Commissione  Tributaria Regionale Toscana, sez. I, 24 settembre 2021 n. 1034


Svolgimento del processo e motivi della decisione

La società A. S.P.A. proponeva ricorso nei confronti del Comune di Campi Bisenzio e di I.C.A. S.R.L., concessionaria del servizio di accertamento, liquidazione e riscossione del Comune, avverso l’avviso di accertamento n. (omissis…)/XX12 per la tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (c.d. Tosap), notificato alla società in data 5 ottobre 2017 in relazione all’anno di imposta 2012.

L’avviso di accertamento, pari ad un importo complessivo di Euro 126.076,00 a titolo di imposta accertata, sanzioni, interessi e spese di notifica si fondava sulla “occupazione soprassuolo” di ponti autostradali la cui proiezione si sviluppava su dodici vie sottostanti del Comune di Campi Bisenzio con conseguente occupazione delle strade comunali mediante cavalcavia autostradali.

La parte contribuente proponeva impugnativa eccependo la carenza dei presupposti impositivi della tassa di cui agli artt. 38 e ss. D.Lgs. n. 507/1993 in quanto l’occupazione, obbligatoria per norma di legge, rivestiva caratteristiche peculiari del tutto diverse da quelle rilevanti ai fini Tosap e chiedeva l’esenzione della Tosap ai sensi dell’art. 49 lett. a) del D.Lgs. n. 507/1993.

Concludeva, quindi, per l’annullamento dell’atto impugnato e la non debenza della Tosap per l’anno di imposta 2012, con vittoria di spese, diritti ed onorari e corroborava le richieste con successive note difensive.

La società I.C.A. S.R.L. si costituiva in giudizio deducendo l’infondatezza delle pretese della parte contribuente, richiamava la evoluzione giurisprudenziale della Corte di Cassazione confermativa della legittimità dell’atto impugnato, e concludeva per il rigetto del ricorso e la conferma della legittimità dell’atto impugnato, con vittoria di compensi e spese del giudizio illustrando ulteriormente le tesi con successive memorie difensive.

Con sentenza n. 189/3/2019 La Commissione Tributaria Provinciale di Firenze dichiarava il difetto di legittimazione passiva del Comune di Campi Bisenzio e nel merito rigettava il ricorso per mancata operatività, nella specie, dell’esenzione prevista per lo Stato e gli altri enti ai sensi dell’art. 49, comma 1 lett. a) del D.Lgs. n. 507 del 1993.

Veniva dichiarata, inoltre, la compensazione delle spese.

La A. S.P.A. propone appello eccependo la nullità della sentenza per carenza di motivazione, violazione e falsa applicazione dell’art. 111 comma 6 della Costituzione, dell’art. 132c.p.c., dell’art. 118 disp. att. c.p.c. e dell’art. 36, comma 2, n. 4 del D.Lgs. n. 546/1992 non essendo sufficiente la trascrizione del corpo della sentenza di Cassazione al fine di ripercorrere la logicità del ragionamento seguito dal giudice di prima istanza.

Nel merito l’appellante richiama il presupposto oggettivo e soggettivo per l’operatività della tassa, non configurabile nella specie, conferma quanto dedotto già in sede di giudizio di primo grado, in specie in ordine alla concessione avente la natura di concessione cd. mista inquadrabile nella categoria della concessione dei servizi ed avente caratteri diversi rispetto alla concessione Tosap in riferimento al soggetto concedente, all’oggetto della concessione, alla fonte della concessione ed alla non possibilità per lo Stato di chiedere la rimozione o lo spostamento dell’infrastruttura per la quale la società non poteva essere considerato soggetto passivo Tosap con effetti sulla esenzione di cui all’art. 49, lett. a) D.Lgs. n. 507/993.

