Giornata di studio Lerici: 27 maggio 2022

“Novità ed approfondimenti in tema di Fiscalità locale”


Agevolazioni ed esenzioni IMU per la prima casa (Parte Prima)

SOMMARIO: §. 1 L’inquadramento normativo. §. 2 L’interpretazione della prassi amministrativa.  §. 3 L’interpretazione della giurisprudenza di legittimità. §. 4 Le recenti modifiche legislative. §. 5 L’ordinanza Corte Costituzionale, (23 marzo) 28 aprile 2022 n. 107. §. 6 L’ordinanza Commissione Tributaria Provinciale di Napoli, sez. XXXII, 22 novembre 2021 n. 2985. §. 7 L’ordinanza di auto-rimessione Corte Costituzionale, (23 marzo) 12 aprile 2022 n. 94. §. 8 Considerazioni conclusive.

 

  • §  1 L’inquadramento normativo. 

La problematica dell’agevolazione ICI e dell’esenzione IMU per la cd. “prima casa”, quando i componenti del nucleo familiare (ed in particolare, i coniugi) abbiano stabilito la propria residenza anagrafica e dimora abituale in immobili situati in Comuni diversi, è stata recentemente oggetto di rilevanti innovazioni normative e pronunce giurisprudenziali.

In materia di ICI, la norma di riferimento è contenuta all’art. 8, comma 2, D.lgs. 30 dicembre 1992 n. 504 (come modificato dall’art. 1, comma 173, lettera b), Legge 27 dicembre 2006 n. 296), il quale letteralmente dispone che “Dalla imposta dovuta per l’unità immobiliare adibita ad abitazione principale del soggetto passivo, intendendosi per tale, salvo prova contraria, quella di residenza anagrafica, si detraggono, fino a concorrenza del suo ammontare, lire 200.000 rapportate al periodo dell’anno durante il quale si protrae tale destinazione; se l’unità immobiliare è adibita ad abitazione principale da più soggetti passivi, la detrazione spetta a ciascuno di essi proporzionalmente alla quota per la quale la destinazione medesima si verifica. Per abitazione principale si intende quella nella quale il contribuente, che la possiede a titolo di proprietà usufrutto o altro diritto reale, e i suoi familiari dimorano abitualmente”.

In materia d IMU, fino alla data del 31 dicembre 2019, la disciplina di riferimento era invece costituita dall’art. 13, comma 2, quarto e quinto periodo, D.L. 06 dicembre 2011 n. 201, convertito con modificazioni in Legge 22 dicembre 2011 n. 214 (come modificato dall’art. 4, comma 5, lettera a) D.L. 02 marzo 2012 n. 16, convertito con modificazioni in Legge 26 aprile 2012 n. 44; dall’art. 1, comma 707, lettera b), numeri 1), 2) e 3) Legge 27 dicembre 2013 n. 147 e, infine, dall’art. 9-bis, comma 1, D.L. 28 marzo 2014 n. 47, convertito con modificazioni in Legge 23 maggio 2014 n. 80).

Tale norma disponeva che “… Per abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente. Nel caso in cui i componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi situati nel territorio comunale, le agevolazioni per l’abitazione principale e per le relative pertinenze in relazione al nucleo familiare si applicano per un solo immobile”.

A decorrere dal 1° gennaio 2020, tale disposizione normativa è stata abrogata ad opera dell’art. 1, comma 780, Legge 27 dicembre 2019 n. 160, in quanto la predetta legge ha introdotto una disciplina completamente nuova dell’imposta municipale propria (IMU), oggi contenuta ai commi da 739 a 783 dell’art. 1.

In particolare, l’art. 1, comma 741, lettera b), secondo periodo, Legge 27 dicembre 2019 n. 160, nel suo testo originario, conteneva una disposizione del tutto identica a quella dell’abrogato art. 13, comma 2, quarto e quinto periodo, D.L. 201/2011, convertito in Legge 214/2011.

Entrambe le norme, infatti, disciplinavano unicamente la fattispecie in cui i diversi immobili, nei quali i componenti del nucleo familiare avessero stabilito la propria residenza anagrafica e dimora abituale, si trovassero nel medesimo Comune, concedendo in tal caso l’agevolazione limitatamente ad un solo immobile, mentre non disciplinavano in alcun modo la diversa fattispecie nella quale i due immobili fossero ubicati in due diversi Comuni.

In tale fattispecie, il silenzio normativo veniva interpretato in modo diametralmente opposto dalla prassi amministrativa e dalla giurisprudenza di legittimità.

 

  • § 2 L’interpretazione della prassi amministrativa.  

