Giornata di studio, Lerici, 27 maggio 2022

“Novità ed approfondimenti in tema di Fiscalità locale”


 

In materia di maggiorazioni per il ritardato pagamento delle sanzioni amministrative, la norma di riferimento è l’art. 27, comma 6, della legge 689 del 1981, la quale recita:

“Salvo quanto previsto nell’articolo 26, in caso di ritardo nel pagamento la somma dovuta è maggiorata di un decimo per ogni semestre a decorrere da quello in cui la sanzione è divenuta esigibile e fino a quello in cui il ruolo è trasmesso all’esattore.

La maggiorazione assorbe gli interessi eventualmente previsti dalle disposizioni vigenti.”.

Quindi, mentre l’obbligazione di pagare la somma a titolo di sanzione pecuniaria sorge con il fatto illecito che fonda la contestazione, la legge, al fine di disciplinare le maggiorazioni da ritardo, fa riferimento al diverso momento dell’esigibilità degli importi dovuti.

Fondamentale è individuare il momento in cui la sanzione principale diviene esigibile.

Ciò avviene quando, notificato il verbale entro i novanta giorni dall’avvenuta violazione, il ricorrente non provveda al pagamento nei trenta giorni seguenti.

A questo punto, a partire dal trentunesimo giorno iniziano a decorrere le maggiorazioni di un decimo ogni semestre a partire da quello in cui la sanzione è diventata esigibile e fino a quello in cui la lista di carico è trasmessa al concessionario della riscossione.

Secondo la giurisprudenza di legittimità, le maggiorazioni ex art. 27 comma 6 della Legge 689/81 configurano, infatti, una sanzione aggiuntiva, dovuta in dipendenza del “ritardo nel pagamento della somma dovuta” (Cass. Civ. 35246/2021).

Sono, quindi, dovute tutte le volte in cui l’autore dell’illecito non effettui il pagamento della sanzione principale entro i termini previsti ex lege.

Di facile intuizione è la ratio dell’art. 27 comma 6, che mira a contrastare il ritardo nell’adempimento della sanzione pecuniaria principale, il quale comporta per l’Ente creditore l’onere di attivare la procedura per la riscossione coattiva dell’entrata, sostenendone i relativi costi.

Proprio per scoraggiare tale situazione, l’art. 27 comma 6 ha previsto questa ulteriore sanzione, aggiuntiva, pari ad un decimo della somma iniziale dovuta, per ogni semestre a decorrere da quello in cui la sanzione principale è divenuta esigibile e fino a quello in cui, come detto, la lista di carico è trasmessa al concessionario.

L’art.27, al secondo periodo del comma 6, prevede inoltre, che la maggiorazione “assorba gli interessi eventualmente previsti dalle disposizioni vigenti”.

È pacifico che questa disposizione riguardi il periodo intercorrente dal giorno in cui si forma il titolo esecutivo fino al termine dei trenta giorni, fissato per il pagamento di quanto dovuto.

Per i pagamenti successivi a tale data sono invece dovuti gli interessi legali.

In materia, la norma di riferimento è l’art. 1284 c.c. (Saggio degli interessi) che recita: 

“Il saggio degli interessi legali è determinato in misura pari al 5 per cento in ragione d’anno. Il Ministro del tesoro, con proprio decreto pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana non oltre il 15 dicembre dell’anno precedente a quello cui il saggio si riferisce, può modificarne annualmente la misura, sulla base del rendimento medio annuo lordo dei titoli di Stato di durata non superiore a dodici mesi e tenuto conto del tasso di inflazione registrato nell’anno. Qualora entro il 15 dicembre non sia fissata una nuova misura del saggio, questo rimane invariato per l’anno successivo.” 

Relativamente all’anno 2022 è stato emanato il Decreto ministeriale del 13.12.2021, secondo cui a partire dal 1° gennaio 2022  il valore del tasso di interesse legale è stabilito nella misura del 1,25% in ragione d’anno.

Tuttavia, per le entrate degli Enti locali, la L. 27.12.2006 n.206 “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriannuale dello Stato” (Legge finanziaria 2007) attribuisce ai Comuni la fissazione del quantum dovuto a titolo di interessi, nei limiti di tre punti percentuali di differenza rispetto al tasso di interesse legale.

