Cass. civ., sez. v, ord., 22 luglio 2025 n. 20560


FATTI DI CAUSA

  1. Il Comune di Omissis impugna la sentenza della C.T.R. della Campania che, in parziale accoglimento dell’appello proposto dalla soc. XXX s.r.l. avverso la sentenza della C.T.P. di Napoli di rigetto del ricorso per l’annullamento dell’avviso di pagamento relativo alla TARI per l’anno 2019, ha dichiarato dovuta la quota variabile dell’imposta nella misura del 50%, per le strutture alberghiere (…) e (…).
  2. La C.T.R., ripreso l’orientamento di legittimità secondo il quale l’effetto vincolante del giudicato esterno in relazione alle imposte periodiche concerne i fatti integranti elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di annualità, abbiano carattere stabile o tendenzialmente permanente mentre non riguarda gli elementi variabili, destinati a modificarsi nel tempo, ha dato atto che fra le parti è intervenuta la sentenza della C.T.R. della Campania n. 7029 del 2019, inerente all’accertamento TARI per l’anno 2018.

Ciò premesso, affermando di volersi uniformare a quella decisione in ordine al difetto di motivazione dell’avviso di accertamento, ha concluso che la riduzione della quota variabile della tassa, debba essere determinata, ai sensi dell’art. 1, commi 656 e 657 L. 147 del 2013, dichiarando dovuta la quota variabile del tributo relativa agli hotel (…) e (…) nella misura del 50%,

  1. La XXX Srl resiste con controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

  1. Il Comune di Omissis formula un unico motivo di impugnazione con il quale fa valere, ex art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 3 L. 241 del 1990, 7 L. 212 del 2000, 1, comma 162 L. 296 del 2006, per avere la C.T.R. ritenuto non sufficientemente motivato l’avviso di pagamento relativo alla TARI 2019, riguardo alla quota variabile nonostante esso contenesse la precisa indicazione dei criteri adottati per il calcolo della quota variabile.

Sottolineato che i parametri di determinazione della tariffa sono, a mente dell’art. 1 comma 656 della L. 147 del 2013, quelli di cui al D.P.R. 158 del 1999, riporta integralmente il contenuto dell’avviso di pagamento impugnato.

Ricorda che secondo la Corte di legittimità la verifica dell’adeguatezza della motivazione degli atti impositivi deve essere condotta secondo la disciplina relativa al contenuto dello specifico atto, sicché risulta idonea a rendere intelleggibili i presupposti di fatto e della pretesa tributaria, nelle ipotesi della tassa di smaltimento dei rifiuti, l’enunciazione dei criteri astratti, in quanto il contribuente, conosciuto il criterio di valutazione adottato è in condizione di contestare e documentare l’infondatezza della pretesa erariale.

Afferma che la C.T.R., ignorando i suddetti principii, ha ritenuto il difetto di motivazione dell’avviso di pagamento, ancorché esso riportasse in modo esplicito i criteri per la determinazione della quota variabile della tassa per i due alberghi oggetto del tributo.

  1. Va, preliminarmente, sgombrato il campo dall’eccezione di formulata dalla parte controricorrente, che ricava dal passaggio in giudicato della decisione della relativa alla TARI del 2018 -indicata come sentenza della C.T.R. della Campania n. 7039/2019, divenuta definitiva a seguito della declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione proposto dal Comune di Forio, pronunciata in data 19 ottobre 2021 dalla Suprema Corte- la sussistenza di giudicato esterno in relazione alla pretesa tributaria relativa all’anno 2019, oggetto di questo giudizio.
  1. L’eccezione è infondata. Come chiarito dalle Sezioni Unite di questa Corte, infatti “Qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano riferimento al medesimo rapporto giuridico, ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe la cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso punto di diritto accertato e risolto, anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il petitum del primo.

