Convegno: “L’impatto delle novità normative e di prassi in tema di Fiscalità locale”

Pontremoli, Ca’ Del Moro

Sommario: §. 1 Premessa. §. 2 L’ambito soggettivo di applicazione dell’istituto. §. 3 L’ambito oggettivo di applicazione dell’istituto. §. 4 Il procedimento per l’esdebitazione. §. 5 L’esdebitazione del sovraindebitato e il soggetto sovraindebitato incapiente. §. 6 Considerazioni conclusive.

 

  • . 3 L’ambito oggettivo di applicazione dell’istituto

Ulteriore novità di rilievo rispetto alla disciplina previgente sembra essere costituita dalla scomparsa della condizione dal soddisfacimento almeno parziale dei creditori concorrenti.

Nell’ambito del C.C.I.I. non è stata infatti riprodotta la disposizione che ammette l’esdebitazione subordinatamente al fatto che siano stati soddisfatti, almeno parzialmente, i creditori (secondo quanto era previsto sia dall’art. 142, comma 2, R.D. 267/1942, sia dall’art. 14-terdecies, comma 1, lettera f), Legge 3/2012).

In senso confermativo della predetta innovazione deporrebbero inoltre sia il disposto dell’art. 283 C.C.I.I. – che ammette (ancorché “per una sola volta”) l’esdebitazione del cd. “sovraindebitato incapiente”-, sia quello dell’art. 278, comma 1, C.C.I.I., che si riferisce all’inesigibilità dei “crediti rimasti insoddisfatti nell’ambito di una procedura di liquidazione giudiziale o di liquidazione controllata”, così sembrando alludere alla fattispecie in cui non sia stato possibile soddisfare, “almeno in parte”, il ceto creditorio.

Non è mancata, tuttavia, un’interpretazione dottrinale  di carattere sistematico, che ha cercato di attribuire un significato diverso da quello sopra illustrato alla previsione di cui all’art. 283 C.C.I.I. relativa alla liberazione una tantum riservata ai soli debitori persone fisiche sovraindebitati.

Secondo tale interpretazione (D. Vattemoli, op. cit.), l’art. 283 C.C.I.I. relativo al cd. “sovraindebitato incapiente” rappresenterebbe un’eccezione al principio, implicitamente mantenuto nel C.C.I.I., della necessità del soddisfacimento almeno parziale dei creditori.

Pertanto, secondo la predetta ricostruzione:

  • nella liquidazione giudiziale resterebbe sempre e comunque necessario soddisfare, seppure parzialmente, i creditori concorsuali;
  • nella liquidazione controllata il debitore sovraindebitato dovrebbe parimenti soddisfare almeno in parte i creditori concorsuali, salvo che (trattandosi di persona fisica) attivi il meccanismo “eccezionale” e una tantum di cui all’art. 283 C.C.I.I.

Come precisato dal dettato dell’ultimo comma del citato art. 278 C.C.I.I., restano comunque esclusi dall’esdebitazione i debiti derivanti:

  1. dagli obblighi di mantenimento e alimentari;
  2. dall’obbligo di risarcimento del danno da illecito extracontrattuale;
  3. dall’applicazione di sanzioni penali e amministrative di carattere pecuniario che non siano accessorie a debiti estinti

Nella categoria di cui al n. 1) rientrano, a titolo di esempio, l’obbligo di mantenimento dei figli (artt. 147 e 261 c.c.), l’assegno al coniuge separato (art. 156 c.c.) e divorziato (art. 5 Legge 898/1970), gli alimenti dovuti ai soggetti che si trovano in stato di bisogno (art. 433 e ss. c.c.). 

La ratio dell’esclusione di tali crediti dall’esdebitazione si rinviene chiaramente in ragioni di carattere morale: il Legislatore ha voluto evitare che l’esdebitazione potesse costituire un incentivo a fallire, per potersi liberare da tali obbligazioni derivanti da vincoli di carattere etico e solidaristico.

