Convegno Pontremoli, 14 settembre 2018
“Il processo tributario tra strumenti di deflazione ed esecuzione forzata”
SOMMARIO: §. 1 Premessa. §. 2 Gli atti notificabili mediante posta elettronica certificata: cartelle e avvisi di accertamento erariali. §. 3 La notificazione telematica degli avvisi di accertamento degli Enti locali e delle ingiunzioni fiscali. §. 4 La problematica relativa alla sottoscrizione digitale e all’estensione del file notificato in via telematica. §. 5 L’applicabilità alle notifiche telematiche della sanatoria per raggiungimento dello scopo dell’atto (art. 156, comma 3, c.p.c.). §. 6 L’intervento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione in materia di equivalenza tra le sottoscrizioni digitali CAdES e PAdES.
- . 1 Premessa.
Negli ultimi anni, il Legislatore ha dimostrato una crescente tendenza ad espandere l’ambito applicativo delle notifiche a mezzo posta elettronica certificata, per gli evidenti vantaggi che tale modalità di notifica presenta, sia in termini di risparmio di costi, sia in termini di certezza della ricezione della notifica da parte del destinatario.
Tale tendenza ha interessato non solo l’ambito strettamente processuale, sia civile che tributario, ma anche la notifica degli atti di accertamento tributario e della riscossione.
In ambito processuale civile, a mero titolo esemplificativo, si ricordano le norme di cui agli artt. 136 e 149-bis c.p.c. (che disciplinano, rispettivamente, le comunicazioni di Cancelleria e le notificazioni a mezzo posta elettronica certificata) e di cui all’art. 3-bis Legge 21 gennaio 1994 n. 53 (che consente a tutti gli avvocati la notificazione degli atti civili, amministrativi e stragiudiziali con modalità telematiche, ossia a mezzo di posta elettronica certificata, senza necessità di autorizzazione da parte del Consiglio dell’Ordine di appartenenza, né di tenuta del registro cronologico, presupposti indispensabili invece per le altre modalità di notifica “in proprio” da parte degli avvocati).
In ambito processuale tributario, deve invece ricordarsi la disposizione dell’art. 16-bis D.lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 (inserito dall’art. 9, comma 1, lettera h), D.lgs. 24 settembre 2015 n. 156), che disciplina le comunicazioni e le notificazioni per via telematica nell’ambito del processo tributario.
Le prime sono divenute operative, per tutto il territorio nazionale, con decorrenza dal 1° gennaio 2016; le seconde invece, così come la facoltà di eseguire il deposito degli atti del processo tributario per via telematica, sono divenute operative con la decorrenza e le modalità previste dai Decreti di cui all’art. 3, comma 3, Decreto Ministero delle Finanze 23 dicembre 2013 n. 163 (e, quindi, con decorrenza diversificata da Regione a Regione). Ad oggi, esse sono utilizzabili, seppure con un regime di facoltatività, in tutto il territorio nazionale.
Anche in materia di atti della riscossione la tendenza dimostrata dalla più recente legislazione è senza dubbio quella alla progressiva espansione dell’utilizzo della notifica telematica, ossia eseguita attraverso la posta elettronica certificata.
- . 2 Gli atti notificabili mediante posta elettronica certificata: cartelle e avvisi di accertamento erariali.
In materia di notifica di atti tributari e della riscossione, il primo atto, rispetto al quale è stata ammessa la notifica mediante posta elettronica certificata, è stata la cartella di pagamento.
In tal senso dispone l’art. 26, comma 2, D.P.R. 29 settembre 1973 n. 602, inserito dall’art. 38, comma 4, lettera b), D.L. 31 maggio 2010 n. 78 convertito in Legge 30 luglio 2010 n. 122; poi sostituito dall’art. 14, comma 1, D.lgs. 24 settembre 2015 n. 159 (che aveva introdotto, con decorrenza dal 1° giugno 2016, addirittura l’obbligo dell’utilizzo della notifica a mezzo p.e.c. per le cartelle dirette a società, imprese individuali, professionisti e, in genere, soggetti tenuti per legge a dotarsi di un indirizzo di posta elettronica certificata) e, infine, nuovamente modificato dall’art. 7-quater, comma 9, D.L. 22 ottobre 2016 n. 193 convertito in Legge 1° dicembre 2016 n. 225, che ha codificato il testo della norma attualmente vigente.
Quest’ultimo stabilisce che: “La notifica della cartella può essere eseguita, con le modalità di cui al decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, a mezzo posta elettronica certificata, all’indirizzo del destinatario risultante dall’indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata (INI-PEC), ovvero, per i soggetti che ne fanno richiesta, diversi da quelli obbligati ad avere un indirizzo di posta elettronica certificata da inserire nell’INI-PEC, all’indirizzo dichiarato all’atto della richiesta. In tali casi, si applicano le disposizioni dell’articolo 60 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600”.
Rispetto al testo immediatamente previgente (introdotto dall’art. 14, comma 1, D.lgs. 24 settembre 2015 n. 159), l’attuale versione della norma non contiene più alcun riferimento ad un obbligo di utilizzo della posta elettronica certificata, prevedendo invece in ogni caso una mera facoltà in tal senso.
