Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado dell’Emilia Romagna, sez. n. 10, 18 gennaio 2023 n. 104
In data 03.09.2018, il sig. M. riceveva un avviso di accertamento n. XXXX/2018 relativo all’anno 2013, in cui il Comune di OMISSIS contestava al ricorrente l’infedele dichiarazione e il parziale versamento dell’imposta IMU per l’anno 2016;
Il contribuente proponeva ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Modena che, con la sentenza in epigrafe, lo respingeva compensando le spese di giudizio.
Avverso la sentenza si gravava il sig. M. chiedendone l’integrale riforma e rivendicando il diritto al riconoscimento delle agevolazioni asseritamente spettantegli come coltivatore diretto.
Si costituiva in resistenza il Comune di OMISSIS instando per la reiezione del gravame. Nella camera di consiglio del 19 settembre 2022 il ricorso veniva trattenuto per la decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
La parte appellante ritiene che la sentenza impugnata sia da censurare in toto ed in particolare nella parte in cui prevede che le agevolazioni previste per i coltivatori diretti e gli imprenditori agricoli principali non vadano estese ai pensionati dell’agricoltura, nonché nella parte in cui non riconosce in capo al ricorrente la qualifica di diretto conduttore del fondo.
Deduce infatti la ricorrente che il Comune avrebbe omesso di applicare l’art. 1, comma 13, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 secondo cui “Sono, altresì, esenti dall’IMU i terreni agricoli: a) posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali (…) iscritti alla previdenza agricola, indipendentemente dalla loro ubicazione”.
Il ricorrente assume di rispondere a tutti i requisiti della norma riportata ovvero il possesso di un fondo destinato a utilizzazione agro – silvo – pastorale, l’esercizio di attività dirette alla coltivazione del fondo stesso, la qualifica soggettiva di coltivatore diretto e l’iscrizione alla previdenza agricola.
La tesi non può essere condivisa.
Come rilevato dai primi giudici la controversia nasce da una diversa interpretazione della normativa IMU che riconosce agevolazioni per i terreni posseduti e condotti da coltivatori diretti ed imprenditori agricoli “iscritti alla previdenza agricola” richiedendosi in entrambe le ipotesi la conduzione diretta del fondo L’art. 8 -bis del DI n. 201/2011 prevede per i terreni agricoli “posseduti da coltivatori diretti o da imprenditori agricoli professionali, iscritti nella previdenza agricola, purché dai medesimi condotti” una serie di riduzioni dell’imposta, e dal 2016 l’esenzione completa dall’IMU.
Ma la questione assume peraltro una connotazione diversa in relazione alla circostanza che la parte ricorrente non trae dall’attività esercitata la quota prevalente del proprio reddito percependo un reddito da pensione.
Più esattamente il ricorrente è proprietario del terreno agricolo concesso in affitto, iscritto come coltivatore diretto, ma percepisce reddito da pensione, oltre a detenere il 50 % delle quote di una società semplice, la “Società agricola le sorelle” da cui percepisce un reddito.
In proposito la Corte di cassazione ha ritenuto che in tema di ICI (o di IMU), il trattamento agevolato di cui all’articolo 9 del D.lgs. n. 504 del 1992, per i terreni agricoli posseduti da coltivatori diretti o da imprenditori agricoli a titolo principale, spetta solo a quanti traggono dal lavoro agricolo la loro prevalente fonte di reddito e non va, quindi, riconosciuto al contribuente che, pur lavorando il fondo come coltivatore diretto, sia proprietario di numerosi immobili condotti in locazione, il cui reddito complessivo sia superiore a quello derivante dal fondo (Cass. civ. Sez. V, 16/06/2020, n. 11612).
Si è precisato in proposito che l’agevolazione fiscale prevista dall’art. 9 del d.lgs. n. 504 del 1992 per i terreni agricoli posseduti dai soggetti di cui all’art. 58 del d.lgs. n. 446 del 1997, è subordinata alla ricorrenza dei requisiti della qualifica, da parte del possessore, di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo a titolo principale, desumibile dall’iscrizione negli appositi elenchi di cui all’art. 11 della l. n. 9 del 1963, e della conduzione effettiva dei terreni, che, invece, deve essere provata in via autonoma dal contribuente, atteso che la “ratio” della disposizione è quella di incentivare la coltivazione della terra alleggerendo il carico tributario dei soggetti che ritraggono dal lavoro agricolo la loro esclusiva fonte di reddito.
