Una tipologia di infrazione che viene sanzionata attraverso lo strumento dell’ordinanza-ingiunzione si configura in caso di violazione in materia edilizia.

Prima di iniziare la trattazione dei singoli procedimenti sanzionatori, appare opportuno premettere alcune nozioni fondamentali sull’attività di vigilanza. 

Il potere di vigilanza costituisce per i Comuni un potere-dovere, senza alcun margine di discrezionalità. 

Infatti la legge urbanistica ha da sempre imposto al Comune l’obbligo di intervenire a tutela del territorio, al fine di prevenire e reprimere gli episodi di abusivismo. 

L’art. 32 della Legge 17 agosto 1942, n.1150 (tuttora vigente) dispone che: “Il Sindaco (oggi da intendersi il Comune) esercita la vigilanza sulle costruzioni che si eseguono nel territorio del Comune per assicurare la rispondenza alle norme della presente legge e dei regolamenti, alle prescrizioni del piano regolatore comunale ed alle modalità esecutive fissate nella licenza di costruzione. Esso si varrà per tale vigilanza dei funzionari ed agenti comunali e di ogni altro modo di controllo che ritenga opportuno adottare”.

Analogamente l’articolo 27 del D.P.R. 380 del 2001 (Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), statuisce che “Gli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria, ove nei luoghi in cui vengono realizzate le opere non sia esibito il permesso di costruire, ovvero non sia apposto il prescritto cartello, ovvero in tutti gli altri casi di presunta violazione urbanistico-edilizia, ne danno immediata comunicazione all’autorità giudiziaria, al competente organo regionale e al dirigente del competente ufficio comunale, il quale verifica entro 30 giorni la regolarità delle opere e dispone gli atti conseguenti”.

L’attività di controllo e di vigilanza sul territorio, è, quindi, svolta, dalla Polizia Locale e dagli uffici tecnico-ispettivi dell’Edilizia Privata. 

Quando emergono elementi tali da far ritenere che sia stata eseguita o sia in fase di realizzazione un’opera edilizia abusiva, gli istruttori e funzionari tecnici comunali hanno l’obbligo di segnalare immediatamente alle competenti autorità amministrative e giudiziarie ogni violazione urbanistico edilizia per consentire loro l’adozione dei provvedimenti di rispettiva competenza. 

A parte casi di abusivismo eclatanti, l’intervento della Polizia Municipale può essere sollecitato da esposti (anonimi) di privati cittadini. 

Tale attività è formalmente tradotta nei verbali di accertamento contravvenzionale e nelle istruttorie tecniche degli abusi edilizi, con l’esatta descrizione dell’intervento edilizio o delle opere realizzate abusivamente, l’indicazione della norma violata, la descrizione puntuale della tipologia di abuso edilizio, l’individuazione dei soggetti responsabili, l’identificazione dell’area e dell’immobile ed altri elementi.

A seguito dell’accertamento di irregolarità edilizie, il Comune è obbligato ad adottare i provvedimenti repressivi previsti dall’ordinamento. In caso di omessa o ritardata applicazione delle sanzioni amministrative previste dalla legislazione urbanistica, può, anzi, riconoscersi una responsabilità per danno erariale a carico degli amministratori locali, con la relativa giurisdizione della Corte dei Conti.

Nella prassi, verbalizzato l’illecito, l’ufficio procede a formare l’atto di constatazione, notificarlo al soggetto sanzionato, ordinarne l’eliminazione, e, nelle ipotesi che tratteremomo, quantificarne la sanzione nella parte ingiuntiva (di qui, l”ordinanza-ingiunzione”).

Durante la fase accertativa è fondamentale identificare chi siano i responsabili dell’abuso. 

Secondo il disposto dell’ art.29 D.P.R. 380 del 2001 sono responsabili il titolare del permesso di costruire, il committente, il costruttore ed il direttore dei lavori, nonché il progettista per le opere subordinate a segnalazione certificata di inizio attività. 

Tuttavia, spesso le figure di committente dell’opera abusiva e di proprietario del suolo su cui essa è realizzata, o dell’immobile, ad esempio, modificato in modo non conforme al titolo autorizzativo, non coincidono.

Infatti, il destinatario dell’ordinanza e della sanzione non è automaticamente l’intestatario dell’immobile, ma, anzi, a seguito dell’ istruttoria, spesso accade che sia un altro soggetto. 

