Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Friuli Venezia Giulia, Sezione/Collegio 1, Sent., 16 novembre 2022, n. 239


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza 285/02/18 la Commissione Tributaria Provinciale di Trieste aveva accolto il ricorso proposto dalla sig.ra (OMISSIS), residente in Trieste, avverso la cartella di pagamento n. 11420170000892617 REGISTRO 2005, emessa da Equitalia-Trieste (per ruolo n. 2017/202 emesso dalla Agenzia delle Entrate, Direzione provinciale 1 Roma, Ufficio territoriale di Roma 2 Aurelio, reso esecutivo in data 6.02.2017), notificata il 30.05.2017, con condanna della soccombente Agenzia delle Entrate-Riscossione a spese.

Respinta l’eccezione di incompetenza territoriale sollevata dall’Agenzia della riscossione (succeduta a Equitalia), la Prima Commissione ha concordato sulla prescrizione sostenuta dalla ricorrente, poiché l’Agenzia non aveva comunicato alcuna notizia sull’eventuale avvenuta notifica dell’avviso di liquidazione o altro atto interruttivo della prescrizione.

La contribuente, elettivamente dom.ta in Roma sin dal primo grado presso lo studio dell’Avv. (OMISSIS), ha depositato in data 21.05.2019 presso la Commissione Regionale controdeduzioni al ricorso in appello notificato in data 6/5/2019 e ricevuto il 9/5/2019, con appello incidentale. Concludendo per il rigetto dell’appello proposto e per la conferma dell’impugnata sentenza, ovvero per l’accoglimento, se del caso, dell’appello incidentale (concernente omessa indicazione in cartella della data di notifica o comunicazione dell’Avviso di Liquidazione 000020877 sottonumero 0 anno 2005 indicato come atto presupposto). Allegata documentazione (tra cui copia della cartella e copia istanza di reclamo dd. 19.07.2017).

Le controdeduzioni sono state rubricate sub RGA 107/19.

L’Agenzia delle Entrate-Riscossione ha depositato presso la Commissione appello in data 31.05.2019, concludendo per la riforma della sentenza impugnata e per l’accoglimento dell’appello. Con vittoria di spese. Richiesta contestuale di trattazione in pubblica udienza.

L’appello è stato rubricato sub RGA 116/19.

E’ constato in atti che la Segreteria ha notificato il 30.06.2022 via pec all’avv. (OMISSIS) avviso di trattazione per l’udienza dd. 5.09.2022 h. 16.00, concernente procedimento rubricato sub RGA 107/19, rappresentandosi trattazione in Camera di consiglio salvo il disposto dell’art. 33.1 DLgs 546/92.

E’ parimenti constato in atti che la Segreteria ha notificato il 29.08.2022 via pec all’avv. (OMISSIS) avviso di trattazione per l’udienza dd. 5.09.2022 h. 16.00, concernente procedimento rubricato sub RGA 107/19, in esso rappresentato essere stata presentata richiesta di trattazione in pubblica udienza.

All’udienza odierna (in cui è fissata la trattazione di ambo i procedimenti RRGGAA 107/19 e 116/19), dapprima riunito per connessione soggettiva ed oggettiva il procedimento RGA 116/19 al procedimento RGA 107/19), è presente unicamente l’Agenzia della riscossione. La quale, ammessa alla discussione, conclude come in atti.

La Commissione si è riservata la decisione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Fatto e diritto

La Cartella:

Con la cartella citata in apertura, emessa da Equitalia Trieste su incarico dell’Agenzia delle Entrate, di Roma 1, veniva richiesto alla sig.ra (OMISSIS) – come esposto nella sezione ‘Dettaglio degli importi dovuti forniti dall’Ente che ha emesso il ruolo’, nella specie Agenzia delle Entrate, Direzione provinciale 1 Roma, Ufficio territoriale di Roma 2 Aurelio, Largo Mossa, Roma – complessivamente Euro 4.650,13 quali somme dovute a seguito avviso di liquidazione n. 20877 anno 2005 per registrazione atto giudiziario emesso da Tribunale civile.

Il giudizio di Primo Grado:

Nel reclamo-ricorso dd. 19.07.2017, con indicate controparti Agenzia delle Entrate-Riscossione (corrente in Roma) e Agenzia delle Entrate-Riscossione-Area territoriale Trieste Gorizia (corrente in Trieste), la contribuente, eccepita nel merito “la omessa notificazione dell’avviso di liquidazione e/o omessa indicazione della data di (eventuale) notifica e/o prescrizione”, ha concluso con la richiesta di nullità/annullamento della cartella e/o il diritto sottostante per intervenuta prescrizione.

