Il momento perfezionativo del procedimento notificatorio alla luce degli interventi della Consulta con le sentenze nn. 477/2002 e 3/2010.


Il tema della scissione soggettiva degli effetti della notificazione, con riferimento alla figura del notificante e del cd. accipiens, è argomento che è stato molto dibattuto nel corso degli anni e ha dato spunto per alimentare numerose polemiche: questo, in quanto le norme che regolavano l‘iter delle notifiche, così come erano strutturate, rappresentavano, in parte, una violazione dei diritti costituzionalmente garantiti, in particolar modo di quelli rappresentati negli artt. 3 (pari dignità sociale e uguaglianza davanti alla legge), 24 (diritto alla difesa) e 111  (giusto processo: contraddittorio e parità delle parti) della Costituzione.

Le disposizioni in questione sono quelle contenute nella L. 890/82, che regola le notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni connesse con la notificazione di atti giudiziari, e che si correla all’art. 149 c.p.c., il quale, a sua volta, regola la notificazione a mezzo del servizio postale, nonché il disposto di cui all’art. 140 c.p.c., che, anch’esso, regola l’ipotesi di notifica a mezzo del servizio postale, ma allorquando la consegna dell’atto non sia possibile per irreperibilità o incapacità o rifiuto delle persone abilitate per legge a ricevere l’atto.

Tralasciando la lettura di queste norme, basti solo ricordare che, se non è fatto espresso divieto dalla legge, la notificazione può eseguirsi anche a mezzo del servizio postale, per cui verranno esaminate le ipotesi, come si può desumere dai titoli delle norme a confronto, che disciplinavano, e disciplinano tuttora, prassi notificatorie pressoché identiche, dove sia l’ufficiale giudiziario che l’agente postale si avvalgono del servizio postale, ma i cui effetti, per un certo arco temporale, non assicuravano le medesime garanzie costituzionali alle persone coinvolte nella notifica.

Gli effetti in questione riguardavano il momento perfezionativo della notifica in seguito all’utilizzo dello strumento postale: nel corso del tempo la giurisprudenza, pur non potendosi discostare del dettato legislativo, aveva rappresentato che, per come erano impostate le norme, si rischiava di ledere diritti costituzionalmente garantiti, tanto che, ad un certo punto,  fu la Corte Costituzionale che esortò lo stesso giudice delle leggi ad approfondire il delicato tema.

Da una parte, infatti, per il notificante gli effetti della notificazione a mezzo posta si producevano solo con la consegna del plico al destinatario, vanificando sostanzialmente l’esercizio del diritto di impugnazione, ed ecco perché venne, poi, introdotto l’obbligo dell’invio della raccomandata informativa, mentre, dall’altra, nei confronti del destinatario il momento perfezionativo della notifica coincideva con il semplice invio della raccomandata informativa, a prescindere che questa entrasse, o meno, nella sfera giuridica di conoscibilità dell’accipiens.

Analizziamo, pertanto, le ragioni che hanno portato la Corte Costituzionale, dapprima con la sentenza n. 447/2002 e, dopo, con la sentenza n. 3/2010, a dichiarare l’illegittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 4 L. 890/82 e 149 c.p.c. e, in seguito, dell’art. 140 c.p.c., nonché ad esaminare il D.L. 35/2005, convertito con modificazioni dalla L. n. 80 del 14 maggio 2005, che ha apportato modifiche e integrazioni all’art. 8 L. 890/82,  anch’esso riguardante il momento perfezionativo della notifica, con riferimento alla figura del destinatario.  

 

Partendo dalla disciplina che regola la notifica per posta, le argomentazioni che hanno messo in dubbio la legittimità degli effetti di detto impianto notificatorio non davano adito a dubbi interpretativi quanto al momento perfezionativo della notifica: l’art. 4 L. 890/82, infatti, nel disporre che “l’avviso di ricevimento costituisce prova della notificazione”, non consentiva di operare interpretazioni diverse dall’esplicito tenore letterale della norma, per cui anche per il notificante gli effetti della notificazione a mezzo posta si producevano solo con la consegna del plico al destinatario da parte dell’agente postale.

