Cass. civ., sez. I, ord., 24.07.2019 n. 20050


Fatti di causa

Riscossione Sicilia s.p.a., già Serit Sicilia s.p.a., propone ricorso per cassazione, con due motivi, avverso il decreto 782/2014 con cui il Tribunale di Palermo, nel giudizio ex art. 98 I.f. ritualmente instaurato dal concessionario per la riscossione, confermando integralmente la statuizioni del giudice delegato, ha ammesso solo parzialmente i crediti da essa insinuati al passivo del fallimento di G. G., poiché taluni crediti erano prescritti. Il Tribunale ha inoltre ritenuto che le domande concernenti gli interessi di mora non erano ammissibili, in conseguenza del parziale rigetto della sorte e la mancata corrispondente rideterminazione degli accessori.

La curatela del Fallimento G. G. ha resistito con controricorso. 

Considerato in diritto

Con il primo motivo di ricorso si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2 del d. lgs. 546/1992 in relazione all’art. 360 comma 1, n. 3 c.p.c., per avere il Tribunale dichiarato l’estinzione del credito erariale fatto valere dal concessionario per avvenuto decorso del termine prescrizionale, pur essendo carente di giurisdizione in materia. 

Il secondo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 78 del d.p.r. 131/1986 e dell’art. 2946 c.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. per avere il Tribunale omesso di considerare che il termine prescrizionale applicabile alla fattispecie de quo non era quello quinquennale invocato, bensì quello decennale.

  1. Il primo motivo prospetta una questione attinente alla giurisdizione: la ricorrente deduce che il giudice delegato e successivamente il tribunale investito del giudizio di opposizione ex art. 98 l.f. erano privi di giurisdizione a conoscere dell’eccezione di prescrizione sollevata dalla curatela fallimentare; tale questione riveste carattere pregiudiziale e potenzialmente assorbente rispetto all’esame del secondo motivo, che concerne il merito dell’eccezione di prescrizione. La ricorrente sostiene che anche nel caso di specie, in cui la prescrizione della pretesa impositiva è maturata successivamente alla notifica della cartella di pagamento, valga il principio generale, secondo cui spetta al giudice fornito di giurisdizione sull’obbligazione tributaria conoscere dell’eccezione di prescrizione quale fatto estintivo dell’obbligazione e che non si rientri nell’esenzione prevista dall’art. 2 del d.lgs. 546/1992, atteso che la cartella di pagamento o il sollecito non possono essere qualificati come atti dell’esecuzione forzata.

1.1 II motivo pone dunque la questione se siano riservate alla giurisdizione tributaria le controversie riguardanti i fatti estintivi dell’obbligazione tributaria sopravvenuti alla notifica della cartella di pagamento.

  1. Occorre prendere le mosse dalla disposizione dell’art.2 cit. che così dispone, nella parte che qui interessa: “Appartengono alla giurisdizione tributaria tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie comunque denominati, compresi quelli regionali, provinciali e comunali e il contributo per il Servizio sanitario nazionale. Restano escluse dalla giurisdizione tributaria soltanto le controversie riguardanti gli atti della esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento e, ove previsto, dell’avviso di cui all’articolo 50 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, per le quali continuano ad applicarsi le disposizioni del medesimo decreto del Presidente della Repubblica.”

2.2. E’ stato al riguardo precisato dalle Sez. U. di questa Corte con la sentenza n. 23832 del 2007 che l’attribuzione alle commissioni tributarie – a norma dell’art. 2 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, come sostituito dall’art. 12, comma 2, della legge 28 dicembre 2001, n. 448 – della cognizione di tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie, si estende ad ogni questione relativa all'”an” o al “quantum” del tributo, arrestandosi unicamente di fronte agli atti della esecuzione tributaria.

