Cass. civ., sez. VI-5, ord., 1° febbraio 2022 n. 2963


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCIOTTI Lucio – Presidente –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – rel. Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3921-2020 proposto da:

Z.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIOACCHINO GESMUNDO 4, presso il suo studio, rappresentato e difeso da se stesso; – ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI, 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;        – resistente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE – DIREZIONE PROVINCIALE DI ROMA (OMISSIS);                                                         – intimata –

avverso la sentenza n. 7099/9/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE del LAZIO, depositata il 19/12/2019; udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 14/12/2021 dal Consigliere Relatore Dott. COSMO CROLLA.

Svolgimento del processo

che:

  • Z.G. promuoveva giudizio di ottemperanza della sentenza nr. 8595 del 6/12/2018 emessa dalla Commissione Tributaria della Regione Lazio che annullava la cartella di pagamento emessa nei confronti del contribuente relativa all’Irap anno 2003 e condannava l’Amministrazione Finanziaria alla restituzione della somma di Euro 6.872,33 oltre accessori.
  • La Commissione Tributaria Regionale del Lazio, dato atto che nelle more del giudizio di ottemperanza l’Agenzia delle Entrate aveva effettuato il rimborso, provvedendo anche al pagamento degli interessi, dichiarava cessata la materia del contendere e compensava le spese di giudizio.
  • Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione il contribuente deducendo un unico motivo. L’Agenzia delle Entrate si è costituita tardivamente al solo scopo di partecipare all’eventuale udienza di discussione.
  • Sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis c.p.c., risulta regolarmente costituito il contraddittorio. Il contribuente ha depositato memoria illustrativa.

 

Motivi della decisione

che:

  1. Con un unico motivo dedotto – ai fini dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – il contribuente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., per aver erroneamente la CTR disposto la compensazione delle spese.
  1. Il motivo è fondato.

2.1 E’ circostanza pacifica che la l’Amministrazione Finanziaria si sia resa inadempiente nel rimborsare al contribuente delle somme indebitamente versate da quest’ultimo per l’imposta Irap. Solo nel corso del giudizio di ottemperanza l’Agenzia delle Entrate ha assolto all’obbligo restitutorio sicché è fuor di dubbio che sussiste soccombenza virtuale dell’Ufficio.

2.2 Nel caso di specie, il Tribunale ha ritenuto opportuno compensare le spese del giudizio di ottemperanza valorizzando il comportamento dell’Agenzia delle Entrate che “già prima del deposito del ricorso aveva trasmesso al concessionario della Riscossione l’ordine di sgravio delle imposte indebitamente pagate e si è fattivamente attivata affinché il contribuente ricevesse in tempi brevi rimborso che ha riguardato altre partite creditorie sospese con l’Agenzia delle Entrate”.

2.3 Detta circostanza, se può rilevare ai fini dell’esclusione della condanna della condanna ex art. 96 c.p.c., non è certamente idonea a spiegare alcun effetto sul governo delle spese in quanto il sollecito pagamento avvenuto dopo che è stato promosso il giudizio di ottemperanza, preceduto dalla infruttuosa formale messa in mora, non implica alcuna forma di soccombenza reciproca, né costituisce, di per sé sola, una valida ragione per discostarsi dal criterio generale della soccombenza previsto dall’art. 91 c.p.c., e dal D.Lgs. n. 546 del 2012, art. 15.

3. Ne consegue l’accoglimento del ricorso e la cassazione della sentenza con rinvio alla CTR, in diversa composizione, anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte: accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio in diversa composizione anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

Conclusione

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 14 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 1 febbraio 2022


COMMENTO: Con l’ordinanza n. 2963/2022, la sezione filtro della Corte di Cassazione accoglie il ricorso di un contribuente avverso la statuizione di compensazione delle spese di lite, emessa dalla Commissione Tributaria Regionale del Lazio all’esito di un giudizio di ottemperanza.

La vicenda trae origine dalla sentenza di annullamento di una cartella relativa ad IRAP 2003, con la quale l’Amministrazione Finanziaria veniva condannata alla restituzione delle somme indebitamente percepite, oltre relativi accessori.

A seguito di tale sentenza, il contribuente proponeva giudizio di ottemperanza, nelle more del quale l’Agenzia delle Entrate provvedeva al rimborso delle somme indebitamente percepite, maggiorate dei relativi interessi.

La Commissione Tributaria Regionale del Lazio, volendo premiare il virtuoso atteggiamento dell’Amministrazione finanziaria, riteneva di applicare l’art.  92, comma 2, c.p.c. che, al verificarsi di determinate condizioni, ammette la compensazione delle spese processuali.

