allo stesso titolo”.

Ratio della disposizione è quella di preservare un credito (quale quello di lavoro) direttamente legato al soddisfacimento delle esigenze primarie di vita del soggetto esecutato, e quindi ritenuto meritevole di particolare tutela: ciò spiega perché la deroga in senso più favorevole per il debitore trovi applicazione unicamente per i redditi o le indennità più bassi, tornando invece ad applicarsi la “normale” regola processual-civilistica della pignorabilità del quinto per le fasce di reddito o le indennità superiori a cinquemila Euro.

L’art. 52, comma 1, lettera f), D.L. 21.06.2013 n. 69 (cd. Decreto “del Fare”), convertito con modificazioni in Legge 09.08.2013 n. 98 ha aggiunto alla norma in esame il comma 2-bis, per regolare il caso in cui le somme dovute a titolo di stipendio, salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, non vengano corrisposte al debitore “in via diretta”, ma vengano accreditate su un conto corrente bancario o postale intestato a quest’ultimo.

In tal caso, la nuova normativa stabilisce che gli obblighi del terzo pignorato non si estendano all’ultimo emolumento accreditato allo stesso titolo: in altre parole, l’ultimo rateo di stipendio o pensione accreditato sul conto corrente bancario o postale intestato al debitore non potrà più essere intaccato dal pignoramento presso terzi e rimarrà quindi nella piena disponibilità del debitore.

L’atto di pignoramento di cui all’art. 72-bis D.P.R. 602/73 può essere redatto anche da dipendenti dell’Agente della riscossione procedente non abilitati all’esercizio delle funzioni di Ufficiale di riscossione: in tal caso, reca l’indicazione a stampa dello stesso Agente della Riscossione e non deve essere annotato in ordine cronologico nel registro tenuto dagli ufficiali della riscossione (art. 44, comma 1, D.Lgs. 13 aprile 1999 n. 112).

La giurisprudenza di legittimità ha recentemente confermato la mancata necessità della sottoscrizione autografa di tale tipologia di pignoramento, a condizione che ne risulti comunque certa la riferibilità all’agente della riscossione, da cui lo stesso promana (Cass. civ., sez. VI-3, ord., 18.11.2014 n. 24541, in CED Cassazione, 2014: Tale pronuncia ha statuito in particolare che “nella riscossione coattiva delle imposte dirette l’atto di pignoramento dei crediti verso terzi proveniente dall’agente della riscossione ai sensi dell’art. 72-bis, comma primo bis, del d.P.R. n. 602 del 29 settembre 1973, inserito dall’art. 1, comma 141, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, è valido, anche se privo della sottoscrizione del dipendente che lo ha redatto, purché rechi l’indicazione a stampa dello stesso agente della riscossione, sì da essere inequivocabilmente riferibile a quest’ultimo, quale titolare del potere di procedere ad espropriazione forzata per conto dell’ente impositore”).

Si tratta dell’affermazione di un principio in tutto e per tutto analogo rispetto a quanto statuito dalla giurisprudenza anche in materia di sottoscrizione della cartella o dell’intimazione di pagamento, nonché, più in generale, per qualsiasi atto amministrativo o tributario.

Solo nel caso di inottemperanza all’ordine di pagamento da parte del terzo si apre la fase giudiziale, dovendosi procedere, previa citazione del terzo intimato e del debitore, secondo le norme previste dal Codice di procedura civile per il pignoramento ordinario (art. 72-bis, comma 2, DPR 602/1973, che richiama l’art. 72, comma 2, del predetto Decreto in materia di pignoramento di fitti e pigioni).

Pertanto, alla fase giudiziale si ricorre solo in caso di inottemperanza da parte del terzo all’ordine di pagamento; in caso contrario, la procedura si risolve in via stragiudiziale.

 

Prof. Federica Simonelli

(Unicusano – Roma)