Molto spesso, nella terminologia corrente, viene utilizzato il termine “ingiunzione” per indicare due tipologie di atti tra loro differenti e addirittura, dopo l’entrata in vigore del D.lgs. 1° settembre 2011 n. 150, impugnabili secondo modalità e riti diversi, ossia l’ordinanza-ingiunzione e l’ingiunzione fiscale.

1. L’ordinanza-ingiunzione: caratteri generali.
L’ordinanza-ingiunzione trova il proprio fondamento normativo nell’art. 18 Legge 24.11.1981 n. 689 e consiste nell’atto con cui l’Amministrazione procedente, esaminati gli atti, sentite le parti interessate (se lo hanno richiesto nel termine di 30 giorni dalla contestazione o dalla notificazione della violazione), e compiuta l’eventuale istruttoria, se ritiene fondato l’accertamento della violazione (e non ritiene quindi di emettere un’ordinanza di archiviazione), provvede con ordinanza motivata a determinare la somma dovuta e ad ingiungere il pagamento di essa e delle spese all’autore della violazione e agli eventuali coobbligati solidali.
Si tratta di una tipologia di atti introdotta dalla Legge di depenalizzazione n. 689/1981 (poiché, nelle precedenti Leggi di depenalizzazione n. 317/1967 e n. 706/1975, il momento dell’’irrogazione della sanzione e quello dell’ingiunzione di pagamento erano invece tenuti distinti).
Dottrina e giurisprudenza prevalenti distinguono un contenuto necessario dell’ordinanza-ingiunzione da un contenuto meramente eventuale.
Fanno parte del contenuto necessario (che, come tale, non può mai mancare nell’ordinanza ingiunzione):
1 – la scelta dell’Amministrazione procedente di fare proprio l’accertamento della violazione compiuto da altro organo, e segnalato con il rapporto trasmesso ai sensi dell’art. 17 Legge 689/1981;
2 – a liquidazione della somma dovuta a titolo di sanzione;
3 – l’ordine di pagarla.
Pertanto, è anche possibile affermare che nell’ordinanza-ingiunzione siano presenti in realtà tre distinti provvedimenti, corrispondenti a ciascuno dei tre contenuti sopra delineati.
Fanno invece parte del contenuto meramente eventuale dell’ordinanza-ingiunzione:
1 – l’applicazione di sanzioni accessorie;
2 – la restituzione delle cose sequestrate.
Si ritiene che l’ordinanza-ingiunzione sia un atto privo di discrezionalità amministrativa: l’Amministrazione procedente è infatti priva di qualsiasi discrezionalità sia nell’accertamento della rispondenza della fattispecie concreta alla previsione astratta operata dal Legislatore, sia nella quantificazione della sanzione. Essa, nell’esaminare il rapporto inviato dall’agente accertatore, deve quindi limitarsi a verificare se il comportamento denunciato integri oppure no la violazione di una specifica norma e, in caso affermativo, deve infliggere le conseguenti sanzioni, determinandone la misura tra un minimo ed un massimo edittale sulla base dei criteri indicati dall’art. 11 Legge 689/1981 (gravità della violazione, opera svolta dall’agente per l’eliminazione o l’attenuazione delle conseguenze della violazione, personalità dell’autore e sue condizioni economiche).
Sotto il profilo formale, l’ordinanza-ingiunzione è a tutti gli effetti un atto amministrativo. In quanto tale, esso deve necessariamente riportare:
1 – l’indicazione dell’autorità che lo ha emesso;
2 – la violazione commessa;
3 – le generalità e gli altri elementi che valgano ad identificare il suo autore e gli eventuali soggetti coobbligati;
4 – la motivazione del provvedimento;
5 – la somma che costituisce la sanzione irrogata.
L’indicazione della violazione commessa deve comprendere una seppur sommaria descrizione della condotta incriminata (con specificazione, laddove possibile, delle circostanze di tempo e di luogo nelle quali si è verificato il fatto) ed un’esatta indicazione delle norme di legge violate. In merito a tale ultima indicazione, la giurisprudenza è incline ad ammettere che con l’ordinanza-ingiunzione si possano correggere eventuali errori nell’indicazione delle norme violate, contenuti nel verbale di accertamento, a condizione che ciò non comporti una violazione del diritto di difesa del contribuente (Cass. civ., sez. I, 24.07.2003 n. 11475).