Per quanto concerne la prassi amministrativa, l’art. 6 Circolare Ministero dell’Economia e delle Finanze- Dipartimento delle Finanze – Direzione Federalismo Fiscale 18 maggio 2012 n. 3/DF aveva evidenziato i profili di “novità” della disciplina IMU, di cui all’art. 13, comma 2, D.L. 201/2011 rispetto alla previgente disciplina ICI, di cui all’art. 8, comma 2, D.lgs. 30 dicembre 1992 n. 504.

“Dalla lettura della norma – i.e.: art. 13, comma 2, D.L. 201/2011, convertito in Legge 214/2011- emerge, innanzitutto, che l’abitazione principale deve essere costituita da una sola unità immobiliare iscritta o iscrivibile in catasto a prescindere dalla circostanza che sia utilizzata come abitazione principale più di una unità immobiliare distintamente iscritta in catasto. In tal caso, le singole unità immobiliari vanno assoggettate separatamente ad imposizione, ciascuna per la propria rendita. Pertanto, il contribuente può scegliere quale delle unità immobiliari destinare ad abitazione principale, con applicazione delle agevolazioni e delle riduzioni IMU per questa previste; le altre, invece, vanno considerate come abitazioni diverse da quella principale con l’applicazione dell’aliquota deliberata dal comune per tali tipologie di fabbricati.

Il contribuente non può, quindi, applicare le agevolazioni per più di una unità immobiliare, a meno che non abbia preventivamente proceduto al loro accatastamento unitario.

La disposizione in questione consente di superare per l’IMU, in maniera inequivocabile, i contrasti interpretativi tra prassi e giurisprudenza sorti in materia di ICI.

L’altro aspetto di novità consiste nel fatto che per abitazione principale si deve intendere l’immobile nel quale il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente. In altri termini, il legislatore ha innanzitutto voluto collegare i benefici dell’abitazione principale e delle sue pertinenze al possessore e al suo nucleo familiare e, in secondo luogo, ha voluto unificare il concetto di residenza anagrafica e di dimora abituale, individuando come abitazione principale solo l’immobile in cui le condizioni previste dalla norma sussistono contemporaneamente, ponendo fine, anche in questo caso, alle problematiche applicative che sulla questione hanno interessato l’ICI.

La disposizione in commento precisa, inoltre, che, nel caso in cui i componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi situati nel territorio comunale, l’aliquota e la detrazione per l’abitazione principale e per le relative pertinenze devono essere uniche per nucleo familiare indipendentemente dalla dimora abituale e dalla residenza anagrafica dei rispettivi componenti. Lo scopo di tale norma è quello di evitare comportamenti elusivi in ordine all’applicazione delle agevolazioni per l’abitazione principale, e, quindi, la norma deve essere interpretata in senso restrittivo, soprattutto per impedire che, nel caso in cui i coniugi stabiliscano la residenza in due immobili diversi nello stesso comune, ognuno di loro possa usufruire delle agevolazioni dettate per l’abitazione principale e per le relative pertinenze.

Se, ad esempio, nell’immobile in comproprietà fra i coniugi, destinato all’abitazione principale, risiede e dimora solo uno dei coniugi – non legalmente separati – poiché l’altro risiede e dimora in un diverso immobile, situato nello stesso comune, l’agevolazione non viene totalmente persa, ma spetta solo ad uno dei due coniugi. Nell’ipotesi in cui sia un figlio a dimorare e risiedere anagraficamente in altro immobile ubicato nello stesso comune, e, quindi, costituisce un nuovo nucleo familiare, il genitore perde solo l’eventuale maggiorazione della detrazione.

Il legislatore non ha, però, stabilito la medesima limitazione nel caso in cui gli immobili destinati ad abitazione principale siano ubicati in comuni diversi, poiché in tale ipotesi il rischio di elusione della norma è bilanciato da effettive necessità di dover trasferire la residenza anagrafica e la dimora abituale in un altro comune, ad esempio, per esigenze lavorative”.

 

  • § 3 L’interpretazione della giurisprudenza di legittimità

La giurisprudenza di legittimità concorda con la prassi amministrativa circa il carattere di novità della disciplina IMU rispetto alla normativa ICI.

In base a quest’ultima, il solo requisito imprescindibile, per poter qualificare un’unita immobiliare come “abitazione principale”, era costituito dalla circostanza che in tale immobile il contribuente ed i suoi familiari avessero stabilito la propria dimora abituale, mentre il requisito della residenza anagrafica non risultava necessario, essendo la coincidenza tra abitazione principale e residenza anagrafica oggetto di una presunzione solo relativa o juris tantum (“salvo prova contraria”).