Ed è su tali presupposti che la Corte di Cassazione, con l’ordinanza del 2/2/2002, sollevò la questione di legittimità costituzionale dell’art. 4 L. 890/82, poiché il pretendere che il notificante, benché tempestivo nell’osservare le formalità di cui alla L. 890/82 e all’art. 149 c.p.c., dovesse attendere il buon esito della notifica attraverso la materiale consegna del plico al destinatario da parte dell’ufficiale giudiziario, lo esponeva ingiustificatamente alla disorganizzazione dei pubblici uffici, quali quelli postali, ledendo il  diritto di impugnazione costituzionalmente garantitogli all’art. 24 Costituzione.

Partendo da questo assunto, la Corte Costituzionale venne investita della questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, degli artt. 149 c.p.c. e 4, comma 3, della legge 20 novembre 1982 n. 890 nella parte in cui disponevano che “gli effetti della notificazione a mezzo posta decorrevano, per il notificante, dalla data di consegna del plico al destinatario, anziché dalla data di spedizione”.

Il combinato disposto di detti articoli, pertanto, è stato il primo impianto a subire importanti modifiche, poiché si faceva sempre più pressante l’esigenza di coordinare le garanzie di conoscibilità dell’atto da parte del destinatario con l’interesse del notificante a non vedersi addebitato l’esito intempestivo di un procedimento notificatorio sottratto alla sua disponibilità, quale quello affidato all’ufficiale giudiziario al momento della consegna del plico.

Il principio argomentato dalla Corte, ossia che il ritardato compimento di attività demandate a terzi non potesse precludere il diritto di impugnazione del notificante, ha condotto quest’ultima a ritenere che “gli effetti della notificazione a mezzo posta devono essere ricollegati, per quanto riguarda il notificante, al solo compimento delle formalità a lui direttamente imposte dalla legge, ossia alla consegna dell’atto da notificare all’ufficiale giudiziario, essendo la successiva attività di quest’ultimo e dei suoi ausiliari (quale appunto l’agente postale) sottratta in toto al controllo e alla sfera di disponibilità del notificante medesimo”: per effetto di tali considerazioni, la Corte, con la sentenza n. 477/2002, dichiarò la illegittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 149 c.p.c. e 4, comma 3, L. 890/82 “nella parte in cui prevede che la notificazione si perfeziona, per il notificante, alla data di ricezione dell’atto da parte del destinatario anziché a quella antecedente, di consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario”.

Ed e’ da qui che viene introdotto l’importante principio della scissione soggettiva del momento perfezionativo del procedimento notificatorio e che sarà, poi, il motivo di discussione che porterà ad interventi legislativi modificativi dell’impianto normativo contenuto nell’art. 8 della L. 890/82 e al contenuto dell’art. 140 c.p.c.

A tal proposito, vorrei richiamare un’altra pronuncia della Corte Costituzionale, la n. 346 del 23 settembre 1998, avendo contribuito, indirettamente, ad introdurre in seguito (per effetto della sent. 477/2002) il principio della scissione soggettiva del momento perfezionativo del procedimento notificatorio: con tale sentenza, infatti, la Corte apportò un intervento di contenuto additivo, introducendo nell’art. 8 L. 890/82 l’obbligo per l’Amministrazione Postale di inviare al destinatario un avviso di deposito mediante raccomandata, contenente la relazione del compimento delle formalità dal medesimo articolo statuite: tale obbligo venne introdotto per effetto della pronuncia di illegittimità, per contrasto di detta norma con il diritto di difesa in giudizio sancito dall’art. 24, secondo comma, Cost., “nella parte in cui non prevede(va) che, in caso di rifiuto di ricevere il piego o di firmare il registro di consegna da parte delle persone abilitate alla ricezione ovvero in caso di mancato recapito per temporanea assenza del destinatario o per mancanza, inidoneità o assenza delle persone sopra menzionate, del compimento delle formalità descritte e del deposito del piego sia (i.e.: fosse) data notizia al destinatario medesimo con raccomandata con avviso di ricevimento”.