2.3. Da ciò la conseguenza che anche l’eccezione di prescrizione, quale fatto estintivo dell’obbligazione tributaria, rientra nella giurisdizione del giudice che abbia giurisdizione in merito alla predetta obbligazione. Nel caso di specie le Sez. U. hanno fatto applicazione di tale principio in una ipotesi in cui il fatto estintivo opposto era sopravvenuto alla formazione del titolo esecutivo costituito dalla cartella esattoriale, ma ha escluso la giurisdizione del giudice civile in quanto l’atto impugnato dal contribuente, vale a dire il sollecito di pagamento, non era assimilabile agli atti dell’esecuzione forzata, ma all’avviso di mora di cui all’art. 50, comma 2, del d.P.R. n. 602 del 1973, impugnabile davanti alle commissioni tributarie.

2.4. La pronuncia è dunque pienamente conforme alla previsione del citato art. 2 d.lgs. 546/1992, che appunto attribuisce alla giurisdizione ordinaria i soli atti successivi all’avviso di cui all’art. 50 Dpr 602/1973. In linea con tale pronuncia è anche la successiva sentenza n. 8770 del 3 maggio 2016, con la quale è stato affermato che l’attribuzione alle commissioni tributarie – a norma dell’art. 2 del d.lgs. n. 546 del 1992, come sostituito dall’art. 12, comma 2, della legge n. 448 del 2001 – della cognizione di tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie, ivi incluse, quindi, quelle in materia di contributi spettanti ai consorzi di bonifica, si estende ad ogni questione relativa all'”an” o al “quantum” del tributo, arrestandosi unicamente di fronte agli atti dell’esecuzione tributaria, sicché vi ricade anche l’eccezione di prescrizione dedotta tramite l’impugnazione della cartella esattoriale, che è atto prodromico  all’esecuzione.

  1. La successiva pronuncia n. 14648/2017 delle Sez. U. di questa Corte, in continuità con la sentenza della I sezione civile n. 21483 del 2015, facendo riferimento specificamente alla disciplina concorsuale ed al principio sancito dall’art. 88 comma 2 Dpr 602/1973 come modificato dal d.lgs. n. 46/1999, ha invece affermato che quando la  prescrizione dell’obbligazione tributaria, maturata dopo la notifica della cartella di pagamento, venga eccepita dal curatore in sede di ammissione al passivo fallimentare, sussiste la giurisdizione del giudice tributario.

3.1. In altri termini, la suddetta pronuncia afferma la competenza esclusiva del giudice tributario a dichiarare l’estinzione dell’obbligazione tributaria, anche in ambito fallimentare, per un fatto estintivo sopravvenuto alla formazione del titolo (cartella esattoriale), nonostante la previsione dell’art. 2 d.lgs. 546/1992 attribuisca al giudice ordinario la giurisdizione per gli atti dell’esecuzione forzata, successivi alla notifica della cartella di pagamento (o all’avviso di cui all’art. 50 Dpr 602/73, ove previsto).

  1. Successivamente a tale pronuncia è però intervenuta la sentenza n. 114 del 2018 della Corte costituzionale, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 57 comma 1 lett a) del dPR 29.9.1973 n.602 (Disposizioni sulla Riscossione delle imposte sul reddito), come sostituito dall’art. 16 d.lgs. n. 46/1999, nella parte in cui non prevede che nelle controversie che riguardano gli atti di esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento o all’avviso di cui all’art. 50 dPR n.602/1973 sono ammesse le opposizioni regolate dall’art. 615 cpc.

4.1. Tale pronuncia, come di seguito evidenziato, è direttamente incidente sulla questione posta con il motivo di ricorso e relativa alla giurisdizione del giudice ordinario, nella specie il giudice del fallimento, a conoscere sull’eccezione di prescrizione della pretesa tributaria maturata successivamente alla notifica della cartella di pagamento.

