Cass. civ., sez. V, ord., 17 giugno 2024 n. 16786


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO:

La ************* s.r.l. (poi ************** s.r.l.) impugnava, con distinti ricorsi poi riuniti, due avvisi di accertamento notificatile dal Comune di **********, per i periodi d’imposta 2012 e 2013, aventi ad oggetto l’IMU, considerando, per entrambe le annualità, una rendita catastale di euro 158.600,00, a sua volta definita con sentenza passata in giudicato della CTR Lombardia n. 75/2016 dell’11.1.2016.

Sul ricorso iscritto al n. 29618/2022 R.G. proposto da ************* rappresentata e difesa dall’Avv. *************, presso il cui studio è elettivamente domiciliata, in *************, contro Comune di ********.

Avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio n. 2096/17/2022 depositata il 10 maggio 2022; Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15 maggio 2024 dal Consigliere Stefania Billi.

RITENUTO CHE

La controversia ha ad oggetto un avviso di accertamento (n. 20110000537) con cui il comune di ******** (d’ora in poi intimato) ha chiesto a ******** (d’ora in poi ricorrente) il pagamento dell’Imu 2011, per un immobile sito nel comune di ********, località ********, dichiarata come abitazione principale.

La questione riguarda l’applicazione dell’esenzione cd prima casa prevista dall’art. 13, comma 23, del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201 nell’ipotesi di residenza e dimora dei coniugi in comuni diversi.

La CTP ha rigettato il ricorso.

La CTR ha confermato la pronuncia di primo grado sulla base delle seguenti ragioni:

  • l’esenzione per l’abitazione principale postula che il possessore ed il suo nucleo familiare dimorino stabilmente in tale immobile;
  • nella specie va escluso che l’immobile di residenza della contribuente sia abitazione principale atteso che il coniuge, non legalmente separato, aveva la residenza e la dimora abituale in un altro comune.

La ricorrente propone ricorso fondato su un unico motivo, la controparte resta intimata.

CONSIDERATO CHE

Con l’unico motivo di impugnazione la ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., la violazione o falsa applicazione di norme di diritto dell’art. 13, comma 2, del d.l. n. 201 del 2011, convertito dalla l. 22 dicembre 2011, come modificato dall’art. 1, comma 707, lett. b) della l 27 dicembre 2013, n. 147 e degli artt. 8, 11, 14 del d.lgs. n. 504 del 1992 in relazione alla sentenza della Corte Costituzionale n. 209 del 2022.

Il motivo è fondato.

La Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del quarto periodo del comma 2 dell’art. 13 del d.l. n. 201 del 2011, come convertito e successivamente modificato dalla legge n. 147 del 2013, nella parte in cui stabilisce: «per abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente», anziché disporre: «per abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore dimora abitualmente e risiede anagraficamente» (Corte Cost., sent. 13 ottobre 2022, n. 209).

A seguito della pronuncia del Giudice delle leggi sopra richiamata, è stato chiarito che va escluso che la nozione di abitazione principale presupponga la dimora abituale e la residenza anagrafica del nucleo familiare del possessore. Ne consegue che il beneficio spetta al possessore dell’immobile ove dimora abitualmente e risiede anagraficamente, anche se il coniuge abbia la residenza anagrafica in diverso comune (Cass. Sez. 6 – 5, n. 32339/2022, Rv. 666357 – 01).

Deve, pertanto, ritenersi superato il precedente diverso orientamento secondo cui la nozione di abitazione principale postula l’unicità dell’immobile e richiede la stabile dimora del possessore del suo nucleo familiare con la conseguenza dell’impossibilità di coesistenza di due abitazioni principali riferite a ciascun coniuge, sia nell’ambito dello stesso comune, sia in comuni diversi (Cass., Sez. 6-5, n. 1199/2022, Rv. 663646-01).

Ne consegue l’accoglimento del ricorso, la cassazione della sentenza impugnata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti, l’accoglimento dell’originario ricorso introduttivo.