Grazie a questo intervento, le agenzie postali dovettero impartire direttive nell’ipotesi di mancata consegna al destinatario dei plichi contenenti atti giudiziari, disponendo l’invio al destinatario della seconda raccomandata con avviso di ricevimento e restituendo al mittente il relativo avviso di ricevimento gravato della tassa corrispondente.

Tuttavia, sebbene si facesse sempre più pressante la necessità di tutelare il diritto di difesa, ciò non risultò sufficiente a garantire l’effettiva conoscibilità dell’atto da parte del destinatario, poiché gli effetti notificatori non mutarono in seguito a detta pronuncia, nonostante, come si diceva, l’intervento della Corte avesse carattere additivo: ciò lo si desume anche dal fatto che lo stesso Ministero di Giustizia, allora sollecitato al fine di chiarire come le varie agenzie dovessero comportarsi, dietro il rifiuto di alcuni uffici giudiziari per mancanza di provvista, di accettare e ritirare i plichi in seguito alla seconda raccomandata, con la circolare n. 1199 del 31 marzo 1999 (resasi necessaria per rispondere ai quesiti di ordine pratico circa le spese di giustizia e ad altre circostanze, quali la necessità di indicare nell’avviso della raccomandata il numero di repertorio per rendere agevole l’individuazione dell’atto notificato), confermò che “nella notificazione eseguita dall’ufficio giudiziario nelle forme previste per i casi di irreperibilità, incapacità o rifiuto delle persone legittimate a ricevere l’atto, l’invio della raccomandata ha il mero scopo di dare notizia al destinatario dell’avvenuto espletamento di tutte le formalità richieste dalla legge per il compimento della notificazione, che si considerava già perfezionata”.

La sentenza n. 346/98 introdusse la questione della scissione soggettiva che, tuttavia, in tema di notificazione a mezzo posta, venne risolta solo con la sentenza della Corte Costituzionale n. 477/02  e con l’intervento del Legislatore, attraverso il D.L. n. 35 del 2005, convertito con modificazioni dalla L. n. 80 del 2005 e modificato, integrativo dell’art. 8 L. 890/82 (con cui venne introdotto l’obbligo della spedizione della raccomandata informativa, nonché una maggior garanzia a tutela del destinatario della notifica a mezzo posta, mediante la fissazione di un termine di 10 giorni per il ritiro del piego, termine utile a far decorrere gli effetti della notifica per il destinatario): da quel momento, infatti, si delineò il generale principio di scissione soggettiva del momento perfezionativo del procedimento notificatorio, nell’ambito delle notifiche a mezzo posta, di cui al combinato disposto degli artt. 4-8 L. 890/82 e 149 c.p.c., ovvero:

  • quanto al notificante, in seguito alla sentenza della Corte, la notifica si perfeziona comunque al momento della consegna dell’atto da notificare all’ufficiale giudiziario;
  • quanto al destinatario, per effetto delle modifiche apportate all’art. 8 L. 890/82, la notifica si perfeziona decorsi 10 giorni dalla data di spedizione della lettera raccomandata di cui al secondo comma, ovvero dalla data del ritiro del piego, se antecedente a detto termine.

Quindi nell’ambito della notifica a mezzo posta, di cui al combinato disposto appena richiamato, mentre venne definitivamente individuato il momento perfezionativo della notifica per il notificante e per l’accipiens, riportando la situazione di garanzia delle parti in equilibrio, ci si accorse che, un simile effetto, non era, invece, garantito dall’art. 140 c.p.c.

Questo importante intervento della Corte, pertanto, costituì il punto di partenza per confrontare la disciplina dettata in tema di notificazione a mezzo postale con quella eseguita direttamente dall’ufficiale giudiziario ai sensi dell’art. 140 c.p.c.: entrambe le ipotesi rappresentavano situazioni di fatto praticamente identiche, ma gli effetti sul destinatario si determinavano in momenti diversi e questa circostanza creò non pochi dubbi di legittimità costituzionale, sul fatto che il diritto di difesa potesse effettivamente essere garantito al destinatario della notifica.

