Cass. Sez. trib. 15 maggio 2023, n. 13131 


(Omissis)

FATTO

  1. Con sentenza n. 253/1/21, depositata il 20 aprile 2021, la Commissione Tributaria Regionale del Piemonte rigettava l’appello proposto da Z.F. avverso la sentenza n. 23/1/20 emessa della Commissione Tributaria Provinciale di Vercelli, con condanna al pagamento delle spese di lite;
  2. il giudizio aveva ad oggetto l’impugnazione di cinque avvisi di accertamento IMU, emessi dal Comune di (Omissis) per gli anni dal 2013 al 2017, relativi a terreni di proprietà del contribuente rispetto ai quali l’ente aveva negato le agevolazioni di cui al D.L. n. 201 del 2011, art. 13 difettando in capo allo stesso, coadiuvante dell’azienda agricola del figlio e percettore di pensione di anzianità, il requisito della prevalenza del reddito derivante dall’attività agricola rispetto a redditi di altra natura;
  3. la Commissione di primo grado aveva rigettato il ricorso del contribuente rilevando che tra le parti era già intervenuta precedente decisione sfavorevole per una annualità precedente;
  4. La Commissione Regionale del Piemonte aveva confermato la decisione di prime cure con diversa motivazione ritenendo gli avvisi adeguatamente motivati, insussistente il diritto al contraddittorio preventivo endoprocessuale e, nel merito, sul presupposto che il riconoscimento della richiesta agevolazione IMU, come già previsto per l’ICI, era subordinata alla percezione esclusiva o prevalente del reddito dall’attività agricola mentre la fonte di reddito del contribuente era costituita dal trattamento pensionistico e non dalla conduzione dei terreni, il cui reddito agrario, era riconducibile al figlio.
  5. Avverso la sentenza di appello, il contribuente proponeva ricorso per cassazione, consegnato per la notifica il 12 luglio 2021, affidato ad otto motivi, a cui il Comune resisteva con controricorso, depositando altresì memoria ex art. 378 c.p.c..

DIRITTO

  1. Con il primo motivo di ricorso, il contribuente censurava la sentenza impugnata denunciando la violazione e falsa applicazione del D.L. 6 dicembre 2011 n. 210, art. 13, comma 8 bis, convertito, con modificazioni, dalla l. 22 dicembre 2011 n. 214, della l. n. 208 del 2015, art. 1, comma 13, in combinato disposto con la l. n. 9 del 1963, art. 2 e l’art. 1647 c.c., in relazione all‘art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nella parte in cui aveva individuato quale presupposto per fruire delle agevolazioni IMU la necessaria prevalenza o esclusività del reddito da agricoltura rispetto ad eventuali altri redditi benché tale requisito non fosse richiesto dalla norma;
  2. con il secondo motivo eccepiva la nullità della sentenza per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 112 e dell’art. 36, in relazione all‘art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nella parte in cui aveva ritenuto rilevante, per escludere le agevolazioni di cui al D.L. n. 210 del 2011, art. 13, comma 8 bis, e dell’art. 1, comma 13 della l. n. 208 del 2015, anche alla luce della l. n. 126 del 2020, art. 78 bis, la carenza del requisito della conduzione diretta o partecipazione attiva del coadiuvante all’impresa agricola che non costituiva materia del contendere dei giudizi di merito;
  3. con il terzo motivo deduceva violazione e falsa applicazione della l. n. 126 del 2020, art. 78 bis, in combinato disposto con la l. n. 145 del 2018, art. 1 comma 705, il D.L. n. 210 del 2011, art. 13, comma 8 bis, e la l. n. 208 del 2015, art. 1, comma 13, in relazione all‘art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nella parte in cui aveva ritenuto dirimente, per dimostrare la partecipazione attiva all’attività agricola sia del coadiuvante che del pensionato, la dichiarazione del reddito agrario come prevalente o esclusivo rispetto ad eventuali altri redditi;
  4. con il quarto motivo eccepiva la nullità della sentenza per violazione dell‘art. 112 c.p.c. e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per aver omesso di pronunciarsi sull’applicabilità della norma di interpretazione autentica di cui alla l. n. 126 del 2020, art. 78 bis, nella parte in cui aveva sancito la compatibilità della qualifica di coltivatore diretto con la figura del pensionato;
  5. con il quinto motivo eccepiva la nullità della sentenza per violazione dell‘art. 112 c.p.c. e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per la presenza di affermazioni contraddittorie ed inconciliabili sulla necessità di un reddito agrario esclusivo o prevalente;
  6. con il sesto motivo deduceva violazione e falsa applicazione della l. n. 212 del 2000, art. 7 e della l. n. 241 del 1990, art. 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nella parte in cui non aveva rilevato il difetto di motivazione degli avvisi impugnati;
  7. con il settimo motivo denunciava violazione e falsa applicazione della l. n. 212 del 2000, art. 10, degli artt. 3,24 e 97 Cost e dell’art. 41 della CDFUE, in relazione all‘art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nella parte in cui non aveva preso atto della mancata instaurazione del contraddittorio;
  8. con l’ottavo motivo eccepiva la nullità della sentenza per violazione dell‘art. 112 c.p.c. e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per aver omesso di motivare sulla lesione del contraddittorio.
  9. I motivi di ricorso da uno a quattro, da trattarsi congiuntamente per connessione, meritano accoglimento.
    1. Questione controversa è la spettanza delle agevolazioni ai fini IMU per terreni agricoli di cui sia proprietario o possessore un “coadiuvante” di un coltivatore diretto, titolare di un reddito da pensione, nella specie per gli anni dal 2013 al 2017.
    2. Giova una sintetica ricostruzione del quadro normativo e giurisprudenziale anche in riferimento alla pregressa disciplina in tema di ICI.

