COMMENTO REDAZIONALE–  Con l’art. 12, comma 1, D.lgs. 29 luglio 2024 n. 110 è stato modificato il testo dell’art. 12, comma 4-bis, D.P.R. 29 settembre 1973 n. 602, con un ampliamento delle fattispecie nelle quali è ammesso il ricorso tributario avverso il ruolo e la cartella di pagamento che si assuma invalidamente notificata.

Mentre permane invariato il divieto di impugnazione dell’estratto di ruolo, la nuova formulazione della norma, entrata in vigore l’08 agosto 2024, amplia le fattispecie nelle quali è ammissibile l’impugnazione cd. “diretta” del ruolo o della cartella di pagamento che si assuma invalidamente notificata.

Per legittimare tale impugnazione il debitore, che agisce in giudizio, deve dimostrare che dall’iscrizione a ruolo può derivargli un pregiudizio specifico:

  1. per effetto di quanto previsto dal codice dei contratti pubblici di cui al D.lgs. 31 marzo 2023, n. 36;
  2. per la riscossione di somme allo stesso dovute dai soggetti pubblici di cui all’art. 1, comma 1, lettera a) del regolamento di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 18 gennaio 2008, n. 40, anche per effetto delle verifiche di cui all’articolo 48-bis del predetto decreto;
  3. per la perdita di un beneficio nei rapporti con una Pubblica Amministrazione;
  4. nell’ambito delle procedure previste dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza di cui al D.lgs. 12 gennaio 2019 n. 14;
  5. in relazione ad operazioni di finanziamento da parte di soggetti autorizzati;
  6. nell’ambito della cessione dell’azienda, tenuto conto di quanto previsto dall’art. 14 D.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472.

Mentre le prime tre fattispecie erano già contemplate dalla versione “originaria” della norma (introdotta dall’art. 3-bis, comma 1, D.L. 21 ottobre 2021 n. 146, convertito con modificazioni dalla Legge 17 dicembre 2021 n. 215, con chiaro intento deflattivo del contenzioso tributario), le ulteriori tre rappresentano un ampliamento della facoltà di impugnazione “diretta” del ruolo e della cartella di pagamento, che si assuma invalidamente notificata, senza necessità per il contribuente di dover attendere la notifica dell’atto successivo.

Il testo originario della norma è stato oggetto di varie questioni di legittimità costituzionale, che tuttavia non hanno mai trovato accoglimento, ma al contrario sono sempre state dichiarate inammissibili (Corte Costituzionale 17 ottobre 2023, sent. n. 190) o manifestamente inammissibili (Corte Costituzionale 09 maggio 2024, ord. n. 81).

Il suo ambito di applicazione temporale è stato esteso dalle Sezioni Unite della Suprema Corte, che hanno ritenuto la disposizione di cui all’art. 3-bis D.L. 146/2021, inserito in sede di conversione dalla Legge 215/2021, applicabile anche ai processi in corso alla data di entrata in vigore della predetta Legge di conversione (i.e.: 21 dicembre 2021).

La nuova disciplina è stata infatti ritenuta ragionevole e non arbitraria, poiché diretta ad assecondare le esigenze di riduzione del contenzioso e di contrasto della prassi di azioni giudiziarie proposte anche a distanza di tempo assai rilevante dall’emissione delle cartelle, e al cospetto dell’inattività dell’Agente per la riscossione.

In particolare, le finalità deflattive rispondono alla consapevolezza che “a fronte di una crescente domanda di giustizia, anche in ragione del riconoscimento di nuovi diritti, la giurisdizione sia una risorsa non illimitata e che misure di contenimento del contenzioso civile debbano essere messe in opera” (Cass. civ., Sezioni Unite, 06 settembre 2022 n. 26283).

In tale ottica, risulta quindi senza dubbio particolarmente favorevole per il contribuente l’ampliamento delle fattispecie che legittimano l’impugnazione “diretta” del ruolo e della cartella di pagamento che si assuma invalidamente notificata, operata con l’art. 12, comma 1, D.lgs. 29 luglio 2024 n. 110.