Nella ricostruzione della fattispecie presuntamente impositiva ai fini Tosap, osserva la parte appellante, occorre tener conto della carenza del requisito della piena autonomia dell’A., erogando la società un servizio pubblico in regime di concessione con una corretta qualificazione dei proventi derivanti dai beni posti al servizio della rete autostradale e con il pagamento del pedaggio come strumento (corrispettivo) necessario per la copertura dei costi di realizzazione e/o gestione dell’infrastruttura pubblica sostenuti.

Ulteriore profilo di illegittimità deriva da una duplicazione del canone versato allo Stato atteso che l’avviso di pagamento TOSAP avanza una pretesa tributaria che si aggiungerebbe alle somme che l’A. è tenuta a corrispondere all’Erario in osservanza degli obblighi di legge e della convenzione quali il canone di concessione unitamente all’integrazione del canone correlata alla tariffa (calcolata sulla percorrenza chilometrica di ciascun veicolo che ha fruito dell’infrastruttura autostradale) con palese illogicità che, per la stessa area, due soggetti diversi il comune ed il MIT (Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti) rivendichino un “canone concessorio”.

La parte appellante conclude richiamando giurisprudenza di merito favorevole all’esclusione del pagamento della tassa dell’occupazione in esame, ex artt. 38 e ss. del D.Lgs. n. 507/1993, in quanto eseguita dalla società concessionaria dello Stato per l’esercizio dell’attività autostradale di pubblico interesse, e per la esenzione in ogni caso dalla Tosap ex art. 49 d.1gs. n. 507/1993 in quanto effettuata sulla base delle direttive dello Stato nell’interesse istituzionale, e considerata l’inesistenza di una sottrazione di spazio pubblico nell’interesse di un privato, con consequenziale annullamento della sentenza di primo grado, annullamento dell’avviso di accertamento impugnato e non debenza della Tosap per l’anno d’imposta 2012, con vittoria di spese, diritti ed onorari.

La ICA si costituisce in giudizio eccependo in via preliminare l’inammissibilità dell’appello sotto un duplice profilo, sia in quanto l’appellante ha notificato l’atto di gravame ad un indirizzo non risultante da un pubblico registro, seppure riconducibile al legale difensore dell’ICA, e sia in quanto la notificazione dell’atto di appello è avvenuto ad un indirizzo PEC diverso da quello ufficiale (PEC ced@pec.icatributi.com anziché PEC info@pec.icatributi.com).

Nel merito, ritenuta l’inesistenza di una carenza motivazionale della pronuncia, anche sulla scorta di consolidati orientamenti della Cassazione, la parte appellata eccepisce l’irrilevanza della concessione da parte del Comune al fine dell’applicazione della Tosap, e la non operatività dell’esenzione ritenuto che il bene viadotto il quale è funzionale all’esercizio di un servizio di pubblica utilità, è gestito in regime di concessione da un ente che agisce in piena autonomia e non quale mero sostituto dello Stato nello sfruttamento dei beni.

In ordine alla presunta duplicazione del canone, osserva la parte appellata, che diversi sono sia i presupposti del versamento reso dalla A. (natura civilistica del canone come controprestazione del diritto allo sfruttamento economico e funzionale del bene a fronte della Tosap che costituiva un’entrata di natura tributaria) sia i soggetti che impongono la prestazione.

Conclude la ICA, anche sulla scorta di articolata giurisprudenza della Corte di Cassazione e di merito, per il rigetto dell’appello, e la conferma della sentenza impugnata, nonché la legittimità dell’avviso di accertamento con obbligo per concessionario autostradale di corrispondere la Tosap per il periodo d’imposta 2012 con condanna alle spese di lite.

Con successiva memoria conclusionale la parte appellata corrobora le tesi difensive richiamando ulteriore recente giurisprudenza di legittimità e di merito.