Per ciò che riguarda il requisito della motivazione, si ammette quella per relationem ad altri atti già in possesso del contribuente (tra i quali in particolare il verbale di accertamento), perché questi ultimi gli siano stati preventivamente notificati.
Non si ritiene inoltre necessario che il provvedimento indichi analiticamente le eventuali ragioni espresse in sede amministrativa dall’interessato, alle quali è eventualmente opportuno un generico riferimento, posto che l’interessato ha comunque la facoltà, impugnando l’ingiunzione, di sottoporre le stesse ad un completo vaglio giudiziario.
E’ ammessa la sottoscrizione a stampa dell’ordinanza-ingiunzione, e pertanto il difetto di sottoscrizione autografa non è causa di nullità dell’atto (Cass. civ., Sezione lavoro, 10.06.2009 n. 13375).
La sua notifica al responsabile e agli eventuali coobbligati in solido deve avvenire nel termine di prescrizione di 5 anni dalla commissione della violazione (art. 28 Legge 689/1981).
L’art. 18, ultimo comma, Legge 689/1981 definisce espressamente l’ordinanza-ingiunzione titolo esecutivo già dal momento della sua emissione; solo l’ordinanza che dispone la confisca diventa esecutiva dopo il decorso del termine per proporre opposizione o, nel caso in cui essa sia proposta, con il passaggio in giudicato della sentenza che respinge l’opposizione o nel momento in cui diviene inoppugnabile l’ordinanza che dichiara inammissibile il ricorso o convalida il provvedimento impugnato.
In materia di accertamento di sanzioni amministrative per contravvenzioni stradali, il meccanismo degli artt. 17-18 Legge 689/1981 (secondo cui l’organo accertatore trasmette l’atto di accertamento all’Amministrazione procedente, la quale emette il titolo esecutivo rappresentato dall’ordinanza-ingiunzione) è derogato dall’art. 203, comma 3, Codice della Strada, che prevede un meccanismo più diretto e rapido, in cui il titolo esecutivo è costituito dallo stesso verbale di accertamento della violazione.
La predetta norma dispone infatti che “qualora nei termini previsti non sia stato proposto ricorso e non sia avvenuto il pagamento in misura ridotta, il verbale, in deroga alle disposizioni di cui all’art. 17 della legge 24 novembre 1981, n. 689, costituisce titolo esecutivo per una somma pari alla metà del massimo della sanzione amministrativa edittale e per le spese di procedimento”.
Per tale motivo, gli artt. 6 e 7 D.lgs. 150/11 prevedono mezzi di impugnazione analoghi per l’ordinanza-ingiunzione e per il verbale di accertamento di violazione del Codice della Strada, entrambi impugnabili, in quanto titoli esecutivi, ed entrambi assoggettati al rito del lavoro.

2. L’ingiunzione fiscale: caratteri generali.
L’ingiunzione fiscale consiste invece “nell’ordine, emesso dal competente ufficio dell’ente creditore, di pagare entro trenta giorni, sotto pena degli atti esecutivi, la somma dovuta” (art. 2 R.D. 14.04.1910 n. 639).
L’ingiunzione fiscale rappresenta ad oggi l’unico strumento di riscossione delle entrate degli Enti locali (incluse le sanzioni amministrative), essendo cessato allo scorso 30 giugno 2017 il regime di “proroga” in favore di Equitalia nella riscossione delle entrate locali.
Ad oggi, pertanto, secondo quanto disposto dall’art. 7, comma 2, lettera gg-quater), D.L. 70/11, “i comuni effettuano la riscossione coattiva delle proprie entrate, anche tributarie: 1) sulla base dell’ingiunzione prevista dal testo unico di cui al regio decreto 14 aprile 1910, n. 639, che costituisce titolo esecutivo, nonché secondo le disposizioni del titolo II del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, in quanto compatibili, comunque nel rispetto dei limiti di importo e delle condizioni stabilite per gli agenti della riscossione in caso di iscrizione ipotecaria e di espropriazione forzata immobiliare”.
La norma dell’art. 2 R.D. 639/1910 definisce quindi espressamente l’ingiunzione fiscale come un “ordine”, una “intimazione” di pagamento della somma dovuta, lasciando insoluta la problematica relativa alla natura giuridica di tale atto.
