Cassazione civile sez. VI –5, 07 giugno 2022, n. 18247
RILEVATO
Il Comune di Reggio Calabria ricorre avverso la sentenza della CTR per la Calabria che ha confermato la pronuncia della CTP di Reggio Calabria ove erano apprezzate le ragioni del contribuente in tema di
riduzione TARES per mancata del servizio raccolta differenziata.
Il ricorso è affidato a due motivi, la parte contribuente è rimasta intimata.
CONSIDERATO
Con il primo motivo si prospetta censura ex art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione e falsa applicazione D.L. n. 201 del 2011, art. 1, commi 14 e 20, per aver riconosciuto applicabile la riduzione di legge, in assenza dei presupposti normativi, segnatamente in assenza di specifica dichiarazione di pericolo sanitario, dichiarato con provvedimento della competente autorità.
Con il secondo motivo si prospetta censura ex art. 360 c.p.c., nn. 4 e 5, circa la documentazione dell’Azienda sanitaria versata in atti, lamentandone la cattiva interpretazione per avervi letto l’attestazione di un rischio sanitario, in verità mai dichiarato, desunto da elementi diversi rispetto la formale dichiarazione dell’autorità preposta e, comunque, relativo a periodo diverso e zona diversa.
I motivi possono essere trattati congiuntamente, rappresentando sotto diverse censure il medesimo fatto concreto.
Nella sostanza, si contesta la presenza di uno dei presupposti normativi per la riduzione della tassa, ovvero il provvedimento formale dell’autorità amministrativa competente che dichiari una situazione di danno o pericolo di danno alle persone o all’ambiente, in conseguenza dell’interruzione del servizio per motivi sindacali o imprevedibili impedimenti organizzativi, a mente del D.L. n. 210 del 2011, art. 14, comma 20.
Spetta infatti al contribuente fornire la prova delle condizioni che riducono l’importo da corrispondere e alla CTR accertare la sussistenza: in tema di TARSU, ove il Comune abbia istituito e attivato il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti nella zona nella quale si trova l’immobile del contribuente e quest’ultimo, tuttavia, abbia provveduto a gestire direttamente gli stessi, indipendentemente dalle ragioni per le quali ciò sia avvenuto, la tassa è egualmente dovuta essendo finalizzata a consentire all’amministrazione locale di soddisfare le esigenze generali della collettività e non di fornire, secondo una logica commutativa, prestazioni riferibili a singoli utenti – ma in misura ridotta ai sensi del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 59, comma 4, (cfr. Cass. V, n. 11451 del 2018). La TARES è dovuta indipendentemente dal fatto che l’utente utilizzi il servizio di smaltimento dei rifiuti, atteso che il presupposto impositivo si identifica con l’espletamento, da parte dell’ente pubblico, di un servizio nei confronti dell’intera collettività e non già in relazione a prestazioni fornite ai singoli utenti, sicché la sola disponibilità dell’area produttrice di rifiuti determina la debenza del tributo, salvo deroghe, riduzioni di tariffe e agevolazioni, per le quali è onere del contribuente dedurre e provare la relativa sussistenza per vincere la presunzione legale di produttività. (cfr. Cass. V, n. 2373 del 2022).
Tale accertamento è mancato, riferendosi la CTR a notazioni non provvedimentali della ASP competente, ovvero relativi ad altri luoghi e per periodi diversi. Donde non può ritenersi accertato il presupposto normativo formale della dichiarazione di pericolo per quella determinata zona residenziale e in quel periodo d’imposta.
Ed infatti, non qualsivoglia disservizio autorizza alla riduzione dell’imposta, quasi si trattasse di profilo sinallagmatico, bensì solo quel disservizio che si traduce in pericolo per l’incolumità pubblica, debitamente dichiarato dalla competente autorità, senza che possa essere sopperito tale adempimento da riferimento a fatti notori, cronache di giornali ed altri elementi presuntivi individuati aliunde.
Donde il ricorso è fondato e merita accoglimento.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale per la Calabria, in diversa composizione, cui demanda altresì la regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 10 maggio 2022.