Il favore del Legislatore verso tale modalità di notifica è tuttavia reso evidente dal successivo art. 7-quater, comma 10, D.L. 22 ottobre 2016 n. 193, convertito in Legge 1° dicembre 2016 n. 225, secondo cui “Per soddisfare l’esigenza di massima tutela giurisdizionale del debitore iscritto a ruolo, le notificazioni delle cartelle e degli altri atti della riscossione relative alle imprese individuali o costituite in forma societaria, ai professionisti iscritti in albi o elenchi e agli altri soggetti che hanno richiesto la notificazione all’indirizzo di posta elettronica certificata, eventualmente eseguite nel periodo dal 1° giugno 2016 – data in cui era entrato in vigore l’obbligo di notifica via p.e.c. previsto dal D.Lgs. 159/2015- alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto con modalità diverse dalla posta elettronica certificata, sono rinnovate mediante invio all’indirizzo di posta elettronica certificata del destinatario e i termini di impugnazione degli stessi atti decorrono, in via esclusiva, dalla data di rinnovazione della notificazione”.
A decorrere dal 1° luglio 2017, sono inoltre notificabili mediante posta elettronica certificata gli avvisi di accertamento tributari in materia di imposte sui redditi.
In tal senso dispone l’attuale art. 60, settimo ed ultimo comma, D.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, aggiunto dall’art. 7-quater, comma 6, D.L. 22 ottobre 2016 n. 193 convertito in Legge 1° dicembre 2016 n. 225.
Tale norma stabilisce che, in deroga all’art. 149-bis c.p.c., la notificazione degli avvisi e degli altri atti che per legge devono essere notificati alle imprese individuali o costituite in forma societaria e ai professionisti iscritti in albi o elenchi istituiti con legge dello Stato può essere effettuata direttamente dal competente ufficio con le modalità previste dal regolamento di cui al D.P.R. 11 febbraio 2005 n. 68, a mezzo di posta elettronica certificata, all’indirizzo del destinatario risultante dall’indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata (INI-PEC).
A tal fine all’Ufficio finanziario sono consentite la consultazione telematica e l’estrazione, anche in forma massiva, di tali indirizzi.
Per i soggetti diversi da quelli obbligati ad avere un indirizzo di posta elettronica certificata da inserire nell’INI-PEC, la notificazione può essere eseguita con tale modalità solo su richiesta degli interessati. Questi ultimi possono indicare a tal fine l’indirizzo di posta elettronica di cui sono intestatari, quello di un difensore tecnico abilitato alla difesa nel processo tributario (art. 12, comma 3, D.lgs. 546/1992), del coniuge, di un parente o affine entro il quarto grado, specificamente incaricati di ricevere le notifiche per conto degli interessati. L’indirizzo dichiarato nella richiesta ha effetto, ai fini delle notificazioni, dal quinto giorno libero successivo a quello in cui l’ufficio attesta la ricezione della richiesta stessa.
L’attuale art. 60, ultimo comma, D.P.R. 600/1973 disciplina analiticamente come debba comportarsi l’Ufficio finanziario, qualora la notifica a mezzo posta elettronica certificata non vada a buon fine per saturazione della casella del destinatario o per sopravvenuta inattività del suo indirizzo p.e.c.
L’Ufficio deve in ogni caso effettuare un secondo tentativo di consegna decorsi almeno sette giorni dal primo invio.
Se anche a seguito di tale tentativo la notifica non va a buon fine, il comportamento dell’Ufficio finanziario è differenziato a seconda che il destinatario della notifica sia un soggetto obbligato per legge ad avere un indirizzo di posta elettronica certificata (impresa individuale, società o professionista) oppure un soggetto che abbia fatto richiesta di ricevere le notificazioni con tale modalità, pur non essendo obbligato ex lege a dotarsi di tale indirizzo.
Nel primo caso, la notificazione deve essere eseguita mediante il compimento di tre adempimenti:
- il deposito telematico dell’atto nell’area riservata del sito internet della società InfoCamere S.c.p.a.;
- la pubblicazione, entro il secondo giorno successivo a quello di deposito, del relativo avviso nello stesso sito, per la durata di quindici giorni;
- l’invio al destinatario di comunicazione dell’avvenuta notificazione dell’atto a mezzo di lettera raccomandata.
Si tratta di una serie di adempimenti che “ricalcano” quelli prescritti dall’art. 140 c.p.c. per le fattispecie di irreperibilità relativa, due dei quali (i.e.: deposito e pubblicazione) vengono tuttavia eseguiti con modalità telematiche.
Anche in tale ambito vige il principio della scissione del momento perfezionativo della notifica tra notificante e destinatario.
Ai fini del rispetto dei termini di prescrizione e decadenza, la notificazione si intende infatti perfezionata:
- per il notificante, nel momento in cui il suo gestore della casella di posta elettronica certificata gli trasmette la ricevuta di accettazione con la relativa attestazione temporale che certifica l’avvenuta spedizione del messaggio;
- per il destinatario, alla data di avvenuta consegna contenuta nella ricevuta che il gestore della casella di posta elettronica certificata del destinatario trasmette all’ufficio o nel quindicesimo giorno successivo a quello della pubblicazione dell’avviso nel sito internet della società InfoCamere S.c.p.a.
Per i destinatari non obbligati per legge a dotarsi di un indirizzo p.e.c., si applicano invece le disposizioni in materia di notificazione degli avvisi e degli altri atti che per legge devono essere notificati al contribuente, comprese le disposizioni degli altri commi dell’art. 60 D.P.R. 600/1973 e quelle del Codice di procedura civile, ad esclusione dell’art. 149-bis c.p.c. In sostanza, quindi, per tali soggetti, l’impossibilità di eseguire la notificazione per via telematica, ancorché per causa imputabile al destinatario, obbliga l’Ufficio finanziario a ricorrere alle modalità di notifica analogiche.