In tema di ICI, il D.Lgs. n. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 2, comma 1, lett. b), che fornisce le nozioni di fabbricato, di area fabbricabile e di terreno agricolo, consente di considerare agricolo un terreno, pur suscettibile di utilizzazione edificatoria, solo a condizione che lo stesso sia posseduto e condotto dai soggetti indicati nel comma 1 dell’art. 9 (coltivatori diretti od imprenditori agricoli) e che persista l’utilizzazione agro-silvo-pastorale mediante l’esercizio di attività dirette alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura, alla funghicoltura ed all’allevamento di animali, e quindi una situazione avente carattere oggettivo incompatibile con la possibilità dello sfruttamento edilizio dell’area.

La giurisprudenza di questa Corte, con orientamento consolidato, ha chiarito che in forza di una interpretazione letterale e sistematica del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 1 lett. b),… un terreno, pur suscettibile di utilizzazione edificatoria, deve considerarsi agricolo, ai fini della applicazione dell’imposta, laddove ricorrano tre condizioni: a) il possesso dello stesso da parte di coltivatori diretti o di imprenditori agricoli a titolo principale; b) la diretta conduzione del medesimo da parte dei predetti soggetti; c) la persistenza dell’utilizzazione agro-silvo-pastorale, mediante l’esercizio di attività dirette alla coltivazione ” (Sez. 5, Sentenza n. 15566 del 30/06/2010 Rv. 613885 – 01; Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 13261 del 25/05/2017 Rv. 644374 – 01; Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 17337 del 03/07/2018 Rv. 649380 – 01; nonché Cass. n. 23591/2019, che richiama Cass. n. 14696/2018 n. 25596/2017; Cass. 22486/2017; Cass. n. 14824/2011; Cass. 16636/2011).

Si è anche precisato che in tema di ICI, perché un fondo possa beneficiare, ai fini della determinazione della base imponibile, dei criteri di calcolo previsti per i terreni edificabili destinati a fini agricoli, è necessaria – ai sensi del secondo periodo del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, lett. b), – oltre alla sua effettiva destinazione agricola, anche la conduzione diretta di esso da parte del contribuente. (Sez. 5, Sentenza n. 4394 del 20/02/2020 Rv. 657332 – 01; Sez. 5, Sentenza n. 10144 del 28/04/2010 Rv. 612856 – 01).

Ricorrendo tali presupposti, il terreno soggiace all’imposta in relazione al suo valore catastale, dovendosi prescindere dalla sua obiettiva potenzialità edilizia, in quanto la persistenza della destinazione del fondo a scopo agricolo integra una situazione incompatibile con la possibilità del suo sfruttamento edilizio.

Mentre l’art. 2, comma 1, lett. b) cit. ha riguardo alla qualificazione dell’area ai fini del criterio del calcolo della base imponibile ed ha carattere oggettivo, l’art. 9 dello stesso decreto, introduce agevolazioni ulteriori, di carattere soggettivo, ai fini del calcolo dell’imposta in concreto applicabile, prevedendo al comma 1 che: “I terreni agricoli posseduti da coltivatori diretti o da imprenditori agricoli che esplicano la loro attività a titolo principale, purché dai medesimi condotti, sono soggetti all’imposta limitatamente alla parte di valore eccedente lire 50 milioni e con le seguenti riduzioni: a) del 70 per cento dell’imposta gravante sulla parte di valore eccedente i predetti 50 milioni di lire e fino a 120 milioni di lire; b) del 50 per cento di quella gravante sulla parte di valore eccedente 120 milioni di lire e fino a 200 milioni di lire; c) del 25 per cento di quella gravante sulla parte di valore eccedente 200 milioni di lire e fino a 250 milioni di lire.

Il D.Lgs. n. 15 dicembre 1997, n. 446 ha, poi, disposto all’art. 58, comma 2) che agli effetti dell’applicazione del presente art. 9, si considerano coltivatori diretti od imprenditori agricoli a titolo principale le persone fisiche iscritte negli appositi elenchi comunali previsti dalla L. 9 gennaio 1963, n. 9, art. 11, e soggette al corrispondente obbligo dell’assicurazione per invalidità, vecchiaia e malattia; la cancellazione dai predetti elenchi ha effetto a decorrere dal primo gennaio dell’anno successivo.

Le due norme disciplinano profili diversi, individuabili, rispettivamente, nella qualificazione dell’area (come non fabbricabile) ai fini del criterio del calcolo della base imponibile e nelle agevolazioni, di carattere soggettivo, ai fini del calcolo dell’imposta in concreto applicabile, con la conseguenza che “l’area “considerata” dall’art. 2, comma 1, lett. b., del citato decreto come non fabbricabile (perché impiegata a fini agricoli dall’imprenditore agricolo professionale) non e’, per ciò stesso, ritenuta esente dal pagamento dell’imposta in esame, risultando piuttosto sottoposta ad un regime agevolato, nel duplice senso di assoggettare il terreno alla tassazione in relazione al suo valore catastale, al netto quindi della sua potenzialità edilizia, e di calibrare la misura dell’imposta secondo i criteri di calcolo stabiliti dall’art. 9, comma 1, del menzionato decreto, che pure prevedono, nella parte di valore eccedente 25.822,84 Euro, l’applicazione dell’imposta con le riduzioni ivi previste” (vedi in motivazione Sez. 5, Ordinanza n. 1121 del 16/01/2023)

  1. La giurisprudenza di questa Corte ha, pertanto, più volte affermato che, in tema di ICI, l’agevolazione fiscale prevista dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 9 per i terreni agricoli posseduti dai soggetti di cui al D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 58, è subordinata alla ricorrenza dei requisiti della qualifica, da parte del possessore, di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo a titolo principale, nonché della conduzione effettiva dei terreni e che, ai sensi del citato art. 58, si considerano imprenditori agricoli a titolo principale e coltivatori diretti le persone iscritte negli appositi elenchi comunali previsti dalla l. n. 9 del 1963, art. 11, e soggette al corrispondenti obbligo di assicurazione per invalidità, vecchiaia e malattia.

