Convegno Pontremoli, 27 settembre 2019

“Responsabilità e discrezionalità nell’attività di riscossione locale”

SOMMARIO: §. 1 Introduzione e principi generali. §. 2 Problematiche della giustizia contabile: la giurisdizione. §. 3 Il conto giudiziale: peculiarità del giudizio ed esercizio del diritto di difesa. §. 4 Il discarico per quote inesigibili dei carichi iscritti a ruolo. §. 5 Conclusioni.

  • . 1 Introduzione e principi generali.

La responsabilità erariale, in generale,  rientra nella più vasta ipotesi di responsabilità di natura civilistica, la c.d. “responsabilità aquiliana” derivante da un fatto illecito doloso o colposo di cui all’art. 2043 cod. civ. Quando si affronta il tema della responsabilità erariale, ci troviamo di fronte ad un più ristretto genus, che non include tutte le ipotesi di illecito civile o amministrativo, ma solo fatti idonei a produrre un danno erariale, sofferto dallo Stato o da un Ente pubblico a causa dell’azione o dell’omissione di un soggetto che agisce per conto della Pubblica Amministrazione e consistente in una perdita economica per l’Ente, in cui l’elemento psicologico del soggetto danneggiante deve essere rappresentato dal dolo o dalla colpa grave. 

Si tratta di ipotesi di responsabilità cui è assoggettato  chiunque agisca in nome e per conto della Pubblica Amministrazione (responsabilità amministrativa) o abbia instaurato rapporti di maneggio e gestione di danaro pubblico, sia che si tratti di una persona fisica o giuridica, a prescindere che si tratti di un pubblico funzionario, di una società concessionaria di un pubblico servizio o di un ente pubblico e, per essi, i legali rappresentanti o i soggetti che agiscono o omettono di agire, nonostante la titolarità dell’esercizio dei poteri, cagionando un danno economico al pubblico erario, in conseguenza di una violazione degli obblighi di servizio o delle negligenze gravi durante lo svolgimento del servizio pubblico (responsabilità erariale di natura contabile). 

Il danno erariale è rappresentato da una diminuzione patrimoniale direttamente o indirettamente prodotta dall’azione o dall’omissione del soggetto che agisce per la Pubblica Amministrazione ed è sofferto da quest’ultima. 

In particolare, nell’attività della riscossione tributaria degli Enti locali e dello Stato, si ha danno erariale indiretto quando l’Ente pubblico viene condannato alla refusione di un esborso di danaro a titolo di risarcimento del danno causato dal comportamento del dipendente che, con la sua condotta gravemente colposa,  arrechi un pregiudizio all’utenza che usufruisce di quel servizio o è assoggettata all’esercizio dell’azione esecutiva. 

Il cittadino potrà agire indistintamente verso l’Ente pubblico o verso il titolare dell’esercizio dell’attività di riscossione. Si pensi, ad esempio, all’ipotesi di una illegittima esecuzione forzata subita da un contribuente per imposte che erano state sgravate o poste nel nulla con sentenza passata in giudicato, antecedentemente all’attività di esecuzione forzata e, nonostante l’inesistenza del titolo esecutivo, la società di riscossione procede all’esecuzione forzata e alla vendita coattiva di un immobile del contribuente (ad es. fenomeno delle “cartelle pazze”). In questa ipotesi, ossia quando l’Ente è obbligato a risarcire il danno subito dal cittadino, si ha un danno erariale indiretto. 

Si ha, invece, un danno erariale diretto, quando la responsabilità del funzionario preposto all’attività di riscossione cagioni una perdita per l’Ente, e quest’ultimo vedrà compromesso un proprio credito nei confronti del contribuente. Si pensi all’ipotesi di una mancata insinuazione al passivo del credito tributario dell’Ente impositore da parte del soggetto Agente della riscossione, o a quello di una tardiva notifica di una cartella di pagamento oltre i termini di decadenza, che determina la perdita della pretesa creditoria da parte dell’Ente impositore, o ancora alla tardiva attività di esecuzione forzata, o all’inerzia del Concessionario della riscossione che, se protratta nel tempo, vanifica l’azione esecutiva o per il dissolvimento del patrimonio da parte del debitore, o per il maturare dei termini di prescrizione imputabili all’inattività del soggetto concessionario. 