4.2. L’art. 2 d.lgs.546/1992, che fissa il generale criterio di riparto delle giurisdizioni, va infatti coordinato con l’art. 57 Dpr 602/1973, come sostituito dall’art. 16 comma 1 d.lgs. 1999 n. 46, oggetto della recente pronuncia della Corte costituzionale n. 114/2018, che disciplina l’opposizione all’esecuzione ed agli atti esecutivi nel regime della riscossione delle imposte sul reddito, come già faceva in passato l’art. 54 del medesimo Dpr in vigore fino al riordino della disciplina della riscossione mediante ruolo, di cui al cit. d.lgs. 46 del 1999 (e che nella sua originaria formulazione stabiliva al secondo comma che “le opposizioni regolate dagli artt. 615 a 618 del codice di procedura civile non sono ammesse”).

4.3. L’art. 57 Dpr 602/1973, come sostituito dall’art. 16 comma 1 d.lgs. 1999 n. 46 cit., innovando rispetto al divieto assoluto stabilito dall’art. 54 Dpr 602/1973, ha infatti previsto l’esperibilità dell’opposizione all’esecuzione ex art. 615 cpc, limitandola peraltro alle sole “questioni concernenti la pignorabilità dei beni”. In forza di tale disposizione, in materia tributaria, all’espressa impugnabilità del ruolo, della cartella di pagamento e dell’avviso di  mora innanzi alle commissioni tributarie, faceva da contraltare il quasi assoluto divieto di proporre opposizione ai sensi dell’artt. 615 cpc, limitata, appunto, alle sole questioni afferenti alla pignorabilità dei beni.

Considerato l’effetto preclusivo dell’art. 57 Dpr 602/1973, la tutela delle posizioni del soggetto passivo legate al titolo per la riscossione e che nell’ampia previsione dell’art. 615 cpc attengono al “diritto della parte istante a procedere ad esecuzione forzata” doveva ritenersi attribuita alla cognizione delle commissioni tributarie, pur se, in base al generale criterio di riparto cui all’art. 2 d.lgs. 545/1992, rientranti nell’ambito di giurisdizione del giudice ordinario.

4.4. Da ciò la conseguenza che le controversie che nell’ordinaria applicazione dell’art. 615 cpc sono normalmente riferite ai vizi propri del titolo esecutivo, in materia tributaria potessero ritenersi attribuite alla cognizione del giudice tributario, nonostante si riferissero a fatti sopravvenuti e successivi alla notifica della cartella di pagamento, determinandosi in caso contrario un inammissibile vuoto di tutela.

 4.5. Da ciò ancora la conseguenza, implicitamente posta a fondamento della citata pronuncia delle Sez. U. n. 14648/2017 che anche in caso di prescrizione maturata successivamente alla notifica della cartella di pagamento sussistesse la giurisdizione delle commissioni tributarie e dunque il giudice delegato fosse tenuto ad ammettere il credito in oggetto con riserva (anche in assenza di una richiesta di parte in tal senso).

  1. Il quadro normativo di riferimento è però radicalmente mutato a seguito della sentenza n.114 del 2018, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 57 comma 1 lett. a) Dpr 602/1973 come sostituito dall’art. 16 d.lgs. n.46/1999, nella parte in cui detta norma non prevede che nelle controversie che riguardano gli atti dell’esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento o dell’avviso di cui all’art. 50 Dpr 602/1973 sono ammesse le opposizioni regolate dall’art. 615 del codice di procedura civile.

5.1. Come evidenziato nella citata sentenza n.114 del 2018 la disposizione dell’art. 57 comma 1 lett a) esprime una duplice norma: una che si sottrae alle censure di legittimità costituzionale, l’altra invece che ne è attinta. Da una parte l’art. 57 esclude che sia ammissibile l’opposizione all’esecuzione per il solo fatto che il contribuente opponente formuli un petitum con cui contesta il diritto dell’amministrazione finanziaria o dell’agente della riscossione di procedere ad esecuzione forzata, in quanto in materia di esecuzione forzata tributaria l’opposizione ex art.615 cpc non ha e non può avere una funzione recuperatoria di un ricorso ex art. 19 d.lgs. 546/1992 avverso la cartella di pagamento o l’estratto di ruolo che non sia non proposto affatto o non sia stato proposto nel prescritto termine di decadenza: se il contribuente contesta il titolo della riscossione coattiva, la controversia appartiene alla giurisdizione del giudice tributario ed il ricorrente deve proporre ricorso ex art. 19 d.lgs. 546/1992 avverso  il ruolo o la cartella di pagamento e non già l’opposizione all’esecuzione ex art. 615 cpc.