La ratio della disposizione agevolativa è quello di incentivare la coltivazione della terra e di alleggerire del carico tributario quei soggetti che ritraggono dal lavoro della terra la loro esclusiva fonte di reddito, così come richiamato dalla ordinanza della Corte Costituzionale n. 87/2005 (in termini anche ordinanza Corte Cost. n. 336/2003) che, ai fini dell’applicazione dell’Ici, pronunciandosi sulla legittimità costituzionale del D.lgs. n. 446 del 1997, art. 58, comma 2, nella parte in cui esclude i coltivatori diretti, titolari di pensione maturata a seguito dell’obbligatoria iscrizione alla relativa gestione previdenziale, dalle agevolazioni previste nel D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 9, ha statuito che “la giustificazione dell’agevolazione fiscale di cui si tratta risiede evidentemente in un intento di incentivazione dell’attività agricola, connesso alla finalità di razionale sfruttamento del suolo cui fa riferimento l’art. 44 Cost., e in relazione alla suddetta ratio incentivante non appare manifestamente irragionevole che da tale beneficio siano esclusi coloro che – nel fatto di godere di trattamenti pensionistici – all’evidenza non traggono dal lavoro agricolo la loro esclusiva fonte di reddito”(Cass. civ. Sez. V Ord., 12/04/2019, n. 10284).
Il maturare del trattamento pensionistico esclude che il soggetto che ha fruito dell’agevolazione fino a quel momento possa essere ancora considerato coltivatore diretto, ostando lo status di pensionato al riconoscimento dell’agevolazione, indipendentemente dalla circostanza che la pensione si riferisca o meno all’attività lavorativa in agricoltura ed essendo irrilevante che il soggetto sia ancora iscritto negli elenchi e continui a versare i contributi volontari in costanza di trattamento pensionistico.
La Corte ha infatti chiarito come “in tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), il trattamento agevolato previsto dal D.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 9, per i terreni agricoli posseduti da coltivatori diretti o da imprenditori agricoli a titolo principale, spetta solo a quanti traggono dal lavoro agricolo la loro esclusiva fonte di reddito e non va, quindi, riconosciuto, a chi sia titolare di pensione, avendo ottenuto la cancellazione dall’elenco dei coltivatori diretti” Cass. civ., Sez. V, 08-11-2017, n. 26455; id. Sez. V, 31-05-2017, n. 13745).
Non giova al ricorrente richiamare l’art. 16-ter del d.l. 30 aprile 2019, n. 34 a tenore del quale “le agevolazioni tributarie riconosciute ai fini dell’imposta municipale propria, alle condizioni previste dal comma 2 dell’articolo 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214 si intendono applicabili anche alle società agricole di cui all’articolo 1, comma 3, del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99″.
Invero, anche la natura interpretativa e perciò retroattiva della norma non elide la questione dell’impossibilità di applicazione della norma stessa al caso concreto dal momento che i terreni di cui trattasi non sono posseduti dalla società ma da contribuenti persone fisiche ossia la ricorrente e il coniuge.
Segue da quanto esposto che l’appello va rigettato, compensando tuttavia le spese processuali in ragione della natura interpretativa delle questioni trattate.
P.Q.M.
La Corte tributaria di 2° grado dell’Emilia Romagna, sez. X, definitivamente pronunciando, respinge l’appello e conferma la sentenza impugnata.
Spese compensate.
COMMENTO: La Sentenza 18/01/2023 n. 104 emessa dalla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado dell’Emilia Romagna offre lo spunto per analizzare la questione assai dibattuta in giurisprudenza relativamente alle agevolazioni IMU spettanti ai pensionati agricoli.