A ben vedere, si tratta di responsabilità dirette per azioni od omissioni che producono un danno economico diretto alle casse dell’Ente impositore, che perderà la quota iscritta a ruolo nei confronti del contribuente, con una riduzione di entrate economiche per l’Ente stesso, rispetto al bilancio di previsione. Qui, ovviamente siamo di fronte alle ipotesi più evidenti di danno erariale diretto, che viene alla luce nell’esercizio dell’attività di riscossione e che si può sintetizzare nella perdita del diritto al discarico, cui segue l’azione di responsabilità per danno erariale. 

Pertanto, l’ipotesi di danno erariale si concretizza alla stessa stregua del danno civile nella quantificazione del danno emergente, che è la perdita economica che il patrimonio dell’Ente pubblico subisce in seguito al comportamento sanzionabile di colui che agisce nell’esercizio di pubblici poteri con colpa grave o dolo, oppure nel lucro cessante, che è il mancato guadagno consequenziale all’inadempimento colpevole. 

Il danno erariale per la Pubblica Amministrazione viene quindi accertato attraverso un controllo sulla legittimità dell’operato dell’ufficio che svolge l’attività di accertamento e riscossione tributaria. Non  si tratta di valutare solo se l’azione esecutiva sia stata esercitata secondo i parametri standard previsti dalla legge nell’attività di discarico delle quote inesigibili, prevista dagli articoli 19 e 20 del D.lgs.112/99, ma si tratta anche di vedere se l’attività esercitata nel rispetto delle procedure standardizzate, previste dalla legge, si sia svolta in maniera non dispendiosa, oppure se il dispendio di mezzi utilizzati abbia compromesso il buon esito della riscossione. Si pensi, ad esempio, alla procedura di pignoramento su un autoveicolo per un importo esorbitante, che sicuramente produrrà una esecuzione insufficiente, e l’Agente della riscossione, anziché esercitare l’esecuzione mirata su cespiti immobiliari dello stesso contribuente, perde questa opportunità, poiché, nel frattempo, il debitore si spoglia dei propri beni che avrebbero potuto meglio garantire la realizzazione del credito tributario. 

Pur essendo legittimo l’esercizio dell’azione esecutiva, a ben vedere l’indagine del magistrato contabile si potrà spostare sull’esercizio discrezionale utilizzato dall’ufficio esattivo nella scelta dei mezzi messi a disposizione dal Legislatore per l’efficace recupero del credito. Si tratta, quindi, di una analisi che non si limita ad accertare solo il danno cagionato dalla illiceità della condotta, ma che va oltre l’analisi della liceità tipica riscontrabile nell’analisi del danno civile, ed è diretta ad accertare nel danno erariale un quid pluris, che è rappresentato dall’efficacia dell’azione amministrativa, secondo i criteri di imparzialità e buon andamento previsti dall’art. 97 della Costituzione. 

La giurisdizione sul danno erariale, riservata alla Corte dei Conti dall’art. 103 della Costituzione, verte su materie di contabilità pubblica, ma si estende pure in altri settori ed in materie che spesso si innestano in via incidentale nel procedimento iniziato presso la giustizia contabile. 

 

  • . 2 Problematiche della giustizia contabile: la giurisdizione.

Il nucleo centrale della giurisdizione contabile, pur se rappresentato dalla contabilità pubblica, non è determinabile oggettivamente. I giudizi di responsabilità amministrativa e contabile, a differenza dei giudizi sul rendiconto degli agenti contabili, si concentrano sulla valutazione della responsabilità amministrativa che concerne i danni del pubblico amministratore nell’esercizio delle sue funzioni. Il relativo giudizio è instaurato dalla Procura della Corte dei Conti, che può acquisire la notizia del fatto anche attraverso l’esercizio del controllo di gestione. 