Le spese del giudizio vanno integralmente compensate, atteso l’intervento della Corte Costituzionale sulla questione in corso di causa.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito accoglie l’originario ricorso introduttivo.

Spese dell’intero giudizio compensate. 

Così deciso in Roma il 15 maggio 2024


COMMENTO –La sentenza della Cassazione Civile, Sez. V, n. 16786 del 17 giugno 2024, costituisce si pone come un punto di riferimento decisivo nella giurisprudenza italiana in materia di IMU (Imposta Municipale Unica) relativa all’abitazione principale. “Essa afferma un principio di diritto che contribuisce a chiarire e a ridisegnare l’interpretazione della normativa sull’esenzione dell’IMU, specialmente nel caso di coniugi con residenza in comuni diversi.

La Corte di Cassazione, con la sentenza in esame, ha affermato infatti il seguente principio di diritto: “In tema di IMU, va escluso che la nozione di abitazione principale presupponga la dimora abituale e la residenza anagrafica del nucleo familiare del possessore. Ne consegue che il beneficio (esenzione IMU) spetta al possessore dell’immobile ove dimora abitualmente e risiede anagraficamente, anche se il coniuge abbia la residenza anagrafica in un diverso comune”.

Pertanto, viene chiarito che la nozione di abitazione principale non richiede che l’intero nucleo familiare del possessore risieda e dimori stabilmente nello stesso immobile, superando il precedente orientamento giurisprudenziale che postulava l’unicità dell’immobile come abitazione principale per l’intero nucleo familiare.

Questo nuovo indirizzo giurisprudenziale implica che il possessore dell’immobile, anche nel caso in cui il coniuge abbia una residenza anagrafica diversa, può godere dell’esenzione IMU. Viene quindi meno l’impossibilità di considerare due abitazioni principali riferite a ciascun coniuge, sia nell’ambito dello stesso comune sia in comuni differenti, come invece era stato affermato nelle precedenti pronunce (Cass., Sez. 6-5, n. 1199/2022).

La controversia in questione nasce da un avviso di accertamento IMU notificato da un Comune e relativo ad un immobile dichiarato come abitazione principale. La questione principale ruotava attorno all’applicazione dell’esenzione per la “prima casa” prevista dall’art. 13, comma 23, del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, in un contesto in cui i coniugi risiedono in comuni diversi.

La Commissione Tributaria Provinciale (CTP) aveva rigettato il ricorso della contribuente, decisione poi confermata anche dalla Commissione Tributaria Regionale (CTR) del Lazio. Quest’ultima aveva affermato che per ottenere l’esenzione IMU per l’abitazione principale era necessario che il possessore e il suo nucleo familiare dimorassero stabilmente nell’immobile, escludendo il beneficio nel caso in cui il coniuge, non legalmente separato, avesse la residenza e dimora abituale in un altro comune.

La ricorrente ha quindi presentato ricorso alla Corte di Cassazione, fondato sulla violazione e falsa applicazione dell’art. 13, comma 2, del d.l. n. 201 del 2011, come modificato dalla l. 27 dicembre 2013, n. 147, e degli artt. 8, 11, 14 del d.lgs. n. 504 del 1992, in relazione alla sentenza della Corte Costituzionale n. 209 del 2022.

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso della contribuente, ribaltando le precedenti decisioni di merito. Il fulcro della sentenza risiede nell’interpretazione dell’art. 13, comma 2, del d.l. n. 201 del 2011, come modificato dalla l. n. 147 del 2013, alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n. 209 del 2022. Quest’ultima, lo ricordiamo, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della norma nella parte in cui richiedeva che l’abitazione principale fosse il luogo di dimora abituale e di residenza anagrafica del possessore e del suo intero nucleo familiare, anziché limitarsi a considerare la residenza e la dimora del solo possessore.