La Corte di Giustizia tributaria di II grado dell’Emilia-Romagna, con la sentenza n. 104/2023 infatti ha ribadito l’importanza di un requisito necessario per permettere ad un pensionato agricolo di beneficiare dell’esenzione IMU. A detta dei giudici emiliani infatti non è sufficiente essere pensionato da agricoltura per ottenere il riconoscimento dell’esenzione IMU sui terreni, ma è necessario altresì che il trattamento pensionistico sia la principale fonte di reddito del contribuente. Nel caso di specie un contribuente riceveva un avviso di accertamento nell’anno 2018 a mezzo del quale gli veniva contestato da parte del comune l’infedele dichiarazione ed il parziale versamento dell’imposta IMU per l’anno 2013. Il contribuente proponeva ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Modena sostenendo di rispondere a tutti i requisiti previsti dalla normativa IMU in materia di esenzione agricola, ovvero il possesso di un fondo destinato a utilizzazione agro – silvo – pastorale, l’esercizio di attività dirette alla coltivazione del fondo stesso, la qualifica soggettiva di coltivatore diretto e l’iscrizione alla previdenza agricola.
A detta del ricorrente infatti l’ente avrebbe omesso di applicare l’art. 1, comma 13, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 secondo cui “Sono, altresì, esenti dall’IMU i terreni agricoli: a) posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali (…) iscritti alla previdenza agricola, indipendentemente dalla loro ubicazione”. Malgrado ciò con sentenza di primo grado la commissione respingeva il ricorso non riconoscendo l’applicazione della norma favorevole al pensionato agricolo e compensando le spese di giudizio. Avverso tale sentenza si appellava il contribuente, chiedendone l’integrale riforma e rivendicando il diritto al riconoscimento delle agevolazioni che lo stesso asseriva fossero di sua spettanza in quanto coltivatore diretto.
Come rilevato dai giudici di primo grado la controversia in oggetto nasce da una diversa interpretazione della normativa IMU che riconosce agevolazioni per i terreni posseduti e condotti da coltivatori diretti ed imprenditori agricoli “iscritti alla previdenza agricola” richiedendosi in entrambe le ipotesi la conduzione diretta del fondo. L’art. 8-bis del DI n. 201/2011 prevede per i terreni agricoli “posseduti da coltivatori diretti o da imprenditori agricoli professionali, iscritti nella previdenza agricola, purché dai medesimi condotti” una serie di riduzioni dell’imposta, e dal 2016 l’esenzione completa dall’IMU. Ma, rilevano i giudici, la questione assume una connotazione diversa in relazione alla circostanza che la parte ricorrente non trae dall’attività esercitata la quota prevalente del proprio reddito percependo un reddito da pensione. Più esattamente il ricorrente è proprietario del terreno agricolo concesso in affitto, iscritto come coltivatore diretto, ma percepisce reddito da pensione, oltre a detenere il 50 % delle quote di una società semplice, da cui percepisce un reddito.
In proposito la Corte di cassazione ha ritenuto che in tema di ICI, il trattamento agevolato di cui all’articolo 9 del D.lgs. n. 504 del 1992, per i terreni agricoli posseduti da coltivatori diretti o da imprenditori agricoli a titolo principale, spetta solo a quanti traggono dal lavoro agricolo la loro prevalente fonte di reddito e non va, quindi, riconosciuto al contribuente che, pur lavorando il fondo come coltivatore diretto, sia proprietario di numerosi immobili condotti in locazione, il cui reddito complessivo sia superiore a quello derivante dal fondo (Cass. civ. Sez. V, 16/06/2020, n.11612).
La corte precisa in proposito come già nel periodo di vigenza dell’ICI, l’agevolazione fiscale prevista dall’art. 9 del d.lgs. n. 504 del 1992 per i terreni agricoli posseduti dai soggetti di cui all’art. 58 del d.lgs. n. 446 del 1997, era subordinata alla ricorrenza dei requisiti della qualifica, da parte del possessore, di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo a titolo principale, desumibile dall’iscrizione negli appositi elenchi di cui all’art. 11 della l. n. 9 del 1963, e della conduzione effettiva dei terreni, che, invece, doveva essere provata in via autonoma dal contribuente, atteso che la “ratio” della disposizione era quella di incentivare la coltivazione della terra alleggerendo il carico tributario dei soggetti che ritraggono dal lavoro agricolo la loro esclusiva fonte di reddito.