Di conseguenza i requisiti necessari per avere accesso al regime agevolato sono stati così individuati: a) iscrizione agli appositi elenchi; b) assoggettamento agli obblighi assicurativi per invalidità, malattia e vecchiaia; c) possesso e conduzione diretta di terreni agricoli e/o aree edificabili; d) carattere principale di tali attività rispetto ad altre fonti di reddito.

Secondo le regole generali, la prova della sussistenza di tali presupposti è a carico del contribuente che chiede di avvalersi della agevolazione (cfr. ex plurimis Cass. 16.4.2010 n. 9143), ed in particolare mentre l’iscrizione di cui al D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 58, è idonea a provare, al contempo, la sussistenza dei primi due requisiti, atteso che chi viene iscritto in quell’elenco svolge normalmente a titolo principale quell’attività (di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo) legata all’agricoltura, il terzo requisito, relativo alla conduzione diretta dei terreni, va provato in via autonoma, potendo ben accadere che un soggetto iscritto nel detto elenco poi non conduca direttamente il fondo per il quale chiede l’agevolazione, la quale, pertanto, non compete. (su cui Cass. n. 19130 del 28/09/2016; Cass. n. 12336 del 2011; Cass. n. 214 del 2005; Cass. n. 9510 del 2008).

Si è anche ritenuto che la ratio della disposizione agevolativa è quella di incentivare la coltivazione della terra e di alleggerire del carico tributario quei soggetti che ritraggono dal lavoro della terra la loro esclusiva fonte di reddito, così come richiamato dalla ordinanza della Corte costituzionale n. 87/2005 (in termini anche ordinanza Corte Cost. n. 336/2003) che, ai fini dell’applicazione dell’Ici, pronunciandosi sulla legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 58, comma 2, nella parte in cui esclude i coltivatori diretti, titolari di pensione maturata a seguito dell’obbligatoria iscrizione alla relativa gestione previdenziale, dalle agevolazioni previste nel D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 9, ha statuito che “la giustificazione dell’agevolazione fiscale di cui si tratta risiede evidentemente in un intento di incentivazione dell’attività agricola, connesso alla finalità di razionale sfruttamento del suolo cui fa riferimento la Cost., art. 44, e in relazione alla suddetta ratio incentivante non appare manifestamente irragionevole che da tale beneficio siano esclusi coloro che – nel fatto di godere di trattamenti pensionistici – all’evidenza non traggono dal lavoro agricolo la loro esclusiva fonte di reddito”.

Questa Corte aveva così ribadito che il trattamento agevolato previsto dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 9 per i terreni agricoli posseduti da coltivatori diretti o da imprenditori agricoli a titolo principale, spetta solo a quanti traggono dal lavoro agricolo la loro esclusiva fonte di reddito e non va, quindi, riconosciuto, a chi sia titolare di pensione (Cass. n. 13745 del 2017; Cass. n. 2142 del 2020).

In particolare era stato evidenziato che il maturare del trattamento pensionistico esclude che il soggetto che ha fruito dell’agevolazione fino a quel momento possa essere ancora considerato coltivatore diretto, ostando lo status di pensionato al riconoscimento dell’agevolazione, indipendentemente dalla circostanza che la pensione si riferisca o meno all’attività lavorativa in agricoltura ed essendo irrilevante che il soggetto sia ancora iscritto negli elenchi e continui a versare i contributi volontari in costanza di trattamento pensionistico (Vedi Cass. n. 26455 del 2017; n. 14135 del 2017; n. 12565 del 2010; Cass. n. 9601 del 2012).

Per completezza va anche precisato che, a seguito del venir meno della figura dell’imprenditore agricolo a titolo principale e la sua sostituzione con quella dell’imprenditore agricolo professionale, sono state ridefinite le condizioni per il riconoscimento dell’agevolazione di cui si discute, rendendo, in particolare ed a tal fine, esigibile non più l’iscrizione nell’elenco comunale di cui all’art. 58 del citato decreto (che concerneva, a mente della L. n. 9 del 1963, art. 11, comma 1, e poi della L. 30 aprile 1969, n. 153, art. 63, gli elenchi nominativi dei coltivatori diretti e dei coloni e mezzadri), ma quella negli elenchi o albi regionali, essendo stato demandato alle regioni il compito di verificare in capo all’imprenditore agricolo richiedente il possesso dei requisiti soggettivi per l’attribuzione qualifica di professionalità, da cui derivano, tra l’altro, le agevolazioni in oggetto. (Sez. 5, Ordinanze n. 1121 del 16/01/2023 e n. 12852 del 13/05/2021).

  1. Il regime normativo dell’IMU ricalca in parte quello dell’ICI, in quanto il D.L. n. 201 del 2011, art. 13, conv. con modif. dalla l. n. 214 del 2011, prevede al comma 2 che “L’imposta municipale propria ha per presupposto il possesso di immobili; restano ferme le definizioni di cui al decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, art. 2. I soggetti richiamati dall’art. 2, comma 1, lettera b), secondo periodo, del D.Lgs. n. 504 del 1992, sono individuati nei coltivatori diretti e negli imprenditori agricoli professionali di cui al decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, art. 1, e successive modificazioni, iscritti nella previdenza agricola”.

Il comma 8 bis dello stesso articolo, vigente sino all’annualità 2015, in quanto abrogato dalla l. 28 dicembre 2015 n. 208, art. 1, comma 10, lett. b), ha previsto che: “I terreni agricoli posseduti da coltivatori diretti o da imprenditori agricoli professionali di cui al decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, art. 1, e successive modificazioni, iscritti nella previdenza agricola, purché dai medesimi condotti, sono soggetti all’imposta limitatamente alla parte di valore eccedente Euro 6.000 e con le seguenti riduzioni: a) del 70 per cento dell’imposta gravante sulla parte di valore eccedente i predetti Euro 6.000 e fino a Euro 15.500; b) del 50 per cento dell’imposta gravante sulla parte di valore eccedente Euro 15.500 e fino a Euro 25.500; c) del 25 per cento dell’imposta gravante sulla parte di valore eccedente Euro 25.500 e fino a Euro 32.000.”