L’Agenzia-Riscossione Trieste, in controdeduzioni depositate il 12.09.2017, eccepita in via preliminare l’incompetenza territoriale della C.T.P. di Trieste in favore della C.T.P. di Roma, nel merito aveva richiesto alla C.T.P. ai sensi e per gli effetti dell’art. 39 D.lgs. 112/99 di disporre la chiamata in causa dell’Agenzia delle Entrate-Direzione provinciale di Roma, con onere a carico di parte ricorrente. Fermo per il concessionario della riscossione il rispetto dell’art. 19, comma 2, lett. a) Dlgs 112/99, stante tempestiva notifica della cartella a ricevimento del ruolo.

La Commissione Tributaria Provinciale [correttamente] individuata la propria competenza territoriale, si è direttamente pronunciata sulla prescrizione del credito “poiché l’Agenzia non comunica alcuna notizia sull’eventuale notifica dell’avviso di liquidazione o di altro atto interruttivo della prescrizione”, non pronunciandosi sulla richiesta di disporre la chiamata in causa dell’ente creditore. Il tale motivo deve intendersi implicitamente rigettato.

L’appello dell’Agenzia-Riscossione:

E’ articolato su due motivi:

– mancata pronuncia su punto fondamentale della controversia quale la mancata integrazione del contraddittorio con l’Ente creditore (dal che eccepito motivo di nullità della sentenza);

– sostanziale assenza di responsabilità dell’agente della riscossione stante che sulle questioni meritali legittimato a contraddire era l’Ente creditore, non evocato il giudizio dal ricorrente (dal che correttezza del comportamento dell’agente, estraneità dello stesso rispetto alle eccezioni della ricorrente).

MOTIVI DELLA DECISIONE

La decisione di prime cure va per gli effetti confermata, seppure per ragioni diverse.

Ciò stante che le questioni concernenti la omessa/mancata notificazione dell’avviso di liquidazione, la data eventuale della stessa e l’esistenza o meno di atti interruttivi della prescrizione implicavano, per aversi comprova in un senso o nell’altro, la legittimazione passiva al riguardo dell’Agenzia delle Entrate-Direzione provinciale di Roma 1. Comprove, queste, che non erano richiedibili all’Agenzia delle Entrate- Riscossione.

La Suprema Corte è ferma nell’affermazione del principio (fatto proprio in via consolidata dalla pronuncia a sezioni unite 16412/2007; ribadita in Cass. 13929/2019, in Cass. 8808/2021 e da ultimo ribadita in motivazione al punto 9 di Cass. U. 7514/2022) secondo cui in tema di riscossione mediante cartella di pagamento, allorché il contribuente possa contestare sia la pretesa tributaria sia la cartella come atto consequenziale, è rimessa al contribuente stesso la scelta di impugnare tale ultimo atto, deducendone ad es. la nullità per omessa notifica dell’atto presupposto o contestando in via alternativa la stessa pretesa tributaria azionata nei suoi confronti. In entrambi i casi, la legittimazione passiva spetta all’ente titolare del credito tributario e non già al concessionario del servizio di riscossione, al quale, se è fatto esclusivo destinatario dell’impugnazione, incombe l’onere – ai sensi dell’art. 39 D.lgs. 112/1999 [che, sotto la rubrica ‘Chiamata in causa dell’ente creditore’, dispone che: “nelle liti promosse contro di lui che non riguardano esclusivamente la regolarità o validità degli atti esecutivi, deve chiamare in causa l’ente creditore interessato”) non essendo il giudice tenuto a disporre d’ufficio l’integrazione del contraddittorio in quanto non è configurabile nella specie un litisconsorzio necessario (Cass. 5832/2011 et alia). Il concessionario, poi, è parte quando oggetto della controversia è l’impugnazione di atti viziati di errori ad esso direttamente imputabili.

La chiamata in giudizio prevista e disciplinata dall’art. 39 D.lgs. 112/1999 (Riordino del sistema nazionale della riscossione), con orientamento consolidato, viene qualificata come ‘litis denuntiatio‘ senza la necessità di autorizzazione da parte del giudice.

Non di meno sussiste la concorrente facoltà processuale dell’Agente della riscossione – ove unico destinatario dell’impugnazione della cartella di pagamento – di chiamare in causa l’ente creditore nelle forme dell’art. 23 del Dlgs 546/1992 e dell’art. 269 c.p.c. implicitamente richiamato dalla prima disposizione, con debita istanza.