La responsabilità contabile riguarda invece coloro che esercitano la funzione di agenti contabili, ossia i soggetti che maneggiano denaro pubblico, tra cui l’Agente della riscossione, e che sono tenuti a rendere il conto della propria gestione, affinché la giustizia contabile verifichi la correttezza dell’operato dell’agente contabile, attraverso un giudizio che si conclude con il c.d. “discarico”, che ha effetto liberatorio per l’Agente contabile o, in caso contrario, con la condanna al risarcimento del danno arrecato. 

Secondo la Corte Costituzionale (sentenza 7 maggio 1975, n. 114): “È principio generale del nostro ordinamento che il pubblico denaro proveniente dalla generalità dei contribuenti e destinato al soddisfacimento dei pubblici bisogni debba essere assoggettato alla garanzia costituzionale della correttezza della sua gestione, garanzia che si attua con lo strumento del rendiconto giudiziale. Requisito indispensabile del giudizio sul conto è quello della necessarietà in virtù del quale a nessun ente gestore di mezzi di provenienza pubblica e a nessun agente contabile che abbia comunque maneggio di denaro e valori di proprietà dell’ente è consentito sottrarsi a questo fondamentale dovere. Se la giurisdizione contabile non avesse tale carattere non potrebbe assolvere alla sua obbiettiva funzione di garanzia ed è per questo che nel nostro sistema l’obbligo del rendiconto giudiziale  ha trovato costante applicazione”. 

 

  • . 3 Il conto giudiziale: peculiarità del giudizio ed esercizio del diritto di difesa.

Secondo la costante giurisprudenza del giudice di legittimità, l’obbligo di presentare il conto a fine esercizio si estende a tutti gli agenti contabili, ancorché privati o di fatto, che maneggiano denaro pubblico e il relativo giudizio di conto rientra tra i compiti di controllo giurisdizionale della Corte dei conti. Qualche dubbio di costituzionalità ha riguardato il giudizio di conto, che giungeva al giudizio di responsabilità, in relazione all’art. 111 della Costituzione. Infatti,  mentre l’accusato nel giudizio penale è assicurato delle garanzie di informazione circa la natura e i motivi delle accuse che gli vengono mosse, nel giudizio di conto, in caso di ammanchi nella gestione finanziaria, è sempre possibile instaurare l’ordinario giudizio di responsabilità amministrativa, senza che le accuse possano essere mosse preliminarmente. Secondo l’art. 44 r.d. n. 1038/1933, quando la responsabilità contabile concorra con la responsabilità di altri funzionari che non sono tenuti a presentare il conto giudiziale, si riunisce il giudizio di conto con quello di responsabilità; ma, se speciali circostanze lo richiedono, si può procedere contro i responsabili del danno anche prima del giudizio di conto, con ciò limitando fortemente il diritto di difesa del presunto responsabile. Secondo la Corte Costituzionale (sentenza del 9 luglio 2008 n. 291) il giudice del conto è giudice a tutela degli interessi pubblici posti a beneficio della collettività, oltre ad essere giudice degli interessi particolari dell’agente contabile e, pertanto, è fondamentale il rispetto del principio del contraddittorio di cui all’art. 111 Cost. Ed invero, il Procuratore Generale della Corte dei conti agisce nell’interesse generale al corretto esercizio, da parte dei pubblici dipendenti, delle funzioni amministrative e contabili. Si tratta di un interesse posto al rispetto della collettività, di vigilare per l’osservanza delle leggi, la tutela dello Stato e la repressione dei danni erariali conseguenti ad illeciti amministrativi. Egli non effettua un controllo diretto ad accertare se i provvedimenti delle autorità amministrative siano stati emanati con l’osservanza delle leggi e secondo il rispetto della buona ed efficace amministrazione, poiché non può estendere il suo giudizio sugli aspetti discrezionali per il raggiungimento del risultato amministrativo, sebbene sia tenuto a vigilare sul buon andamento della gestione in base all’esercizio di attività amministrativa non dispendiosa. Non ha il potere di svolgere indagini secondo la propria discrezionalità, senza che sia presumibile la commissione di illeciti produttivi di danni.  Il suo intervento si basa su fatti precisi, concordanti e circostanziati e non può basarsi su mere ipotesi. La Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con sentenza del 9 ottobre 2009, n. 12367, ribadisce che il giudizio di conto permette di valutare la legittimità dei flussi finanziari non solo delle gestioni pubbliche, ma anche di quelle che sono affidate a società private che gestiscono e maneggiano denaro pubblico. 