11.1 Il quadro normativo che qui rileva vede quindi l’inserimento della L. 30 dicembre 2018, n. 145, art. 1, comma 705, a guisa del quale ” I familiari coadiuvanti del coltivatore diretto, appartenenti al medesimo nucleo familiare, che risultano iscritti nella gestione assistenziale e previdenziale agricola quali coltivatori diretti, beneficiano della disciplina fiscale propria dei titolari dell’impresa agricola al cui esercizio i predetti familiari partecipano attivamente.”

Vi è stata infine la sopravvenienza del D.L. 14 agosto 2020 n. 104, art. 78-bis, commi 1, 2 e 3, convertito, con modificazioni, dalla L. 14 agosto 2020 n. 104 che, sotto la rubrica “Interpretazione autentica in materia di IMU” ha stabilito:

“1. Al fine di sostenere l’esercizio delle attività imprenditoriali agricole garantendo la corretta applicazione delle agevolazioni in materia di imposta municipale propria (IMU), la L. 30 dicembre 2018, n. 145, art. 1, comma 705, si interpreta, ai sensi e per gli effetti della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 1, comma 2, nel senso che le disposizioni ivi recate si applicano anche ai periodi di imposta precedenti all’entrata in vigore della citata L. n. 145 del 2018

  1. Il decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, art. 9, comma 1, si interpreta, ai sensi e per gli effetti della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 1, comma 2, nel senso che nelle agevolazioni tributarie sono comprese anche quelle relative ai tributi locali.
  2. Le disposizioni in materia di imposta municipale propria si interpretano, ai sensi e per gli effetti della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 1, comma 2, nel senso che si considerano coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali anche i pensionati che, continuando a svolgere attività in agricoltura, mantengono l’iscrizione nella relativa gestione previdenziale e assistenziale agricola”.

11.2 Quanto all’applicabilità di tale normativa alla controversia in esame, è sufficiente osservare che nel giudizio di legittimità lo “ius superveniens” di cui il ricorrente non abbia fatto menzione nel ricorso introduttivo, anche se notificato successivamente all’introduzione della norma, deve trovare applicazione laddove, come nella specie avvenuto, il motivo di ricorso censuri la corretta definizione di un regime giuridico che necessariamente presuppone l’applicazione della norma sopravvenuta. (Sez. 5, Sentenza n. 22016 del 13/10/2020 Rv. 659078 – 01 nonché Sez. 5, Ordinanza n. 19617 del 24/07/2018 Rv. 649858 – 01)

  1. A questo punto occorre definire l’ambito applicativo di tali disposizioni, ed in particolare quali siano i requisiti richiesti per beneficiare delle agevolazioni in tema di IMU, e se e come tali requisiti siano stati incisi dall’ultima novella normativa.

12.1 In tema di terreni agricoli, come innanzi riportato, la disciplina IMU richiama testualmente le definizioni di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, ma non anche l’art. 9, né tanto meno il D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 58, in quanto precisa che i soggetti richiamati dall’art. 2, comma 1, lett. b), secondo periodo, del D.Lgs. n. 504 del 1992, sono individuati, non più in riferimento all’art. 9, comma 1, bensì ” nei coltivatori diretti e negli imprenditori agricoli professionali di cui al decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, art. 1, e successive modificazioni, iscritti nella previdenza agricola”.

Ne consegue che, ai fini della qualificazione dei terreni come non edificabili, restano immutati rispetto all’ICI i requisiti oggettivi, quali la persistenza dell’utilizzazione agro-silvo-pastorale mediante l’esercizio di attività dirette alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura, alla funghicoltura ed all’allevamento di animali, e quindi la presenza di situazioni avente carattere oggettivo incompatibile con la possibilità dello sfruttamento edilizio dell’area, mentre si modificano i requisiti soggettivi, risultando richiesta la qualifica di coltivatore diretto o IAP desumibile dall’iscrizione nella previdenza agricola, nel senso che hanno diritto alle agevolazioni i soli coltivatori diretti o IAP che ne hanno le caratteristiche ai fini previdenziali, mentre è venuto meno il requisito della conduzione diretta del fondo che, in tema di ICI, conseguiva al richiamo al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 9.

La conduzione diretta del fondo continua invece a rilevare ai fini delle riduzioni di cui al comma 8 bis dell’art. 13 cit., ratione temporis applicabile; va poi tenuto conto che l’agevolazione va riconosciuta anche al possessore mero coadiutore, facente parte dello stesso nucleo familiare del titolare dell’impresa agricola al cui esercizio partecipa attivamente, ove

l’abitualità e prevalenza della partecipazione è garantita dalla presenza dell’iscrizione previdenziale.

In effetti la modifica risulta in parte un mero adeguamento formale all’evoluzione normativa che ha visto la sostituzione della figura dell’imprenditore agricolo a titolo principale con quella dell’imprenditore agricolo professionale (IAP), da cui consegue che non è più esigibile l’iscrizione nei suddetti elenchi comunali, bensì quella negli elenchi o albi delle Regioni, alle quali, in base alla sopravvenuta disciplina del D.Lgs. n. 99 del 2004, è stato demandato il compito di verificare il possesso, in capo all’imprenditore agricolo richiedente, dei requisiti soggettivi per l’attribuzione della qualifica di professionalità, da cui dipendono le agevolazioni fiscali. (Sez. 5, Ordinanza n. 1121 del 16/01/2023 Rv. 666719 – 01)

13.Posto che nell’ordinamento manca una nozione generale di coltivatore diretto applicabile ad ogni fine di legge, il testuale riferimento di cui al D.L. n. 201 del 2011, comma 2 dell’art. 13, conv. con modif. dalla l. n. 214 del 2011, all’iscrizione alla previdenza agricola impone di ritenere ormai sufficiente, anche ai fini fiscali, la presenza della sola iscrizione ai fini previdenziali, senza necessità di procedere ad un accertamento ulteriore in ordine all’attività in concreto svolta ed alla prevalenza dei redditi.

