Convegno Pontremoli, 21 febbraio 2020

“Prime riflessioni sulla riscossione delle entrate locali mediante accertamento esecutivo, ai sensi della L. 160/19”

 

La lettera l) dell’art. 1, comma 792, della L. 27 dicembre 2019, n. 160 dispone che: “ai fini della procedura di riscossione contemplata dal presente comma, i riferimenti contenuti in norme vigenti al ruolo, alle somme iscritte a ruolo, alla cartella di pagamento e all’ingiunzione di cui al testo unico di cui al regio decreto 14 aprile 1910, n. 639, si intendono effettuati agli atti indicati nella lettera a).”. 

La norma citata pone, in tema di coobbligazione tributaria, la prospettazione della problematica, attinente la possibilità di notificare, o meno, il nuovo atto impoesattivo al coobbligato. 

Infatti, a seconda della natura del richiamo che sia possibile effettuare al riferimento operato dal citato comma 792, lettera l), l’ipotesi varia.

Nel caso in cui si ritenga che la norma possa avere ritualizzato l’applicabilità della disciplina relativa alla cartella di pagamento (art. 25 del D.P.R. 29 settembre 1973, n.602) sarà possibile notificare direttamente al coobbligato l’avviso di accertamento esecutivo, in quanto il citato articolo di legge dispone che “Il concessionario notifica la cartella di pagamento al debitore iscritto a ruolo o al coobbligato […]”. 

Nel caso, invece, in cui si ritenga che l’avviso di accertamento debba trovare disciplina nelle modalità notificatorie della ingiunzione fiscale, non si ritrova alcun riferimento a tale modalità nella disciplina applicabile all’ingiunzione fiscale.

In mancanza di un consolidato orientamento giurisprudenziale e dottrinario sul recente disposto normativo, per dare risposte che si possano collocare in una logica di legittimità giuridica, appare opportuno esaminare le ipotesi più ricorrenti di solidarietà tributaria, alla luce degli interventi sia legislativi, sia della Suprema Corte.

Infatti, in casi di specie, si è già formato un orientamento giurisprudenziale che si può prendere come riferimento.

Tra gli interventi più significativi si ritrova quello della Corte di Cassazione, che, con l’ordinanza del 1° febbraio 2018, n.2545, ha ripreso il principio dell’ordinanza del 25 maggio 2017, n.13248, la quale sancisce che la notifica di un avviso di accertamento validamente eseguita ad un soggetto coobbligato impedisce la decadenza per l’Ente Impositore dal diritto all’accertamento nei confronti degli altri coobbligati. 

Quindi,  pure l’atto invalidamente notificato risulta idoneo ad interrompere i termini di decadenza, senza pregiudicare al contribuente la possibilità di impugnazione dell’atto presupposto.

Infatti, la Cassazione afferma che: “ […] l’avviso di accertamento validamente notificato solo ad alcuni condebitori spiega, nei loro confronti, tutti gli effetti che gli sono propri, mentre, nei rapporti tra l’Amministrazione finanziaria e gli altri condebitori, cui non sia stato notificato o sia stato invalidamente notificato, lo stesso, benchè inidoneo a produrre effetti che possano comportare pregiudizio di posizioni soggettive dei contribuenti, quali il decorso dei termini di decadenza per insorgere avverso l’accertamento medesimo, determina pur sempre l’effetto conservativo d’impedire la decadenza per l’Amministrazione dal diritto all’accertamento, consentendole di procedere alla notifica, o alla sua rinnovazione, anche dopo lo spirare del termine all’uopo stabilito” . 

Il principio degli effetti interruttivi della notificazione  trova applicazione non soltanto riguardo alla decadenza, ma anche riguardo alla prescrizione, in virtù del disposto dell’art.1310, comma 1, c.c., il quale recita “Gli atti con i quali il creditore interrompe la prescrizione contro uno dei debitori in solido, […] hanno effetto riguardo agli altri debitori […]”, stabilendo che “[…]la tempestiva notifica è sufficiente ad impedire la prescrizione del creditore anche nei confronti del coobbligato.”

Quindi, la notifica dell’accertamento anche nei confronti del coobbligato, dimostrandone la qualifica ed il fatto che la notifica sia già stata effettuata nei confronti del debitore principale, è idonea ad interrompere non soltanto la decadenza, ma anche la prescrizione.

Una delle ipotesi più ricorrenti di solidarietà tributaria si rinviene in materia di società di persone.

In particolare, la coobbligazione tributaria riguarda i soci di società in nome collettivo ed i soci accomandatari di società in accomandita semplice, i quali rispondono solidalmente e illimitatamente per le obbligazioni sociali, rispettivamente in base agli artt. 2291 c.c. e 2313 c.c.