Nella categoria di cui al n. 2) rientrano invece tutte le obbligazioni risarcitorie derivanti dalla commissione di un illecito extra-contrattuale, sia esso di carattere civile, penale o amministrativo. 

Con tale esclusione, si è voluta evitare una disparità di trattamento tra danneggiati, a seconda che il loro danneggiante fosse oppure no fallito, anche in considerazione del fatto che il danneggiato è un cd. “creditore involontario”, che non ha modo di “scegliere” il proprio debitore in base ad una valutazione sulla sua solvibilità. 

Rientrano quindi in tale esclusione, a titolo di esempio,  i risarcimenti conseguenti a sinistri stradali, ad infortuni sul lavoro, ecc. 

Nella categoria di cui al n. 3) rientrano tutte le sanzioni pecuniarie di carattere sia penale che amministrativo, che non siano strettamente accessorie ad un debito estinto per esdebitazione. 

La ratio dell’esclusione dal beneficio si fonda sul carattere strettamente personale della responsabilità penale (art. 27 Costituzione) e di quella amministrativa (art. 3 Legge 24 novembre 1981 n. 689), per cui ciascuno è responsabile della propria azione ed omissione, cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa, nonché sul carattere afflittivo della stessa, che verrebbe irrimediabilmente compromesso dall’eventuale esdebitazione.

Per ciò che specificamente attiene ai crediti dell’Ente locale, rientrano in tale esclusione tutte le sanzioni amministrative pecuniarie, derivanti sia da violazioni al Codice della Strada, sia da violazioni della normativa urbanistico-edilizia.

Restano invece comprese nel novero dell’esdebitazione le sanzioni pecuniarie correlate all’inadempimento di un’obbligazione principale che abbia carattere di credito concorsuale, quale, ad esempio, la sanzione relativa al mancato pagamento di contributi previdenziali o la sanzione amministrativa tributaria ex D.lgs. 18 dicembre 1997 n. 472, in quanto i relativi crediti principali sono suscettibili di ammissione al passivo.

Il D.lgs. 14/2019 ha esteso l’ambito applicativo dell’esdebitazione, eliminando la previgente esclusione dell’istituto per “le obbligazioni derivanti da rapporti estranei all’esercizio dell’impresa” (prevista dall’art. 142, comma 3, lettera a), R.D. 267/1942) e “per i debiti fiscali che, pur avendo causa anteriore al decreto di apertura delle procedure di cui alle sezioni prima e seconda del presente capo, sono stati successivamente accertati in ragione della sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi” (art. 14-terdecies, comma 3, lettera c), Legge 3/2012).

Si tratta, in sostanza, dei debiti riguardanti la vita privata dell’imprenditore, un tempo certamente esclusi dall’esdebitazione, ed oggi invece suscettibili (salvo diverse interpretazioni giurisprudenziali) di essere ricompresi nella stessa.

A titolo di esempio, si pensi ai canoni di locazione per la casa di abitazione o ai finanziamenti bancari non strumentali all’attività imprenditoriale, ecc. 

La loro concreta individuazione non sempre è agevole, in ragione alla svariata casistica che si può presentare, specie in relazione ai debiti contratti per l’acquisto e la manutenzione dei cd. “beni ad uso promiscuo”, in parte personale ed in parte lavorativo: anche per tale motivo, probabilmente, il Legislatore del 2019 ha preferito far venire meno tale causa di esclusione dall’esdebitazione.

Certamente, il venire meno di tale causa di esclusione è l’aspetto che maggiormente potrà incidere sui crediti tributari dell’Ente locale, sorti in relazione alla vita privata dell’imprenditore (si pensi, ad esempio, al credito IMU o alla tassa rifiuti sulla casa di abitazione, che secondo la previgente disciplina sarebbero stati certamente esclusi dall’esdebitazione e che ad oggi, invece, con il venir meno di tale causa di esclusione, potrebbero essere compresi nella stessa).