Mentre, infatti, il sistema previsto dal combinato disposto degli artt. 149 c.p.c. e  8 della L. 890/82 divenne più garantista per il destinatario della notifica a mezzo posta, nelle ipotesi di  notifica ex art. 140 c.p.c., seppur in presenza di analoghi presupposti di fatto, il destinatario dell’atto non poteva godere delle medesime garanzie, dal momento che la norma individuava il momento perfezionativo della notifica con il semplice invio, a cura dell’agente postale, della raccomandata che dava avviso dell’infruttuoso accesso, anziché una volta decorsi 10 giorni dall’inoltro della raccomandata o nel minor termine, costituito dall’effettivo ritiro del plico.

Considerato, poi, che il notificante può richiedere all’ufficiale giudiziario di effettuare la notifica personalmente e che, qualora non lo faccia, l’ufficiale stesso può, a sua discrezione, scegliere l’uno o l’altro metodo (sent. 346/1998), ecco che la discrasia venutasi a creare ai fini dell’individuazione della data di perfezionamento della notifica per il destinatario si faceva più evidente. 

E prima di giungere ad un intervento risolutivo per arginare questa disparità di trattamento in ipotesi pressoché identiche, si dovette assistere ad una serie di pronunce che destarono  non poche perplessità.

Si pensi, ad esempio, all’ordinanza n. 458 del 2005 con cui la Corte di Cassazione aveva precisato che il dettato della norma (art. 140 c.p.c.) impone di ritenere che il perfezionamento della notifica per il destinatario si realizzi con la spedizione della raccomandata, sul presupposto che essendo (la raccomandata) diretta a disciplinare un effetto legale tipico (di conoscibilità), sul piano logico era ragionevole ritenere che il Legislatore avesse inteso ancorare tale effetto ad una data certa, quale è quella della spedizione della raccomandata stessa.

Su questo filone, altri giudici di merito attribuirono alla spedizione della raccomandata il momento da cui far decorrere gli effetti della notifica per il destinatario, circostanza che influiva inevitabilmente sugli effetti anticipatori che ricadevano nella sfera giuridica del destinatario, che non potevano essere più giustificati per effetto delle modifiche apportate ad un analogo sistema notificatorio, ossia quello per posta.

Se, infatti, era del tutto legittimo che questi effetti si facessero ricadere in un momento anteriore per il notificante, mediante la consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario, non è difficile comprendere come iniziarono a porsi dubbi di legittimità con riguardo alla figura del  destinatario di una notifica eseguita ai sensi dell’art. 140 c.p.c., il cui diritto di difesa, facendo decorrere gli effetti di legge dalla spedizione della raccomandata, veniva inevitabilmente compresso dalla riduzione dei termini a lui concessi per poter contestare una pretesa altrui.

In questo arco temporale, tuttavia, il Legislatore, sebbene già in precedenza sollecitato dalla Corte Costituzionale ad intervenire sul punto, non si adoperò in tal senso, e si dovette attendere la pronuncia delle Sezioni Unite (ordinanza n. 627 del 2008) per contemperare, o meglio, correggere, questo problematico profilo: in relazione alla notifica sia a mezzo posta  (L. 890/82 e 149 c.p.c.) sia ai sensi dell’art. 140 c.p.c., le richiamate Sezioni Unite affermarono che l’avviso di ricevimento non è un elemento costitutivo della notifica, bensì esclusivamente una prova che il procedimento notificatorio si era perfezionato e che, dunque, il contraddittorio poteva dirsi regolarmente instaurato.

Nel silenzio della legge, pertanto, si rappresentò la necessità che il notificante ponesse il Giudice nella condizione di poter verificare se effettivamente l’atto fosse entrato nella sfera di conoscibilità del destinatario e la prova poteva essere fornita proprio mediante la produzione dell’avviso di ricevimento.