Osserva il Collegio che in via preliminare va rigettata la nullità della sentenza per carenza di motivazione, violazione e falsa applicazione dell’art. 111, comma 6 della Costituzione, dell’art. 132c.p.c., dell’art. 118 disp. att. c.p.c. e dell’art. 36 comma 2 n. 4 del D.Lgs. n. 546/1992 eccepita dalla parte appellante.

Nella specie il riferimento ad altra sentenza e le argomentazioni condivise hanno assolto alla funzione essenziale di permettere di ricostruire il percorso logico attraverso cui il giudice è giunto a quella decisione (Cass. 14883/2003).

Nel processo civile ed in quello tributario, ha affermato la Cassazione, la sentenza la cui motivazione si limiti a riprodurre il contenuto di un atto di parte (o di altri atti processuali o provvedimenti giudiziari), senza niente aggiungervi, non è nulla qualora le ragioni della decisione siano, in ogni caso attribuibili all’organo giudicante e risultino in modo chiaro, univoco ed esaustivo, giacché, in base alle disposizioni costituzionali e processuali, tale tecnica di redazione non può ritenersi, di per sé, di un difetto di imparzialità del giudice, al quale non è imposta l’originalità dei contenuti né delle modalità espositive (in termini Cass. 12138/2019): cfr. anche sulla motivazione per relationem Cass. SS.UU. 22403/2018 e Cass. 2861/2019.

In ordine al vizio eccepito da ICA S.R.L., secondo cui la notifica dell’appello è avvenuto ad un indirizzo non risultante da pubblico registro e ad un indirizzo diverso da quello ufficiale (Pec ced@pec.icatributi.com anziché all’indirizzo PEC info@pec.icatributi.com (siccome risultante dall’elenco pubblico INI Pec), appare operativo il principio del raggiungimento dello scopo ai sensi dell’art. 156, comma 3, c.p.c. Va pertanto confermato il principio per cui la irritualità della notificazione di un atto a mezzo PEC non ne comporta la nullità se la consegna telematica ha comunque prodotto il risultato della conoscenza dell’atto e determinato così il raggiungimento dello scopo legale (in termini Cass, Sez. II 26887/2018 (ord).

Entrando nel merito l’appello è infondato.

Contrariamente a quanto affermato dalla parte appellante ed in conformità agli orientamenti della Cassazione (ex plurimis Cass. n. 28341/2019) il presupposto impositivo è costituito, ai sensi degli artt. 38 e 39 del D.Lgs. n. 507 del 1993, dall’occupazione di qualsiasi natura di spazi ed aree, anche soprastanti o sottostanti il suolo, appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile dei comuni o delle province, che comporti un’effettiva sottrazione della superficie all’uso pubblico indipendentemente dalla sussistenza o meno di un atto di concessione – autorizzazione all’occupazione del soprassuolo comunale.

È applicabile nella specie, l’art. 38 comma 2 del D.Lgs. n. 507/1993 non essendo dubbio che il viadotto autostradale costituisca un impianto ai fini della norma di cui si controverte, in quanto esso è costituito da una costruzione completata da strutture, quali gli impianti segnaletici e di illuminazione, che ne aumentano l’utilità.