La problematica che si configura e per la cui risoluzione la giurisprudenza non è del tutto concorde è se, dopo che l’avviso di accertamento sia stato notificato unicamente alla società (obbligata principale), si possa notificare al socio (obbligato solidale) direttamente un avviso di intimazione (art. 50, comma 2, D.P.R. 602 del 1973).

A tal proposito si sono formati due orientamenti giurisprudenziali. 

L’orientamento minoritario nega tale possibilità.

Per tutte Cass. civ., sez. V, sent. 9 settembre 2005, n. 18012 precisa che: “[…] non è consentito all’Amministrazione, quanto, in particolare, alla responsabilità solidale del socio accomandatario di s.a.s., di notificare alla società l’atto impositivo […] e di procedere con avviso di mora per l’esazione del credito nei confronti del socio”.

Questo orientamento giurisprudenziale sostiene, infatti, che ciò comporti la violazione del diritto di difesa del socio, e mira a garantirne tutela.

Inoltre, manifesta la necessità di garantire la conoscenza della pretesa anche verso i soci che, a tal fine, dovranno ricevere l’atto contenente la pretesa vantata.

Tale ultimo principio trova fondamento nell’art. 1306 c.c. secondo cui “La sentenza pronunciata tra il creditore e uno dei debitori in solido […] non ha effetto contro gli altri debitori […]”, con la conseguenza che i condebitori solidali che non abbiano partecipato al giudizio conclusosi con la condanna di uno di essi, hanno di fronte al giudicato veste di terzi rispetto sia al creditore, sia al debitore condannato che agisca in sede di regresso. Come terzi, essi non subiscono gli effetti sfavorevoli del giudicato.

L’orientamento maggioritario ammette, invece, la possibilità di notificare al socio   direttamente un avviso di intimazione (art. 50, comma 2, DPR 602/1973), in presenza di un avviso di accertamento notificato alla sola società, ferma restando però, in questo caso, la possibilità per il socio di “contestare i presupposti dell’obbligazione” mediante impugnazione dell’avviso di intimazione (ex multis Cass. civ., sez. V sent. 2 febbraio 2007, n.2284).

La ragione risiede nel fatto che la responsabilità solidale ed illimitata del socio, prevista dall’art. 2291 c.c. per i debiti delle società in nome collettivo, opera, in assenza di apposita previsione derogatoria, anche in materia tributaria, cosicché il socio, dopo l’iscrizione a ruolo a carico della società per un’imposta su di essa gravante, “resta sottoposto all’esazione del debito, ancorché privo della qualità di obbligato per detta imposta, e quindi estraneo agli atti impositivi rivolti alla formazione del ruolo” (ex multis Cass. civ., sez. V, sent. 22 dicembre 2014, n.27189). 

La  sentenza critica, in particolare, la circostanza che l’orientamento minoritario espresso precedentemente rilevi la presunta violazione del diritto di difesa del socio che si veda notificare, quale primo atto, un’intimazione di pagamento, senza che gli sia stato precedentemente notificato l’avviso di accertamento. 

Infatti, afferma che  “il diritto di difesa del socio è garantito dalla possibilità di opporre, in sede di impugnativa dell’avviso di mora (oggi avviso di intimazione), tutte le ragioni che avrebbe potuto opporre all’avviso di accertamento, e ciò indipendentemente dalla circostanza che il vincolo sociale fosse ancora sussistente al momento della notifica dell’avviso di accertamento. Ciò che rileva è, infatti, unicamente la sussistenza della qualifica di socio al momento in cui il debito tributario è sorto, qualifica che conferiva al socio la possibilità di acquisire (e l’onere di conservare)  copia di tutta la documentazione fiscale della società.”. ( ex multis Cass. civ., sez. V, sent. 22 dicembre 2014, n.27189).

Pertanto, in conclusione, secondo l’orientamento ad oggi maggioritario della giurisprudenza, il Concessionario della Riscossione può procedere direttamente con la notifica di un avviso  di intimazione di pagamento al socio, quale obbligato in solido, pur quando l’avviso di accertamento prodromico sia stato notificato unicamente alla società.

Tuttavia, in questo caso, si configura il rischio che il socio, mediante impugnazione dell’intimazione di pagamento (primo atto a lui direttamente notificato), rimetta in discussione i presupposti dell’obbligazione ed opponga “in sede di impugnativa dell’avviso di intimazione, tutte le ragioni che avrebbe potuto opporre all’avviso di accertamento”. 

Qualora si voglia evitare tale situazione, si dovrà evidentemente notificare l’avviso di accertamento contestualmente alla società, quale obbligato principale ed al socio, quale obbligato in solido, al fine di unificare i termini di impugnazione della pretesa impositiva tra tali due soggetti. 

Un’ulteriore problematica che si pone in materia societaria è determinare se il socio possa contestare la notifica dell’avviso di accertamento esecutivo nei suoi confronti anteriormente all’esperimento dell’azione esecutiva nei confronti della società. 