Particolarmente significativo sarà quindi il dibattito giurisprudenziale che certamente non mancherà di svilupparsi in ordine a tale casistica, al fine di comprendere la maggiore o minore ampiezza delle conseguenze derivanti dal venire meno di tale causa di esclusione dall’esdebitazione.

 

  • . 4 Il procedimento per l’esdebitazione

Il procedimento per la pronuncia dell’esdebitazione è disciplinato dall’art. 281 C.C.I.I., ai sensi del quale la pronuncia può intervenire o contestualmente al decreto di chiusura della procedura, se non sono ancora decorsi tre anni dalla data in cui la stessa è stata aperta, oppure, se tale lasso temporale è già trascorso e la procedura è ancora pendente, quando il debitore ne fa istanza. 

In sostanza, quindi, nella liquidazione giudiziale, la dichiarazione di esdebitazione è operata d’ufficio, se avviene in sede di chiusura della procedura, mentre è richiesta la domanda del debitore, qualora siano trascorsi tre anni dall’apertura della procedura e quest’ultima non sia ancora stata chiusa.

In ogni caso, prima di provvedere, il tribunale deve sentire gli organi della procedura; ai fini del giudizio da esprimere, si pone a carico del curatore l’obbligo di indicare nei rapporti riepilogativi semestrali, anche in negativo, la sussistenza delle condotte e dei fatti rilevanti per l’esdebitazione. 

Il terzo comma della norma citata dispone che il decreto, con il quale il tribunale pronuncia l’esdebitazione, venga comunicato agli organi della procedura, al pubblico ministero e (solo) ai creditori ammessi al passivo non integralmente soddisfatti (quelli integralmente soddisfatti essendo privi di interesse), i quali possono proporre reclamo a norma dell’art. 124 C.C.I.I. entro il termine (da ritenersi perentorio e previsto a pena di decadenza) di trenta giorni dalla comunicazione del decreto.

Il decreto che nega l’esdebitazione deve invece essere comunicato al debitore, essendo anch’egli legittimato a proporre reclamo nelle stesse forme e nello stesso termine perentorio di cui sopra.

A seguito della modifica apportata dall’art. 30, comma 2, D.lgs. 147/2020, il decreto è iscritto nel registro delle imprese su richiesta del cancelliere.

L’esdebitazione non ha effetti sui giudizi in corso e sulle operazioni liquidatorie, anche se posteriori alla chiusura della liquidazione giudiziale disposta a norma dell’art. 234 C.C.I.I.

Tutte le volte in cui dall’esito dei predetti giudizi e delle relative operazioni derivi un maggiore riparto a favore dei creditori, l’esdebitazione ha effetto solo per la parte definitivamente non soddisfatta.

 

  • . 5 L’esdebitazione del sovraindebitato e il soggetto sovraindebitato incapiente

A norma dell’art. 282 C.C.I., per le procedure di liquidazione controllata, l’esdebitazione opera di diritto a seguito del provvedimento di chiusura o anche anteriormente, purché siano decorsi tre anni dalla sua apertura, ed è dichiarata con decreto motivato del tribunale, iscritto al registro delle imprese a fini di pubblicità, su richiesta del cancelliere, qualora relativo ad un imprenditore, e (a seguito della modifica apportata dal D.lgs. 147/2020) pubblicato in apposita area del sito web del tribunale o del Ministero della giustizia, qualora relativo ad un consumatore o ad un professionista. 

Si tratta, quindi, secondo la dottrina, di una vera e propria esdebitazione “d’ufficio” o “automatica”.

L’esdebitazione non opera nelle ipotesi previste dall’art. 280 C.C.I.I., nonché nelle ipotesi in cui il debitore abbia determinato la situazione di sovraindebitamento con colpa grave, malafede o frode

Sia il provvedimento che concede l’esdebitazione, sia quello che la nega per l’esistenza di una delle preclusioni di cui all’art. 280 C.C.I.I. è comunicato al pubblico ministero, ai creditori e al debitore, i quali possono proporre reclamo a norma dell’art. 124 C.C.I.I. nel termine (perentorio e previsto a pena di decadenza) di trenta giorni dalla comunicazione del decreto.