Essa presuppone in ogni caso come già avvenuta la liquidazione della somma dovuta. In tal senso si sono espresse le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, statuendo che lo strumento dell’ingiunzione fiscale sia utilizzabile, da parte della Pubblica Amministrazione, non solo per le entrate strettamente di diritto pubblico, ma anche per quelle di diritto privato, trovando il suo fondamento nel potere di auto-accertamento della medesima Pubblica Amministrazione, a condizione che il credito, in base al quale viene emesso l’ordine di pagamento, sia certo, liquido ed esigibile, “dovendo la sua sussistenza, la sua determinazione quantitativa e le sue condizioni di esigibilità derivare da fonti, da fatti e da parametri obiettivi e predeterminati, rispetto ai quali l’Amministrazione dispone di un mero potere di accertamento, restando affidata al giudice del merito la valutazione, in concreto, dell’esistenza dei suindicati presupposti” (Cass. civ., SS.UU., 25.05.2009 n. 11992).
Pertanto, l’emissione di un’ingiunzione fiscale presuppone come già avvenuta l’attività di liquidazione della somma, che viene effettuata con l’ordinanza-ingiunzione o (nel caso di sanzioni per contravvenzioni stradali) con il verbale di accertamento.
Pertanto, in estrema sintesi, l’ordinanza-ingiunzione o il verbale di accertamento sono il prius, l’ingiunzione fiscale è il posterius.
In particolare, la dottrina si è interrogata se l’ingiunzione fiscale possa rivestire la qualità di titolo esecutivo, di precetto oppure di atto che riassuma in sé entrambe tali prerogative. Senza dubbio l’ingiunzione fiscale non può trovare connotazione esclusivamente come atto processuale.
Al contrario, specie qualora emessa direttamente da parte dell’Ente titolare del credito, essa costituisce la massima espressione del potere di imperio della Pubblica Amministrazione, posto che costituisce uno strumento derogatorio dell’ordinaria procedura monitoria ingiuntiva di matrice giurisdizionale e rappresenta pertanto uno strumento impositivo derogatorio ed eccezionale, messo a disposizione delle persone giuridiche pubbliche.
Tale carattere risulta ad oggi addirittura accentuato dalla soppressione dell’istituto della vidimazione. La formulazione originaria dell’art. 2 R.D. 14.04.1910 n. 639 prevedeva infatti che l’ingiunzione, a prescindere dall’ammontare dell’importo per cui veniva emessa, dovesse essere “vidimata e resa esecutoria dal pretore nella cui giurisdizione risiede l’ufficio che la emette”.
Il potere del Pretore di rendere esecutivi atti emanati da Autorità amministrative è stato soppresso dall’art. 229 D.Lgs. 19.02.1998 n. 51, ossia dallo stesso Decreto che ha soppresso la figura del Pretore ed istituito, in sua vece, il Giudice unico di primo grado.
Lo stesso art. 229 D.Lgs. 19.02.1998 n. 51 ha previsto che gli atti emanati da Autorità amministrative siano esecutivi di diritto.
E’ venuto così meno, rispetto alla formulazione originaria della norma, anche quell’attenuato e, peraltro, solo formale controllo giurisdizionale rappresentato dalla vidimazione, con conseguente accentuazione del carattere stragiudiziale ed amministrativo dell’ingiunzione fiscale, espressione della potestà di auto-accertamento ed autotutela della Pubblica Amministrazione.
Si tratta, quindi, di un atto unilaterale, privo di certezza giudiziale sull’esistenza credito ivi portato.
E’ l’ingiunzione medesima che svolge la funzione di atto di accertamento contemporaneamente a quella di titolo di natura amministrativa o, più esattamente, di titolo stragiudiziale di formazione amministrativa, espressione del potere di auto-accertamento e autotutela della Pubblica Amministrazione.
Anche in epoca più recente, posteriore alla soppressione dell’istituto della vidimazione, la Corte di Cassazione ha avuto occasione di ribadire che l’ingiunzione fiscale “trova il suo fondamento nel potere di auto-accertamento della Pubblica Amministrazione” (Cass. civ., sez. I, 15.06.2000 n. 8162), con la conseguenza che le condizioni di esigibilità, certezza e liquidità del credito, che costituiscono presupposti per l’utilizzo di tale strumento, devono derivare da fonti e parametri obiettivi e predeterminati, dal momento che la Pubblica Amministrazione ha soltanto un potere di mero accertamento di tali elementi, e non di loro determinazione unilaterale.
