Cass. Civ., Sez. 5, Ord. 28 settembre 2021, n. 26217
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI IASI Camilla – Presidente –
Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –
Dott. RUSSO Rita – rel. Consigliere –
Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –
Dott. REGGIANI Eleonora – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso R.G.N. 12264/2018 proposto da:
(OMISSIS), con sede legale in (OMISSIS) elettivamente domiciliate in …, presso lo studio del Dott. … rappresentate e difese dagli avv.ti. … del foro di …; – ricorrente –
contro
… s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore ed elettivamente domiciliata in … presso lo studio dell’avv. … che la rappresenta e difende, domiciliata in Roma, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione; – controricorrente –
e contro
COMUNE DI VISCIANO; – intimato –
avverso la sentenza della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della CAMPANIA, n. 1349, depositata il 9/2/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 21.06.2021 dal Consigliere Relatore RITA RUSSO.
Svolgimento del processo
che:
La (OMISSIS) ha impugnato l’avviso di accertamento ICI relativo all’anno 2010 notificatole dalla concessionaria per la riscossione del Comune di Visciano invocando l’esenzione prevista dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, e deducendo che parte degli immobili è destinata ad abitazione della comunità religiosa e adibita all’esercizio del culto e cura delle anime; che altra porzione è destinata a scuola paritaria per l’infanzia e a somministrazione di alimenti e bevande; che una ulteriore porzione è destinata a casa di riposo per anziani e somministrazione di bevande e alimenti. Il ricorso della Congregazione è stato respinto in primo grado. La Congregazione ha proposto appello che la CTR ha respinto, confermando la sentenza impugnata e rilevando: che l’attività esercitata negli immobili destinati a servizio di assistenza anziani e a scuola paritaria dell’infanzia non risulta essere svolta a titolo gratuito o dietro versamento di un importo simbolico non essendo decisivo che il risultato economico non superi il pareggio o che gli utili siano investiti nella medesima attività; che la presenza degli alloggi delle religiose nelle strutture di cui si discute è strumentale allo svolgimento in loco della prioritaria attività didattiche di assistenza anziani; che analoghe considerazioni valgono per la presenza di piccole cappelle l’una di 400 m quadri e l’altra di 250 m quadri.
Avverso la predettala Congregazione ha proposto ricorso per cassazione affidandosi a un motivo. Si è costituita con controricorso la società di riscossione. La causa è stata trattata all’udienza camerale non partecipata del 21 giugno 2021.
Motivi della decisione
che:
- Con il primo e unico motivo di ricorso si lamenta la violazione e/o falsa applicazione di norma di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, nella formulazione data dal D.L. n. 223 del 2006, art. 39. La ricorrente deduce che il D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, è stato modificato nel senso che l’esenzione si applica anche agli immobili in cui siano esercitate le attività previste dall’art. 7, comma 1, lett. i), a condizione che non abbiano natura esclusivamente commerciale. Pertanto ha errato la CTR a ritenere legittimo l’avviso nella parte in cui sottopone a imposta le abitazioni delle religiose e le cappelle estranee alla logica commerciale e rispondenti ai fini istituzionali dell’ente religioso. Deduce di avere documentato che la Congregazione svolge attività senza fine di lucro e che le suore non abitano nella scuola nè nel ricovero anziani, come dimostrano i documenti da loro allegati.
Il motivo è fondato soltanto in parte Questa Corte ha già affermato che “in tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), l’esenzione dalla stessa prevista dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. i), (nel testo originario, vigente “ratione temporis”), con riguardo all’esercizio di attività di religione o di culto, non spetta ove la presenza “in loco” degli alloggi dei religiosi sia strumentale allo svolgimento, in via principale, di un’attività didattica avente natura oggettivamente commerciale” (Cass. n. 10754 del 2017). Lo stesso principio può essere applicato al caso in cui l’attività imprenditoriale si svolga in ambito sanitario, non essendo sufficiente per beneficiare della esenzione di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. i), la natura non commerciale dell’ente se manca il requisito oggettivo di una attività esercitata con modalità non commerciali, ed è irrilevante che – in ipotesi- gli utili siano destinati al perseguimento di fini sociali, che non fa venir meno il carattere commerciale dell’attività (Cass. n. 24500 del 2009). La natura dell’attività che si svolge negli immobili cui accedono gli alloggi delle religiose condiziona quindi la possibilità di fruire della esenzione in parola, in quanto il citato art. 7, è compatibile con il divieto di aiuti di Stato sancito dalla normativa unisonale solo ove abbia ad oggetto immobili destinati allo svolgimento di attività non economica, dovendo intendersi tale, secondo il diritto dell’Unione (Decisione della Commissione, 19 dicembre 2012, n. 2013/284/UE), l’attività svolta a titolo gratuito ovvero dietro il versamento di un corrispettivo simbolico (Cass. n. 4066 del 2019; Cass. n. 6795 del 2020).