In relazione a tale valutazione il contribuente promuoveva ricorso per Cassazione, che motivava con la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. 

La Suprema Corte, chiamata ad esprimersi, contestando la posizione della Commissione Tributaria laziale, non ritiene applicabile al caso di specie l’ipotesi compensativa prevista, attualmente, ai sensi dell’art. 15, comma 2 D.lgs. 546/92.

In ambito tributario, infatti, la condanna alle spese segue la disciplina dell’art. 15 d.lgs. 546/92, che si pone in rapporto di specialità rispetto al generale principio civilista disciplinato all’art. 91 c.p.c. 

Nella sua formulazione più recente, così come novellato ai sensi dell’art. 9, comma 1, lettera f), D.lgs. 156/2015, l’art. 15 D.lgs. 546/1992 prevede che la parte soccombente sia condannata a rimborsare le spese di giudizio liquidate in sentenza, le quali tuttavia possono essere compensate in tutto o in parte dalla Commissione tributaria, in caso di soccombenza reciproca o qualora sussistano gravi ed eccezionali ragioni, che devono essere espressamente motivate. Inoltre, ai sensi del comma 2-bis, si estende al contenzioso tributario l’applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 96, commi primo e terzo, del Codice di procedura civile.

In merito alla nozione di “gravi ed eccezionali ragioni”, con l’ordinanza n. 29211 del 21.12.2020, condensando e cristallizzando una serie di pronunce precedenti, la Corte di Cassazione chiarisce come ”In tema di spese giudiziali, le “gravi ed eccezionali ragioni”, da indicarsi esplicitamente nella motivazione della sentenza ed in presenza delle quali il giudice può compensare, in tutto o in parte, le spese del giudizio, devono trovare puntuale riferimento in specifiche circostanze o aspetti della controversia decisa e comunque devono essere appunto indicate specificamente e non possono essere espresse con una formula generica, in quanto inidonea a consentire il necessario controllo. In proposito, il riferimento alla natura del contenzioso non è idoneo a consentire il controllo sulla congruità delle ragioni in grado di giustificare la compensazione delle spese di lite, così come quello al valore modesto della controversia, atteso che, proprio nel caso in cui l’importo delle spese di lite risulti tale da vanificare il pregiudizio economico che la parte ha inteso evitare, l’immotivata compensazione delle spese finisce col pregiudicare il concreto esercizio del diritto di difesa garantito dall’art. 24 Cost.”.

Alla luce di tale consolidata interpretazione, la Corte ritiene che la valorizzazione dell’atteggiamento dell’Agenzia, al punto da ritenere compensate le spese di lite, non sia condivisibile, potendo tale condotta al più scongiurare una condanna per lite temeraria ai sensi dell’art. 96 c.p.c.

Ancora, secondo la Corte, la motivazione addotta dalla Commissione Tributaria Regionale del Lazio, secondo cui l’Amministrazione “già prima del deposito del ricorso aveva trasmesso al concessionario della Riscossione l’ordine di sgravio delle imposte indebitamente pagate e si è fattivamente attivata affinché il contribuente ricevesse in tempi brevi rimborso che ha riguardato altre partite creditorie sospese con l’Agenzia delle Entrate“, appare altresì insufficiente ad integrare le caratteristiche di “gravi ed eccezionali ragioni” necessarie all’applicazione di una compensazione delle spese di lite ai sensi dell’art. 15, comma 1, D.lgs. 546/92, considerando inoltre che tale solerzia si è manifestata solo a seguito dell’instaurazione del giudizio di ottemperanza di cui si va discutendo.

La Corte ritiene infatti che la promozione del giudizio di ottemperanza comporti in se stessa ragione all’applicazione del principio di soccombenza, così come disciplinato ai sensi dell’art. 91 c.p.c., a nulla rilevando la buona volontà, già tardiva, dell’Amministrazione, alla restituzione delle somme indebitamente versate dal contribuente. 

Ritenendo perciò applicabile al caso di specie il generale principio di soccombenza ai sensi degli artt. 91 c.p.c. e 15 D.lgs. 546/1992, la Corte accoglie il ricorso del contribuente, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio, in diversa composizione, anche per la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.

In tema di processo tributario, dunque, la Corte di Cassazione stabilisce che, qualora l’Amministrazione Finanziaria proceda a ordinare lo sgravio delle imposte indebitamente pagate e a rimborsare il contribuente nelle more del giudizio di ottemperanza, anche se prima della sua definizione, debba sottostare alla disciplina del novellato art. 15 D.lgs. 546/1992, vedendosi dunque condannata al pagamento delle spese processuali.

Dott.ssa Francesca Visonà