5.2. Come rilevato dalla Corte costituzionale, però, la disposizione dell’art. 57 comma 1 lett. a) esprime anche un’altra norma: l’opposizione all’esecuzione ex art.615 cpc è inammissibile non solo nell’ ipotesi in cui la tutela invocata dal contribuente che contesti il diritto a procedere a riscossione esattoriale ricada nella giurisdizione del giudice tributario e la tutela sia attivabile con il ricorso ex art. 19 d.lgs. 546 del 1992, ma anche allorché la giurisdizione del giudice tributario non sia affatto configurabile e non venga in rilievo perché si è “a valle” della notifica della cartella di pagamento.

5.3. Tale norma è stata dichiarata costituzionalmente illegittima. Come ben evidenziato nella citata sentenza della Corte costituzionale, l’art. 2 d.lgs. 546/1992 traccia una chiara linea di demarcazione della giurisdizione, posta dalla cartella di pagamento  e, ove previsto, dall’avviso di cui all’art. 50 Dpr 602/1973: fino a questo limite la cognizione degli atti dell’amministrazione, espressione del potere di imposizione fiscale, è devoluta al giudice tributario; a valle, la giurisdizione spetta al giudice ordinario e segnatamente al giudice dell’esecuzione. Orbene, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 57 dpr 602/1973 nella parte in cui non prevede che, nelle controversie che riguardano gli atti dell’esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento (o dell’avviso di cui all’att. 50 dpr 602/1973) sono ammesse le opposizioni regolate dall’att. 615 cpc, trattandosi di  ipotesi al di fuori dell’area della giurisdizione del giudice tributario, avverso le quali non può ritenersi ammissibile il ricorso ex art. 19 d.lgs.546/1992.

5.4. La fattispecie in esame, avente ad oggetto l’estinzione dell’obbligazione tributaria per il decorso del termine di prescrizione successivo alla notifica della cartella esattoriale, risulta direttamente investita dalla pronuncia di illegittimità costituzionale dell’art. 57 Dpr 602/73 sancita dalla Corte costituzionale, immediatamente applicabile, alla stregua dello ius superveniens, al presente giudizio. 

5.5. Ai sensi dell’art. 2 d.lgs. 546/1992 la dedotta estinzione dell’obbligazione tributaria per il decorso della prescrizione dopo la notifica della cartella esattoriale costituisce un fatto “a valle” dell’area di giurisdizione del giudice tributario, che non può evidentemente farsi valere mediante impugnazione della cartella esattoriale, essendosi perfezionato successivamente e che investe il diritto a procedere a riscossione coattiva. In tale ipotesi, come sottolineato dal giudice delle leggi, il giudice tributario è carente di giurisdizione e , venuta meno la portata preclusiva del citato art. 57, non sembra esservi alcun ostacolo perché tale fatto estintivo sia fatto valere, secondo il principio generale dell’art. 52 I.f., dal curatore fallimentare in sede di accertamento del passivo.

5.6. Venuto meno, in forza della sentenza n.114/2018, il limite posto dall’art. 57 Dpr 602/1973 sembra pacifica la giurisdizione del giudice ordinario trattandosi di controversia riguardante un fatto successivo alla notifica della cartella di pagamento e, rapportando tale principio al caso di specie, dovrebbe discenderne che la prescrizione della pretesa tributaria maturata successivamente alla notifica della cartella di pagamento debba farsi valere innanzi al giudice fallimentare, riespandendosi il principio dell’esclusività dell’accertamento dei crediti (come pure di eventuali fatti estintivi dei crediti medesimi) in sede concorsuale, sancito, com’e noto, dagli artt. 51 e 52 l.f.