Il giudizio di conto è, pertanto, più che un vero giudizio, un procedimento di controllo ibrido, che sotto alcuni aspetti sembra iniziare secondo uno schema di regole amministrative, ancorché strutturato dal Legislatore in forma giurisdizionale. 

Si tratta di un controllo di regolarità del conto e, se il magistrato istruttore non riscontra irregolarità, propone il discarico dell’agente contabile, che si trasforma in approvazione del conto in caso di parere favorevole del Pubblico Ministero contabile e del Presidente della Sezione, che ha valore liberatorio per l’Agente contabile. 

Nell’ipotesi in cui il giudice istruttore proponga la condanna dell’agente contabile o quando non vi sia parere conforme sull’esercizio del discarico da parte dei soggetti processuali sopra richiamati, il processo si svolgerà innanzi al Collegio e si concluderà con udienza pubblica dibattimentale, senza la convocazione dell’agente contabile. Da questo momento l’agente contabile potrà opporsi. Lo schema tracciato dal Legislatore, quindi, posticipa il contraddittorio alla fase introdotta con l’opposizione contabile e tale differimento non preclude il diritto di difesa che può essere esercitato con l’opposizione al giudizio di conto. 

 

  • . 4 Il discarico per quote inesigibili dei carichi iscritti a ruolo.

La nostra analisi si soffermerà su una  figura particolare di procedura di discarico per inesigibilità delle quote iscritte a ruolo, regolata dagli artt. 19 e 20 del D.lgs.112/99, che inizia con un procedimento tipicamente amministrativo di comunicazione di inesigibilità, che può concludersi con l’accoglimento o il diniego di discarico da parte dell’Ente impositore, salvo attivarsi un successivo procedimento giurisdizionale di natura impugnatoria avverso il diniego opposto dall’Ente impositore, la cui giurisdizione rientra nelle materie di competenza della giustizia contabile, trattandosi di valutazione di responsabilità contabile. 

Si tratta di un particolare giudizio di conto che riguarda la singola quota discaricata e non il risultato di gestione, il cui controllo viene esercitato con il c.d. conto giudiziale. Sotto questo profilo, si distingue il giudizio di discarico per inesigibilità dal giudizio di conto ordinario. Relativamente al discarico per inesigibilità delle singole quote, l’art. 19 del D.lgs.112/99 analizza 6 cause tipiche di perdita del diritto a discarico, previste dalle lettere riportate al comma 2: 

  1. a)  la mancata notificazione imputabile al concessionario, della cartella di pagamento, prima del decorso del nono mese successivo alla consegna del ruolo e nel caso previsto dall’articolo 32, comma 2, lettera b), del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, entro il terzo mese successivo all’ultima rata indicata nel ruolo; 
  2. b) la mancata comunicazione all’Ente creditore, anche in via telematica, con cadenza annuale, dello stato delle procedure relative alle singole quote comprese nei ruoli consegnati in uno stesso mese; la prima comunicazione è effettuata entro il 18° mese successivo a quello di consegna del ruolo; (lettera abrogata dall’art. 1, comma 682, lettera b), n. 1) della legge n.190 del 2014). 
  3. c) la mancata presentazione della comunicazione di inesigibilità prevista dal comma 1 entro i termini stabiliti dalla legge; 
  4. d) il mancato svolgimento dell’azione esecutiva, diversa dall’espropriazione mobiliare, su tutti i beni del contribuente la cui esistenza, al momento del pignoramento, risultava dal sistema informativo del Ministero delle finanze, a meno che i beni pignorati non fossero di valore pari al doppio del credito iscritto a ruolo, nonché sui nuovi beni la cui esistenza è stata comunicata dall’ufficio ai sensi del comma 4;