In attuazione dell’art. 60, ultimo comma, D.P.R. 600/1973, l’Agenzia delle Entrate ha emesso i Provvedimenti del 03 marzo 2017 e del 28 giugno 2017, con i quali è stato approvato il Modello per comunicare i dati relativi all’indirizzo di posta elettronica certificata per la notifica degli atti ai soggetti- persone fisiche e non- non obbligati a dotarsi di un indirizzo p.e.c. da inserire nell’Indice Nazionale, e sono state definite le modalità di comunicazione, tramite i servizi telematici dell’Agenzia delle entrate, dei dati relativi all’indirizzo di posta elettronica certificata per la notifica degli atti.
Ancora, sempre a decorrere dal 1° luglio 2017, possono essere notificati a mezzo posta elettronica certificata gli atti relativi alle operazioni catastali e alle relative sanzioni.
In tal senso dispone l’art. 7-quater, commi 11, 12 e 13, D.L. 193/2016 convertito in Legge 225/2016, secondo cui: “11. La notificazione degli atti relativi alle operazioni catastali e alle correlate sanzioni, che per legge devono essere notificate ai soggetti obbligati alle dichiarazioni di aggiornamento, può essere eseguita direttamente dal competente ufficio, oltre che con le modalità già previste dalle disposizioni vigenti, anche a mezzo di posta elettronica certificata, con le modalità previste dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, all’indirizzo risultante dagli elenchi istituiti a tale fine dalla legge. 12. Per le notificazioni di cui al comma 11, si applicano le disposizioni di cui all’articolo 60, settimo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, introdotto dal comma 6 del presente articolo. Nel caso di pubbliche amministrazioni la notificazione può essere effettuata all’indirizzo risultante dall’indice degli indirizzi della pubblica amministrazione e dei gestori di pubblici servizi, di cui all’articolo 6-ter del codice dell’amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82. 13. Le disposizioni dei commi 11 e 12 si applicano alle notificazioni effettuate a decorrere dal 1° luglio 2017”.
- . 3 La notificazione telematica degli avvisi di accertamento degli Enti locali e delle ingiunzioni fiscali.
Fino a poco tempo fa risultava invece più incerta l’ammissibilità della notifica a mezzo p.e.c. degli avvisi di accertamento relativi a tributi locali e delle ingiunzioni fiscali.
Relativamente agli avvisi di accertamento dei tributi locali, in passato l’incertezza era principalmente motivata dall’assenza di una norma che rinviasse esplicitamente alle forme di notificazione di cui all’art. 60 DPR 600/1973.
Relativamente alle ingiunzioni fiscali, il tentativo di ammettere la notificazione a mezzo p.e.c. si fondava sul combinato disposto degli artt. 2 R.D. 14 aprile 1910 n. 639 (secondo cui l’ingiunzione fiscale è notificata “… nella forma delle citazioni”, e quindi con rinvio agli artt. 137 e ss. c.p.c.) e 149-bis c.p.c., che tuttavia non permette all’Ente locale o al Concessionario di procedervi direttamente, richiedendo necessariamente l’intermediazione di un Ufficiale giudiziario, Ufficiale della riscossione o messo notificatore.
In entrambi i casi, il principale argomento contrario era in ogni caso costituito dall’assenza di una normativa ad hoc, posto che, laddove il Legislatore aveva voluto autorizzare la notifica mediante posta elettronica certificata (es.: cartella di pagamento, avviso di accertamento dell’Agenzia delle entrate, ecc.), lo aveva fatto con una disposizione apposita.
Tale incertezza deve ad oggi ritenersi superata dall’entrata in vigore dell’art. 7- quater, comma 7, D.L. 22 ottobre 2016 n. 193, convertito con modificazioni in Legge 1° dicembre 2016 n. 225.
Tale norma stabilisce che: “Le disposizioni di cui al comma 6 – norma che ha introdotto l’attuale ultimo comma dell’art. 60 D.P.R. 600/1973, in materia di notifica telematica degli avvisi di accertamento relativi alle imposte sui redditi- si applicano alle notificazioni degli avvisi e degli altri atti che per legge devono essere notificati ai contribuenti effettuate a decorrere dal 1° luglio 2017. Resta ferma per gli avvisi e gli altri atti che per legge devono essere notificati fino al 30 giugno 2017 la disciplina vigente prima della data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto”.
L’onnicomprensivo riferimento alle notificazioni “degli avvisi e degli altri atti che per legge devono essere notificati ai contribuenti” sembra idoneo ad includere nell’ambito applicativo della notifica via p.e.c. gli avvisi di accertamento tributari emessi dagli enti locali (“avvisi”) e addirittura anche le ingiunzioni fiscali (“altri atti”), purché la notifica sia stata effettuata a decorrere dal 1° luglio 2017 – e, quindi, senza “salvezza” di eventuali notifiche effettuate con tale modalità anteriormente a tale data, per le quali “resta ferma … la disciplina vigente prima della data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto”.
Altro fondamento normativo per la notifica via p.e.c. di tali atti può trarsi dall’art. 6, comma 1-quater, D.lgs. 07 marzo 2005 n. 82 (cd. “Codice dell’amministrazione digitale”), inserito dall’art. 7, comma 1, lettera d), D.lgs. 13 dicembre 2017 n. 217, pubblicato il 12 gennaio 2018.