Viceversa, in base alla normativa IMU, per poter qualificare un immobile come “abitazione principale” è necessario che tanto il possessore, quanto il suo nucleo familiare vi dimorino abitualmente e vi risiedano anagraficamente. 

Pertanto, la giurisprudenza di legittimità concorda con la prassi amministrativa circa il fatto che, per poter qualificare un’unità immobiliare come “abitazione principale”, i requisiti della residenza anagrafica e della dimora abituale (tanto del possessore, quanto del suo nucleo familiare) debbano sussistere in maniera cumulativa e congiunta (art. 13, comma 2, quarto periodo, D.L. 201/2011, convertito con modificazioni in Legge 214/2011).

Diametralmente opposta è invece l’interpretazione del silenzio normativo, con riguardo alla fattispecie di residenza anagrafica e dimora abituale dei componenti il nucleo familiare (in particolare, dei coniugi) in immobili situati in Comuni differenti (art. 13, comma 2, quinto periodo, D.L. 201/2011, convertito con modificazioni in Legge 214/2011).

Mentre la prassi amministrativa concludeva per l’assenza di un rischio di elusione della norma (bilanciato dalle effettive necessità di trasferimento della residenza anagrafica e dimora abituale in altro Comune di uno dei componenti il nucleo familiare), e per la conseguente possibilità di riconoscimento addirittura di una duplice esenzione (a ciascun componente del nucleo familiare per il proprio immobile di residenza e dimora abituale), la giurisprudenza di legittimità interpreta il silenzio normativo su tale fattispecie come radicale esclusione dell’agevolazione IMU per la “prima casa” per entrambi i componenti del nucleo familiare (in particolare, coniugi) che abbiano fissato residenza anagrafica e dimora abituale in immobili collocati in Comuni diversi.

In tal senso si sono pronunciate, ex multis, Cass. civ., sez. VI-5, ord., 19 febbraio 2020 n. 4166 e 4170; Cass. civ., sez. VI-5, ord., 24 settembre 2020 n. 20130 e Cass. civ., sez. V, ord., 17 giugno 2021 n. 17408.

A fondamento di tale conclusione viene posto il carattere eccezionale delle norme che concedono agevolazioni e/o esenzioni in materia tributaria, e la conseguente impossibilità di una loro estensione in via analogica (radicalmente preclusa dall’art. 14 “preleggi”).

Pertanto, ai fini del riconoscimento dell’esenzione IMU, le predette pronunce richiedono il duplice requisito cumulativo dell’abitazione principale (in via di fatto) e della residenza anagrafica (in via di diritto) sia del possessore, sia del suo nucleo familiare.

Con particolare riferimento ai coniugi che abbiano residenza anagrafica e dimora abituale in immobili situati in Comuni diversi, tale situazione porta quindi al riconoscimento dell’esenzione IMU per “prima casa” unicamente in presenza di una separazione (legale o, quanto meno, di fatto) tra gli stessi.

In tal caso, infatti, “la frattura del rapporto di convivenza tra i coniugi, intesa quale separazione di fatto, comporta una disgregazione del nucleo familiare e, conseguentemente, l’abitazione principale non potrà essere più identificata con la casa coniugale” (Cass. civ., sez. V, ord., 17 giugno 2021 n. 17408).

Viceversa, in caso di coniugi non separati, neppure in via di fatto, la residenza anagrafica e dimora abituale in immobili ubicati in differenti Comuni risulta sempre e comunque ostativa al riconoscimento dell’esenzione.

In tal caso, infatti, “il nucleo familiare (inteso come unità distinta ed automa rispetto ai suoi singoli componenti) resta unico, ed unica, pertanto, potrà essere anche l’abitazione principale ad esso riferibile, con la conseguenza che il contribuente, il quale dimori in un immobile di cui sia proprietario (o titolare di altro diritto reale), non avrà alcun diritto all’agevolazione se tale immobile non costituisca anche dimora abituale dei suoi familiari, non realizzandosi in quel luogo il presupposto della “abitazione principale” del suo nucleo familiare. Ciò per impedire che la fittizia assunzione della dimora o della residenza in altro luogo da parte di uno dei coniugi crei la possibilità per il medesimo nucleo familiare di godere due volte dei benefici per la abitazione principale”.

Tale carattere ostativo si realizza addirittura anche quando il titolo del possesso di uno degli immobili abbia carattere non reale, ma personale (es.: contratto di locazione o comodato), e risulti quindi completamente estraneo al presupposto impositivo dell’IMU, e dunque tale da escludere qualsiasi sospetto di elusione dell’imposta.