Per facilitare il compito del soggetto accertatore nell’individuazione del responsabile dell’abuso, la giurisprudenza di legittimità è intervenuta con la sentenza del 7 maggio 2019, n. 19225, rigettando il ricorso presentato per la riforma di una sentenza di appello che aveva dichiarato i ricorrenti responsabili dei reati di cui agli articoli 44, comma 1, lettera c), 83,95 del DPR n. 380/2001 (c.d. Testo Unico Edilizia) e 181 comma 1 bis del D.Lgs. n. 42/2004 (c.d. Codice dei beni culturali e del paesaggio), per avere abusivamente realizzato, nelle rispettive qualità di proprietaria e committente, un manufatto di circa mq 80.

Nel giudizio di cassazione la proprietaria del terreno in cui era stato perpetuato l’abuso edilizio, parente dell’esecutore materiale dell’opera, contestava la sentenza di appello, lamentando che la condanna si era basata esclusivamente sul titolo di proprietaria del terreno ove erano state realizzate le opere abusive e che non poteva assumere valore probatorio il legame di parentela che la legava all’esecutore materiale delle opere presente sul terreno al momento del sequestro del manufatto.

La Corte di Cassazione ha chiarito, sulla base di una giurisprudenza ormai consolidata, che, in tema di abusi edilizi, l’individuazione del proprietario non committente quale soggetto responsabile dell’abuso edilizio può essere desunta da elementi oggettivi di natura indiziaria della compartecipazione, anche morale, alla realizzazione del manufatto, come:

  • la piena disponibilità giuridica e di fatto del suolo;
  • l’interesse specifico ad edificare la nuova costruzione;
  • i rapporti di parentela o affinità tra terzo e proprietario;
  • la presenza del proprietario “in loco”;
  • lo svolgimento di attività di vigilanza nell’esecuzione dei lavori;
  • il regime patrimoniale dei coniugi.

Inoltre, grava sull’interessato l’onere di allegare circostanze utili a convalidare la tesi che si tratti di opere realizzate da terzi a sua insaputa e senza la sua volontà.

Tra le varie tipologie sanzionabili in materia edilizia, la più ricorrente è quella dell’abuso edilizio, che consiste nella realizzazione di un intervento urbanistico senza il dovuto titolo abilitativo, ove necessario. Questa è la definizione generale, ma si possono individuare tre tipologie di abuso, sulla base della gravità, ovvero:

1)Assenza o difformità totale dal permesso di costruire. 

È la categoria di abusi più grave, ma anche la più semplice da individuare ed è disciplinata dall’articolo 31 del Testo Unico dell’Edilizia. Si configura quando viene realizzata un’opera edilizia senza aver ottenuto il permesso di costruire, ma anche quando gli interventi effettuati sono completamente diversi da quelli autorizzati. In tutti questi casi è prevista la demolizione e ci sono anche conseguenze penali a carico del responsabile. 

2)Variazione essenziale rispetto al progetto approvato.

Questo caso è parificato agli interventi realizzati in assenza o totale difformità dal permesso di costruire ed è, quindi, prevista la demolizione. 

Si configura una “variazione essenziale” nel caso in cui l’opera implichi, ad esempio, un aumento consistente della cubatura o della superficie da valutare in relazione al progetto approvato, modifiche sostanziali del progetto approvato, ovvero della localizzazione dell’edificio sull’area di pertinenza, violazione della normativa edilizia antisismica. 

Occorre distinguere le variazioni essenziali dalle varianti, che riguardano, invece, la richiesta di una variazione del titolo autorizzativo e sono soggette al rilascio di permesso in variante, complementare ed accessorio rispetto a quello principale. 

3) Difformità parziale dal permesso di costruire. 

Si verifica quando un intervento, pur se contemplato dal titolo autorizzativo, è realizzato secondo modalità diverse da quelle previste nel progetto. In questi casi, le modifiche incidono su elementi particolari e non essenziali della costruzione e non coinvolgono le strutture essenziali dell’opera. È prevista la demolizione, ma se questa non può avvenire senza danneggiare le parti realizzate legittimamente, può essere applicata la sanzione.

Infine, esistono alcune ipotesi in cui viene emessa un’ordinanza ingiuntiva alla eliminazione di situazione di pericolo afferenti ad immobili ad es. fatiscenti o pericolanti. 

In questo caso, l’ordine si limita ad imporre un intervento finalizzato ad eliminare la situazione di pericolo, e solo l’omissione di tale intervento, comporterà l’applicazione della sanzione pecuniaria, con il conseguente l’affidamento al concessionario dell’attività di riscossione.

Dott. Eleonora Cucchi

Cultore della materia di Diritto della riscossione pubblica

Università “N. Cusano” Roma