Peraltro la richiesta di autorizzazione alla chiamata in causa va ricondotta nel paradigma dell’art. 106 c.p.c., con la conseguenza che la mancata autorizzazione costituisce oggetto di una valutazione discrezionale del giudice di primo grado, incensurabile in sede di impugnazione.

Quanto precede, stante la legittimazione passiva dell’Agenzia delle entrate ab initio sussistente, non evocata in giudizio a termini dell’art. 39 D.lgs. 112/1999, comporta il rigetto dell’appello dell’Agente della riscossione, con assorbimento di ogni altro motivo dedotto in giudizio.

Le spese del grado seguono la soccombenza, e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

rigetta l’appello dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione e conferma per l’effetto la sentenza di primo grado. Spese del grado liquidate in Euro 500,00, oltre accessori di legge.


COMMENTOLa Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Friuli Venezia Giulia, con la sentenza in commento, si è pronunciata sull’istituto della chiamata in causa dell’ente impositore disciplinato dall’art. 39 del D.Lgs. 112/1999; disposizione, quest’ultima, che così recita: “Il  concessionario, nelle  liti promosse contro  di lui che non riguardano esclusivamente  la regolarità  o la validità  degli atti esecutivi, deve  chiamare in  causa l’ente creditore  interessato; in mancanza, risponde delle conseguenze della lite”. 

Più specificamente, il giudizio traeva origine dal ricorso promosso da una contribuente avverso una cartella di pagamento emessa da Equitalia, su incarico dell’Agenzia delle Entrate, relativa ad un avviso di liquidazione dell’imposta dovuta per la registrazione di un atto giudiziario emanato da un Tribunale civile; con il ricorso, proposto solo contro il concessionario della riscossione e non contro l’Agenzia delle Entrate, la contribuente lamentava infatti la mancata notifica dell’avviso di liquidazione presupposto alla cartella di pagamento impugnata, eccependo l’intervenuta prescrizione della pretesa creditoria dell’ente impositore. L’Agenzia delle Entrate-Riscossione (succeduta ad Equitalia), nel resistere in giudizio, chiedeva alla C.T.P., ai sensi e per gli effetti dell’art. 39 D.lgs. 112/99, di disporre la chiamata in causa dell’ente impositore, con onere, però, a carico di parte ricorrente.

La Commissione Tributaria Provinciale, senza neppure pronunciarsi sulla chiamata in causa dell’Agenzia delle Entrare, accoglieva il ricorso confermando la tesi della contribuente riguardo la prescrizione; e ciò sulla base del fatto che la resistente non aveva dato conto della notifica dell’avviso di liquidazione né di ogni qualsivoglia altro atto interruttivo della prescrizione.

L’Agenzia delle Entrate-Riscossione proponeva appello avverso la sentenza della C.T.P. lamentando la mancata integrazione del contraddittorio con l’Ente creditore, unico soggetto legittimato passivo. 

Ebbene, la Corte di Giustizia Tributaria di Secondo Grado, respingeva l’appello. Richiamando infatti il prevalente orientamento giurisprudenziale, precisava che la notifica dell’avviso di liquidazione o di altri atti interruttivi della prescrizione avrebbe sì potuto e dovuto essere dimostrata dall’ente impositore e non dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione, ma rilevava altresì che era comunque onere di quest’ultima procedere alla chiamata in causa dell’Agenzia delle Entrate ex art. 39 D.Lgs. 112/1999; onere che, nel caso di specie, non veniva assolto. 

La Corte ribadiva infatti che la chiamata in causa eseguita ai sensi dell’articolo appena citato è da qualificarsi come “litis denuntiatio” e che, pertanto, non richiede un’apposita autorizzazione da parte del Giudice, il quale, peraltro, neppure è tenuto ad ordinare l’integrazione del contraddittorio, in quanto tra l’ente creditore e il concessionario della riscossione non sussiste una fattispecie di litisconsorzio necessario.

La Corte di Giustizia Tributaria di Secondo Grado del Friuli Venezia Giulia osservava comunque che la chiamata in causa dell’ente creditore può essere eseguita, oltre che ai sensi dell’art. 39 D.Lgs. 112/1999, anche nelle forme e nei termini prescritti dagli artt. 23 del D. Lgs. 546/1992 e 269 c.p.c., precisando poi che, in ogni caso, sulla richiesta di autorizzazione alla chiamata in causa, il Giudice di primo grado decide discrezionalmente e che, pertanto, un’eventuale mancata autorizzazione non sarebbe comunque censurabile in sede di impugnazione.

Giuliana Bucchioni

Avvocato in Massa