La predetta norma dispone che i soggetti indicati dall’art. 2, comma 2, D.lgs. 82/2005– ossia le Pubbliche Amministrazioni e i gestori di servizi pubblici, ivi comprese le società quotate, in relazione ai servizi di pubblico interesse, – notificano direttamente presso i domicili digitali di cui all’articolo 3-bis D.lgs. 82/2005 i propri atti, compresi i verbali relativi alle sanzioni amministrative, gli atti impositivi di accertamento e di riscossione e le ingiunzioni di cui all’articolo 2 del regio decreto 14 aprile 1910 n. 639, fatte salve le specifiche disposizioni in ambito tributario.
Sotto il profilo soggettivo, la norma si applica evidentemente sia ai Comuni ed altri Enti locali (i quali rientrano nella categoria delle “pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, D.lgs. 30 marzo 2001 n. 165”), sia i Concessionari iscritti all’albo ex art. 53 D.lgs. 446/1997 (i quali rientrano nella categoria dei “gestori di pubblici servizi … in relazione ai servizi di pubblico interesse”).
Sotto il profilo oggettivo, essa pone un fondamento normativo alla notifica tramite posta elettronica certificata dei verbali di contravvenzione stradale, degli avvisi di accertamento, delle ingiunzioni fiscali di cui all’art. 2 R.D. 639/1910, notificati successivamente alla data della sua entrata in vigore. Tale elencazione appare peraltro meramente esemplificativa, e non esaustiva.
La norma specifica infine che la conformità della copia informatica del documento notificato all’originale è attestata dal responsabile del procedimento in conformità a quanto disposto agli articoli 22 e 23-bis D.lgs. 82/2005. Tali norme disciplinano, rispettivamente, la copia informatica di un documento analogico (art. 22) e il duplicato informatico e la copia informatica di un documento informatico (art. 23-bis).
La prima stabilisce che: “1. I documenti informatici contenenti copia di atti pubblici, scritture private e documenti in genere, compresi gli atti e documenti amministrativi di ogni tipo formati in origine su supporto analogico, spediti o rilasciati dai depositari pubblici autorizzati e dai pubblici ufficiali, hanno piena efficacia, ai sensi degli articoli 2714 e 2715 del codice civile, se sono formati ai sensi dell’articolo 20, comma 1-bis, primo periodo. La loro esibizione e produzione sostituisce quella dell’originale. 1-bis. La copia per immagine su supporto informatico di un documento analogico è prodotta mediante processi e strumenti che assicurano che il documento informatico abbia contenuto e forma identici a quelli del documento analogico da cui è tratto, previo raffronto dei documenti o attraverso certificazione di processo nei casi in cui siano adottate tecniche in grado di garantire la corrispondenza della forma e del contenuto dell’originale e della copia. 2. Le copie per immagine su supporto informatico di documenti originali formati in origine su supporto analogico hanno la stessa efficacia probatoria degli originali da cui sono estratte, se la loro conformità è attestata da un notaio o da altro pubblico ufficiale a ciò autorizzato, secondo le Linee guida 3. Le copie per immagine su supporto informatico di documenti originali formati in origine su supporto analogico nel rispetto delle Linee guida hanno la stessa efficacia probatoria degli originali da cui sono tratte se la loro conformità all’originale non è espressamente disconosciuta. 4. Le copie formate ai sensi dei commi 1, 1-bis, 2 e 3 sostituiscono ad ogni effetto di legge gli originali formati in origine su supporto analogico, e sono idonee ad assolvere gli obblighi di conservazione previsti dalla legge, salvo quanto stabilito dal comma 5. 5. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri possono essere individuate particolari tipologie di documenti analogici originali unici per le quali, in ragione di esigenze di natura pubblicistica, permane l’obbligo della conservazione dell’originale analogico oppure, in caso di conservazione sostitutiva, la loro conformità all’originale deve essere autenticata da un notaio o da altro pubblico ufficiale a ciò autorizzato con dichiarazione da questi firmata digitalmente ed allegata al documento informatico”.
La seconda stabilisce che “1. I duplicati informatici hanno il medesimo valore giuridico, ad ogni effetto di legge, del documento informatico da cui sono tratti, se prodotti in conformità alle Linee guida 2. Le copie e gli estratti informatici del documento informatico, se prodotti in conformità alle vigenti Linee guida, hanno la stessa efficacia probatoria dell’originale da cui sono tratte se la loro conformità all’originale, in tutti le sue componenti, è attestata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato o se la conformità non è espressamente disconosciuta. Resta fermo, ove previsto, l’obbligo di conservazione dell’originale informatico”.
Pertanto, in conclusione, per poter procedere alla notifica in via telematica dell’atto, è obbligatoria l’attestazione di conformità tra la copia di esso inviata via posta elettronica certificata al contribuente e l’originale (analogico o informatico) dell’atto in possesso dell’Amministrazione o del gestore del servizio pubblico. Tale attestazione deve necessariamente provenire dal responsabile del procedimento di emissione dell’atto da notificare.
- . 4 La problematica relativa alla sottoscrizione digitale e all’estensione del file notificato in via telematica.
Altra rilevante problematica posta dalle notificazioni mediante posta elettronica certificata è quella concernente la sottoscrizione dell’atto e la garanzia della sua conformità all’originale.
