Il primo comma dell’art. 5 D.lgs. 546/92 qualifica la competenza tributaria come inderogabile

Malgrado il carattere inderogabile, la competenza tributaria non è assoluta, nel senso che il relativo difetto può essere rilevato, sia ad istanza di parte sia d’ufficio, unicamente nel grado cui il vizio si riferisce: pertanto, per la parte resistente, il termine ultimo per sollevare la relativa eccezione è costituito dall’udienza di trattazione pubblica o dai cinque giorni liberi anteriori all’udienza di trattazione in camera di consiglio.

Il giudice tributario può invece rilevare d’ufficio il proprio difetto di competenza anche dopo il passaggio in decisione della controversia.

Il disposto dell’art. 5, comma 2, D.lgs. 546/92, secondo cui “l’incompetenza della commissione tributaria è rilevabile, anche d’ufficio, soltanto nel grado al quale il vizio si riferisce”, comporta che l’incompetenza del giudice adito, se non rilevata d’ufficio o dedotta nel grado cui si riferisce, resta incontestabilmente ancorata dinanzi al giudice adito. 

Ne consegue che il difetto di competenza della commissione tributaria provinciale non potrà essere proposto per la prima volta come motivo di appello dalla parte che non l’abbia eccepito in primo grado o che abbia rinunciato alla relativa eccezione. 

Potrà, invece, essere motivo di appello, quando l’eccezione sia stata ritualmente proposta dalla parte, ma respinta e/o pretermessa dal giudice di primo grado.

Il carattere inderogabile della competenza tributaria differenza parzialmente il regime della relativa eccezione rispetto all’omologo istituto del processo civile.

Nell’ambito di quest’ultimo (art. 38 c.p.c.), l’incompetenza territoriale costituisce di regola una cd. “eccezione in senso stretto”, non rilevabile d’ufficio, ma proponibile unicamente dalla parte convenuta, che deve provvedervi, a pena di decadenza, entro e non oltre la comparsa di costituzione e risposta, da depositare almeno venti giorni prima della prima udienza. 

La relativa eccezione si ha per non proposta, se la parte convenuta non indica il giudice che ritiene competente. 

Quando le parti costituite aderiscono a tale indicazione, la competenza del giudice rimane ferma se la causa è riassunta entro il termine di tre mesi dalla cancellazione della stessa dal ruolo. 

Solo nei casi eccezionali in cui la competenza territoriale è inderogabile (art. 28 c.p.c.) il relativo difetto è rilevabile d’ufficio, ma comunque non oltre la prima udienza di trattazione di cui all’art. 183 c.p.c.

Il processo tributario prevede quindi un termine più ampio per il rilievo dell’incompetenza territoriale, coincidente con l’intero grado cui il vizio si riferisce.

Inoltre, trattandosi di competenza inderogabile, la parte resistente, che propone l’eccezione, non ha l’obbligo di individuare la commissione tributaria che ritiene competente e la relativa eccezione deve essere delibata e decisa dalla commissione, anche quando la parte ricorrente aderisca all’eccezione proposta in suo danno.

Comune al processo civile è invece l’impossibilità di sollevare l’eccezione di incompetenza in via subordinata rispetto alla richiesta di rigetto nel merito della domanda avanzata da parte ricorrente: tanto nel processo civile, come in quello tributario, quella di incompetenza costituisce infatti una tipica eccezione pregiudiziale di rito, incompatibile con una richiesta di pronuncia nel merito formulata in via principale.

  • La declaratoria di incompetenza.

Nell’ambito del processo civile, il giudice dichiara la propria incompetenza con ordinanza, impugnabile con regolamento di competenza, necessario (art. 42 c.p.c.) quando abbia deciso solo sulla competenza, o facoltativo (art. 43 c.p.c.) quando, unitamente alla competenza, abbia deciso anche il merito della causa. 

Al contrario, nell’ambito del processo tributario l’incompetenza, sia essa rilevata d’ufficio ovvero oggetto di specifica eccezione processuale, viene dichiarata con sentenza, con la quale l’organo adito individua la commissione tributaria competente e, contestualmente, ordina alle parti di riassumere il processo dinanzi a quest’ultima entro il termine perentorio a tal fine espressamente indicato o, in mancanza, entro il termine di sei mesi dalla data di comunicazione della sentenza.

Con l’espressione “comunicazione della sentenza” la norma intende riferirsi alla comunicazione del dispositivo di quest’ultima, da effettuarsi a cura della segreteria della commissione nel termine, peraltro solo ordinatorio, di dieci giorni dal deposito della sentenza (art. 37, comma 2, D.lgs. 546/92).

Avverso la sentenza dichiarativa dell’incompetenza non è proponibile il regolamento di competenza, né necessario, né facoltativo, stante l’esplicita esclusione dell’art. 5, comma 4, D.lgs. 546/92. La Relazione Ministeriale giustifica tale esclusione sull’assunto che tale istituto “mal si adatta alla struttura del processo tributario ed ai contenuti margini di rilevabilità dell’incompetenza, costituendo invece pericolosi strumenti di tattiche dilatorie, che si rifletterebbero nel caso anche sul sistema della riscossione frazionata dei tributi”.

Sono invece esperibili i mezzi di impugnazione ordinari cui è soggetta la sentenza tributaria, ossia l’appello, il ricorso per cassazione e la revocazione.

Prof. Bruno Cucchi

(Diritto processuale tributario – Unicusano Roma)