La giurisprudenza più recente appare orientata a respingere un’eccezione di questo tipo.

La Corte di Cassazione si è espressa in questo senso riferendosi alla cartella di pagamento, ma il principio è estensibile pure all’accertamento che: “… non può considerarsi come atto esecutivo, poiché essa è l’atto conclusivo dell’iter che conduce alla formazione del titolo esecutivo e preannuncia l’esercizio dell’azione esecutiva, con conseguente inapplicabilità dell’art. 2304 c.c., che disciplina il beneficium excussionis relativamente alla sola fase esecutiva. (ex multis Cass. civ., sent. 29 luglio 2016, n. 15966).

Pertanto, considerata la natura di titolo esecutivo del nuovo avviso di accertamento, che precede l’esecuzione forzata, lo stesso può essere notificato al coobbligato anche anteriormente all’esperimento infruttuoso dell’azione esecutiva verso la società debitrice principale. 

La conclusione non muta neppure se si considera che il nuovo avviso di accertamento riveste, oltre alla funzione di titolo esecutivo, anche quella di precetto. 

In base alle norme del Codice di procedura civile, infatti, “salva l’ipotesi prevista nell’articolo 502 –concernente l’assegnazione o la vendita delle cose sottoposte a pegno e dei mobili soggetti ad ipoteca, e dunque completamente estranea alla fattispecie in esame- l’espropriazione forzata si inizia con il pignoramento”. 

Ne deriva che, anche valorizzando il carattere ingiuntivo del nuovo avviso di accertamento, corrispondente ad un atto di precetto dell’esecuzione ordinaria, si tratta pur sempre di un atto anteriore alla fase esecutiva, per la quale soltanto sussiste il beneficium excussionis

In ambito societario, è ricorrente anche un’ipotesi atipica di coobbligazione, che si realizza nel caso in cui si debba notificare un atto ad una società a responsabilità limitata cancellata e/o estinta. 

In questo caso i soci, pur godendo del beneficio della responsabilità limitata, rispondono delle obbligazioni sociali, limitatamente a quanto hanno percepito dal bilancio finale di liquidazione.

Relativamente alla notifica, secondo il disposto dell’art. 2495, ultimo comma, c.c. è possibile notificare l’atto presso l’ultima sede della società entro un anno dalla cancellazione.

Tuttavia, la giurisprudenza ha sancito che si possa effettuare la notifica personalmente ai soci che hanno percepito utili dal bilancio finale di liquidazione.

Dato il carattere ondivago delle pronunce giurisprudenziali ed il disposto del citato articolo di legge, appare opportuno notificare contestualmente l’atto alla società ed ai soci che hanno percepito utili dal bilancio finale di liquidazione. 

In un caso si eviterà il decorso del termine prescrizionale, nell’altro che il giudice designato dichiari invalida la notifica. 

Infine, un’ulteriore tipologia di coobbligazione tributaria si configura nell’ipotesi disciplinata dall’art. 65 del D.P.R. 600 del 1973, secondo cui “gli eredi rispondono solidalmente delle obbligazioni tributarie il cui presupposto si è verificato anteriormente alla morte del loro dante causa”. 

In tema di coobbligazione ereditaria, si può sostenere l’applicabilità al nuovo accertamento esecutivo delle norme processual-civilistiche, ed in particolare dell’art. 477 c.p.c. (efficacia del titolo esecutivo contro gli eredi), secondo cui “il titolo esecutivo contro il defunto ha efficacia contro gli eredi, ma si può loro notificare il precetto soltanto dopo dieci giorni dalla notifica del titolo”. 

Nel caso in cui il nuovo accertamento esecutivo sia stato notificato all’obbligato principale anteriormente al suo decesso, “non sussisterà la necessità di emettere un nuovo accertamento a carico dell’erede”, dal momento che “costituisce […] errore giuridico l’affermare che il titolo esecutivo perde efficacia se perde efficacia il precetto”. 

All’erede dovrà, quindi, unicamente essere fatta la notifica dell’avviso di intimazione (che presuppone l’esistenza di un valido titolo esecutivo nei confronti del de cuius, in effetti esistente). 

A tale conclusione si perviene qualora il titolo esecutivo (avviso di accertamento esecutivo)  non sia più contestabile, in quanto, notificato a suo tempo al de cuius, all’epoca unico contribuente,  da questi non sia stato opposto nel termine. 

Pertanto, la notifica dell’avviso di accertamento, che non è stato tempestivamente contestato dal de cuius, effettuata all’erede, (successore in tutti i rapporti giuridici attivi e passivi che già facevano capo al de cuius, fin dal momento dell’apertura della successione) preclude a tale soggetto di  rimettere in discussione il rapporto tributario.

Dott.ssa Eleonora Cucchi

Unicusano-Roma