Tale efficacia, riguardante anche i rapporti di durata, non trova ostacolo, in materia tributaria, nel principio dell’autonomia dei periodi d’imposta, in quanto l’indifferenza della fattispecie costitutiva dell’obbligazione relativa ad un determinato periodo rispetto ai fatti che si siano verificati al di fuori dello stesso, oltre a riguardare soltanto le imposte sui redditi ed a trovare significative deroghe sul piano normativo, si giustifica soltanto in relazione ai fatti non aventi caratteristica di durata e comunque variabili da periodo a periodo (ad esempio, la capacità contributiva, le spese deducibili), e non anche rispetto agli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi d’imposta (ad esempio, le qualificazioni giuridiche preliminari all’applicazione di una specifica disciplina tributaria), assumono carattere tendenzialmente permanente.

In riferimento a tali elementi, il riconoscimento della capacità espansiva del giudicato appare d’altronde coerente non solo con l’oggetto del giudizio tributario, che attraverso l’impugnazione dell’atto mira all’accertamento nel merito della pretesa tributaria, entro i limiti posti dalle domande di parte, e quindi ad una pronuncia sostitutiva dell’accertamento dell’Amministrazione finanziaria (salvo che il giudizio non si risolva nell’annullamento dell’atto per vizi formali o per vizio di motivazione), ma anche con la considerazione unitaria del tributo dettata dalla sua stessa ciclicità, la quale impone, nel rispetto dei principi di ragionevolezza e di effettività della tutela giurisdizionale, di valorizzare l’efficacia regolamentare del giudicato tributario, quale norma agendi cui devono conformarsi tanto l’Amministrazione finanziaria quanto il contribuente nell’individuazione dei presupposti impositivi relativi ai successivi periodi d’imposta. (Cass. Sez. U, Sentenza n. 13916 del 16/06/2006; in principio è stato ribadito dalla giurisprudenza di questa sezione cfr. fra le tante da ultimo Cass. Sez. 5, del 16/05/2019 n. n. 13152; Cass. Sez. 5, 3/01/2019 n. 37; Cass. Sez. 5, del 1/07/2015 n. 13498; in precedenza Cass. Sez. 5, Sentenza n. 9512 del 22/04/2009).

3.1. Proprio avuto riguardo al principio enunciato dal Supremo Collegio, questa Sezione ha ritenuto che “In materia di TARSU, l’accertamento relativo allo smaltimento in proprio di rifiuti speciali integra un elemento della fattispecie privo di durevolezza, in quanto suscettibile di modifiche e variazioni, dall’uno all’altro periodo di imposta, con la conseguenza che la parte non può utilmente invocare, sotto tale profilo, il giudicato esterno relativo ad altre annualità. (Cass. Sez. 5, 23/01/2024, n. 2305).

  1. Il motivo di ricorso è inammissibile.
  1. La doglianza, infatti, non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata, che, seppure contenga diversi errori giuridici, non si ferma affatto all’affermazione del difetto di motivazione dell’avviso di accertamento, ma decide sul merito della pretesa tributaria.
  2. Ed invero, la decisione pur rappresentando di volersi uniformare alla sentenza della C.T.R. della Campania n. 7039 del 2019, perviene alla conclusione che la quota variabile del tributo debba ridursi alla misura del 50%, senza, per il vero, chiarire se ciò sia da determinarsi in ragione della stagionalità dell’attività -come pare essere stato richiesto con il ricorso introduttivo del giudizio, quantomeno per quanto risulta dalla parte narrativa della sentenza- o, invece, in ragione della contrazione generalizzata del servizio disciplinata da 1 commi 656 e 657 della L. 147 del 2013.

E lo fa fondando la riduzione della TARI sulla base dell’orientamento che distingue le riduzioni tariffarie cd. tecniche previste dall’art. 1, commi 656 e 657, L. n. 147 del 2013, che spettano ope legis, da quelle di natura agevolativa di cui ai successivi commi 659 e 660, che essendo meramente eventuali, in quanto connesse a situazioni peculiari del singolo utente, da un lato, sono subordinate all’esplicita previsione del regolamento comunale e, dall’altro, sono condizionate alla presentazione di specifica e preventiva domanda da parte del contribuente, corredata della documentazione necessaria per giustificarne l’attribuzione (così Cass. Sez. 5, 19/08/2020, n. 17334).