Nella nuova ricostruzione interpretativa della Corte, quindi, non aveva più rilievo la circostanza che con la spedizione della raccomandata il destinatario poteva potenzialmente conoscere dell’atto, ma si attribuì maggior importanza all’avviso di ricevimento.

La sua mancata produzione, allora, si poneva su un piano probatorio anziché su quello della validità, per cui non sussisteva più una necessità di consolidamento dell’effetto perfezionativo verso il destinatario, che era già determinato dalla spedizione della raccomandata. 

Ed è sulla base di questa evoluzione giurisprudenziale che, ad un certo punto, il Tribunale di Bologna e la Corte d’Appello di Milano, nel corso di analoghi giudizi in cui si discuteva circa la tempestività di una opposizione a decreto ingiuntivo, rispettivamente con ordinanza depositate in data 11/2/2008 e 22/12/2008, sollevarono la questione di legittimità costituzionale dell’art. 140 c.p.c. (irreperibilità o rifiuto di ricevere la copia), nella parte in cui non prevedeva che il contraddittorio si instaurasse all’atto della consegna, al destinatario o a chi per esso, della raccomandata informativa o, qualora la consegna non fosse ancora avvenuta, al verificarsi della compiuta giacenza della suddetta raccomandata.

I giudici a quibus, sulla base del diritto vivente formatosi sull’art. 140 c.p.c. e sugli arresti giurisprudenziali di cui sopra, si chiesero come si potesse attribuire alla mera spedizione di una raccomandata il perfezionamento della notifica per il destinatario, considerato che la conoscibilità dell’atto sussiste o, quanto meno, dovrebbe sussistere  nel momento in cui entra nella sfera giuridica del destinatario, condizione che si verificava, invece, nella notifica a mezzo posta ex L. 890/82 e art. 149 c.p.c.

Tali argomentazioni trovavano fondamento nell’art. 1335 c.c., secondo cui la presunzione di conoscenza degli atti ricettizi si ha nel momento in cui giungono all’indirizzo del destinatario e non nel momento in cui sono spediti a tale indirizzo: detta circostanza eviterebbe la compressione del diritto del destinatario, che così non dovrebbe subire la riduzione dei termini a difesa, rispetto ai soggetti che, invece, ricevono la notifica a mani proprie oppure a mezzo posta nei termini di cui al combinato disposto degli artt. 149 c.p.c. e art. 8 L. 890/82.

Quindi, la questione di legittimità costituzionale veniva sollevata proprio facendo riferimento al momento perfezionativo della notifica  a mezzo posta, di cui al combinato disposto dei richiamati articoli, che per il destinatario si realizzava decorsi 10 giorni dalla data di spedizione della raccomandata ovvero alla data di ritiro della copia dell’atto, se anteriore a detto termine.

Quanto alla non manifesta infondatezza della questione sollevata, il rimettente osservava che sia l’art. 140 c.p.c. che l’art. 8 della richiamata legge prevedevano modalità notificatorie molto simili, in presenza di analoghi presupposti di fatto: in entrambi i casi, infatti, la notifica non può effettuarsi direttamente al destinatario, perché questi non è reperibile in loco o perché non vi sono persone abilitate a ricevere l’atto o per temporanea assenza del destinatario.

Dicevo, modalità simili perché, se nel caso dell’art. 140 c.p.c. l’ufficiale giudiziario deposita la copia dell’atto da notificare nella casa del Comune dove la notificazione deve eseguirsi, dandone notizia al destinatario mediante l’invio di una raccomandata con ricevuta di ritorno, nel caso di notifica ex art. 8 L. 890/82, invece, l’ufficiale postale deposita il piego presso l’ufficio postale, dandone notizia al destinatario delle formalità espletate mediante raccomandata con avviso di ricevimento.

L’unica differenza strutturale, quindi, si concretizzava nel deposito del plico presso la casa comunale o presso l’ufficio postale, per cui il nodo da sciogliere era se si potesse ancora giustificare che solo nell’ambito della notifica a mezzo posta ex L. 890/82 il destinatario avesse 10 giorni di tempo dalla spedizione della raccomandata per il ritiro del plico presso l’ufficio postale, mentre, nel caso di notifica a mezzo di ufficiale giudiziario ex art. 140 c.p.c, il destinatario non godesse di questo termine, dal momento che la data della notifica, o meglio il perfezionamento della notifica, coincideva con la data della spedizione della raccomandata.  