d-bis) il mancato svolgimento delle attività conseguenti alle segnalazioni di azioni esecutive e cautelari effettuate dall’ufficio ai sensi del comma 4;

  1. e) la mancata riscossione delle somme iscritte a ruolo, se imputabile al concessionario; sono imputabili al concessionario e costituiscono causa di perdita del diritto al discarico i vizi e le irregolarità compiute nell’attività di notifica della cartella di pagamento e nell’ambito della procedura esecutiva, salvo che gli stessi concessionari non dimostrino che tali vizi ed irregolarità non hanno influito sull’esito della procedura o che non pregiudicano, in ogni caso, l’azione di recupero.  

La casistica di questa norma non è tassativa, attesa la complessità dell’attività e avuto riguardo ai rapporti di natura contabile tra Ente impositore e Agente della riscossione. 

A questo proposito, si analizzano due sentenze che segnano il discrimine tra il giudizio di discarico per inesigibilità delle singole quote iscritte a ruolo, regolato dagli artt. 19 e 20 del D.lgs. 112/99, dal giudizio di rendiconto ordinario di gestione su conto giudiziale, regolato dal Codice della giustizia contabile (previsto dal D.lgs. 174 del 2016) agli articoli dal 137 al 150. 

La Corte dei Conti Sicilia, Sezione Giurisdizionale, con sentenza n. 203 del 09.03.2018, emessa in un giudizio di conto intercorso tra un Comune e l’Agente della Riscossione, ha rigettato le argomentazioni esposte dal Comune e basate sulla carenza di rendicontazione e sulla presunta inattività da parte dell’Agente della Riscossione su ruoli emessi e consegnati all’Agente esattore, ritenendo invece sufficientemente esaustiva l’attività di rendicontazione fornita dalla società di riscossione, anche in virtù dello ius superveniens intervenuto con l’art.1, comma 682, della legge n.190 del 2014,  che ha abrogato il comma 2, lettera b), dell’art. 19 del D.lgs. 112/99, escludendo l’obbligo di inviare annualmente lo stato delle procedure esecutive. 

Peraltro, oltre alla proroga dei termini di presentazione delle dichiarazioni di inesigibilità per i ruoli relativi alle annualità oggetto del giudizio, che giustificava la mancata presentazione entro il termine triennale, la società di riscossione era riuscita a dimostrare l’esistenza dei dati di gestione del ruolo consegnato, presenti nella piattaforma informatica e aggiornati periodicamente, dati che ogni Comune può attingere riguardo a tutte le notizie utili alle attività esecutive e alle somme riscosse a carico dei contribuenti iscritti a ruolo, collegandosi al sistema. Nel caso in specie, il Comune non aveva attinto notizie da quella piattaforma, dimostrando inerzia nell’esercizio della sua attività di controllo. 

In altri termini, secondo la Corte dei Conti Siciliana, l’onere della prova di cui all’art. 2697 c.c. non può essere posto a carico della società di riscossione in presenza di inerzia dell’Ente creditore sul controllo della piattaforma informatica. La società di riscossione aveva dimostrato, nonostante fosse onerata della prova, di aver rendicontato gli importi affidati in riscossione, le caratteristiche del ruolo, le somme riscosse, i riversamenti all’Ente creditore, sino all’eventuale inesigibilità a seguito dell’infruttuosa esecuzione delle procedure esecutive, attraverso il portale gestito da Agenzia delle Entrate Riscossione denominato “rendicontazione on line – monitor enti”, ma il Comune non aveva attinto le notizie pervenute attraverso il portale autorizzato con decreto ministeriale. 