  1. Questa ratio decidendi, che peraltro non chiarisce se nel caso di specie ci si trovi di fronte ad una riduzione c.d. tecnica o a domanda, non è stata in alcun modo attaccata dal ricorso, con cui il Comune di Forio si è limitato a contestare unicamente la decisione in ordine alla ritenuta adeguatezza della motivazione dell’avviso di accertamento, ancorché la questione sia superata dalla decisione sul merito della pretesa.
  2. Il ricorso deve, dunque, essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese di lite di questo giudizio di legittimità da liquidarsi in Euro 3.000,00, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, rimborso forfettario nella misura del 15%, I.V.A. e C.P.A come per legge.
  3. Sussistono, ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater D.P.R. n. 115 del 2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso stesso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il Comune di Omissis al pagamento delle spese di lite di questo giudizio di legittimità da liquidarsi in Euro 3.000,00 per compensi professionali ed Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% ed altri accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso stesso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.


COMMENTO – L’ordinanza della Corte di cassazione n. 20560 del 22 luglio 2025 affronta alcuni nodi centrali della disciplina della TARI, confermando orientamenti ormai consolidati in materia di giudicato esterno, di distinzione fra riduzioni tariffarie automatiche e riduzioni “a domanda” e di motivazione degli atti impositivi. La pronuncia, seppur formalmente conclusa con una declaratoria di inammissibilità, assume rilievo sistemico poiché si colloca all’interno di un percorso giurisprudenziale che va progressivamente componendosi in un quadro coerente. Il presente contributo ricostruisce tale percorso, soffermandosi sulle implicazioni più rilevanti per la qualificazione dogmatica della TARI come tributo periodico a struttura bifasica, e sugli spazi ancora aperti di elaborazione giurisprudenziale.

Il pronunciamento pur recando una statuizione di mera inammissibilità del ricorso, rappresenta un punto di osservazione utile per analizzare alcuni aspetti cruciali della disciplina della TARI. 

Il provvedimento si colloca, infatti, in continuità con un percorso giurisprudenziale volto a precisare la portata del giudicato esterno nelle imposte periodiche, a distinguere le differenti tipologie di riduzioni tariffarie previste dalla legge e a chiarire il contenuto minimo della motivazione degli atti impositivi in materia di tributi locali.

Il primo profilo di rilievo concerne l’efficacia del giudicato esterno. La Suprema Corte, nel solco di Cass., Sez. Unite, 16 giugno 2006, n. 13916, ha ribadito che la forza vincolante del giudicato formatosi su un rapporto tributario relativo a una determinata annualità non si estende automaticamente ai periodi successivi, se non nei limiti in cui vengano in rilievo elementi stabili o tendenzialmente permanenti del rapporto stesso. Diversamente, gli elementi di fatto suscettibili di variazione, quali la concreta organizzazione del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti o la specifica destinazione di un immobile, non sono idonei a fondare giudicato esterno. La Cassazione ha confermato questa linea anche in pronunce più recenti: basti richiamare Cass., ord. 23 gennaio 2024, n. 2305, la quale ha escluso che lo smaltimento in proprio dei rifiuti speciali, trattandosi di fatto mutevole nel tempo, possa produrre effetti vincolanti per annualità diverse.

Il secondo aspetto attiene alla distinzione tra riduzioni tariffarie “tecniche” e riduzioni “a domanda”. La Corte, richiamando implicitamente il principio già chiarito da Cass., ord. 19 agosto 2020, n. 17334, ha ribadito che le prime, previste dall’art. 1, commi 656-657, della legge n. 147 del 2013, operano ope legis in quanto direttamente incorporate nella metodologia tariffaria delineata dal D.P.R. n. 158 del 1999. Esse si applicano indipendentemente da una richiesta del contribuente, costituendo parte integrante del disegno legislativo volto a garantire la proporzionalità del tributo rispetto al servizio reso. Le riduzioni “a domanda”, disciplinate dai commi 659-660 dello stesso articolo, hanno invece natura eventuale e sono subordinate a una specifica istanza, alla previsione regolamentare e alla dimostrazione dei presupposti da parte del contribuente. 

