Il Ministero dell’Economia e delle Finanze in data 24 aprile ha emesso l’atteso decreto per mezzo del quale vengono individuati gli  atti esclusi dall’obbligo del contraddittorio preventivo, in conformità a quanto stabilito dal comma 2 dell’articolo 6-bis della legge 212/2000.

Per inquadrare correttamente la questione, va ricordato che tra le numerose novità normative apportate dal decreto attuativo della delega fiscale 219/2023, che modifica lo Statuto del Contribuente (legge 212/2000), quella che può essere ritenuta di maggior impatto sull’operato delle amministrazioni finanziarie è probabilmente l’introduzione dell’obbligo generalizzato di contraddittorio preventivo per tutti gli atti che possono essere impugnati autonomamente presso le Corti di Giustizia Tributaria. 

Il comma 2 del nuovo articolo 6-bis della legge 212/2000 stabilisce infatti che sono esclusi dal diritto al contraddittorio gli atti “automatizzati o sostanzialmente automatizzati, quelli di pronta liquidazione e gli atti di controllo formale della dichiarazione del contribuente”; l’individuazione di tali atti è demandata dalla norma proprio ad un apposito decreto ministeriale, il quale, come detto, è stato emanato il 24/04/2024 e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 100 del 30/04/2024.

Il decreto attuativo, tuttavia, non offre indicazioni specifiche per quanto riguarda i tributi locali, concentrando l’attenzione esclusivamente sui tributi erariali. Secondo quanto previsto dal decreto in oggetto infatti, viene definito “automatizzato o sostanzialmente automatizzato” ogni atto emesso dall’amministrazione finanziaria che riguardi esclusivamente violazioni individuate attraverso l’incrocio di dati presenti nelle banche dati in suo possesso. Il decreto fornisce in sostanza un elenco degli atti esclusi, in cui sono ricompresi ad esempio il ruolo, la cartella di pagamento, ogni atto emesso dall’Agenzia delle Entrate Riscossione per la riscossione delle entrate ad essa affidate, gli atti di accertamento per omesso, insufficiente o tardivo versamento di determinati tributi, gli atti di intimazione emessi per la decadenza dalle rateizzazioni, gli avvisi di decadenza dalle agevolazioni tributarie, e così via.

Come detto quindi il decreto presenta un elenco puntuale di tutti gli atti esclusi dal contraddittorio preventivo, non a caso l’obiettivo del documento era quello di individuare gli “atti automatizzati, sostanzialmente automatizzati, di pronta liquidazione e di controllo formale delle dichiarazioni”

Proprio in ossequio a tale logica, ad esempio non è richiesto avviare il procedimento per l’iscrizione di ipoteca e il fermo di beni mobili registrati, poiché atti preceduti dalla notifica degli avvisi di accertamento e la cui pretesa tributaria risulta pertanto essere già stata portata a conoscenza del contribuente.

Gli operatori operanti nel settore tributario del comparto degli enti locali però hanno dovuto tristemente constatare come il Decreto Ministeriale faccia riferimento solo agli atti relativi ai tributi erariali, senza considerare in alcun modo quelli riguardanti i tributi locali. 

Il decreto infatti non formalizza alcuna casistica relativa agli atti degli enti locali cui si applica il contraddittorio preventivo sebbene, nelle premesse, venga richiamata la previsione dell’articolo 1, comma 1, lettera a), numero 3), del decreto legislativo n. 219 del 2023 che inserisce i commi 3-bis e 3-ter nell’articolo 1 della legge n. 212 del 2000 i quali prevedono che le disposizioni dello Statuto “valgono come principi per le regioni e per gli enti locali che provvedono ad adeguare i rispettivi ordinamenti nel rispetto delle relative autonomie. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano adeguano la propria legislazione alle disposizioni della presente legge, secondo i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione” e che le “regioni e gli enti locali, nel disciplinare i procedimenti amministrativi di loro competenza, non possono stabilire garanzie inferiori a quelle assicurate dalle disposizioni di cui al comma 3-bis, ma possono prevedere livelli ulteriori di tutela”.

Questa scelta da parte del MEF lascia un vuoto di informazioni e crea inevitabilmente incertezza nell’applicazione delle nuove regole fiscali per i tributi comunali. A parere di chi scrive sarebbe pertanto auspicabile una rapida integrazione del quadro normativo che includa direttamente anche gli atti comunali, al fine di evitare dubbi e prevenire potenziali controversie dovute alla mancanza di chiarezza nelle informazioni.

Ad ogni modo, secondo il parere dell’IFEL, espresso in una nota di approfondimento datata 3 maggio 2024, in base a quanto stabilito dall’articolo 7, comma 1, del decreto legge 39/2024, le disposizioni sul contraddittorio preventivo si applicano anche agli atti emessi dagli enti locali a partire dal 30 aprile 2024, sebbene lo stesso Istituto per la Finanza Locale auspichi che il riferimento agli atti della sola “amministrazione finanziaria” venga esplicitamente esteso dal legislatore anche agli “enti impositori territoriali”

La citata nota IFEL infatti è stata emessa proprio in conseguenza dell’avvenuta constatazione che il decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 24 aprile scorso, non ha incluso alcun provvedimento tipico per l’accertamento delle entrate locali, per i quali le amministrazioni non sono obbligate a inviare uno schema di atto e ad avviare il confronto con i contribuenti. 