Secondo la Corte dei Conti Siciliana, ai sensi dell’art. 193 del Testo Unico degli Enti Locali, il concessionario della riscossione è un agente contabile ed è obbligato a rendere il conto giudiziale della propria gestione. Il conto giudiziale è regolato dal Codice della giustizia contabile previsto dal D.lgs. 174 del 2016 agli articoli dal 137 al 150 e, per esso, non trovano applicazione le previsioni dell’art. 19 del D.lgs.112/99. 

Sotto questo profilo, i tabulati trasmessi dall’Agente della riscossione, intitolati “prospetto del ruolo”, non rappresentano il conto giudiziale e, quindi non hanno il valore giuridico di documenti giustificativi della gestione dell’agente contabile, ma hanno un mero valore giustificativo solo ai fini del discarico delle singole quote del ruolo, secondo la procedura amministrativa prevista dall’art. 19 del D.lgs.112/99. 

Com’è noto, il giudizio ad istanza di parte previsto dagli artt. 56 del R.D. 17 luglio 1934, n. 1214 e 85, comma 3, del D.P.R. 28 gennaio 1988 n. 43, riguarda una controversia tra agente contabile della riscossione ed ente impositore in ordine al rimborso di tributi che il ricorrente assume inesigibili, ed ha origini remote risalenti al periodo in cui vigeva il principio dell’anticipazione sui ruoli con obbligo del non riscosso come riscosso. Il giudizio a istanza di parte promosso dall’agente contabile della riscossione nei confronti dell’ente impositore, avverso un diniego di rimborso, si configurava come  azione giudiziaria di ripetizione o di accertamento, e non già come un’azione di annullamento del provvedimento amministrativo, che invece costituisce il necessario presupposto del giudizio contabile, ove viene accertata una responsabilità per colpa grave. Ai fini del riconoscimento del diritto al rimborso di quote d’imposta inesigibili il Concessionario della riscossione documentava di aver sperimentato le procedure esecutive di riscossione previste dalla legge. Il ricorso in materia di diritto al rimborso delle quote d’imposta inesigibili, in assenza della documentazione relativa alle procedure esecutive tentate per il recupero del credito erariale, veniva dichiarato improcedibile. 

La giurisprudenza della Corte dei Conti, dopo l’intervento delle sezioni Unite della Cassazione del 2010, è costante nel ritenere che la giurisdizione in materia di danno erariale, derivante dalle procedure di discarico dei Concessionari della riscossione, spetti al giudice contabile. Secondo la giurisprudenza consolidata,“ai fini della sussistenza del c.d. rapporto di servizio idoneo a radicare la giurisdizione contabile, risulta fondamentale la relazione funzionale per cui il presunto responsabile risulti stabilmente inserito nell’apparato organico e nell’attività dell’Ente, in modo tale da risultare compartecipe dell’attività dell’Ente stesso” (Cass. Sez. Unite 24 novembre 2009 n.24761 e 16 luglio 2014, n.16240). 

In una recente sentenza della Corte dei Conti Toscana depositata il 01/08/2019 (Sent. n. 321/2019) si fa espresso richiamo al predetto principio consolidato ed è del tutto irrilevante il fatto che il rapporto di servizio debba essere necessariamente svolto da un dipendente dell’Amministrazione, atteso che il fatto stesso che il Comune abbia affidato alla società concessionaria il recupero dei crediti tributari iscritti a ruolo, ha comportato lo stabile inserimento della società affidataria del servizio nell’iter procedimentale dell’Ente pubblico impositore, quale compartecipe dell’attività pubblica di riscossione di quest’ultimo, ciò fa ritenere la sussistenza del rapporto di servizio, indispensabile ai fini della giurisdizione contabile. 