L’ordinanza in commento prende le mosse da tale distinzione: la decisione di merito aveva ricondotto la riduzione della quota variabile alla categoria delle riduzioni tecniche, con conseguente determinazione ope legis della pretesa. Il ricorso dell’ente impositore, incentrato esclusivamente sul profilo motivazionale dell’avviso, non coglieva quindi la ratio decidendi, con inevitabile declaratoria di inammissibilità.

Un ulteriore elemento di interesse riguarda la motivazione degli atti impositivi TARI. La Corte ha confermato un principio ormai consolidato: è sufficiente che l’atto indichi i criteri astratti di calcolo, vale a dire la classificazione dell’utenza, la superficie imponibile, i coefficienti applicati e l’eventuale operatività di riduzioni tecniche. Non è necessario che vengano riportati nel dettaglio i calcoli numerici, purché l’atto consenta al contribuente di comprendere l’an e il quantum della pretesa e di esercitare in modo effettivo il diritto di difesa. La giurisprudenza di legittimità, anche in altre materie, ha sottolineato come la motivazione debba essere valutata secondo un criterio di intelligibilità complessiva, piuttosto che di minuziosa esposizione aritmetica.

L’ordinanza si colloca inoltre in un contesto giurisprudenziale più ampio, che negli ultimi anni ha definito con maggiore chiarezza la linea di demarcazione fra inutilizzo soggettivo e inutilizzabilità oggettiva degli immobili. Con la sentenza n. 16138 dell’11 giugno 2024, la Cassazione ha ribadito che la TARI è dovuta anche in assenza di effettivo utilizzo dei locali, purché questi siano suscettibili di produrre rifiuti. L’esenzione, pertanto, è ammessa solo in presenza di un impedimento oggettivo e permanente, quale l’inagibilità accertata o la mancanza di servizi essenziali, circostanze che devono essere adeguatamente documentate dal contribuente. La distinzione, che può apparire di sottile portata, ha in realtà conseguenze rilevanti in sede contenziosa, poiché segna il confine tra la discrezionalità soggettiva e le condizioni strutturali del bene.

Un’ulteriore precisazione, anch’essa di rilievo sistemico, è stata fornita con la sentenza n. 2937 del 31 gennaio 2024. In quella occasione la Corte ha chiarito che, anche nei casi in cui una parte della superficie sia destinata alla produzione di rifiuti speciali non assimilabili, con conseguente esclusione della quota variabile, resta comunque dovuta la quota fissa. Quest’ultima, infatti, non è correlata alla produzione effettiva di rifiuti, ma alla copertura dei costi generali del servizio, i quali devono essere sostenuti indipendentemente dall’utilizzo concreto da parte delle singole utenze. In questo senso, la Cassazione ha contribuito a rafforzare la qualificazione della TARI come tributo bifasico, strutturato su una componente fissa e su una componente variabile, ciascuna delle quali risponde a una diversa ratio legis.

La lettura congiunta dell’ordinanza n. 20560 del 2025 e delle pronunce richiamate consente di cogliere una linea di tendenza ormai consolidata: la Cassazione, anche attraverso decisioni rese in forma di ordinanza, va progressivamente componendo un quadro interpretativo che assicura coerenza alla disciplina della TARI. I principi ribaditi in materia di giudicato esterno, riduzioni tariffarie e motivazione degli atti contribuiscono a circoscrivere l’area dell’incertezza applicativa, riducendo la variabilità delle soluzioni e rafforzando l’affidamento degli operatori.

Tale processo di consolidamento, tuttavia, non esaurisce i margini di discussione dottrinale e giurisprudenziale. Restano aperte questioni delicate, come la definizione puntuale dei presupposti di inutilizzabilità oggettiva, che continuano a generare contenzioso, e la precisa delimitazione della quota fissa nei casi di compresenza di superfici produttive di rifiuti speciali e superfici ordinarie. Su questi terreni, il contributo della giurisprudenza sarà ancora determinante per garantire una disciplina uniforme ed equilibrata, capace di tenere insieme le esigenze di sostenibilità finanziaria degli enti locali e la tutela dei diritti dei contribuenti.

Dott. Francesco Foglia