Il giudice d’appello si è correttamente attenuto a questi principi, dopo aver rilevato, con un giudizio di fatto non censurabile in questa sede, che la presenza di alloggi delle religiose nelle strutture di cui si discute appare strumentale allo svolgimento il loco delle attività didattiche e di assistenza anziani. Dato il rapporto di strumentalità, non è rilevante che le suore abitino all’interno della scuola e della residenza per anziani ovvero in una diversa porzione dello stesso immobile.
Ha però errato il giudice di merito a ritenere che gli stessi principi possano applicarsi alle cappelle. Secondo il canone 1226 del codice di diritto canonico “Con il nome di cappella privata si intende il luogo destinato, su licenza dell’Ordinario del luogo, al culto divino in favore di una o più persone fisiche”. In questi luoghi, con licenza dell’Ordinario, possono essere celebrate le funzioni religiose.
Si tratta quindi di un luogo di culto che, seppure principalmente destinato ai soggetti che fruiscono delle strutture sanitarie e scolastiche, non può considerarsi strumentale allo svolgimento dell’attività commerciale, e cioè finalizzato al servizio didattico o assistenziale che può rendersi anche a prescindere dalle funzioni religiose, quanto piuttosto a rendere agevole l’esercizio del culto per chi risiede (o trascorre larga parte della giornata) in quelle strutture, nonchè alle stesse religiose che conducono questa attività.
Pertanto i locali ove insistono le cappelle, strettamente intesi con esclusione di qualsivoglia locale annesso ma non consacrato all’esercizio del culto, beneficiano della esenzione di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7.
Ne consegue l’accoglimento parziale del ricorso, e non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, può decidersi nel merito, accogliendo per quanto di ragione l’originario ricorso della Congregazione e riconoscendo per gli immobili di cui all’avviso di accertamento impugnato l’esenzione prevista dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, limitatamente a quelle aree degli immobili ove insistono le cappelle.
In ragione del parziale accoglimento del ricorso, le spese del doppio grado di merito e del giudizio di legittimità si compensano interamente tra le parti.
P.Q.M.
Accoglie parzialmente il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito accoglie l’originario ricorso della contribuente nei limiti esposti in parte motiva.
Compensa interamente tra le parti le spese del doppio grado di merito e del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, da remoto, il 21 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 28 settembre 2021
Commento: Nel procedimento definito con la sentenza in commento, parte ricorrente ha rilevato come in ogni caso all’attività di scuola paritaria esercitata dall’ente ecclesiastico, sicuramente dotato del requisito soggettivo per il godimento dell’esenzione, non potesse attribuirsi, quanto alla verifica della sussistenza del requisito oggettivo, natura di attività commerciale.
Occorre preliminarmente precisare che nella fattispecie in esame viene in rilievo il testo originario del D.Lgs. 504/1992, art. 7, comma1 lett. I), a mente del quale sono esenti dall’imposta “gli immobili utilizzati dai soggetti di cui all’art. 87 (ora 73), comma 1, lett. c) del testo unico delle imposte sui redditi, destinati esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive nonché delle attività definite, come attività di religione o di culto, dirette all’esercizio del culto e alla cura delle anime, alla formazione del clero e dei religiosi, a scopi missionari, alla catechesi, all’educazione cristiana”, mentre la norma richiamata del TUIR individua, per quanto qui rileva, i soggetti in essa indicati come “gli enti pubblici e privati diversi dalle società (…) che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale”.