Sempre nell’ottica della limitazione del riconoscimento delle agevolazioni IMU per l’abitazione principale, merita altresì segnalarsi l’ulteriore pronuncia Cass. civ., sez. VI-5, ord., 27 luglio 2020 n. 15988, che ha escluso la spettanza di tale agevolazione per l’immobile conferito in un trust traslativo, nel quale i beneficiari abbiano la residenza anagrafica.

In capo ai beneficiari non si ravvisa infatti la coincidenza tra soggetto residente e soggetto possessore, che sarebbe necessaria per il riconoscimento dell’esenzione.

La qualità di possessore è rivestita unicamente  dal trustee, ossia dal soggetto al quale il bene è stato trasferito da parte del disponente e che, come tale, è l’unico a rivestire la qualità di proprietario e possessore dell’immobile.

Il trust traslativo, infatti, non dà luogo ad un ente dotato di personalità giuridica, ma piuttosto realizza una sorta di “sdoppiamento della proprietà”, tipico dei Paesi di Common Law, nel senso che la proprietà legale del trust viene attribuita al trustee. In tal modo quest’ultimo è l’unico titolare dei relativi diritti (seppure nell’interesse dei beneficiari e per lo scopo fissato dal programma del trust medesimo), malgrado i beni restino segregati, e quindi estranei sia al patrimonio del disponente, sia a quello del trustee (e non possano quindi essere aggrediti dai creditori di nessuno di tali due soggetti).

In materia di imposta sui redditi delle società, l’art. 73 T.U.I.R. attribuisce soggettività passiva a fini IRES al trust. Tale norma, tuttavia, non vale a conferire al trust personalità giuridica, né può essere estesa in via di interpretazione analogica ad altre imposte, stante il suo carattere eccezionale ed il conseguente divieto di analogia (art. 14 “preleggi”).

In particolare, essa non può essere estesa ad imposte di natura patrimoniale, quali l’ICI o l’IMU, che considerano come base imponibile il valore del bene immobile, a prescindere da qualsiasi condizione personale del titolare del bene o dall’utilizzo che di quest’ultimo venga fatto.

Sulla base di tali principi, la Corte di Cassazione ha quindi riconosciuto la legittimità dell’avviso di accertamento emesso nei confronti del trustee, quale unico soggetto passivo dell’IMU. Tale riconoscimento non si pone in contrasto con la segregazione patrimoniale, che caratterizza il trust, perché non comporta l’aggressione dei beni in trust da parte dei creditori personali del trustee. Quest’ultimo, quale soggetto che ha il possesso del bene conferito in trust, è unicamente tenuto all’amministrazione e alla gestione dello stesso, che include il dovere di assolvere gli oneri tributari gravanti sulla proprietà, quali l’ICI e l’IMU.

 

  • § 4 Le recenti modifiche legislative. 

Il quadro normativo è recentemente mutato a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 5-decies D.L. 21 ottobre 2021 n. 146 (cd. “Decreto fisco e lavoro”), inserito dalla Legge di conversione 17 dicembre 2021 n. 215, che ha modificato l’art. 1, comma 741, lettera b), secondo periodo, Legge 27 dicembre 2019 n. 160, introducendo la facoltà, per i componenti del nucleo familiare che abbiano fissato la propria residenza anagrafica e dimora abituale in immobili ubicati in Comuni diversi, di scegliere a quale di essi applicare l’esenzione IMU per la cd. “prima casa”.

A seguito della predetta novella normativa, il secondo periodo dell’art. 1, comma 741, lettera b), D.L. 27 dicembre 2019 n. 160 stabilisce infatti ad oggi che “Nel caso in cui i componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi situati nel territorio comunale o in comuni diversi, le agevolazioni per l’abitazione principale e per le relative pertinenze in relazione al nucleo familiare si applicano per un solo immobile, scelto dai componenti del nucleo familiare”.

La modifica della predetta norma è entrata in vigore in data 21 dicembre 2021 (giorno successivo a quello della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della legge di conversione del cd. “Decreto Fisco e lavoro”, alla quale si deve l’aggiunta dell’art. 5-decies) ed è stata univocamente qualificata come una norma non interpretativa della disciplina previgente e, come tale, non retroattiva.

Conseguentemente, essa può trovare applicazione unicamente per le annualità di imposta successive alla sua entrata in vigore, secondo il generale principio di irretroattività della legge, di cui all’art. 11 “preleggi”.

Alle annualità di imposta precedenti continueranno invece ad applicarsi l’art. 13, comma 2, D.L. 201/2011 convertito con modificazioni in Legge 214/2011 (fino al 31 dicembre 2019) e l’art. 1, comma 741, lettera b), secondo periodo, Legge 160/2019 nella sua versione “originaria” (per quanto riguarda le annualità 2020 e 2021).

Dott.ssa Cecilia Domenichini

Unicusano- Roma