Infatti, il D.L. n. 104 del 2020, art. 78-bis, comma 3, nell’interpretare autenticamente e con effetti retroattivi la disciplina IMU, nel senso di considerare coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali anche i pensionati, richiede soltanto che gli stessi continuino a svolgere attività in agricoltura con modalità idonee a mantenere l’iscrizione nella relativa gestione previdenziale e assistenziale agricola; analogamente la L. 30 dicembre 2018, n. 145, art. 1, comma 705, applicabile retroattivamente ai sensi del comma 1 del citato art. 78-bis, richiede solo che i coadiutori continuino a partecipare attivamente all’impresa del familiare con le modalità dell’abitualità e della prevalenza che costituiscono il presupposto dell’iscrizione.

13.1Del resto “ai fini dell’applicazione dell’assicurazione per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti, la qualità di coltivatore diretto – deve essere desunta dal combinato disposto della l. n. 1047 del 1957, artt. 2 e della l. n. 9 del 1963, 2 e 3, sicché è necessario che sia svolta una diretta, abituale e manuale coltivazione dei fondi, o un diretto ed abituale governo del bestiame, sussistenti allorché l’interessato si dedichi a tali incombenti in modo esclusivo, o anche solo prevalente, nel senso che l’attività deve impegnare il coltivatore per il maggior periodo di tempo nell’anno e costituire per esso la maggior fonte di reddito. (Sez. L n. 30261 del 14/10/2022 Rv. 665932 – 01; n. 15869 del 26/06/2017 Rv. 644688 – 01; n. 9208 del 09/06/2003 Rv. 564086 – 01).

A seguito di tali interventi normativi, chiaramente ispirati dalla volontà del legislatore di sostenere l’esercizio delle attività imprenditoriali agricole, per accedere alle agevolazioni IMU prevista per i terreni agricoli è divenuto sufficiente che il soggetto, anche se già pensionato, mantenga l’iscrizione nella relativa gestione previdenziale e assistenziale agricola, iscrizione che di per sé certifica che lo stesso continua a svolgere attività in agricoltura versando i relativi contributi.

  1. Non appaiono infine fondati i dubbi sulla legittimità costituzionale della normativa sopravvenuta o sulla sua applicabilità retroattiva in conseguenza del carattere innovativo.

14.1 Sul piano sostanziale, quanto alla violazione della Cost., artt. 2,3 e 53, è sufficiente osservare che la discrezionalità del legislatore risulta ragionevolmente esercitata in quanto la ratio dell’agevolazione, volta al sostegno ed all’implementazione dell’attività agricola, è sufficientemente assicurata dalla presenza del requisito dell’iscrizione alla gestione assicurativa e previdenziale che costituisce, oltre ad un dato formale, anche la garanzia della persistenza dei requisiti sostanziali che tale iscrizione presuppone.

14.2 Quanto alla retroattività, la presenza di un rilevante contenzioso giudiziale, di contrasti giurisprudenziali nei giudizi di merito e di numerose circolari interpretative (circolare MED n. 3/DF del 18 maggio 2012; nota prot. 20535/2016 del

23 maggio 2016 del Dipartimento delle Finanze), costituiscono indici sufficienti della autenticità dell’intervento interpretativo del legislatore limitato ad assegnare alle disposizioni interpretate un significato in esse già contenuto. Giova ricordare che il carattere interpretativo delle disposizioni comporta che le stesse si saldano con le precedenti e, intervenendo sul loro significato normativo, ne lasciano intatto il dato testuale, imponendo una delle possibili opzioni ermeneutiche già ricomprese nell’ambito semantico della legge interpretata così da non evidenziare alcun profilo di illegittimità costituzionale (v. tra le molte, Corte Cost. n. 425 del 2000; n. 397 del 1994); in sostanza, la norma sopravvenuta non ha fatto venire meno le norme interpretate, in quanto le disposizioni si sono congiunte, dando luogo ad un precetto unitario (v. Corte Cost. n. 311 del 1995; n. 94 del 1995; n. 397 del 1994); siffatta configurazione conduce ad escludere che le norme suindicate abbiano un contenuto sostanzialmente innovativo ed assume importanza sotto il profilo del controllo di ragionevolezza, in relazione al quale rileva la funzione di interpretazione autentica che una disposizione sia in ipotesi chiamata a svolgere, in deroga al principio per cui la legge non dispone che per l’avvenire (v. Corte Cost. n. 234 del 2007; n. 374 del 2002).

Del resto, il legislatore può adottare norme di interpretazione autentica, non soltanto in presenza di incertezze sull’applicazione di una disposizione o di contrasti giurisprudenziali, ma anche “quando la scelta imposta dalla legge rientri tra le possibili varianti di senso del testo originario, con ciò vincolando un significato ascrivibile alla norma anteriore” (v., ex plurimis Corte Cost. n. 274 del 2015; n. 227 del 2014, n. 209 del 2010, n. 24 del 2009, n. 170 del 2008 e n. 234 del 20079)

15.Vanno pertanto affermati i seguenti principi di diritto:

In tema di IMU, per effetto delle norme di interpretazione autentica di cui al D.L. n. 104 del 2020, art. 78-bis, commi 2 e 3, conv. con modif., dalla l. n. 104 del 2020, applicabili retroattivamente, la condizione di pensionato non può costituire di per sé un elemento ostativo ai fini del trattamento agevolativo per i terreni agricoli dallo stesso posseduti in quanto la permanenza del requisito dell’iscrizione alla previdenza agricola, che già presuppone una   valutazione   del reddito agrario rispetto ad altri redditi, secondo i criteri fissati ai fini previdenziali, costituisce l’unica condizione richiesta per la fruizione dei benefici fiscali.