Già alcune pronunce più risalenti (CTP Latina 01 luglio 2016 n. 992 e CTP Frosinone 01 dicembre 2016 n. 869) avevano rilevato come con la posta elettronica certificata venga trasmesso al contribuente non l’originale della cartella di pagamento, ma solo una copia informatica, peraltro priva di alcuna attestazione di conformità apposta da un pubblico ufficiale.
Tale copia non può quindi assumere alcun valore giuridico, perché non è tale da garantire il fatto che il documento inoltrato sia in tutto e per tutto identico all’originale, rimasto in questo caso nella disponibilità dell’Agente della Riscossione (diversamente da quanto accade con la notifica a mezzo di raccomandata a.r., con la quale l’originale della cartella è consegnato al contribuente).
Pertanto, se nella fotocopia della cartella di pagamento allegata alla p.e.c. non appare alcuna attestazione di conformità nei modi previsti dalla legge, si deve concludere che il contribuente abbia ricevuto soltanto una copia informale dell’originale della cartella di pagamento, “al pari di una volgare fotocopia”.
Le predette sentenze escludono anche la possibilità che l’autentica sulle copie delle cartelle possa essere apposta da dirigenti, funzionari o dipendenti dell’Agente della Riscossione, in quanto essi non sono pubblici ufficiali.
Ancora, esse individuano un ulteriore profilo di criticità della notifica mediante posta elettronica certificata, in quanto la stessa non garantirebbe la piena prova dell’effettiva consegna del documento al destinatario.
Mentre nel sistema tradizionale della notifica cartacea tale circostanza è garantita dall’ufficiale giudiziario, postino o messo notificatore, “nel caso della Pec, l’attestazione di spedizione e d’immissione della mail nella casella del destinatario è fornita solo da un sistema informatico automatizzato, privo quindi di alcuna garanzia di certezza per il contribuente. Il gestore della posta certificata garantisce soltanto la disponibilità del documento nella casella di posta elettronica del destinatario, a prescindere da ogni possibile verifica della effettiva apertura e lettura del messaggio … la semplice disponibilità di un documento nella casella pec non equivale all’avvenuta consegna del documento al destinatario, il quale potrebbe non leggerla per svariate ragioni non sempre dipendenti dalla propria volontà”. Pertanto, “la pec lascia incerto l’esito della sua ricezione oltre che la data di effettiva avvenuta conoscenza del messaggio, alterando il dies a quo per eventuali contestazioni successive”.
Se il rilievo di tale ultima criticità può dirsi ormai superato, alla luce della normativa che codifica espressamente il diverso momento del perfezionamento della notifica a mezzo p.e.c. sia per il notificante, sia per il destinatario (art. 60, ultimo comma, D.P.R. 600/1973), più difficilmente superabile appare la problematica dell’attestazione di conformità della copia informatica dell’atto, notificata al contribuente in via telematica, rispetto all’originale analogico di esso, che resta nella disponibilità dell’Amministrazione, Agente della Riscossione o comunque autorità notificante.
Parte della giurisprudenza di merito esclude ancora ad oggi che tale conformità del documento informatico notificato rispetto all’originale sia garantita in presenza di un file in formato .pdf, anziché .p7m.
In tal senso CTP Milano, 03 febbraio 2017 n. 1023: “ritiene la Commissione che la notificazione per posta elettronica certificata della cartella di pagamento in formato .pdf, senza l’estensione “.p7m”, non sia valida e di conseguenza renda illegittima l’intera cartella impugnata allegata alla pec, appunto in tale formato”.
Tale conclusione viene motivata sull’assunto che “la certificazione della firma … è attestata dall’estensione “.p7m” del file notificato, estensione che rappresenta la c.d. “busta crittografica”, che contiene al suo interno il documento originale, l’evidenza informatica della firma e la chiave per la sua verifica” (secondo le note dell’Agenzia per l’Italia Digitale).
“Detta estensione garantisce, da un lato, l’integrità ed immodificabilità del documento informatico e, dall’altro, quanto alla firma digitale, l’identificabilità del suo autore e conseguentemente la paternità dell’atto”.
In difetto di tale estensione del file, la notificazione per posta elettronica certificata della cartella non è valida e ciò comporta l’illegittimità derivata dell’intera cartella.
In senso analogo CTP Reggio Emilia 31 luglio 2017 n. 204: “la notifica via PEC non è valida se avviene … tramite messaggio di posta elettronica certificata contenente il file della cartella con estensione “.pdf” anziché “.p7m” atteso che non solo l’integrità e l’immodificabilità del documento informatico, ma anche, per quanto attiene alla firma digitale, l’identificabilità del suo autore e conseguentemente la paternità dell’atto, è garantita solo attraverso l’estensione del file “p.7m”. Infatti, con la notifica via pec in formato “.pdf”, non viene prodotto l’originale della cartella, ma solo una copia elettronica senza valore perché priva di attestato di conformità da parte di un pubblico ufficiale … Solo l’estensione “.p7m” del file notificato, estensione che rappresenta la cosiddetta “busta crittografica” contenente al suo interno il documento originale, l’evidenza informatica della firma e la chiave per la sua verifica”, può attestare la certificazione della firma”.