In proposito va dato atto di come proprio l’IFEL con tale nota abbia tentato di dare una prima interpretazione alla situazione venutasi a creare con l’emanazione del decreto, ipotizzando che non sia necessario avviare il contraddittorio preventivo con il contribuente per gli atti che riguardano semplicemente la liquidazione dell’imposta dovuta a seguito della presentazione della dichiarazione o per quelli per i quali il comune è già a conoscenza delle informazioni pertinenti.

Sebbene  quindi il decreto non menzioni esplicitamente i tributi locali, esso fornirebbe comunque una serie di indicazioni che possono essere utili agli enti locali per stabilire nei loro regolamenti quali atti escludere dal confronto preventivo. Ciò significa che è in linea di principio possibile individuare con una certa precisione gli atti tipici dei tributi locali che è possibile catalogare come atti automatizzati, sostanzialmente automatizzati, di pronta liquidazione e di controllo formale della dichiarazione.

Sempre secondo la posizione espressa dall’IFEL nella propria nota del 3 maggio, per garantire una maggiore trasparenza nell’azione dell’ente, l’istituto in oggetto dovrebbe essere integrato in un regolamento, anche se non è stato definito alcun termine perentorio per la sua adozione. 

Prima di continuare nella disamina della tesi interpretativa proposta dall’Istituto per la finanza degli enti locali,  è però doveroso chiedersi se questa impostazione sia effettivamente compatibile con il disposto letterale dell’art. 1 comma 1 lett. e) punto 2 del D.Lgs.  219/2023 che testualmente recita: “Non sussiste il diritto al contraddittorio ai sensi del presente articolo per gli atti automatizzati, sostanzialmente automatizzati, di pronta liquidazione e di controllo formale delle dichiarazioni individuati con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, nonché per i casi motivati di fondato pericolo per la riscossione.”

La norma sembrerebbe infatti riservare un trattamento di esclusione dall’obbligo del contraddittorio solo per gli atti espressamente individuati con decreto del MEF, non lasciando alcuna discrezionalità ai singoli enti, se non nel caso in cui vi sia “fondato pericolo per la riscossione”

Tra gli atti esclusi dal contraddittorio preventivo, che possono essere adottati anche dagli enti locali, il provvedimento ministeriale elenca solo le azioni di riscossione e le azioni esecutive: ruoli e cartelle di pagamento, iscrizioni ipotecarie, fermi amministrativi e intimazioni di pagamento, che come detto sono già precedute da altro atto precedentemente notificato al contribuente.

Volendo fornire un’interpretazione letterale alla norma, di fatto non essendo presente alcun atto di competenza dei tributi locali nell’elencazione di quelli esclusi dall’obbligo del contraddittorio, la norma andrebbe letta nel senso che tutti gli atti di competenza dei Comuni sono sempre e comunque soggetti a tale istituto, pena la nullità degli atti stessi. 

Tale interpretazione letterale porterebbe probabilmente alla completa paralisi delle attività accertative degli oltre 8.000 Comuni italiani, ed è proprio alla luce di questa considerazione che appare ancora più opportuna, se non doverosa,  la necessità di un chiarimento o di un’integrazione al decreto recentemente emanato da parte del MEF.

Volendo comunque in sede di prima analisi del quadro normativo introdotto, seguire la strada suggerita dall’IFEL, ovvero interpretare la norma nel senso che sono esclusi dal contraddittorio gli atti che presentano le “caratteristiche” delineate nel decreto,  è ragionevole affermare che nella categoria degli atti automatizzati e sostanzialmente automatizzati possono rientrare gli atti volti alla riscossione dei tributi, come la formazione del ruolo, le iscrizioni di ipoteca, il fermo amministrativo dei veicoli, eccetera, che vengono messi in atto dal comune. 

Mediante interpretazione, e seguendo sempre la logica proposta da IFEL è infatti possibile individuare i casi in cui non è necessario avviare il confronto prima della notifica dell’atto impositivo definitivo, conformemente a quanto stabilito dall’articolo 6-bis dello Statuto del contribuente (legge 212/2000). 

La  normativa in sostanza sembra non richiedere la notifica dello schema di atto per tutti gli atti automatizzati, di pronta liquidazione e di controllo delle dichiarazioni, che ricomprendono gli atti mediante i quali vengono calcolate e definite le tasse e le imposte dovute. È significativo notare che l’articolo 3 del decreto definisce come atti di pronta liquidazione quelli emessi dall’amministrazione in seguito al controllo delle dichiarazioni, tra cui gli avvisi di liquidazione per omesso, insufficiente o tardivo versamento.