La Sezione II^ si “chiude” con la norma di cui all’art. 283, rubricata “Esdebitazione del sovraindebitato incapiente”.

Essa prevede che il debitore persona fisica meritevole, il quale non sia in grado di offrire ai creditori alcuna utilità, diretta o indiretta, nemmeno in prospettiva futura, può accedere all’esdebitazione solo per una volta, fatto salvo l’obbligo di pagamento del debito entro quattro anni dal decreto del giudice, laddove sopravvengano utilità rilevanti che consentano il soddisfacimento dei creditori in misura non inferiore complessivamente al dieci per cento.

Non sono considerate “utilità” i finanziamenti, in qualsiasi forma erogati. 

La valutazione di rilevanza delle “utilità” deve essere condotta su base annua, dedotte le spese di produzione del reddito e quanto occorrente al mantenimento del debitore e della sua famiglia in misura pari all’assegno sociale aumentato della metà, moltiplicato per un parametro corrispondente al numero dei componenti il nucleo familiare della scala di equivalenza dell’I.S.E.E. di cui al Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 05 dicembre 2013 n. 159.

La domanda di esdebitazione è presentata tramite l’Organismo di Composizione della Crisi al giudice competente, unitamente alla documentazione descritta al comma 3 della norma, ossia:

  1. l’elenco di tutti i creditori, con l’indicazione delle somme dovute;
  2. l’elenco degli atti di straordinaria amministrazione compiuti negli ultimi cinque anni;
  3. la copia delle dichiarazioni dei redditi degli ultimi tre anni;
  4. l’indicazione degli stipendi, delle pensioni, dei salari e di tutte le altre entrate del debitore e del suo nucleo familiare.

Alla domanda deve essere allegata una relazione particolareggiata dell’Organismo di Composizione della Crisi, che comprende:

    1. l’indicazione delle cause dell’indebitamento e della diligenza impiegata dal debitore nell’assumere le obbligazioni;
  • l’esposizione delle ragioni dell’incapacità del debitore di adempiere le obbligazioni assunte;
  1. l’indicazione della eventuale esistenza di atti del debitore impugnati dai creditori;
  2. la valutazione sulla completezza ed attendibilità della documentazione depositata a corredo della domanda.

Nella relazione deve inoltre essere indicato se il soggetto finanziatore, ai fini della concessione del finanziamento, abbia tenuto conto del merito creditizio del debitore, valutato in relazione al suo reddito disponibile, dedotto l’importo necessario a mantenere un dignitoso tenore di vita.

Nell’ambito di tale attività, i compensi dell’Organismo di Composizione della Crisi sono ridotti della metà.

Il giudice, assunte le informazioni ritenute utili, valutata la meritevolezza del debitore e verificata l’assenza di atti in frode e la mancanza di dolo o colpa grave nella formazione dell’indebitamento, concede con decreto l’esdebitazione, indicando le modalità e il termine entro il quale il debitore deve presentare, a pena di revoca del beneficio, ove positiva, la dichiarazione annuale relativa alle sopravvenienze rilevanti.

Il decreto deve essere comunicato al debitore e ai creditori, i quali possono proporre opposizione nel termine (anch’esso di natura perentoria e decadenziale) di trenta giorni. Decorsi trenta giorni dall’ultima delle comunicazioni, il giudice, instaurato nelle forme ritenute più opportune il contraddittorio tra i creditori opponenti ed il debitore, conferma o revoca il decreto

La decisione è soggetta a reclamo ai sensi dell’articolo 50 C.C.I.I.

L’Organismo di Composizione della Crisi, nei quattro anni successivi al deposito del decreto che concede l’esdebitazione, vigila sulla tempestività del deposito della dichiarazione annuale relativa alle sopravvenienze rilevanti e, se il giudice ne fa richiesta, compie le verifiche necessarie per accertare l’esistenza di queste ultime.