Ancora nel medesimo segno CTP La Spezia 09 ottobre 2017 n. 420. La predetta sentenza ritiene che, ai fini della verifica in merito alla validità della notificazione, vada preliminarmente individuato se ciò che è stato inviato al contribuente sia una copia informatica dell’originale (anch’esso informatico) (art. 23-bis D.lgs. 82/2005) oppure una copia informatica di un documento analogico (art. 22 D.lgs. 82/2005). Non essendo contestato che, nel caso di specie, si trattasse di una copia informatica di un documento analogico, la cartella di pagamento notificata via pec non soddisfaceva i requisiti di conformità prescritti dall’art. 22 D.lgs. 82/2005. Infatti, “accertato che la cartella esattoriale allegata alla PEC e notificata sotto forma di documento informatico risultava essere un semplice file “.pdf”, privo dell’estensione “.p7m (che attesta che il contenuto del file è costituito da un documento firmato digitalmente)”, la CTP Spezia aderisce a quell’orientamento “in base al quale deve ritenersi che la forma di notificazione/comunicazione in concreto realizzata non può qualificarsi idonea a garantire, con assoluta certezza, da una parte l’identificabilità del suo autore e la paternità dell’atto e, dall’altra, la sua integrità e immodificabilità, così come richiesto dal codice dell’amministrazione digitale”.
La sentenza sopra richiamata individua poi, quale ulteriore profilo di illegittimità, come dall’esame degli atti notificati sia mancata una legittima attestazione della conformità della cartella notificata all’originale, con la conseguenza che sussiste un ulteriore profilo di invalidità della notificazione per posta elettronica certificata.
Conseguentemente, la predetta sentenza, al fine di ritenere valida la notifica a mezzo posta elettronica certificata di un atto tributario e/o della riscossione, individua come necessari due presupposti:
- che vi sia un’attestazione della conformità dell’atto notificato all’originale (secondo quanto ad oggi prescritto anche dall’art. 6, comma 1-quater, D.lgs. 82/2005, che richiede l’attestazione di conformità della copia informatica del documento notificato rispetto all’originale, redatta da parte del responsabile del procedimento);
- che il file contenente l’atto notificato presenti un’estensione “.p7m”.
Ancora nello stesso senso CTP Sondrio, 16 aprile 2018 n. 31: “La prevista possibilità di notificazione diretta degli atti da parte dell’Amministrazione finanziaria senza avvalersi dell’intermediazione dell’Ufficiale giudiziario, non esime l’Ufficio dall’utilizzare per la spedizione del documento allegato alla PEC il formato digitale idoneo a non privare la notificazione telematica delle sue prerogative di sicurezza e intangibilità dei dati trasmessi posto che l’art. 14, comma 2, D.P.R. n. 68 del 2005 prevede che le ricevute relative all’invio ed alla consegna di documenti attraverso la posta elettronica certificata sono rilasciate indipendentemente dalle caratteristiche e dal valore giuridico dei documenti trasmessi. L’estensione che assicura l’integrità del documento trasmesso a quello emesso dall’Ufficio giuridicamente esistente è il formato .p7m. Poiché nel caso in esame l’atto esattivo è stato allegato ad una PEC in formato pdf, l’integrità richiesta non può ritenersi garantita e di conseguenza pure questa censura merita accoglimento”.
Sempre a favore della necessità di una sottoscrizione digitale con formato del file “.p7m” si esprime CTR Genova, 13 aprile 2018 n. 411: “Dal preliminare esame degli atti, e specialmente dalla attenta lettura della documentazione prodotta, inerente alla notifica inviata da Equitalia Nord S.p.A., il Collegio osserva come il messaggio di posta elettronica certificata, sebbene astrattamente valido per la notifica di una cartella di pagamento, non può però contenere file con estensione “pdf” anziché “p7m”. Solo quest’ultimo, infatti, grazie all’apposizione della firma digitale, garantisce l’immodificabilità e l’integrità del documento informatico. Pertanto, ad oggi, possiamo affermare che soltanto il formato “p7m” garantisce l’integrità e l’immodificabilità del documento informatico ma anche – per quanto attiene la firma digitale – l’identificabilità del suo autore e conseguentemente la provenienza dell’atto. Al contrario con il semplice formato “pdf” non viene prodotto “l’originale della cartella” (come ad esempio tramite notifica a mezzo posta), ma solo una copia elettronica senza valore. Solo con l’estensione “p7m” del file notificato (estensione che rappresenta la busta crittografata contenente al suo interno il documento originale, l’evidenza informatica della firma e la chiave per la sua verifica) si può attestare la certificazione della firma stessa. Diversamente la notificazione via Pec non è valida, con il conseguente annullamento delle cartelle inoltrate”.
Non mancano alcune sentenze di merito di segno opposto.
In tal senso CTP Siena 02 ottobre 2017 n. 202: “in merito alla validità dell’allegata cartella, quando essa è allegata come normale “.pdf” e non nel formato “.p7m”, nulla cambia per il contribuente in quanto la cartella altro non è che la manifestazione del ruolo depositato presso l’ente esattore, è emessa in unico esemplare e dalla sua impugnazione si evince che ha raggiunto il suo scopo, quello di portare a conoscenza il contribuente del suo debito”.
In senso analogo CTP Siena 09 gennaio 2018 n. 23: “La prova della notifica telematica della cartella esattoriale … è stata fornita dall’Agenzia delle Entrate Riscossione attraverso la produzione della copia analogica della cartella e delle ricevute di accettazione e consegna. Né alcuna norma prevede che la cartella debba essere sottoscritta, elemento, questo, rilevante a confutare l’eccezione sull’assenza dell’estensione .p7m digitale nel documento notificato”.