L’ingiunzione fiscale acquista valenza di titolo per i successivi atti esecutivi, decorsi 30 giorni dalla sua notificazione senza che il contribuente abbia effettuato il pagamento o l’abbia impugnata: pertanto, essa è stata definita come un titolo esecutivo in itinere. In tal senso si esprime l’art. 4 R.D. 14.04.1910 n. 639, secondo cui “respinto, in tutto od in parte, il ricorso o l’opposizione dall’autorità adita e riattivato, qualora ne sia stata disposta la sospensione, il procedimento coattivo, oppure proseguito, in mancanza del ricorso o dell’opposizione anzidetti o dell’inibitoria da parte dell’autorità suindicata, il procedimento medesimo, esso non potrà, per qualsiasi motivo, …essere sospeso”.

3. I soggetti legittimati all’emissione dei due atti.
Altra rilevante differenza tra l’ordinanza-ingiunzione e l’ingiunzione fiscale concerne i soggetti legittimati alla loro emissione.
L’ordinanza ingiunzione può essere emessa unicamente da un organo diretto della Pubblica Amministrazione, in quanto l’art. 17 Legge 689/1981 stabilisce che “qualora non sia stato effettuato il pagamento in misura ridotta, il funzionario o l’agente che ha accertato la violazione, salva l’ipotesi di cui all’art. 24 (connessione obiettiva con un fatto di reato), deve presentare rapporto, con la prova delle eseguite contestazioni o notificazioni, all’ufficio periferico cui sono demandati attribuzioni e compiti del Ministero nella cui competenza rientra la materia alla quale si riferisce la violazione o, in mancanza, al prefetto … Nelle materie di competenza delle regioni e negli altri casi, per le funzioni amministrative ad esse delegate, il rapporto è presentato all’ufficio regionale competente. Per le violazioni dei regolamenti provinciali e comunali il rapporto è presentato, rispettivamente, al presidente della giunta provinciale o al sindaco”.
L’ingiunzione fiscale può invece essere emessa non solo dagli Enti locali che procedano in proprio alla riscossione delle proprie entrate, ma anche dai soggetti terzi cui l’Ente locale abbia affidato, anche disgiuntamente, l’accertamento e la riscossione delle proprie entrate ex art. 52, comma 5, lettera b), D.lgs. 15.12.1997 n. 446, e che agiscono pertanto come organi indiretti della Pubblica Amministrazione.
In tal senso si sono recentemente espressa Cass. civ., sez. II, 28.09.2017 n. 22710 e Cass. civ., sez. II, 13.11.2017 n. 26736.
In entrambe le fattispecie, parte ricorrente aveva lamentato che il Concessionario non sarebbe stato legittimato ad emettere l’ingiunzione fiscale, perché l’art. 1, comma 477, Legge 23.12.2005 n. 266 avrebbe autorizzato i Concessionari soltanto a procedere alla riscossione – con gli strumenti del DPR 602/1973 in quanto compatibili- delle somme già ingiunte, ma non a procedere essi stessi all’emissione dell’ingiunzione. Quest’ultima, secondo la tesi di parte ricorrente, sarebbe stata riservata in via esclusiva alle Autorità amministrative in senso stretto, ossia ai Comuni, in quanto espressione di una norma eccezionale (che consente di ingiungere pagamento al di fuori dell’ordinario procedimento giurisdizionale monitorio), non suscettibile di interpretazione analogica.
Tale tesi è stata respinta dai Giudici di legittimità.
L’art. 52, comma 6, D.lgs. 15.12.1997 n. 446 stabiliva che la riscossione coattiva dei tributi e delle altre entrate locali venisse effettuata con gli strumenti del ruolo e della cartella di pagamento ex DPR 602/1973, se affidata all’Agente nazionale della riscossione (possibilità oggi non più esistente, stante la fine del regime di “proroga” di Equitalia nella riscossione locale), o con lo strumento dell’ingiunzione fiscale ex RD 639/1910, se svolta in proprio dall’Ente locale o affidata agli altri soggetti di cui al comma 5 lettera b) del predetto art. 52 D.lgs. 446/1997.
Tale norma era stata abrogata dalla Legge 24.12.2007 n. 244, art. 1, comma 224, lett. b), ma sostanzialmente riprodotta dall’art. 36, comma 2, D.L. 31.12.2007 n. 248, convertito in Legge 28.02.2008 n. 31 (“La riscossione coattiva dei tributi e di tutte le altre entrate degli enti locali continua a potere essere effettuata con: a) la procedura dell’ingiunzione di cui al regio decreto 14 aprile 1910, n. 639, seguendo anche le disposizioni contenute nel titolo II del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, in quanto compatibili, nel caso in cui la riscossione coattiva è svolta in proprio dall’ente locale o è affidata ai soggetti di cui all’articolo 52, comma 5, lettera b), del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446; b) la procedura del ruolo di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, se la riscossione coattiva è affidata agli agenti della riscossione di cui all’articolo 3 del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248”).