Depositato in Cancelleria il 7 giugno 2022
COMMENTO – La Suprema Corte, in tale recentissima pronuncia, ha evidenziato come il pagamento dell’imposta TARES sia dovuta indipendentemente dal fatto che il singolo utente utilizzi o meno il servizio di smaltimento dei rifiuti, esplicandosi il presupposto impositivo con la realizzazione da parte dell’ente pubblico di un servizio reso nei confronti dell’intera collettività e non in relazione ad una prestazione fornita al singolo. Resta quindi in capo all’utente del servizio l’onore di provare la sussistenza di determinate situazioni tali da giustificare riduzioni di tariffe o agevolazioni.
Viene considerato un disservizio che autorizzi alla riduzione dell’imposta soltanto quello che possa diventare un pericolo per l’incolumità pubblica e che sia dichiarato dalle autorità competenti e non già che sia deducibile solamente da fatti notari , cronache di giornali ed altri elementi presuntivi.
I Giudici della Suprema Corte, attraverso tale decisione, hanno messo in discussione la riduzione che era stata riconosciuta al singolo cittadino dai Giudici Tributari Regionali, non essendo presente, emanata da parte dell’Azienda Sanitaria, alcuna certificazione attestante una situazione di pericolo causata dall’interruzione della raccolta differenziata.
La Corte di Cassazione veniva adita attraverso ricorso presentato dal Comune di Reggio Calabria avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale calabrese, la quale a sua volta aveva confermato la pronuncia della Commissione Tributaria Provinciale e dove venivano accolte le ragioni avanzate dal contribuente in tema di riduzione della TARES.
Preliminarmente bisogna richiamare la normativa di riferimento, costituita dall’art. 14 comma 20 del D.L. num. 210 del 2011, il quale sancisce che:
“Il tributo è dovuto nella misura massima del 20 per cento della tariffa, in caso di mancato svolgimento del servizio di gestione dei rifiuti, ovvero di effettuazione dello stesso in grave violazione della disciplina di riferimento, nonché’ di interruzione del servizio per motivi sindacali o per imprevedibili impedimenti organizzativi che abbiano determinato una situazione riconosciuta dall’autorità sanitaria di danno o pericolo di danno alle persone o all’ambiente”.
Nel caso de quo carente è quindi uno dei principali disposti normativi per ottenere la riduzione della tassa. Orbene infatti non era presente alcun provvedimento emanato dall’Azienda sanitaria, una qualsivoglia dichiarazione di pericolo per la zona residenziale all’interno della quale si trovava l’immobile del contribuente, e tale pericolo non può essere semplicemente dedotto facendo riferimento a fatti notori o cronache di giornali che raccontano di una emergenza rifiuti all’interno di quel determinato Comune di riferimento.
Deve essere il contribuente infatti a dimostrare e provare le condizioni che riducono l’importo che deve essere corrisposto, l’onere della prova per quanto concernente l’eventuale presenza di esenzioni o riduzioni è sempre posta a carico di questi, in quanto la tassa dei rifiuti è dovuta indipendentemente dall’evidenza che il cittadino utilizzi il servizio di smaltimento, atteso che : “il presupposto impositivo si identifica con l’espletamento, da parte dell’ente pubblico, di un servizio nei confronti dell’intera collettività e non già in relazione a prestazioni fornite ai singoli cittadini, sicché la sola disponibilità dell’area produttrice di rifiuti determina la debenza del tributo”.
Pertanto la Corte di Cassazione rilevava come l’accertamento da parte della Azienda Sanitaria fosse assente, e come la Commissione Tributaria Regionale facesse riferimento a notazioni non provvedimentali della ASP competente ma facenti riferimento ad altri luoghi e altri periodi, non potendosi conseguentemente ritenere accertato il presupposto normativo richiesto formalmente relativamente ad una dichiarazione di pericolo per una ben determinata zona residenziale ed in un durante un determinato periodo d’imposta.
Conseguentemente la Suprema Corte cassava la sentenza impugnata rinviando alla Commissione Tributaria Regionale.
Avv. Martina Cannizzaro