Non viene, dunque, nella fattispecie, in rilievo, l’applicabilità delle modifiche, riconosciute dalla giurisprudenza della Suprema Corte come aventi carattere innovativo (cfr., tra le altre, Cass. sez. 5, 16 giugno 2010, n. 14530 e Cass. sez. 5, 15 luglio 2015, n. 14795), dapprima al D.L. 203/2005, art. 7 comma 2 bis, quale introdotto dalle L. 248/2005, che aveva esteso l’esenzione alle attività indicate dalla medesima lettera a prescindere dalla natura eventualmente commerciale delle stesse, e poi dal D.L. 223/2006, art. 39, convertito con modificazioni nella L. 248/2006, che, sostituendo il comma 2 bis del citato art. 7, ha stabilito che l’esenzione disposta dal D.Lgs. 504/1992, art. 7, comma1 lett. i), si intende applicabile alle attività indicate nella medesima lettera che non abbiano esclusivamente natura commerciale.
Secondo l’impostazione giurisprudenziale, deve, in primo luogo, evidenziarsi che la presenza dei religiosi in loco non giustifica di per sé l’esenzione riguardo all’esercizio di attività di religione o di culto, ed anche la presenza degli alloggi dei religiosi è strumentale allo svolgimento in loco della prioritaria attività didattica.
Inoltre, con il D.L. 1/2012, convertito, con modificazioni, dalla L. 27/2012, sono state introdotte, quanto all’IMU, disposizioni specifiche in tema di esenzione nel caso in cui l’unità immobiliare abbia destinazione mista.
Ciò premesso, nella fattispecie, l’esenzione può trovare applicazione, a condizione che sia dimostrato, incombendo il relativo onere probatorio al contribuente, che l’attività in oggetto, di natura didattica (cfr. Cass. sez. 5, 26 ottobre 2005, n. 20776) fosse svolta con modalità non commerciali.
Tali conclusioni sono state ribadite dalla successiva giurisprudenza della Suprema Corte (tra cui, in particolare, le stesse Cass. sez. 5, n. 14225 e 14226 dell’8 luglio 2015), con specifico riferimento ad attività di gestione di scuola paritaria svolta da Istituto religioso, nel contesto di un’ampia disamina inerente anche alle ulteriori sopravvenienze normative in tema di esenzione IMU, ed ancora, più di recente, in relazione anche allo svolgimento di attività didattica, (cfr. Cass. sez. 6-5, ord. nn. 19035, 19036, 19037, 19038 e 19039, depositate il 27 settembre 2016).
In proposito appare opportuno ricordare che la stessa decisione della Commissione dell’Unione Europea del 19 dicembre 2012, in tema di esenzione ICI, nelle sue diverse formulazioni succedutesi nel tempo, ha chiarito, in conformità anche alla giurisprudenza della Corte di Giustizia, che anche un ente senza fine di lucro può svolgere attività economica, cioè offrire beni o servizi sul mercato. Tale decisione aggiunge poi, con specifico riferimento all’attività didattica svolta da scuola paritaria, che non basta ad escludere il carattere economico dell’attività il rispetto delle condizioni, quali, il soddisfacimento degli standard d’insegnamento, l’accoglienza degli alunni portatori di handicap, l’applicazione della contrattazione collettiva, la garanzia della non discriminazione nell’accettazione degli alunni e l’obbligo di reinvestimento degli eventuali avanzi di gestione nell’attività didattica. Invece rileva, al fine dell’esclusione del carattere economico dell’attività, la necessità che quest’ultima sia svolta a titolo gratuito, ovvero dietro versamento di un importo simbolico, tale da coprire solamente una frazione del costo effettivo del servizio.
Ne consegue che i locali dove insistono le cappelle cd. private, ad uso di strutture sanitarie e scolastiche, con esclusione di qualsiasi locale annesso ma non consacrato all’esercizio del culto, beneficiano dell’esenzione di cui all’art. 7, comma 1, lett. d), del d.lgs. n. 504 del 1992 in quanto funzionali a rendere agevole l’esercizio del culto per chi risiede o trascorre larga parte delle sue giornate in tali strutture.
Dott.ssa Eleonora Cucchi
Unicusano Roma