5.7. Non vi è del resto alcun dubbio sulla natura di procedura esecutiva di carattere universale del fallimento di modo che, com’è noto, le procedure esecutive individuali sono assorbite dalla procedura concorsuale, che si sostituisce ad esse (ex multis, Cass. 16158 del 30.7.2015). E’ dunque in sede fallimentare, nel procedimento di verifica del passivo, che vengono definite le questioni inerenti i fatti sopravvenuti alla formazione del titolo esecutivo (nel caso di specie cartella esattoriale) posto a fondamento del credito insinuato, le quali nell’esecuzione individuale vengono fatte valere con lo strumento dell’opposizione all’esecuzione, ai sensi dell’ art. 615 cpc.

5.8. Anche avuto riguardo alle conseguenze di carattere pratico, ove si ritenesse nel caso di specie ravvisabile il difetto di giurisdizione del giudice fallimentare ad accertare la prescrizione del credito tributario, con la conseguente necessità di ammettere il credito con riserva ai sensi degli artt. 87 e 88 dPR 602/1973, non è agevole individuare l’atto che il curatore fallimentare dovrebbe impugnare innanzi al giudice tributario per far valere la prescrizione, non potendo evidentemente impugnare la cartella esattoriale, né l’avviso di cui all’art. 50 del dPR 602/73 ( atti che, come abbiamo visto, costituiscono, nella lettura che dell’art. 2 D.Igs. 546/92 dà la Corte costituzionale, lo spartiacque della giurisdizione) posto che il fatto estintivo si è evidentemente perfezionato successivamente ali’ emissione della cartella ed al termine per la sua impugnazione. 

  1. Di conseguenza, alla luce della su menzionata sentenza n.114/2018 della Corte costituzionale, ritiene il Collegio di non poter decidere la questione di giurisdizione ai sensi dell’art. 374 comma 1 cpc e di dover nuovamente investire le Sezioni Unite, nonostante le precedenti pronunce, sulla seguente questione attinente alla giurisdizione: Dicano le Sezioni Unite, se nella presente controversia, in cui, in sede di ammissione al passivo del fallimento è stata eccepita dal curatore la prescrizione dei crediti tributari verificatasi successivamente alla notifica della cartella di pagamento, la giurisdizione della controversia spetti al giudice delegato in sede di verifica dei crediti o al tribunale in sede di opposizione allo stato passivo e di insinuazione tardiva, ovvero al giudice tributario, con la conseguenza che il relativo credito dev’essere ammesso al passivo del fallimento con riserva.

P.Q.M.

La Corte dispone, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n.1), la trasmissione degli atti al Primo Presidente, per l’eventuale assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite di questa Corte.  

Cosi deciso in Roma, il 12 marzo 2019

Depositato in Cancelleria il 24 luglio 2019


 