La ratio della disposizione agevolativa in materia di ICI ed IMU agricola è sempre stata in effetti quella di incentivare la coltivazione della terra e di alleggerire del carico tributario quei soggetti che ritraggono dal lavoro della terra la loro esclusiva fonte di reddito, così come richiamato dalla ordinanza della Corte Costituzionale n. 87/2005 (in termini anche ordinanza Corte Cost. n. 336/2003) che, ai fini dell’applicazione dell’ICI, pronunciandosi sulla legittimità costituzionale del D.lgs. n. 446 del 1997, art. 58, comma 2, nella parte in cui esclude i coltivatori diretti, titolari di pensione maturata a seguito dell’obbligatoria iscrizione alla relativa gestione previdenziale, dalle agevolazioni previste nel D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 9, ha statuito che “la giustificazione dell’agevolazione fiscale di cui si tratta risiede evidentemente in un intento di incentivazione dell’attività agricola, connesso alla finalità di razionale sfruttamento del suolo cui fa riferimento l’art. 44 Cost., e in relazione alla suddetta ratio incentivante non appare manifestamente irragionevole che da tale beneficio siano esclusi coloro che – nel fatto di godere di trattamenti pensionistici – all’evidenza non traggono dal lavoro agricolo la loro esclusiva fonte di reddito” (Cass. civ. Sez. V Ord., 12/04/2019, n. 10284).
Il maturare del trattamento pensionistico a detta dei giudici di secondo grado escluderebbe pertanto che il soggetto che ha fruito dell’agevolazione fino a quel momento possa essere ancora considerato coltivatore diretto, ostando lo status di pensionato al riconoscimento dell’agevolazione, indipendentemente dalla circostanza che la pensione si riferisca o meno all’attività lavorativa in agricoltura ed essendo irrilevante che il soggetto sia ancora iscritto negli elenchi e continui a versare i contributi volontari in costanza di trattamento pensionistico.
La Corte ha infatti chiarito come “in tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), il trattamento agevolato previsto dal D.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 9, per i terreni agricoli posseduti da coltivatori diretti o da imprenditori agricoli a titolo principale, spetta solo a quanti traggono dal lavoro agricolo la loro esclusiva fonte di reddito e non va, quindi, riconosciuto, a chi sia titolare di pensione, avendo ottenuto la cancellazione dall’elenco dei coltivatori diretti” (Cass. civ., Sez. V, 08-11-2017, n. 26455; id. Sez. V, 31-05-2017, n. 13745).
Inoltre non ha alcuna rilevanza secondo la corte, invocare, come ha fatto il ricorrente l’applicazione dell’art. 16-ter del d.l. 30 aprile 2019, n. 34 a tenore del quale “le agevolazioni tributarie riconosciute ai fini dell’imposta municipale propria, alle condizioni previste dal comma 2 dell’articolo 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214 si intendono applicabili anche alle società agricole di cui all’articolo 1, comma 3, del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99″. Ciò in quanto anche la natura interpretativa e perciò retroattiva della norma non elide nel caso di specie la questione dell’impossibilità di applicazione della norma stessa, dal momento che i terreni di cui trattasi non sono posseduti dalla società ma da contribuenti persone fisiche ossia la ricorrente e il coniuge.
Per tali motivazioni la Corte di Giustizia tributaria di secondo grado dell’Emilia Romagna rigetta l’appello, compensando tuttavia le spese processuali in ragione della natura interpretativa delle questioni trattate.
La sentenza in esame, come detto in premessa va ad occuparsi di un tema molto dibattuto sia a livello dottrinario che giurisprudenziale, e che andremo di seguito ad analizzare per sommi capi, evidenziando in particolar modo le criticità e gli aspetti di contrasto emersi dal confronto con la più recente giurisprudenza della Corte di Cassazione.