Peraltro, nella gestione dei rapporti tra Ente impositore e Concessionario della riscossione, quest’ultimo viene definito “Agente contabile”. 

Ed invero, con sentenza 23 febbraio 2010 n. 4318, le Sezioni Unite della Cassazione hanno dichiarato la sussistenza della giurisdizione contabile nelle controversie riguardanti il danno all’erario per mancata esazione dei ruoli consegnati per la riscossione al concessionario. 

Nella vicenda conclusa con sentenza della Corte dei Conti Toscana, l’Agenzia delle Entrate riscossione, subentrata ad Equitalia, a sua volta subentrata al vecchio concessionario della riscossione, veniva chiamata a rispondere del danno erariale in seguito al diniego di discarico su singole quote riguardanti differenti ruoli di riscossione ricevuti in consegna e per i quali non era stata attivata alcuna procedura esecutiva o cautelare. Nel frattempo, la società contribuente, debitrice per Tarsu per un importo complessivo di circa 99 mila euro, aveva venduto i locali con distinti atti di compravendita, che erano il frutto di una transazione ottenuta con le banche, nella qualità di creditori procedenti che, a loro volta, avevano iscritto in data antecedente alla consegna dei ruoli tre differenti ipoteche e un pignoramento immobiliare. 

La concessionaria della riscossione non aveva provveduto a cautelare il credito dell’Ente impositore attraverso iscrizione di ipoteca, né aveva provveduto a compiere atto di intervento nel pignoramento. Il pignoramento si era concluso con la cancellazione in seguito alla rinuncia dei creditori procedenti che, in sede di accordo con la società debitrice, avevano prestato consenso alla concessione della liberatoria per la cancellazione di ipoteca e depositato atto di rinuncia al pignoramento presso il Notaio rogante, a condizione dell’avvenuta estinzione del debito con gli istituti bancari. Il Comune, dopo il diniego di discarico, per i suddetti motivi, provvedeva a denunciare l’inerzia dell’agente della riscossione presso la Procura della Corte dei Conti e si instaurava un giudizio di conto per responsabilità erariale con i capi di accusa formulati dal Procuratore della suddetta Corte,  in forza di violazioni che erano, in particolare, riferibili alla lettera E) dell’art. 19, comma 2 del D.lgs.112/99, in virtù del quale il concessionario risponde di danno erariale per : “ La mancata riscossione delle somme iscritte a ruolo se imputabile al Concessionario; sono imputabili al concessionario e costituiscono causa di perdita del diritto al discarico i vizi e le irregolarità compiute nell’attività di notifica della cartella di pagamento e nell’ambito della procedura esecutiva, salvo che gli stessi concessionari non dimostrino che tali vizi o irregolarità non hanno influito sull’esito della procedura.”. 

Il Comune danneggiato si costituiva con atto di intervento volontario adesivo a sostegno delle argomentazioni prodotte dal Procuratore. L’Agente della riscossione si costituiva chiedendo in via preliminare il difetto di giurisdizione, in relazione alla questione prospettata, asserendo che essa andava attribuita all’Autorità giudiziaria ordinaria, non potendosi configurare, secondo la difesa, un giudizio di danno erariale. Secondo l’Agente contabile, l’eventuale condanna alla reintegrazione del patrimonio pubblico cagionato dalla condotta lesiva determinerebbe un passaggio di somme tra Enti e tale ipotesi esula i fini sottesi all’azione per danno erariale avanti al giudice contabile. 

Nel merito, chiedeva il rigetto della domanda risarcitoria, atteso che l’esistenza di trascrizioni e iscrizioni sugli immobili poziori rispetto alle iscrizioni a ruolo avrebbe impedito il soddisfacimento del credito. 

Richiamava, a sostegno della propria tesi difensiva, la Risoluzione n. 190 del 01.10.2003, vincolante per l’ufficio esattore, ove è disposto che, nel caso di procedure esecutive ancora in vita, il concessionario dovrà astenersi dall’iscrivere ipoteca a mente dell’art. 2916, n. 1 cod. civ. 