COMMENTO

La prescrizione tributaria, maturata successivamente alla notifica della cartella, pone ancora contrasti giurisprudenziali. La questione è stata rimessa alle Sezioni Unite con l’Ordinanza della Sez. n.1 della Corte di Cassazione, n. 20050 depositata il 24 luglio 2019. Secondo la regola generale, individuata all’art. 2 del d.lgs. 546/92, la materia rientra nella giurisdizione del giudice tributario, atteso che la cartella di pagamento non è atto dell’esecuzione forzata (Cass S.U. 23382/2007), che inizia con il pignoramento, ma precetto. In riferimento alle procedure concorsuali, l’art. 88, comma 2, del dpr 602/73 afferma che la prescrizione tributaria, maturata dopo la notifica della cartella, eccepita dal curatore fallimentare in sede di ammissione allo stato passivo, rientra nella giurisdizione tributaria. Nel caso in specie, il giudice delegato e, successivamente il tribunale, investito del giudizio di opposizione allo stato passivo, si erano pronunciati in merito all’eccezione di prescrizione su cartelle di natura tributaria, nonostante l’Agente della riscossione avesse sollevato la questione di giurisdizione, deducendo che l’esecuzione forzata inizia con il pignoramento (art 491 c.p.c.) e non con la notifica della cartella e, quindi, inevitabilmente il giudice naturale a conoscere la questione non poteva che essere il giudice tributario. Nelle procedure concorsuali si è sempre applicato, in base all’art. 88 del dpr 602/73, il principio secondo cui: “L’ammissione al passivo fallimentare dei crediti tributari è richiesta dall’Agente della Riscossione, anche sulla scorta dell’estratto del ruolo, senza che occorra anche la previa notifica della cartella esattoriale, salva la necessità, in presenza di contestazioni del curatore, dell’ammissione con riserva, da sciogliere poi ai sensi dell’art. 88 comma 2, del dpr 602/73, allorché sia stata definita la sorte dell’impugnazione esperibile davanti al giudice tributario” (Cass. Sez. 6 n. 17927 del 12/09/2016). Le S.U. della Cassazione n.14648/2017, hanno confermato la giurisdizione tributaria, in ipotesi di fallimento del contribuente, per qualsiasi fatto estintivo sopravvenuto alla formazione del titolo esecutivo, nonostante l’art. 2  d.lgs. 546/92 rimetta alla giurisdizione del giudice ordinario gli atti dell’esecuzione forzata successivi alla notifica della cartella di pagamento. 

Ed invero, dopo la sentenza 114/2018 della Consulta, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 57, comma 1 lett. a) del dpr 602/73, nel rito tributario sono ammesse tutte le opposizioni regolate dall’art. 615 c.p.c. L’art. 57 del dpr 602/73 limitava l’esperimento dell’opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c. solo alle cd. opposizioni concernenti la pignorabilità dei beni, escludendo tutte le altre ipotesi di opposizione all’esecuzione previste dall’art. 615 c.p.c., comma 1. Si tratta di una casistica molto ampia, che comprende anche le vicende estintive del credito tributario per cause naturali, tra cui la prescrizione, successive alla notifica della cartella di pagamento, coincidenti con l’opposizione su titolo esecutivo, tipica dell’art. 615, comma 1, c.p.c. 

La questione trattata evidenzia un dubbio insoluto, sorto dopo la pronuncia della Corte Costituzionale: la giurisdizione sulle controversie riguardanti i fatti estintivi sopravvenuti alla notifica della cartella di pagamento. Ed invero, come prospettato dalla Corte Costituzionale, il giudice tributario potrebbe non avere giurisdizione, in assenza di preclusioni di cui all’art. 57 comma 1 dpr 602/73, e quindi, l’eccezione formulata dal curatore fallimentare, in sede di accertamento allo stato passivo, rientrerebbe nella giurisdizione del giudice delegato del fallimento (art. 52 L.F.), con riespansione  della giurisdizione del giudice fallimentare, anche in questa materia, per il principio di esclusività dell’accertamento dei crediti in sede concorsuale, ai sensi degli artt. 51 e 52 della L.F. 

Evidente il contrasto giurisprudenziale, che con l’Ordinanza in commento viene rimesso alle Sezioni Unite, affinché decidano: “se in sede di ammissione al passivo del fallimento l’eccezione di prescrizione successiva alla notifica della cartella di pagamento, rientri nella giurisdizione del giudice delegato in sede di verifica dei crediti e del tribunale in sede di opposizione allo stato passivo o insinuazione tardiva, ovvero del giudice tributario, con la conseguente ammissione con riserva del credito al passivo del fallimento”.   

Dott. Francesco Rubera