Per mezzo della  risoluzione 20 luglio 2023 n. 3/DF il Dipartimento delle Finanze, Direzione Legislazione Tributaria e Federalismo Fiscale del MEF rispondendo ad alcuni quesiti ad esso pervenuti, ha fornito utili chiarimenti in merito all’applicazione del canone unico patrimoniale (CUP) di cui all’art. 1, comma 816 della L. 27 dicembre 2019, n. 160, con particolare riferimento alla sua determinazione in caso di diffusione di messaggi pubblicitari.

I tecnici del Ministero si sono occupati innanzitutto di precisare che non sono ricompresi nella definizione di “mezzo pubblicitario” quegli elementi quali cornici, supporti di sostegno ed eventuali elementi decorativi, che non posseggono alcuna funzione pubblicitaria. Tali elementi infatti hanno funzione di mero supporto strumentale mentre appunto in genere non posseggono alcuna funzione pubblicitaria e andrebbero pertanto esclusi dal calcolo della superficie su cui determinare il CUP. L’art. 1, comma 825 della L. n. 160/2019, relativamente alla determinazione del canone dovuto per la diffusione di messaggi pubblicitari, dispone infatti che “il canone è determinato in base alla superficie complessiva del mezzo pubblicitario, calcolata in metri quadrati, indipendentemente dal tipo e dal numero dei messaggi”. In base a detta disposizione se da un lato per la determinazione del canone occorre prendere in considerazione la superficie complessiva del mezzo pubblicitario, dall’altro il presupposto del CUP, ai sensi del comma 819, lett. b), è costituito esclusivamente dalla diffusione di messaggi pubblicitari. Di conseguenza in tutti quei casi in cui il mezzo pubblicitario è provvisto di elementi che non posseggono alcun effetto pubblicitario, tali elementi dovranno essere esclusi dalla superficie su cui determinare il CUP.

Ad avviso del Dipartimento delle finanze, considerare come superficie da assoggettare al canone quella di strutture che hanno la funzione di mero supporto strumentale appare contrario alla ratio posta alla base della norma contenuta nel già citato comma 819, lett. b), in quanto, trattandosi nello specifico di strutture prive di qualsiasi finalità pubblicitaria, le stesse si pongono al di fuori del campo di applicazione del CUP.

Al fine di supportare le indicazioni fornite con la risoluzione in oggetto, il MEF si rifà alla costante giurisprudenza della Corte di Cassazione (sentenza 15 maggio 2002, n. 7031ordinanza 31 marzo 2017, n. 8427), che, in materia di imposta comunale sulla pubblicità, ha individuato un principio che si ritiene possa essere applicato anche al CUP, secondo cui la superficie imponibile da prendere a base per il calcolo dell’importo dovuto deve essere quella “… dell’intera superficie dell’installazione pubblicitaria, comprensiva anche della parte non coperta dal marchio, solo se quest’ultima abbia, per dimensioni, forma, colore, ovvero per mancanza di separazione grafica rispetto all’altra, le caratteristiche proprie o della componente pubblicitaria aggiuntiva vera e propria ovvero quelle di una superficie estensiva del messaggio pubblicitario”.

E, sempre secondo le indicazioni del Ministero, sono altresì escluse dall’assoggettamento al canone per la diffusione di messaggi pubblicitari le eventuali parti della struttura prive di effetti pubblicitari degli impianti pubblicitari di servizio, quali ad esempio pensiline per la fermata di autobus ed altri mezzi pubblici, transenne stradali e pedonali, cestini, panchine, orologi ed altri elementi di arredo urbano.

A parere del MEF infatti, il comma 7, dell’art. 47 del D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495 (Regolamento di esecuzione e di attuazione del codice della strada di cui al D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285), dispone che «Si definisce “impianto pubblicitario di servizio” qualunque manufatto avente quale scopo primario un servizio di pubblica utilità nell’ambito dell’arredo urbano e stradale (come ad esempio appunto: fermate autobus, pensiline, transenne, cestini, panchine, orologi, o simili) recante uno spazio pubblicitario che può anche essere luminoso sia per luce diretta che per luce indiretta». Per la loro natura intrinseca, tali fattispecie di impianti hanno infatti una destinazione principale diversa, così da non costituire mezzi pubblicitari veri e propri, con la conseguenza che la funzione pubblicitaria viene svolta esclusivamente dal messaggio pubblicitario.

Ad avviso del Dipartimento, anche alla luce della recente  giurisprudenza della Corte di Cassazione sopra richiamata, per determinare il CUP, ai sensi del combinato disposto dell’art. 1, commi 819, lett. b) e 825, della L. n. 160/2019  dovrà essere presa in considerazione la superficie che racchiude il messaggio, restando escluse dall’assoggettamento al canone dovuto per la diffusione di messaggi pubblicitari eventuali parti della struttura prive di qualsiasi effetto pubblicitario.

Anche per quanto riguarda l’installazione di una pluralità di segnali o di frecce direzionali su un unico supporto la risoluzione fornisce alcuni chiarimenti. In sintesi è stato chiesto ai tecnici del MEF se nel caso di installazione di una pluralità di segnali turistici o di territorio o di frecce direzionali, su un unico supporto, il CUP vada applicato alla superficie relativa all’intero impianto o se, invece, vada calcolato separatamente in relazione alla superficie di ogni singolo segnale o freccia direzionale.

In tal caso secondo il MEF vanno distinte due diverse situazioni. Laddove l’impianto pubblicitario contenga più messaggi, anche riferiti a soggetti ed aziende diverse, ma tutti oggetto della medesima concessione o autorizzazione, la superficie da assoggettare correttamente al CUP è quella dell’intero impianto oggetto della concessione o dell’autorizzazione. Ciò in quanto, chiarisce il Dipartimento, l’art. 1, comma 825 della L. n. 160/2019 stabilisce genericamente per tutte le forme di pubblicità, che il CUP è determinato in base alla superficie complessiva del mezzo pubblicitario calcolata in metri quadrati, indipendentemente dal tipo e dal numero dei messaggi. E sempre secondo il  Dipartimento è coerente  con tale impostazione interpretativa anche il disposto del comma 823 dell’art. 1 in parola, il quale stabilisce che il canone deve essere corrisposto dal titolare del provvedimento di concessione o di autorizzazione, e ciò deve valere anche nel caso in cui siano esposti messaggi pubblicitari riferiti a soggetti diversi.

Differente invece è il caso in cui ci siano diversi titolari del medesimo provvedimento di concessione o di autorizzazione all’installazione dell’impianto. Ad avviso del Dipartimento infatti, nell’ipotesi in cui i titolari del provvedimento di concessione o di autorizzazione all’installazione dell’impianto siano più di uno, il canone va liquidato distintamente, commisurandolo alla superficie del segnale o del gruppo segnaletico che è nella disponibilità di ciascuno di essi. Solamente nel caso in cui il detentore o i detentori del mezzo pubblicitario non assolvano l’obbligo di versamento del CUP, si rende operante il principio della solidarietà a carico del soggetto pubblicizzato, contenuto nel citato comma 823.

Da ultimo precisa il Dipartimento, in caso di pubblicità abusiva, la soggettività passiva deve essere individuata in capo al soggetto pubblicizzato, poiché in tale ipotesi il comma 823 prevede esplicitamente che il canone è dovuto dal soggetto che effettua “la diffusione dei messaggi pubblicitari in maniera abusiva”.

Dott. Francesco Foglia