La predetta sentenza richiama quell’orientamento della giurisprudenza di legittimità che, con riferimento alle modalità “tradizionali” di notifica della cartella, ha escluso che l’omessa sottoscrizione di quest’ultima ne comporti l’invalidità, purché, al di là dei requisiti formali, il documento notificato sia conforme al modello ministeriale approvato e sia inequivocabilmente riferibile all’organo amministrativo titolare del potere di emetterlo.
In altri termini, se la sottoscrizione autografa non è elemento essenziale di validità per una cartella di pagamento notificata con modalità analogiche, essa non può essere tale neppure per una cartella notificata a mezzo di posta elettronica certificata. Di conseguenza, non rivestono rilievo essenziale l’identificabilità dell’autore dell’atto (inteso come persona-fisica) e la paternità del documento, mentre i requisiti di integrità ed immodificabilità del documento sono già assicurati dal formato “.pdf”.
Anche tale pronuncia, infine, pone l’accento sul raggiungimento dello scopo dell’atto (rappresentato dall’avvenuta proposizione del ricorso), con conseguente sanatoria di qualsiasi vizio ex art. 156, comma 3, c.p.c.
Nello stesso senso anche CTP Salerno, sez. V, 25 giugno 2018 n. 2488; CTP Salerno, sez. VII, 25 giugno 2018 n. 2585; CTP Salerno, sez. X, 26 giugno 2018 n. 2575; CTR Milano, 22 maggio 2018 n. 2331.
- . 5 L’applicabilità alle notifiche telematiche della sanatoria per raggiungimento dello scopo dell’atto (art. 156, comma 3, c.p.c.).
Un’ulteriore problematica concerne l’applicabilità della sanatoria per raggiungimento dello scopo dell’atto (art. 156, comma 3, c.p.c.) agli atti tributari e della riscossione notificati mediante posta elettronica certificata, senza la sottoscrizione digitale.
La giurisprudenza di legittimità si è generalmente espressa a favore dell’applicabilità dell’art. 156, comma 3, c.p.c. alle notifiche via p.e.c.
In tal senso Cass. civ., SS.UU., 18 aprile 2016 n. 7665: “L’irritualità della notificazione di un atto (nella specie, controricorso in cassazione) a mezzo di posta elettronica certificata non ne comporta la nullità se la consegna telematica (nella specie, in “estensione.doc”, anziché “formato.pdf”) ha comunque prodotto il risultato della conoscenza dell’atto e determinato così il raggiungimento dello scopo legale”.
La conclusione viene motivata sull’assunto che il principio, sancito in via generale dall’art. 156 c.p.c., secondo cui la nullità non può essere mai pronunciata se l’atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato, vale anche per le notificazioni, anche in relazione alle quali, pertanto, la nullità non può essere dichiarata tutte le volte che l’atto, malgrado l’irritualità della notificazione, sia venuto a conoscenza del destinatario.
Il risultato dell’effettiva conoscenza dell’atto, che consegue alla consegna telematica dello stesso nel luogo virtuale, ossia l’indirizzo di posta elettronica certificata espressamente a tal fine indicato dalla parte nell’atto introduttivo del giudizio di legittimità, determina infatti il raggiungimento dello stesso scopo perseguito dalla previsione legale del ricorso alla posta elettronica certificata.
Del resto, la denuncia di vizi fondati sulla pretesa violazione di norme di rito non tutela l’interesse all’astratta regolarità del processo, ma garantisce solo l’eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in conseguenza della denunciata violazione. Ne consegue che è inammissibile l’eccezione con la quale si lamenti un mero vizio procedimentale, senza prospettare anche le ragioni per le quali l’erronea applicazione della regola processuale abbia comportato, per la parte, una lesione del diritto di difesa o possa comportare altro pregiudizio per la decisione finale della Corte. (Nella specie, i ricorrenti non avevano addotto né alcuno specifico pregiudizio al loro diritto di difesa, né l’eventuale difformità tra il testo recapitato telematicamente, sia pure con estensione “.doc” in luogo del formato “.pdf”, e quello cartaceo depositato in cancelleria).
Nello stesso senso si è ancor più recentemente espressa Cass. civ., sez. V, ord., 16 febbraio 2018 n. 3805: “L’irritualità della notificazione di un atto (nella specie, ricorso per cassazione) a mezzo di posta elettronica certificata non ne comporta la nullità se la consegna telematica ha comunque prodotto il risultato della conoscenza dell’atto e determinato così il raggiungimento dello scopo legale dello stesso, in omaggio alla regola generale sancita dall’art. 156, comma 3, c.p.c.: ne deriva che è inammissibile l’eccezione con la quale si lamenti esclusivamente detto vizio procedimentale, senza prospettare un concreto pregiudizio per l’esercizio del diritto di difesa”.
Pertanto, in applicazione dell’art. 156, comma 3, c.p.c. l’atto tributario o della riscossione, che venisse notificato al contribuente privo di una sottoscrizione digitale, ma venisse da questi tempestivamente impugnato entro il termine di cui all’art. 21 D.lgs. 546/1992 ed entro il termine di decadenza per l’esercizio del potere impositivo da parte dell’Amministrazione notificante, potrebbe comunque risultare sanato per raggiungimento dello scopo, specie qualora il contribuente non adducesse alcuna effettiva difformità tra l’atto recapitatogli e l’originale analogico in possesso dell’Autorità notificante.