Gli atti di pronta liquidazione possono comprendere gli avvisi di pagamento della tassa sui rifiuti e i relativi solleciti, oltre agli avvisi di accertamento per omesso o insufficiente versamento della Tari e dell’IMU, sia derivanti dalla liquidazione del tributo basata sui dati contenuti nella dichiarazione del contribuente (come nel caso della liquidazione per un’area fabbricabile dichiarata), sia basati sui dati ottenuti dalle banche dati dell’ente che sostituiscono la dichiarazione (ad esempio, variazioni della rendita catastale, variazioni di titolarità degli immobili, eccetera).

Lo stesso principio si applica quando l’ente ha già i dati del contribuente o può ottenerli dal catasto, come nel caso dei fabbricati. Ad esempio, non è richiesta una dichiarazione IMU per segnalare la proprietà di un immobile in quanto tale dato è già presente nella banca dati catastale a disposizione dell’ente, pertanto in caso di avviso per omesso versamento del tributo non sarebbe necessario attivare un contraddittorio preventivo sulla debenza del tributo stesso.

Seguendo questa logica, ci si può spingere sino a pensare che questa categoria possa includere anche gli avvisi di accertamento per omessa dichiarazione della Tari, relativi a fabbricati i cui dati e destinazione sono direttamente desumibili dalle banche dati dell’ente, così come gli atti di intimazione conseguenti alla decadenza da agevolazioni o da rateizzazioni.

Di converso, secondo quanto stabilito dal decreto, sono sicuramente soggetti al contraddittorio gli atti che non possono essere classificati nelle categorie sopra descritte. Ad esempio, gli avvisi di accertamento IMI relativi all’omessa o all’infedele dichiarazione delle aree edificabili o dei fabbricati di categoria D dichiarati al valore contabile sono soggetti al contraddittorio, a meno che non siano stati effettuati controlli formali interpellando direttamente il contribuente.

 Allo stesso modo, gli avvisi di accertamento Tari per omessa o infedele dichiarazione sono soggetti al contraddittorio se la base imponibile non è immediatamente individuabile, come nel caso delle aree scoperte operative. Inoltre, sono soggetti al contraddittorio gli avvisi derivanti dal disconoscimento di agevolazioni denunciate dal contribuente, a condizione che tali agevolazioni non siano state verificate tramite controlli formali con richieste dirette al contribuente.

Gli atti di controllo formale della dichiarazione possono includere gli avvisi di accertamento derivanti dal confronto tra i dati dichiarati e documenti specifici. Ad esempio, si potrebbe considerare la verifica della condizione di inagibilità di un immobile nell’IMU, effettuata confrontando la dichiarazione sostitutiva presentata dal contribuente con la documentazione richiesta, o il controllo della natura di “bene merce” di un fabbricato, verificata attraverso documenti appositi sempre richiesti al contribuente.

È importante inoltre notare che la procedura non deve essere avviata se vi è un fondato rischio per la riscossione e se l’ente ritiene di poter compromettere la garanzia del credito attivando la procedura del contraddittorio preventivo a causa delle tempistiche dalla stessa imposte.

Una cosa è certa in questo quadro piuttosto frammentato ed incerto, i regolamenti comunali rivestiranno un ruolo centrale nel definire le modalità operative in merito al contraddittorio preventivo. 

Sempre IFEL infatti sottolinea l’importanza di incorporare tale istituto in un atto normativo per adattarlo alla disciplina dei tributi locali e per rendere più trasparente l’azione amministrativa, nonostante come detto, non vi sia una tempistica precisa stabilita dalla legge per adottarlo.

Tuttavia, è importante ricordare che, in conformità a quanto stabilito dai commi 1-bis e 1-ter dell’articolo 1 della legge 212/2000, l’ente non può mai prevedere per il contribuente garanzie inferiori a quelle stabilite dalla legge in materia di contraddittorio preventivo e nei relativi procedimenti, ma solo tutele aggiuntive. In altre parole, i regolamenti comunali possono offrire ulteriori garanzie e tutele per i contribuenti, ma non possono limitare o ridurre le garanzie previste dalla legge.

In conclusione è da ritenere che per diminuire l’incertezza generata dal decreto in oggetto l’interpretazione fornita da IFEL dovrebbe essere quantomeno supportata da una circolare esplicativa da emanarsi a cura del MEF. Fermo restando che per evitare l’incertezza generata dall’obbligo di adottare il procedimento del contraddittorio preventivo e soprattutto l’inevitabile contenzioso che si potrà generare in caso di mancanza di regole certe per la sua applicazione, come già detto in precedenza è auspicabile una tempestiva integrazione al decreto attuativo.

Appare essenziale infatti a detta di chi scrive,  che vengano fornite indicazioni precise sugli atti di competenza comunale per evitare incertezze nell’applicazione del quadro normativo e prevenire il rischio di contenziosi derivanti dalla mancanza di regole condivise ed uniformi per tutti i Comuni. Questo obiettivo può essere raggiunto attraverso un’ulteriore integrazione normativa o quantomeno con l’emanazione da parte del MEF di un documento di prassi che chiarisca esplicitamente quali sono gli atti riferiti alla fiscalità degli enti locali da considerare esclusi dal contraddittorio preventivo.

Dott. Francesco Foglia