Né sussiste l’esenzione ai sensi dell’art. 49, lett. a, del richiamato decreto, “posto che la società A. S.P.A. ha la gestione economica e funzionale del viadotto in forza della concessione per l’esecuzione dei lavori pubblici conferita dallo Stato a norma del D.Lgs. 12 aprile 2006 n. 163, art. 143, le ipotesi di esenzione dalla TOSAP previste dal d.lgs. n. 507 del 1993 art. 49 lett. a) nel bilanciamento tra l’interesse al prelievo fiscale per la sottrazione di un bene pubblico al godimento della comunità (comunale o provinciale), e quello alla realizzazione degli scopi istituzionali dello Stato e degli altri enti pubblici territoriali, ovvero di fini sociali ritenuti meritevoli di particolare tutela danno la prevalenza al secondo… con rimando poi all’eventuale esenzione per l’occupazione effettuata dall’impresa che ha provveduto, in forza di concessione conferita dallo Stato all’esecuzione del lavoro pubblico costituito dalla rete autostradale di cui fa parte il viadotto in questione, questa Corte ritiene che l’occupazione medesima debba considerarsi propria dell’ente concessionario e vada dunque assoggettata alla tassa ai sensi del d.lgs. n. 507 del 1993 art. 38, comma 2, in quanto la società concessionaria è l’esecutrice della progettazione e della realizzazione dell’opera pubblica (D.Lgs. 12 aprile 2006 n. 163, art. 143, comma 1) a fronte del corrispettivo costituito dal diritto di gestire funzionalmente e di sfruttare economicamente i lavori realizzati (art. 143 comma 2) per la durata di regola non superiore a trenta anni (art. 143 comma 6)… a nulla rileva il fatto che il viadotto sia di proprietà del demanio e che, al termine della concessione, anche la gestione di esso ritorni in capo allo Stato poiché, nel periodo di durata della concessione stessa il bene che pure è funzionale all’esercizio di un servizio di pubblica utilità è gestito in regime di concessione da un ente che agisce in piena autonomia e non quale mero sostituto dello Stato nello sfruttamento dei beni … ne deriva che l’esenzione prevista dall’art. 49 lett. a) del citato decreto non spetta in quanto non si configura l’occupazione da parte dello Stato” (Cass. n. 18385/2019 nonché 28341/2019 e 20974/2020).

Le dette condivisibili argomentazioni della Cassazione afferenti ad una fattispecie sovrapponibile all’oggetto del presente giudizio determinano il rigetto dell’appello e, per l’effetto, la conferma della sentenza impugnata e condanna la parte appellante alle spese liquidate nella misura pari ad Euro 2.000,00, oltre le competenze di legge.

La Commissione

rigetta l’appello e, per l’effetto,

conferma la sentenza impugnata, con condanna della parte appellante alle spese liquidate nella misura pari ad Euro 2.000,00, oltre le competenze di legge.

Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del 18 gennaio 2021


COMMENTOLa Commissione Tributaria Regionale della Toscana, con tale sentenza, ha sancito che l’occupazione di un viadotto autostradale va considerato proprio dell’ente concessionario e deve dunque essere assoggettata alla T.O.S.A.P. (tassa per l’occupazione di spazi e aree pubbliche) , pronunciandosi in merito all’appello proposto da Autostrade per L’Italia concernente il pagamento di tale Tosap. A questo pagamento è infatti sottoposta l’impresa che provvede ad effettuare lavori di costruzione di infrastrutture legate alla rete autostradale, essendo  tale presupposto impositivo costituito ai sensi degli artt. 38 e 39 del D.Lgs. n.507 del 1993.

Nel caso di specie, la società Autostrade per l’Italia s.p.a. proponeva ricorso, nei confronti del Comune e del concessionario del servizio di accertamento, liquidazione e riscossione di tale Comune, avverso un avviso di accertamento per la Tosap, relativamente alla occupazione di “soprassuolo” di ponti autostradali la cui proiezione occupava conseguentemente le strade comunali attraverso i vari cavalcavia autostradali.

Il contribuente impugnava tale avviso di accertamento, eccependone la carenza dei presupposti di cui agli artt. 38 e ss. del D.Lgs. 507/93 e ne chiedeva l’esenzione ai sensi dell’art. 49 lett a) dello stesso D.Lgs. .

Tale decreto legislativo all’art. 38 si concentra sull’oggetto della tassa, mentre all’art. 39 delinea chi siano i soggetti attivi e passivi, evidenziando che: “La tassa è dovuta al comune o alla provincia dal titolare dell’atto di concessione o di autorizzazione o, in mancanza, dall’occupante di fatto, anche abusivo, in proporzione alla superficie effettivamente sottratta all’uso pubblico nell’ambito del rispettivo territorio”.