Anche tale norma è stata abrogata dal D.L. 13.05.2011 n. 70, convertito in Legge 12.07.2011 n. 106, ma tale abrogazione non è mai divenuta efficace per effetto di un gioco di rinvii dell’entrata in vigore delle disposizioni cui era subordinata l’abrogazione stessa.
Infine, con il D.L. 02.03.2012 n. 16, convertito in Legge 26.04.2012 n. 44, è stata modificata la lettera gg-septies) art. 7, comma 2, D.L. 70/11, mediante l’inserimento di un testo che non prevede più l’abrogazione dell’art. 36, comma 2, D.L. 248/2007.
In senso favorevole alla facoltà per i Concessionari di emettere l’ingiunzione fiscale vi è infine il testo dell’art. 4, comma 2-sexies, D.L. 24.09.2002 n. 209, convertito con modificazioni in Legge 22.112002 n. 265, secondo cui “I comuni e i concessionari iscritti all’albo di cui all’articolo 53 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, di seguito denominati «concessionari», procedono alla riscossione coattiva delle somme risultanti dall’ingiunzione prevista dal testo unico di cui al regio decreto 14 aprile 1910, n. 639, secondo le disposizioni contenute nel titolo II del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, in quanto compatibili”.
Anche la norma dell’art. 36, comma 2, D.L. 248/07 convertito in Legge 31/2008 non può essere interpretata in senso restrittivo, in quanto appartenente al novero di quelle disposizioni dirette ad attribuire uno strumento di recupero coattivo del credito, senza distinguere se l’attribuzione di tale potere valga solo per l’esecuzione coattiva o anche per l’accertamento in giunzionale.
Infine, non corrisponde al vero che il R.D. 639/1910 costituisca norma eccezionale, non suscettibile di interpretazione analogica, poiché la legislazione regolante l’attività amministrativa e i rapporti tra questa ed il singolo conosce ormai da decenni, quale fenomeno diffuso, la delega del potere di sanzionare e riscuotere a soggetti che, pur essendo in senso stretto estranei alla Pubblica Amministrazione, di essa sono espressione diretta ed immediata, inseriti a pieno titolo nel procedimento amministrativo e soggetti a limiti, controlli e responsabilità analoghi a quelli della Pubblica Amministrazione in senso proprio.

4. Conclusione: differenze circa l’obbligo di motivazione e l’impugnazione dei due atti.
Le sopra delineate differenze di finalità, struttura e legittimazione all’emissione tra l’ordinanza-ingiunzione, da un lato, e l’ingiunzione fiscale, dall’altro, comportano ripercussioni relative anche all’obbligo di motivazione dei due atti e alla loro impugnazione giudiziale.
Relativamente alla motivazione, quella dell’ordinanza-ingiunzione deve presentare un grado di analiticità e specificità superiore rispetto a quella dell’ingiunzione fiscale.
Infatti, l’ordinanza ingiunzione, dovendo ancora operare una liquidazione della somma dovuta a titolo di sanzione, deve contenere una descrizione della violazione contestata, con indicazione delle relative circostanze di tempo e di luogo e delle norme che si assumono violate: pertanto, pur essendo ammessa una motivazione che faccia almeno parziale riferimento al prodromico verbale di accertamento già notificato al contribuente, la motivazione di tale atto richiede pur sempre un certo livello di specificità, quantomeno con riferimento al suo “contenuto necessario”.
L’ingiunzione fiscale, invece, può essere motivata in modo molto più sintetico. La motivazione per relationem, che faccia riferimento alla prodromica ordinanza-ingiunzione o al prodromico verbale di accertamento e alla sua data di notifica, è senza dubbio largamente ammessa.
Tali differenze di carattere sostanziale si riflettono anche sulle diverse modalità di impugnazione scelte dal Legislatore per tali atti: l’ordinanza-ingiunzione (così come il verbale di accertamento della violazione stradale) si impugna mediante il rito del lavoro (artt. 6 e 7 D.lgs. 150/11); l’ingiunzione fiscale mediante il rito ordinario di cognizione (art. 32 D.lgs. 150/11).

Dott.ssa Cecilia Domenichini
(Unicusano – Roma)