In questo contesto, la Suprema Corte ha precisato che, a seguito della pronuncia della Corte Costituzionale, l’esenzione IMU spetta al possessore dell’immobile ove egli stesso dimora abitualmente e risiede anagraficamente, anche nel caso in cui il coniuge abbia la residenza anagrafica in un diverso comune. Si supera, così, il precedente orientamento giurisprudenziale, che richiedeva una coincidenza di dimora e residenza di tutto il nucleo familiare nello stesso immobile, impedendo di fatto l’esistenza di due abitazioni principali attribuibili a ciascun coniuge.

La decisione della Cassazione si basa quindi su una reinterpretazione della norma alla luce della citata sentenza della Corte Costituzionale n. 209 del 13 ottobre 2022, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del quarto periodo del comma 2 dell’art. 13 del d.l. n. 201 del 2011.

Nella versione originaria, la norma disponeva che per abitazione principale si intendeva “l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente”. La Corte Costituzionale ha invece chiarito che tale definizione risultava eccessivamente restrittiva, modificandola nel senso che l’abitazione principale è “l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore dimora abitualmente e risiede anagraficamente”, senza necessità che l’intero nucleo familiare condivida la stessa residenza.

A seguito di questa pronuncia, la Cassazione ha preso atto del mutato contesto giuridico e ha confermato l’applicabilità dell’esenzione IMU al possessore dell’immobile in cui risiede abitualmente e anagraficamente, anche se il coniuge risiede in un diverso comune. La sentenza n. 16786 del 2024 della Cassazione sancisce quindi l’allineamento della giurisprudenza di legittimità, con la decisione della Corte Costituzionale, abbandonando il precedente orientamento interpretativo che richiedeva l’unità della dimora e della residenza anagrafica per l’intero nucleo familiare.

La sentenza in commento non è isolata ma si inserisce in un quadro di recente giurisprudenza della Corte di Cassazione che tende a ridefinire i criteri applicativi dell’esenzione IMU per l’abitazione principale. Un orientamento analogo è stato espresso anche dalla sentenza della Cassazione Civile, Sez. V, n. 16799 del 17 giugno 2024, pronunciata nella stessa giornata della sentenza in esame e avente contenuti del tutto simili (Pres. De Masi, Rel. Billi). In entrambe le pronunce, infatti, la Corte ha accolto il ricorso dei contribuenti sulla base della medesima argomentazione giuridica, consolidando il nuovo orientamento.

Inoltre, la sentenza Cass., Sez. 6-5, n. 32339 del 2022, aveva già anticipato questo cambio di rotta, facendo esplicito riferimento alla pronuncia della Corte Costituzionale n. 209 del 2022. In quella sede, la Corte aveva riconosciuto che l’esenzione per l’abitazione principale dovesse essere applicata tenendo conto della dimora abituale e della residenza anagrafica del solo possessore, indipendentemente dalla residenza del coniuge.

Le recenti pronunce della Corte di Cassazione, in particolare la n. 16786 e la n. 16799 del 2024, segnano quindi un’importante evoluzione nell’interpretazione della normativa IMU, recependo il principio costituzionale di parità e ragionevolezza nell’applicazione delle esenzioni fiscali. Esse garantiscono sicuramente una maggiore elasticità nella determinazione dell’abitazione principale, tutelando il diritto dei contribuenti all’esenzione IMU anche in situazioni di diversa residenza anagrafica tra coniugi.

Le implicazioni pratiche di tale orientamento sono rilevanti: i contribuenti che si trovano in situazioni analoghe potranno far valere il loro diritto all’esenzione, anche in presenza di residenze anagrafiche separate. Tuttavia, rimane da verificare come le amministrazioni locali interpreteranno e applicheranno queste sentenze nel contesto delle verifiche fiscali che gli stessi Enti sono chiamati a porre in essere per evitare comportamenti elusivi che rischiano di contrarre il gettito derivante dal tributo IMU.

 

Dott. Francesco Foglia