Secondo il rimettente, quindi, la disposizione denunciata, ovvero l’art. 140 c.p.c, violava l’art. 3 della Costituzione, che garantisce a tutti i cittadini pari dignità sociale oltre uguaglianza innanzi alla legge e, mentre la Corte Costituzionale, con la sentenza prima esaminata n. 477 del 2002, aveva eliminato quella ingiusta erosione del termine in danno del destinatario, un simile effetto non veniva garantito nell’art. 140 c.p.c., che, quindi, si poneva, ingiustificatamente, in contrasto con i richiamati precetti costituzionali.

Tali argomentazioni non lasciarono indifferente la Corte Costituzionale, che sebbene sostenne che “non esistono impedimenti di ordine costituzionale a che le modalità delle notifiche siano diversamente disciplinate, in relazione ai singoli interessi”, tuttavia riconobbe che in quel sistema normativo si era verificata una ingiustificata discrasia ai fini dell’individuazione della data di perfezionamento della notifica per il destinatario, tra la disciplina dettata dalla L. 890/82 e quella dettata dall’art. 140 c.p.c., in cui il diritto vivente dava rilievo, per esigenze di certezza, alla sola spedizione della raccomandata, sia pur recuperando, successivamente, la ricezione della raccomandata da allegare all’atto notificato come prova dell’intervenuto perfezionamento del procedimento notificatorio (Cass. civ., SS.UU., n. 627/2008).

Per tali considerazioni, essendo evidente che la disposizione denunciata, così come era stata interpretata, faceva decorrere i termini per la tutela in giudizio del destinatario in un momento anteriore alla sua effettiva conoscibilità, la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 3 del 2010, dichiarò la illegittimità costituzionale dell’art. 140 c.p.c. nella parte in cui  prevedeva che la notifica si perfezionasse con la spedizione della raccomandata informativa, anziché con il ricevimento della stessa o, comunque, decorsi 10 giorni dalla relativa spedizione.

In seguito a questa sentenza, giunsero le prime sentenze della Cassazione in tema di notifica a irreperibile o rifiutata, che si mossero recependo questa interpretazione della Consulta, come, ad esempio, la sentenza della Cass. sez. III del 31/3/2010 n. 7809, che annullò le decisioni di primo e secondo grado per una irregolarità notificatoria.

Si può affermare, pertanto, che da quel momento venne risolto il problema del procedimento notificatorio ai sensi dell’art. 140 c.p.c., garantendo all’accipiens di far decorrere i termini per compiere un’attività difensiva nel pieno rispetto dei principi costituzionali, solamente dalla data in cui l’atto si inserisce effettivamente nella sua sfera di conoscibilità, così evitando la retrocessione del contraddittorio e la conseguente riduzione dei termini a difesa, che sarebbe avvenuta se si fosse continuato a far coincidere il perfezionamento della notifica con la spedizione della raccomandata.

Quindi, la nuova formulazione dell’art. 140 c.p.c., alla luce della suddetta pronuncia, ora prevede che “se non è possibile eseguire la consegna per irreperibilità o per incapacità o rifiuto delle persone indicate nell’articolo precedente, l’ufficiale giudiziario deposita la copia nella casa del comune dove la notificazione deve eseguirsi, affigge avviso del deposito in busta chiusa e sigillata alla porta della abitazione o dell’ufficio o dell’azienda del destinatario e gliene dà notizia per raccomandata con avviso di ricevimento”.

Grazie ai richiamati interventi della Consulta, pertanto, il sistema delle notificazioni degli atti processuali civili è stato dotato di un assetto costituzionalmente corretto, garantendo uguali diritti alle parti coinvolte nel processo notificatorio, vale a dire al soggetto notificante e al destinatario dell’atto.

Raffaella Ponari

Avvocato in La Spezia