Si rammenta che, ai sensi dell’art. 2916 cod. civ. nella distribuzione della somma ricavata dall’esecuzione, non si tiene conto “…delle ipoteche anche se giudiziali, iscritte dopo il pignoramento…”. 

La Corte dei Conti Toscana ha rigettato le argomentazioni difensive. 

Secondo la Corte Toscana, sussiste  colpa grave nel comportamento del Concessionario della riscossione, atteso che la predetta risoluzione n. 190 prevede che il concessionario richieda comunque, con atto di intervento, di poter partecipare alla distribuzione del ricavato della vendita evidenziando che, in base all’art. 629 c.p.c., l’estinzione del processo esecutivo non possa essere pronunciata se non con il consenso di tutti i creditori, quindi anche del creditore intervenuto munito di titolo esecutivo. 

Nel caso in esame, il Concessionario non solo non ha iscritto ipoteca, richiamando la disposizione della risoluzione 190, ma non ha spiegato atto di intervento. 

Nella fattispecie, ciò che rileva ai fini del danno erariale è che la distribuzione del ricavato non è avvenuta, atteso che la procedura esecutiva si è estinta in seguito ad un accordo transattivo con i creditori procedenti che hanno visto soddisfatte le proprie pretese e, in cambio, hanno rinunciato alle ipoteche e al pignoramento, liberando l’immobile, poi trasferito con atto notarile a terzi. 

Se l’intervento fosse stato spiegato prima della vendita, avvenuta nel 2005, sui beni gravati da pignoramento del 1998, lo stesso accordo diretto a sanare la posizione debitoria con i debiti iscritti a ruolo dal Comune lo avrebbe potuto raggiungere il Concessionario, che avrebbe di certo dovuto a rilasciare il nulla osta per la liberatoria o esercitare il diniego, così recuperando o cautelando i crediti del Comune, oggi irrimediabilmente compromessi.

 Sotto questo profilo, la Corte dei Conti ha riscontrato un nesso eziologico tra il danno arrecato, inteso come lucro cessante delle casse comunali,  e l’inerzia dell’Agente della riscossione, inquadrabile in una violazione ben precisa dell’art. 19, comma 2, lettera e) del D.lgs.112/99.

 

  • . 5 Conclusioni.

A ben vedere, il danno erariale valutabile nelle procedure di discarico degli agenti contabili, va analizzato in relazione al nesso eziologico intercorrente tra la condotta “illecita” del Concessionario della riscossione e il danno subito dall’Ente, che è sempre un danno diretto, consistente nel lucro cessante delle quote iscritte a ruolo e irrimediabilmente compromesse per la colpa grave del Concessionario della riscossione, in violazione dell’art.19 o 20 del D.lgs.112/99. Nelle ipotesi di contestazione dell’attività gestionale nel suo complesso, si tratterà di incardinare un giudizio su conto giudiziale, che è  regolato dal codice della giustizia contabile previsto dal D.lgs. 174 del 2016 agli articoli dal 137 al 150, come nell’ipotesi della contestazione sull’intero carico iscritta a ruolo. In entrambi i casi, l’attività del giudice contabile accerterà non solo i presupposti dell’azione, se rientranti nell’una o l’altra fattispecie, ma valuterà il rispetto della normativa attuata dall’ufficio nell’espletamento del suo mandato, se rispondente ai criteri standard di correttezza e buona fede secondo i parametri di efficienza e trasparenza dell’azione amministrativa dell’Agente contabile, onde valutare l’elemento psicologico che varia dalla colpa lieve, non assoggettabile a giudizio di responsabilità, alla colpa grave e sino al dolo, quali causa di diniego di discarico. Sotto quest’ultimo profilo viene in evidenza il carattere afflittivo-sanzionatorio del procedimento, che va oltre la natura risarcitoria del giudizio.     

Dott. Francesco Rubera