- . 6 L’intervento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione in materia di equivalenza tra le sottoscrizioni digitali CAdES e PAdES.
Se un consistente orientamento giurisprudenziale di merito ritiene invalida la notifica via posta elettronica certificata di una cartella ottenuta mediante una semplice scansione in documento “.pdf” dell’originale cartaceo in possesso dell’Agente della Riscossione, sarebbe invece senza dubbio valida ed efficace la notifica con tale mezzo di un documento sottoscritto digitalmente con firma PAdES (Portable Document Format Advanced Electronic Signature, e quindi con un’estensione “signed.pdf”), anziché CAdES (Cryptographic Message Syntax Advanced Electronic Signature, e quindi con un’estensione “.p7m”).
Sull’equivalenza di tali due tipologie di firme digitali si è espressa Cass. civ., Sezioni Unite, 27 aprile 2018 n. 10266.
La fattispecie ha tratto origine dalla censura di inammissibilità rivolta contro un controricorso in Cassazione notificato mediante posta elettronica certificata, in quanto sia l’atto, sia la relativa procura speciale, sia la relata di notifica erano stati sottoscritti con firma digitale di tipo PAdES (“signed.pdf”), anziché CAdES (“.p7m”).
Le Sezioni Unite della Suprema Corte evidenziano preliminarmente le differenze che distinguono tali due tipologie di firme digitali.
La firma digitale in formato CAdES dà luogo ad un file con estensione finale “.p7m” e può essere apposta a qualsiasi tipo di file; tuttavia, per visualizzare il documento, è necessario utilizzare un’applicazione specifica.
Al contrario, la firma digitale in formato PAdES, più nota come “firma PDF”, è un file con normale estensione finale “.pdf”, leggibile con i comuni readers disponibili per tale formato. Inoltre, essa prevede diverse modalità per l’apposizione della firma, a seconda che il documento sia stato oppure no predisposto ad accogliere le firme previste ed eventuali ulteriori informazioni: ciò rende il documento più facilmente fruibile, ma consente di firmare in tal modo solo documenti di tipo PDF.
Nonostante tali differenze tecniche, le firme digitali CAdES e PAdES vengono riconosciute come tra loro del tutto equivalenti sia dal diritto dell’Unione europea, sia da quello interno. Entrambe, infatti, sono il risultato di una procedura informatica- detta “validazione”- che garantisce l’autenticità e l’integrità del documento informatico, assicurando in particolare le peculiari caratteristiche di:
- autenticità (perché garantisce l’identità digitale del sottoscrittore del documento);
- integrità (perché assicura che il documento non sia stato modificato dopo la sua sottoscrizione);
- cd. “non ripudio” (perché attribuisce validità legale al documento).
Pertanto, deve escludersi che le disposizioni tecniche vigenti comportino in via esclusiva l’utilizzo della firma digitale in formato CAdES, rispetto alla firma digitale in formato PAdES.
Addirittura, nel processo amministrativo telematico, per ragioni legate alla piattaforma interna, è stato adottato il solo formato PAdES, anche se la giurisprudenza amministrativa riconosce la validità degli standards dell’Unione europea, tra i quali figurano ambedue i predetti formati.
Entrambi, inoltre, soddisfano i requisiti richiesti dall’art. 12 Decreto Dirigenziale 16 aprile 2014 (contenente le specifiche tecniche previste dall’art. 34 D.M. 21 febbraio 2011 n. 44), secondo il quale l’atto del processo, in forma di documento informatico, da depositare telematicamente all’ufficio giudiziario, deve:
- essere in formato PDF (Portable Documenti Format);
- essere privo di elementi attivi;
- essere ottenuto da una trasformazione di un documento testuale, senza restrizioni per le operazioni di selezione e copia di parti, non essendo quindi ammessa la scansione di immagini;
- essere sottoscritto con firma digitale o firma elettronica qualificata esterna;
- essere corredato da un file in formato XML, che contiene le informazioni strutturate, nonché tutte le informazioni della nota di iscrizione a ruolo.
Nel caso di specie, entrambi i controricorsi e le relative procure speciali (ciascuna in copia per immagine in formato PDF dell’originale cartaceo con firma analogica) recavano la stampigliatura “firmato digitalmente da (nominativo del difensore)”, con il relativo simbolo a forma di “sigillo”.
Pertanto, anche con riguardo alle procure speciali non nativamente digitali, ma ottenute mediante copie per immagine in formato PDF degli originali cartacei con firma analogica, ritualmente prodotti in Cassazione con apposita certificazione di conformità, non era ravvisabile alcun profilo di invalidità.
Viene in conclusione affermato il principio di diritto per cui, secondo il diritto dell’Unione europea e le norme, anche tecniche, di diritto interno, le firme digitali di tipo CAdES (con estensione finale del file “.p7m”) e di tipo PAdES (con estensione finale del file “signed.pdf”) sono entrambe ammesse ed equivalenti, sia pure con le differenti estensioni “.p7m” e “.pdf” e devono, quindi, essere riconosciute come valide ed efficaci, anche nel processo civile di cassazione, senza eccezione alcuna.
La locuzione “senza eccezione alcuna” porta evidentemente a concludere per la validità di un atto tributario o della riscossione, che venisse notificato mediante posta elettronica certificata con sottoscrizione PAdES (“signed.pdf”), anziché CAdES (“.p7m”).
Dott.ssa Cecilia Domenichini
(Unicusano-Roma)