 

  • . 6 Considerazioni conclusive

In conclusione, è possibile affermare che l’intento del Legislatore, nella revisione dell’istituto dell’esdebitazione operata con il “Codice della crisi e dell’insolvenza” di cui al D.lgs. 12 gennaio 2019 n.14, nonché con i successivi Decreti correttivi di quest’ultimo (D.lgs. 26 ottobre 2020 n. 147 e D.lgs. 17 giugno 2022 n. 83), sia stato quello di favorire quanto più possibile l’accesso a tale istituto.

Pertanto, pur non “stravolgendo” i caratteri essenziali dello stesso, già contenuti negli artt. 142-144 R.D. 16 marzo 1942 n. 267 (come “riscritti” dalla riforma del diritto fallimentare ex D.lgs. 09 gennaio 2006 n. 5) e nell’art. 14-terdecies Legge 27 gennaio 2012 n. 3 (inserito dall’art. 18, comma 1, lettera s), D.L. 18 ottobre 2012 n. 179, convertito con modificazioni dalla Legge 17 dicembre 2012 n. 221), la nuova normativa ne estende notevolmente l’ambito, sia sotto il profilo soggettivo (consentendo l’esdebitazione anche alle società, sia di persone che di capitali), sia sotto l’aspetto oggettivo (non richiedendo più l’almeno parziale soddisfazione dei crediti concorsuali – i.e.: oggi, ammessi alla liquidazione giudiziale o alla liquidazione controllata; abbreviando l’arco temporale che deve intercorrere tra la prima e la seconda eventuale esdebitazione e, soprattutto, eliminando due rilevanti categorie di crediti dal novero delle esclusioni dall’ambito di applicazione dell’istituto).

Tale intento, seppure giustificato dalla necessità di favorire il “recupero” al mercato di un soggetto potenzialmente ancora produttivo di lavoro e di reddito, specie in un momento di forte crisi economica quale quello attuale, senza dubbio ostacola non poco il recupero del credito fiscale rimasto insoddisfatto nella liquidazione giudiziale dell’imprenditore commerciale o nella liquidazione controllata del soggetto che non eserciti impresa commerciale (i.e.: imprenditore agricolo, piccolo imprenditore, professionista o consumatore).

In particolare, salvo diverse interpretazioni giurisprudenziali che dovessero emergere sulla nuova normativa, l’inclusione nell’ambito oggettivo dell’esdebitazione delle obbligazioni derivanti da rapporti estranei all’esercizio dell’impresa e dei debiti fiscali anteriori al decreto di apertura della procedura, ancorché successivamente accertati in ragione della sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi, sembra destinata a ridurre al minimo le possibilità di recupero del credito fiscale, che sia rimasto insoddisfatto nelle procedure di liquidazione giudiziale o di liquidazione controllata, nei confronti del debitore tornato in bonis, ma esdebitato.

Tale fenomeno risulta poi ulteriormente accentuato dal carattere pressoché automatico dell’esdebitazione che, al ricorrere dei presupposti normativi richiesti (sia in positivo che in negativo), deve essere dichiarata dal giudice, senza alcun margine di discrezionalità, al momento della chiusura della procedura (o, nella liquidazione giudiziale, su domanda del debitore, anche prima di quest’ultima, purché siano trascorsi almeno tre anni dalla sua apertura). 

Restano invece maggiormente salvaguardate le possibilità di recupero delle sanzioni amministrative pecuniarie che, in ossequio al principio di personalità della responsabilità penale ed amministrativa, continuano ancora ad oggi a restare escluse dall’ambito oggettivo di applicazione dell’esdebitazione, purché non risultino accessorie rispetto ad un debito (di carattere tributario o contributivo) estinto per effetto dell’esdebitazione medesima.

Resterà in ogni caso salva, per l’Ente locale, la facoltà di recupero del credito divenuto inesigibile per esdebitazione nei confronti degli eventuali obbligati in solido o in via di regresso, che per tale motivo diverrà in tali fattispecie particolarmente importante saper individuare ed escutere con tempestività.

Dott.ssa Cecilia Domenichini

Unicusano- Roma