In tema di IMU, per effetto della norma di interpretazione autentica di cui al D.L. n. 104 del 2020, art. 78-bis, comma 1, conv. con modif., dalla l. n. 104 del 2020, applicabile retroattivamente in riferimento alla l. n. 145 del 2018, art. 1, comma 705, la qualifica di coadiutore non può costituire di per sé un elemento ostativo ai fini del trattamento agevolativo per i terreni agricoli dallo stesso posseduti in quanto la permanenza del requisito dell’iscrizione alla previdenza agricola, che già presuppone una valutazione di abitualità e prevalenza della partecipazione attiva all’attività del familiare, secondo i criteri fissati ai fini previdenziali, costituisce l’unica condizione richiesta per la fruizione dei benefici fiscali.

16 Accolti i primi quattro motivi di ricorso, assorbiti i restanti, la sentenza impugnata va cassata e, poiché non sono necessari ulteriori accertamenti in fatto, risultando incontroversa l’iscrizione previdenziale del ricorrente come coltivatore diretto, sussistono i presupposti per la decisione nel merito, ex art. 384 c.p.c., mediante l’accoglimento del ricorso introduttivo del contribuente.

16.1 Tenuto conto che le questioni giuridiche oggetto di causa hanno trovato soluzione alla luce di interventi legislativi e giurisprudenziali complessi e di modifiche normative intervenute in corso di causa, si giustifica la compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.

La Corte:

accoglie i primi quattro motivi di ricorso, dichiara assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso del contribuente;

compensa le spese di tutti i gradi di giudizio.


COMMENTOIn un precedente articolo pubblicato su questa testata, partendo dalla disamina di una recente sentenza emessa dalla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado dell’Emilia Romagna (Sentenza 18/01/2023 n. 104) sì è posta in evidenza la questione assai dibattuta sorta in materia di agevolazioni IMU spettanti ai pensionati agricoli. In quell’occasione infatti si è dato conto di come i giudici di merito avessero negato il riconoscimento del beneficio IMU in capo ad un contribuente in ragione del fatto che trattandosi di un soggetto pensionato, la parte ricorrente non avrebbe tratto dall’attività esercitata in agricoltura la quota prevalente del proprio reddito in quanto appunto di percettore di un reddito da pensione. In tale precedente articolo titolato non a caso: “Il trattamento agevolativo IMU riservato ai terreni posseduti dal pensionato agricolo. – Questione dibattuta tra giurisprudenza di merito e giurisprudenza di legittimità”, si è dato altresì sommariamente conto di come la più recente giurisprudenza di Cassazione sia giunta invece a conclusioni assolutamente antitetiche rispetto alla suddetta pronuncia di merito. Proseguendo pertanto in tale percorso esegetico, nel presente scritto andremo ad esaminare analiticamente la Sentenza Cassazione Sentenza Trib. 15 maggio 2023 n. 13131. In tale occasione la suprema Corte è stata infatti chiamata a pronunciarsi in merito ad una controversia avente ad oggetto la spettanza delle agevolazioni fiscali riguardanti l’IMU, allorquando il titolare di terreni agricoli sia titolare di un reddito da pensione e coadiuvante di un familiare avente la qualifica di coltivatore diretto.

Il giudizio in questione aveva ad oggetto l’impugnazione di cinque avvisi di accertamento IMU, emessi dal Comune di (Omissis) per gli anni dal 2013 al 2017, relativi a terreni di proprietà del contribuente rispetto ai quali l’ente aveva negato le agevolazioni di cui al D.L. n. 201 del 2011, art. 13 difettando, in capo allo stesso, coadiuvante dell’azienda agricola del figlio e percettore di pensione di anzianità, il requisito della prevalenza del reddito derivante dall’attività agricola rispetto a redditi di altra natura. In origine la  Commissione di primo grado aveva rigettato il ricorso del contribuente e successivamente, nel 2021, la commissione Regionale del Piemonte aveva confermato tale decisione ritenendo nel merito, che il  presupposto per il riconoscimento della richiesta agevolazione IMU, come già previsto per l’ICI, fosse subordinato alla percezione esclusiva o prevalente del reddito dall’attività agricola mentre la fonte di reddito del contribuente era costituita dal trattamento pensionistico e non dalla conduzione dei terreni, il cui reddito agrario, era riconducibile al figlio. 

Avverso la sentenza di appello, il contribuente proponeva ricorso per cassazione; nel farlo lo stesso censurava la sentenza impugnata denunciando l’erronea applicazione della normativa nella parte in cui aveva individuato quale presupposto per fruire delle agevolazioni IMU la necessaria prevalenza o esclusività del reddito da agricoltura rispetto ad eventuali altri redditi benché tale requisito non fosse esplicitamente richiesto dalla norma. La corte a detta del contribuente aveva erroneamente considerato come dirimente, per dimostrare la partecipazione attiva all’attività agricola del coadiuvante pensionato, la dichiarazione del reddito agrario come prevalente o esclusivo rispetto ad eventuali altri redditi.

Ebbene va innanzitutto rilevato come la spettanza delle agevolazioni ai fini IMU per terreni agricoli di cui sia proprietario o possessore un “coadiuvante” di un coltivatore diretto, titolare di un reddito da pensione, sia una questione particolarmente controversa specie negli anni d’imposta precedenti il 2018. Va detto, a riguardo, che sia la figura del pensionato così come quella del coadiuvante sono state entrambe oggetto di diverse controversie intentate dagli interessati nei confronti dei Comuni, i quali, visto il tenore poco chiaro della norma, che nel corso degli anni tra l’altro  ha anche subito diversi mutamenti, hanno costantemente fatto ricorso ad un’interpretazione piuttosto rigida e restrittiva della norma, nel tentativo di tutelare gli interessi degli stessi enti.