In base ai suddetti articoli del D.Lgs. 507/93, il presupposto impositivo è quindi costituito dall’occupazione di qualsiasi natura di aree, anche soprastanti o sottostanti il suolo – nel caso di specie un viadotto autostradale – che appartengono al demanio o al patrimonio indisponibile di comuni e di province, e che comporta una effettiva sottrazione di tale superficie all’uso pubblico. 

Il viadotto autostradale, in particolare, essendo una costruzione costituita da impianti segnaletici ed illuminazione, che ne aumentano l’utilità, è conseguentemente un impianto ai fini della norma potendosi applicare l’art.38 comma 2  del succitato D.Lgs. , che stabilisce: “Sono, parimenti, soggette alla tassa le occupazioni di spazi soprastanti il suolo pubblico, di cui al comma 1, con esclusione dei balconi, verande, bow-windows e simili infissi di carattere stabile, nonchè le occupazioni sottostanti il suolo medesimo, comprese quelle poste in essere con condutture ed impianti di servizi pubblici gestiti in regime di concessione amministrativa.” La società concessionaria è esecutrice della progettazione nonché della realizzazione dell’opera pubblica a fronte di un corrispettivo costituito dal diritto di gestire e sfruttare economicamente i lavori realizzati per la durata non superiore ai 30 anni, come sancito dal D.Lgs. n. 163/2006 art.143 commi 1,2,6.

Orbene, proprio alla luce di quanto stabilito dall’art. 143 come sopra indicato,  la Commissione Tributaria Regionale, nel caso in esame, affermava come non vi potesse essere l’esenzione richiamata ai sensi dell’art. 49 lett a), sancendo che  :” questa Corte ritiene che l’occupazione medesima debba considerarsi propria dell’ente concessionario e vada dunque assoggettata alla tassa ai sensi del d.lgs. n. 507 del 1993 art. 38, comma 2, in quanto la società concessionaria è l’esecutrice della progettazione e della realizzazione dell’opera pubblica (D.Lgs. 12 aprile 2006 n. 163, art. 143, comma 1) a fronte del corrispettivo costituito dal diritto di gestire funzionalmente e di sfruttare economicamente i lavori realizzati (art. 143 comma 2) per la durata di regola non superiore a trenta anni (art. 143 comma 6)… a nulla rileva il fatto che il viadotto sia di proprietà del demanio e che, al termine della concessione, anche la gestione di esso ritorni in capo allo Stato poiché, nel periodo di durata della concessione stessa il bene che pure è funzionale all’esercizio di un servizio di pubblica utilità è gestito in regime di concessione da un ente che agisce in piena autonomia e non quale mero sostituto dello Stato nello sfruttamento dei beni … ne deriva che l’esenzione prevista dall’art. 49 lett. a) del citato decreto non spetta in quanto non si configura l’occupazione da parte dello Stato”.

La Commissione Tributaria Regionale, sulla questione, cita diverse sentenze della Suprema Corte, quali  n. 18385/2019 nonché 28341/2019 e 20974/2020. Ma vi è anche la sentenza n. 11886/2017 ove la Suprema Corte affermava che è assoggettata al pagamento della Tosap l’occupazione del suolo pubblico da parte di qualsiasi impresa che, in forza di concessione statale, esegue lavori finalizzati alla costruzione di infrastrutture legate alle rete autostradale, richiamando l’art. 38 comma 2 del D.Lgs. m. 507/1993,e rigettando, anche in quel caso, la richiesta di esenzione ai sensi dell’art. 49 lett. a), per i medesimi motivi.

Conseguentemente, la Commissione Tributaria Regionale, condividendo anche le argomentazioni della Suprema Corte considerate sovrapponibili all’oggetto del giudizio in esame, rigettava l’appello e confermava la sentenza impugnata condannando l’appellante alle spese e competenze di legge.

Avv. Martina Cannizzaro