La trasformazione dei procedimenti di cui all’art. 4, della Legge 9 agosto 2023, n. 111 dovrà primariamente articolarsi attraverso lo studio e l’analisi dei principi e criteri caratterizzanti l’attività amministrativa, al fine di addivenire a proporre, un idoneo piano di innovazione digitalizzata ed automatizzata.
Così, nelle procedure amministrative e tributarie applicabili alla fase di riscossione del tributo, la strategia sarà specificamente dedicata alla valutazione e scelta di un insieme degli elementi normativi e di prassi occorrenti a conformare una soluzione informatizzata, adottabile ed adattabile a tutte le situazioni fattuali che presentino elementi di marcata analogia.
In tale visione, assumono fondamentale rilevanza i c.d. strumenti deflattivi del contenzioso tributario, e soprattutto la modalità con cui potrebbero essere efficientati nella realtà di una Pubblica Amministrazione digitalizzata.
Il diritto amministrativo ha già affrontato la questione relativa alla possibilità, per la Pubblica Amministrazione, di demandare le valutazioni “discrezionali” e le connesse decisioni agli algoritmi.
Si tratta di trasporne i concetti al diritto tributario e, più specificamente, al diritto processuale tributario (conciliazione ed autotutela) ed al diritto dell’esecuzione tributaria (concessione della rateizzazione).
La giurisprudenza in materia appare propensa alle innovazioni, anche in termini di efficienza, e consapevole dei rischi connessi allo strumento “algoritmo”( si pensi agli automatismi di riduzione delle sanzioni in relazione agli importi conciliati).
Diametralmente ed analogamente, con il Piano integrato di attività e organizzazione (PIAO) del Ministero dell’economia e delle finanze del marzo 2023, per il conseguimento degli obiettivi di politica fiscale per gli anni 2023-2025, al fine “di assicurare il conseguimento di target, milestone e degli obiettivi finanziari stabiliti nel PNRR”, le linee programmatiche di indirizzo della politica fiscale e di gestione del sistema tributario sono intese, in via applicativa, ad un miglioramento della compliance volontaria e ad un uso più agevole dei dati provenienti dalla interoperabilità tra amministrazione finanziaria e operatori con accesso per scambio dei dati.
Il punto è altamente “sensibile”, poiché la tutela dei diritti fondamentali in tale fase appare irrinunciabile.
Laddove le tecnologie digitali vengano utilizzate in materia tributaria, si avrebbe anzitutto un ampliamento delle proiezioni utilitaristiche del sistema compliance, diminuendo tutte le criticità dovute alla morsa della burocrazia per quanto concerne gli obblighi sostanziali e strumentali; sotto altro profilo le stesse andrebbero ad “invadere” spazi riservati della personalità dell’individuo, per cui sarebbe estremamente difficile, se non impossibile, giustificarne l’invasione sul presupposto della lotta all’evasione fiscale (in un’ottica di semplificazione amministrativo-tributaria).
Pertanto, l’utilizzo dello strumento deflattivo/conciliativo, oltre ad evitare l’accrescere smisurato del contenzioso, potrebbe avere quale precipuo scopo, l’idea che possa sorgere un rapporto friendly fra amministrazione finanziaria e contribuente con un progressivo metodo di digitalizzazione del rapporto/presupposto tributario, di modo che si riesca a garantire un più efficiente assolvimento degli adempimenti fiscali e, contestualmente, uno sviluppo della compliance senza eccessivi oneri di sistema, e soprattutto l’articolazione dei vari procedimenti garantendo la piena tutela dei diritti fondamentali della persona.
Si dovrà garantire la trasparenza dell’algoritmo, ossia la piena conoscibilità a monte del modulo utilizzato e dei criteri applicati, da intendersi sia per la stessa P.A. titolare del potere impositivo, per il cui esercizio viene previsto il ricorso allo strumento dell’algoritmo, sia per i soggetti incisi e coinvolti dal potere stesso (cittadini/contribuenti).
Nel contempo dovrà essere sempre garantita la governabilità umana dell’algoritmo, ossia l’imputabilità della decisione all’organo titolare del potere, il quale dovrà poter svolgere la necessaria verifica di logicità e legittimità della scelta e degli esiti affidati all’algoritmo.
Soprattutto dovrà essere sempre garantita la non discriminazione algoritmica, ossia si dovranno utilizzare procedure, mettendo in atto misure tecniche e organizzative adeguate, al fine di garantire “che siano rettificati i fattori che comportano inesattezze dei dati e sia minimizzato il rischio di errori e al fine di garantire la sicurezza dei dati personali secondo una modalità che tenga conto dei potenziali rischi esistenti per gli interessi e i diritti dell’interessato e che impedisca tra l’altro effetti discriminatori nei confronti di persone fisiche sulla base della razza o dell’origine etnica, delle opinioni politiche, della religione o delle convinzioni personali, dell’appartenenza sindacale, dello status genetico, dello stato di salute o dell’orientamento sessuale, ovvero che comportano misure aventi tali effetti” (Considerando n. 71, Reg. (UE) 679/2016- GDPR).
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Dott.ssa Eleonora Cucchi
Dottoranda di ricerca in Management for Digital Transformation: Business, Communication and Ethics, Università Niccolò Cusano- Roma