Prima di analizzare in dettaglio le motivazioni poste a base della pronuncia in oggetto, si rende pertanto opportuno riassumere sommariamente l’evoluzione normativa subita dalla materia nel corso del tempo nonché le posizioni assunte a riguardo dalla giurisprudenza. Va infatti preliminarmente rilevato come la Suprema Corte in tema di ICI, abbia più volte affermato che l’agevolazione fiscale prevista dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 9 per i terreni agricoli posseduti dai soggetti di cui al D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 58, è subordinata alla ricorrenza dei requisiti della qualifica, da parte del possessore, di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo a titolo principale, nonché della conduzione effettiva dei terreni e che, ai sensi del citato art. 58, si considerano imprenditori agricoli a titolo principale e coltivatori diretti le persone iscritte negli appositi elenchi comunali previsti dalla l. n. 9 del 1963, art. 11, e soggette al corrispondenti obbligo di assicurazione per invalidità, vecchiaia e malattia. Di conseguenza nel regime di vigenza dell’ICI, i requisiti necessari per avere accesso al regime agevolato erano stati così individuati: a) iscrizione agli appositi elenchi; b) assoggettamento agli obblighi assicurativi per invalidità, malattia e vecchiaia; c) possesso e conduzione diretta di terreni agricoli e/o aree edificabili; d) carattere principale di tali attività rispetto ad altre fonti di reddito.

Del resto la giurisprudenza in quegli anni si spinse a ritenere che la ratio di tale disposizione agevolativa fosse proprio quella di incentivare la coltivazione della terra e di alleggerire del carico tributario quei soggetti che ritraggono dal lavoro della terra la loro esclusiva fonte di reddito, così come richiamato dalla ordinanza della Corte costituzionale n. 87/2005 (in termini anche ordinanza Corte Cost. n. 336/2003) che, ai fini dell’applicazione dell’ICI, pronunciandosi sulla legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 58, comma 2, nella parte in cui esclude i coltivatori diretti, titolari di pensione maturata a seguito dell’obbligatoria iscrizione alla relativa gestione previdenziale, dalle agevolazioni previste nel D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 9, ha statuito che “la giustificazione dell’agevolazione fiscale di cui si tratta risiede evidentemente in un intento di incentivazione dell’attività agricola, connesso alla finalità di razionale sfruttamento del suolo cui fa riferimento la Cost., art. 44, e in relazione alla suddetta ratio incentivante non appare manifestamente irragionevole che da tale beneficio siano esclusi coloro che – nel fatto di godere di trattamenti pensionistici – all’evidenza non traggono dal lavoro agricolo la loro esclusiva fonte di reddito”.

I giudici di piazza Cavour, avevano così ribadito che il trattamento agevolato previsto dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 9 per i terreni agricoli posseduti da coltivatori diretti o da imprenditori agricoli a titolo principale, spetta solo a quanti traggono dal lavoro agricolo la loro esclusiva fonte di reddito e non va, quindi, riconosciuto, a chi sia titolare di pensione (Cass. n. 13745 del 2017; Cass. n. 2142 del 2020). In particolare era stato evidenziato che il maturare del trattamento pensionistico esclude che il soggetto che ha fruito dell’agevolazione fino a quel momento possa essere ancora considerato coltivatore diretto, ostando lo status di pensionato al riconoscimento dell’agevolazione, indipendentemente dalla circostanza che la pensione si riferisca o meno all’attività lavorativa in agricoltura ed essendo irrilevante che il soggetto sia ancora iscritto negli elenchi e continui a versare i contributi volontari in costanza di trattamento pensionistico (Vedi Cass. n. 26455 del 2017; n. 14135 del 2017; n. 12565 del 2010; Cass. n. 9601 del 2012).

Nel motivare la sentenza di cui ci occupiamo in questo scritto però i  giudici di legittimità sottolineano come il regime normativo dell’IMU ricalchi solo in parte quello dell’ICI, in quanto il D.L. n. 201 del 2011, art. 13, conv. con modif. dalla l. n. 214 del 2011, innovando rispetto al precedente regime normativo, prevede al comma 2 che: “L’imposta municipale propria ha per presupposto il possesso di immobili; restano ferme le definizioni di cui al decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, art. 2. I soggetti richiamati dall’art. 2, comma 1, lettera b), secondo periodo, del D.Lgs. n. 504 del 1992, sono individuati nei coltivatori diretti e negli imprenditori agricoli professionali di cui al decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, art. 1, e successive modificazioni, iscritti nella previdenza agricola”.

Fatta questa debita premessa a questo punto occorre quindi definire con esattezza l’ambito applicativo di tali disposizioni, ed in particolare quali siano i requisiti richiesti per beneficiare delle agevolazioni in tema di IMU.

Come osservato precedentemente, mentre nel periodo di vigenza dell’ICI, ai fini delle agevolazioni per i terreni agricoli, la norma faceva riferimento, sotto il profilo soggettivo, all’art. 58 del d.l.gs. n. 446/1997, il quale stabiliva che «si considerano coltivatori diretti od imprenditori agricoli a titolo principale le persone fisiche iscritte negli appositi elenchi comunali previsti dall’art. 11 della legge 9 gennaio 1963, n. 9, e soggette al corrispondente obbligo dell’assicurazione per invalidità, vecchiaia e malattia»; con l’avvento dell’IMU è possibile affermare che le agevolazioni agricole sono state si confermate, ma le disposizioni richiamate sono contenute nel d.lgs. n. 99/2004 che riguarda sia le persone fisiche, sia le società, con particolare riferimento, per queste ultime, alle società in possesso della qualifica di IAP. Ne consegue che ai fini IMU risultano essere esenti tutti i terreni agricoli, posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali di cui all’art. 1 del d.lgs. n. 99/2004, iscritti nella previdenza agricola, anche se già pensionati, indipendentemente dall’ubicazione dei terreni stessi, e sono considerati non edificabili i terreni posseduti e condotti dagli stessi soggetti, sui quali persiste l’utilizzazione agro-silvo-pastorale mediante l’esercizio di attività dirette alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura, alla funghicoltura e all’allevamento di animali.