Relativamente alla questione relativa all’applicazione delle maggiorazioni alle sanzioni amministrative per violazione al Codice della Strada, è ormai superato l’assunto secondo il quale non troverebbe applicazione l’art.27 comma 6 della legge 689/81, data l’asserita prevalenza per specialità dell’art. 203 comma 3 C.d.S.

Tale norma stabilisce che il verbale di contestazione costituisca titolo esecutivo per una somma pari alla metà del massimo della sanzione amministrativa edittale e per le spese del procedimento, qualora il trasgressore non abbia né proposto ricorso, né effettuato il pagamento in misura ridotta nel termine previsto ex lege.

In tal senso, l’art.203 comma 3 C.d.S. costituisce norma speciale derogatoria rispetto all’art.17 legge 689/1981.

Infatti, mentre tale ultima disposizione prevede che il soggetto accertatore presenti rapporto all’organo amministrativo competente, affinché questo emetta l’ordinanza-ingiunzione, alla quale soltanto è collegata la qualità di titolo esecutivo (ex art.18, ultimo comma Legge 689 del 1981), l’art. 203 comma 3 C.d.S. prevede un meccanismo più rapido e diretto, in cui il titolo esecutivo è costituito dallo stesso verbale di accertamento della violazione.

Pertanto, l’art. 203 comma 3 C.d.S. è norma speciale rispetto all’art. 17 legge 689/81 non già rispetto all’art.27 comma 6 legge 689/81.

Al contrario, è proprio l’art. 27 comma 6 legge 689 del 1981 a configurarsi come lex specialis anche rispetto alle previsioni del Codice della Strada, in quanto detta specifiche disposizioni in materia di esecuzione forzata delle sanzioni amministrative, ricollegando in particolare, l’applicazione di una sanzione aggiuntiva al fattore del decorso del tempo.

Infatti, la misura della sanzione aggiuntiva si determina in base al tempo trascorso dal momento in cui la sanzione principale diviene esigibile a quello in cui la lista di carico è trasmessa al concessionario.

A riguardo, la Corte Costituzionale con l’ordinanza del 14 luglio 1999 n.308 ha statuito il principio secondo cui “la maggiorazione per ritardo prevista dall’art. 27 comma 6 della legge 689/81 a carico dell’autore dell’illecito amministrativo, cui sia stata inflitta una sanzione pecuniaria ha funzione non già risarcitoria o corrispettiva, bensì di sanzione aggiuntiva, nascente al momento in cui diviene esigibile la sanzione principale.”.

Detto orientamento è stato in seguito recepito dalla prevalente giurisprudenza di legittimità, secondo la quale le maggiorazioni di cui all’art. 27 comma 6 legge 689/81 configurano, infatti, una sanzione aggiuntiva, dovuta in dipendenza del ritardo nel pagamento della somma dovuta e conseguono automaticamente dal comportamento inadempiente del soggetto debitore (Cass. civ. 636/2008; Cass. civ. SS.UU. 23318/2009; Cass. Civ. 8116/2021; Cass. Civ. 35246/2021).

La Corte di Cassazione relativamente alla legittimità delle somme ingiunte a titolo di maggiorazioni semestrali, ha, inoltre, ribadito che la norma di riferimento, ossia l’art. 27 comma 6 legge 689/81 “presuppone esclusivamente la vitalità del titolo in forza del quale è promossa esecuzione forzata, avendo funzione di sanzione aggiuntiva nascente dal momento in cui diviene esigibile la sanzione principale” (Cass. Civ. 15158/2016; Cass. Civ. 21259/2016) ed ha stabilito la legittimità del principio secondo cui “in materia di sanzioni amministrative per violazioni previste dal Codice della Strada va applicata la maggiorazione del 10% semestrale ai sensi dell’art. 27 della Legge 689 del 1981 per il caso di ritardo nel pagamento della somma dovuta sicché è legittima l’iscrizione a ruolo e l’emissione della relativa cartella di pagamento per un importo che includa, oltre a quanto dovuto per la sanzione principale e per le spese del procedimento, anche l’aumento derivante dalla sanzione aggiuntiva” (Cass. Civ. 3621/2017; Cass. Civ. 17901/2018).

Dott.ssa Eleonora Cucchi

Unicusano Roma