Innanzitutto va osservato come nel corso del tempo, intervenendo sull’argomento, l’Amministrazione finanziaria ed il particolare il MEF, per mezzo della risoluzione del Dipartimento politiche fiscali n. 1/DF del 28 febbraio 2018, abbia ritenuto compatibile lo status di pensionato con la qualifica di CD/IAP e la possibilità di continuare ad essere iscritto nella relativa previdenza agricola, con conseguente applicabilità dei benefici per coloro che continuano a coltivare i terreni. Con tale risoluzione il Direttore Generale delle Finanze sottolineava come ai fini IMU sono esenti tutti i terreni agricoli, posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali di cui all’art. 1 del d.lgs. n. 99/2004, iscritti nella previdenza agricola, anche se già pensionati, indipendentemente dall’ubicazione dei terreni stessi, e sono considerati non edificabili i terreni posseduti e condotti dagli stessi soggetti, sui quali persiste l’utilizzazione agro-silvo-pastorale mediante l’esercizio di attività dirette alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura, alla funghicoltura e all’allevamento di animali. Va ricordato poi che in merito, proprio al fine di dirimere i numerosi contenziosi promossi dai comuni che lamentavano la carenza dei presupposti per l’esenzione, il legislatore è intervenuto mediante l’introduzione dell’art. 78 bis del d.l. n. 104/2020, il quale, al comma 3, dispone, con effetto retroattivo, che l’esenzione spetta anche ai pensionati che continuano a svolgere l’esercizio di attività agricole, a condizione che abbiano la qualifica di coltivatore diretto o imprenditore agricolo professionale e mantengano l’iscrizione nella gestione previdenziale ed assistenziale agricola.
Si rammenta infine come nel periodo di vigenza dell’ICI, ai fini delle agevolazioni per i terreni agricoli, la norma faceva riferimento, sotto il profilo soggettivo, all’art. 58 del d.l.gs. n. 446/1997, il quale stabiliva che «si considerano coltivatori diretti od imprenditori agricoli a titolo principale le persone fisiche iscritte negli appositi elenchi comunali previsti dall’art. 11 della legge 9 gennaio 1963, n. 9, e soggette al corrispondente obbligo dell’assicurazione per invalidità, vecchiaia e malattia». Con l’avvento dell’IMU, le agevolazioni sono state confermate, ma le disposizioni richiamate sono contenute nel d.lgs. n. 99/2004 che riguarda sia le persone fisiche, sia le società, con particolare riferimento, per queste ultime, alle società in possesso della qualifica di IAP. Quest’ultima imposta, infatti, a norma dell’art. 8, comma 1, del D. Lgs. 14 marzo 2011, n. 23, ha sostituito l’ICI introducendo proprio nel settore agricolo significative modifiche, considerato che nella disciplina dell’IMU non è stata più riprodotta la disposizione recata dal comma 21 dell’art. 58 del D. Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, la quale si riferiva al CD e alle persone fisiche, iscritte in appositi elenchi comunali oramai soppressi, qualificabili come imprenditori agricoli a titolo principale (IATP) – figura professionale quest’ultima sostituita da quella dello IAP, di cui all’art. 1 del D. Lgs. n. 99 del 2004, a cui fa rinvio il nuovo regime IMU e che non ricomprende solo le persone fisiche.
Ma tornando a focalizzarci sul caso di specie, i giudici hanno confermato la tesi sostenuta dall’ente impositore secondo la quale il contribuente pensionato agricolo, non poteva usufruire delle agevolazioni previste dall’art. 13 del d.l. n. 201/2011 difettando in particolare del requisito della prevalenza del reddito derivante dall’attività agricola rispetto a redditi di altra natura.
Ebbene tale decisione che segue un filone espresso dalla giurisprudenza di merito a dire il vero piuttosto consolidato in materia si va però a porre in contrasto con il recentissimo orientamento pronunciato dalla Corte di Cassazione che esprimendosi in merito ad un caso che presenta forti analogie con quello oggetto della presente trattazione, ha cassato una sentenza della Commissione regionale del Piemonte. Commissione regionale piemontese che, similmente a quella emiliana di cui in oggetto, si era espressa sul tema negando l’agevolazione IMU ad un pensionato agricolo ed enunciando che, come già previsto per l’ICI, il riconoscimento dell’agevolazione sui terreni agricoli è subordinato alla percezione esclusiva o prevalente del reddito dall’attività agricola mentre la fonte di reddito del contribuente in questione era costituita dal trattamento pensionistico e non dalla conduzione dei terreni.