Va rilevato poi come, proprio con la finalità di dirimere i numerosi contenziosi promossi dai Comuni che lamentavano la carenza dei presupposti per l’esenzione, il legislatore abbia provveduto all’introduzione dell’art. 78 bis del d.l. n. 104/2020, il quale al comma 3  dispone che, ai sensi dell’art. 1, commi 1 e 2, della legge n. 212/2000, le disposizioni in materia di IMU si interpretano nel senso che si considerano coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali anche i pensionati che, continuando a svolgere attività in agricoltura, mantengono l’iscrizione nella relativa gestione previdenziale e assistenziale agricola. Secondo il giudizio della consulta, proprio a seguito di tali interventi normativi, chiaramente ispirati dalla volontà del legislatore di sostenere l’esercizio delle attività imprenditoriali agricole, per accedere alle agevolazioni IMU previste per i terreni agricoli è divenuto sufficiente che il soggetto, anche se già pensionato, mantenga l’iscrizione nella relativa gestione previdenziale e assistenziale agricola; iscrizione che di per sé certifica che lo stesso continua a svolgere attività in agricoltura versando i relativi contributi.

Ulteriore questione assai dibattuta in sede giurisprudenziale è poi anche quella riguardante la possibile estensione delle agevolazioni fiscali ai coadiuvanti, familiari del coltivatore diretto. Anche in questo caso infatti siamo al cospetto di una normativa foriera nel tempo notevoli incertezze e incomprensioni. Il coadiuvante o collaboratore agricolo, la cui figura è espressamente contemplata dall’art. 230 bis c.c., è colui che partecipa all’attività di coltivazione svolta dall’impresa familiare ed è normalmente iscritto alla gestione previdenziale agricola presso l’INPS, con la stessa qualifica del proprietario dell’azienda. 

Sul punto, sia l’Amministrazione finanziaria che la Cassazione nel tempo hanno fornito interpretazioni non sempre univoche; anzi è pacifico affermare che i diversi chiarimenti, da queste prodotti, hanno generato ulteriori incertezze, tanto che il legislatore è dovuto intervenire con l’emanazione del comma 705 dell’art. 1, della legge n. 145/2018. Per mezzo di tale intervento normativo il legislatore ha infatti espressamente disposto che: «I familiari coadiuvanti del coltivatore diretto, appartenenti al medesimo nucleo familiare, che risultano iscritti nella gestione assistenziale e previdenziale agricola quali coltivatori diretti, beneficiano della disciplina fiscale propria dei titolari dell’impresa agricola al cui esercizio i predetti familiari partecipano attivamente».

Dirimente per la definizione della controversia in oggetto è poi l’introduzione della norma avente carattere interpretativo contenuta nell’art. 78 bis del citato d.l. n. 104/2020 per mezzo della quale viene disposto che: “Al fine di sostenere l’esercizio delle attività imprenditoriali agricole garantendo la corretta applicazione  delle  agevolazioni  in materia di imposta municipale propria (IMU), l’articolo 1, comma 705, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, si interpreta, ai sensi  e  per gli effetti dell’articolo 1, comma 2, della legge 27 luglio 2000,  n. 212, nel senso che le disposizioni ivi recate si applicano  anche  ai periodi di imposta precedenti  all’entrata  in  vigore  della  citata legge n. 145 del 2018”. Tale norma ha evidentemente lo scopo di sterilizzare il contenzioso in essere per gli anni 2018 e precedenti, cui il caso di specie appartiene a tutti gli effetti.

In conclusione la Suprema Corte ha ritenuto che è ormai sufficiente per il riconoscimento delle agevolazioni in oggetto, la presenza della sola iscrizione ai fini previdenziali, senza necessità di procedere ad un accertamento ulteriore in ordine all’attività in concreto svolta ed alla prevalenza dei redditi. Come visto infatti, l’art. 78 bis, comma 3, del d.l. n. 104 del 2020, nell’interpretare autenticamente e con effetti retroattivi la disciplina IMU, nel senso di considerare coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali anche i pensionati, richiede soltanto che gli stessi continuino a svolgere attività in agricoltura con modalità idonee a mantenere l’iscrizione nella relativa gestione previdenziale e assistenziale agricola; analogamente l’art. 1, comma 705, della legge n. 145/2018, applicabile retroattivamente ai sensi del comma 1 del citato art. 78 bis, richiede solo che i coadiutori continuino a partecipare attivamente all’impresa del familiare con le modalità dell’abitualità e della prevalenza che costituiscono il presupposto dell’iscrizione.

Accogliendo il ricorso del contribuente pertanto, i giudici di legittimità hanno affermato i seguenti principi di diritto: “In tema di IMU, per effetto delle norme di interpretazione autentica di cui al D.L. n. 104 del 2020, art. 78-bis, commi 2 e 3, conv. con modif., dalla l. n. 104 del 2020, applicabili retroattivamente, la condizione di pensionato non può costituire di per sé un elemento ostativo ai fini del trattamento agevolativo per i terreni agricoli dallo stesso posseduti in quanto la permanenza del requisito dell’iscrizione alla previdenza agricola, che già presuppone una valutazione del reddito agrario rispetto ad altri redditi, secondo i criteri fissati ai fini previdenziali, costituisce l’unica condizione richiesta per la fruizione dei benefici fiscali. Inoltre, la qualifica di coadiutore non può costituire di per sé un elemento ostativo ai fini del trattamento agevolativo per i terreni agricoli dallo stesso posseduti in quanto la permanenza del requisito dell’iscrizione alla previdenza agricola, che già presuppone una valutazione di abitualità e prevalenza della partecipazione attiva all’attività del familiare, secondo i criteri fissati ai fini previdenziali, costituisce l’unica condizione richiesta per la fruizione dei benefici fiscali”.

Pertanto, alla luce dell’orientamento giurisprudenziale di cui si è dato conto è possibile affermare che, pensionati e coadiuvanti agricoli purché in possesso della qualifica di coltivatori diretto o imprenditore agricolo professionale (Iap), possono usufruire dell’esenzione IMU sui terreni agricoli.

 

Dott. Francesco Foglia