Cass. civ., sez. VI, ord., 19.04.2019 n. 11153


Rilevato che:

— in controversia relativa ad impugnazione di un avviso di accertamento per TARSU dovuta per gli anni d’imposta dal 2002 al 2006, con la sentenza impugnata la CTR, sul presupposto dell’intervenuto pagamento delle somme di cui all’atto impositivo impugnato, dichiarava la cessazione della materia del contendere e compensava le spese processuali; avverso tale statuizione il contribuente propone ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui non replica l’intimato;

— sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis cod. proc. civ., risulta regolarmente costituito il contraddittorio;

Considerato che:

— con il primo motivo di ricorso viene dedotta il vizio di ultrapetizione della sentenza impugnata per avere la CTR, in violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ., dichiarata cessata la materia del contendere sulla base della sola dichiarazione dell’ente impositore di avvenuto pagamento del tributo oggetto di giudizio, in assenza di concorde richiesta dell’appellato che, invece, aveva espressamente affermato di aver effettuato quel pagamento «al solo fine di evitare una ingiusta esecuzione»;

— con il secondo motivo viene dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 46 d.lgs. n. 546 del 1992 e 100 cod. proc. civ., sostenendosi che aveva errato la CTR nel dichiarare la cessazione della materia del contendere a seguito di pagamento del tributo da parte del

contribuente senza una sua corrispondente rinuncia alla domanda;

— i motivi, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto tra loro logicamente connessi, sono fondati e vanno accolti;

— secondo l’orientamento costante di questa Corte «Nel processo tributario, come in quello civile, la cessazione della materia del contendere presuppone, da un lato, che nel corso del giudizio siano sopravvenuti fatti tali da eliminare le ragioni di contrasto e l’interesse alla richiesta pronuncia di merito e, dall’altro, che le parti formulino conclusioni conformi. Ne consegue che l’allegazione di un fatto sopravvenuto, assunto da una sola parte come idoneo a determinare la cessazione della materia del contendere, comporta la necessità della valutazione del giudice, a cui spetterà l’eventuale dichiarazione dell’avvenuto soddisfacimento del diritto azionato ovvero la pronuncia sul merito dell’azione» (Cass., Sez. 6 – 5, n. 5188 del 16/03/2015, Rv. 634695; in termini, Cass. n. 13217 e n. 27598 del 2013, n. 16150 del 2010, n. 10553 del 2009, n. 909 del 2006, n. 11962 del 2005, nonché Cass.,

U., n. 13969 del 2004), precisandosi che «Nell’ipotesi di pagamento avvenuto nel corso del giudizio non si verifica la cessazione della materia del contendere (che presupponendo il venir meno delle ragioni di contrasto fra le parti, fa venir meno la necessità della pronuncia del giudice) allorché l’obbligato non rinunci alla domanda diretta all’accertamento dell’inesistenza del debito» (Cass., Sez. 3, n. 15705 del 08/11/2002, Rv. 558347; in termini

già Cass., Sez. I, n. 3482 del 08/06/1985, Rv. 441115, nonché Sez. 2, n. 26005 del 23/12/2010, Rv. 615873);

— orbene, l’applicazione di detti principi al caso in esame, in cui la CTR ha dichiarato cessata la materia del contendere sul solo presupposto, di per sé insufficiente, dell’intervenuto pagamento da parte del contribuente, nel corso del giudizio di secondo grado, dell’imposta dovuta sulla base dell’avviso di accertamento impugnato e nonostante la specificazione fatta dal predetto contribuente che a ciò si era determinato «al solo fine di evitare una ingiusta esecuzione», peraltro, avanzando espressa richiesta di restituzione delle somme versate ed «insistendo “nelle già rassegnate conclusioni”» (ricorso, pag. 2), comporta raccoglimento del

ricorso, la cassazione della sentenza impugnata con rinvio alla competente CTR perché esamini il merito delle questioni poste nel giudizio dalle parti e provveda, altresì, alla regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità;

P.Q.M.

accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Calabria, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma il 06/12/2018


 

COMMENTO

La cessata materia del contendere presuppone che, in corso di causa, siano intervenuti fatti che abbiano eliminato le ragioni del contrasto e tale non può considerarsi il pagamento con animo di rivalsa.

Il contribuente deduceva il vizio di ultrapetizione della sentenza della CTR, che aveva pronunciato la cessata materia del contendere, attenendosi alla sola dichiarazione dell’ente impositore di avvenuto pagamento in corso di causa, senza che fosse stata presentata la medesima richiesta dalla controparte che, peraltro, aveva manifestato la volontà di pagare con animo di rivalsa, al fine di evitare una ingiusta esecuzione forzata, onde ottenere la ripetizione dell’indebito.

L’estinzione del giudizio per cessata materia del contendere, prevista dall’art. 46 del D.lgs.546/92, nel processo tributario, ha sempre creato notevoli dubbi interpretativi, essendo una norma di origine giurisprudenziale.

Secondo la costante giurisprudenza civile, la cessazione della materia del contendere non si verifica allorché l’obbligato non rinunci alla domanda sull’accertamento dell’inesistenza del debito o del quantum dovuto, se deduca di non dover o dovere corrispondere un importo inferiore rispetto a quello preteso dal creditore. In tale evenienza la lite resterà pendente e l’interesse ad agire resterà circoscritto alla ripetizione dell’indebito, all’esito favorevole del giudizio (Cass. Civ. 11552 del 11/05/2017).

La cessazione della materia del contendere si ha in presenza del venir meno dell’interesse ad agire in corso di causa, se sub iudice si verifichino fatti tali da far cessare la ragioni della contrapposizione. Non necessita di un accordo espresso sulle rispettive posizioni, ma richiede comunque una volontà inequivocabile, ancorché tacita.

La sentenza di cessata materia del contendere è una sentenza dichiarativa sull’impossibilità di procedere alla definizione del giudizio per il venir meno dell’interesse delle parti ad una pronuncia di merito e il pagamento con animo di rivalsa non fa venir meno l’interesse ad agire.   

Dott. Francesco Rubera