Con sentenza Cass. Sez. trib. 15 maggio 2023, n. 13131 emessa in relazione ad un giudizio espresso per la medesima fattispecie è stata infatti cassata senza rinvio la Commissione tributaria regionale Piemonte 20 aprile 2021 in materia di difetto della qualifica di coltivatore diretto o imprenditore agricolo professionale ed in particolare di difetto del requisito della prevalenza del reddito derivante dall’attività agricola rispetto a redditi di altra natura (reddito da pensione); escludendo la rilevanza di tale aspetto ai fini dell’applicazione IMU e di fatto giungendo a conclusioni in buona sostanza antitetiche rispetto a quelle esposte ed nel caso di specie analizzato del presente scritto.
Nel merito infatti, la Cassazione nel giudizio sopra indicato, ha richiamato, in via preliminare, il disposto dell’art. art. 78 bis del d.l. n. 104/2020, rilevando poi che, ai sensi dell’art. 1, commi 1 e 2, della legge n. 212/2000, le disposizioni in materia di IMU si interpretano nel senso che si considerano coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali anche i pensionati che, continuando a svolgere attività in agricoltura, mantengono l’iscrizione nella relativa gestione previdenziale e assistenziale agricola.
Attenendosi alle norme che disciplinano il tributo ed anche a quelle previdenziali, ed appurato che nell’ordinamento manca una nozione generale di coltivatore diretto applicabile ad ogni fine di legge, la Suprema Corte ha ritenuto che è ormai sufficiente, anche ai fini fiscali, la presenza della sola iscrizione ai fini previdenziali, senza necessità di procedere ad un accertamento ulteriore in ordine all’attività in concreto svolta ed alla prevalenza dei redditi. Infatti, l’art. 78 bis, comma 3, del d.l. n. 104 del 2020, nell’interpretare autenticamente e con effetti retroattivi la disciplina IMU, nel senso di considerare coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali anche i pensionati, richiede soltanto che gli stessi continuino a svolgere attività in agricoltura con modalità idonee a mantenere l’iscrizione nella relativa gestione previdenziale e assistenziale agricola.
Sulla base di tali considerazioni, accogliendo il ricorso del contribuente, i giudici di legittimità hanno, quindi, affermato il seguente principio di diritto: “In tema di IMU, per effetto delle norme di interpretazione autentica di cui al D.L. n. 104 del 2020, art. 78-bis, commi 2 e 3, convertito con modificazioni dalla l. n. 104 del 2020, applicabili retroattivamente, la condizione di pensionato non può costituire di per sé un elemento ostativo ai fini del trattamento agevolativo per i terreni agricoli dallo stesso posseduti in quanto la permanenza del requisito dell’iscrizione alla previdenza agricola, che già presuppone una valutazione del reddito agrario rispetto ad altri redditi, secondo i criteri fissati ai fini previdenziali, costituisce l’unica condizione richiesta per la fruizione dei benefici fiscali”.
Appare pertanto evidente come le conclusioni a cui sono giunti gli ermellini rispetto ad una vicenda similare a quella esaminata nel presente scritto siano piuttosto lontane e per certi versi contrarie a quelle proposte dai giudici di merito della Corte emiliana. Ciò a sottolineare la complessità interpretativa della vicenda che non a caso negli ultimi anni ha alimentato un contenzioso piuttosto esteso che gli uffici tributi dei comuni si trovano a dover fronteggiare da diverso tempo; uffici a cui si ritiene possa essere utile fornire ulteriori approfondimenti sulla questione analizzando con maggiore dettaglio in un successivo articolo proprio i principi enunciati dalla Cassazione con la suddetta sentenza n. 13131/2023 nella quale oltre al tema testé trattato della prevalenza del reddito agricolo rispetto a redditi di natura diversi, vengono presi in considerazione anche gli aspetti correlati alla particolare figura del coadiutore agricolo.
Dott. Francesco Foglia