Cass. civ., sez. I, ord., 15 gennaio 2025 n. 960
ORDINANZA
sul ricorso n. 24028/2023 r.g. proposto da:
L’AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE (C.F. 13756881002), (…Omissis) – ricorrente –
contro
Fallimento (…Omissis) – controricorrente –
avverso il decreto n. 2570/2023, depositato il 30/10/2023, reso dal Tribunale di Roma;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/11/2024 dal Consigliere dott. (…Omissis)
Svolgimento del processo
- Con il decreto impugnato il Tribunale di Roma ha rigettato l’opposizione allo stato passivo presentata dall’AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE, nei confronti del Fallimento (…Omissis), avverso il provvedimento del g.d. del medesimo Tribunale che aveva respinto la sua domanda di ammissione al passivo.
- Il Tribunale, in relazione alla prima istanza di insinuazione, ha rilevato che:
(i) trattandosi di crediti di carattere non erariale soggetti ad un termine di prescrizione quinquennale, la successiva notifica dell’ intimazione di pagamento n. (Omissis), prodotta nel giudizio di opposizione, in difetto di atti intermedi, non poteva ritenersi utile ai fini dell’interruzione dei termini di prescrizione, in quanto tale comunicazione era stata effettuata mediante deposito nella casa comunale ex art. 60 D.P.R. 600/1973 in data 04.01.2016, mentre l’istanza di insinuazione in questione, quale ulteriore atto interruttivo, era sopraggiunta solo in data 22.07.2022;
(ii) il diritto di credito dell’opponente era pertanto da ritenersi prescritto, relativamente ai crediti insinuati;
(iii) in ordine alla seconda domanda di ammissione – importo complessivo di Euro 427.989,45 (di cui Euro 317.073,81 in privilegio ed Euro 110.915,64 in chirografo), in relazione al quale il giudice delegato, anche in questo caso, aveva parzialmente rigettato l’istanza, aderendo all’eccezione di prescrizione sollevata dalla curatela – risultava corretta la decisione assunta dal giudice delegato, in quanto, ancora una volta, non si riscontrava la produzione di documenti idonei ad interrompere il corso della prescrizione;
(iv) le due ultime intimazioni di pagamento – successivamente inoltrate alla società debitrice ed offerte in produzione nel giudizio di opposizione – non potevano dirsi impeditive dello spirare dei termini di prescrizione, in quanto le stesse concernevano crediti non erariali, soggetti, in quanto tali, ad un termine di prescrizione quinquennale che doveva pertanto ritenersi irrimediabilmente decorso al momento della formulazione dell’istanza di insinuazione;
(v) l’avviso in questione era stato notificato mediante deposito nella casa comunale, a norma dell’art. 60 del D.P.R. 600/1973, in data 04.01.2017; (vi) quando era stata inoltrata la richiesta di ammissione al passivo in esame, in data 22/07/2022, i termini di prescrizione dei crediti contestati, stante la mancanza di ulteriori attività interruttive, erano già ampiamente decorsi;
(vii) analoghe considerazioni dovevano valere rispetto alle somme afferenti alle cartelle nr. (Omissis) e (Omissis), contestate con l’altra intimazione prodotta in giudizio dall’opponente, recante il n. (Omissis);
(viii) in quest’ultimo caso, l’avviso di riscossione (comunicato in data 19/12/2019, mediante pubblicazione sull’albo on line) aveva ad oggetto due cartelle esattoriali (n. (Omissis) e n. (Omissis)), ancora una volta concernenti crediti non erariali, la cui notifica neppure debitamente provata, era avvenuta in data 23.03.2012;
(ix) l’intimazione predetta, in mancanza della prova di ulteriori atti interruttivi intermedi, risultava sopraggiunta, anche in tal caso, quando i crediti in esame erano già irrimediabilmente prescritti; (x) pertanto, anche con riferimento alla seconda istanza di insinuazione, l’opposizione doveva essere rigettata per prescrizione dei crediti insinuati.
- Il decreto, pubblicato il 30.10.2023, è stato impugnato dalla AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE con ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui il Fallimento (…Omissis) ha resistito con controricorso.
Motivi della decisione
- Con il primo motivo la ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione della disciplina legale sulla sospensione dei termini di prescrizione, introdotta dall’articolo 68 D.L. n. 18/2020 e connessa alla nota emergenza sanitaria da COVID-19.
1.1 L’ente deduce la nullità per violazione dell’art. 68, comma 1, D.L. 18/2020 e dell’art. 12 D.Lgs. 159/2015, in relazione all’ insinuazione recante cron. 1 ed a quella recante cron. 3. Più in particolare, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione lamenta l’erroneità del decreto in quanto, sia per l’insinuazione di cui al cron. 1 sia per l’insinuazione relativa al cron. 3, il Tribunale avrebbe ritenuto che tra la data di notifica dell’AVI (Omissis) e la data di ” inoltro” delle due istanze di insinuazione allo stato passivo fosse ormai decorso inesorabilmente il termine quinquennale di prescrizione “senza avvedersi, invece, che al caso di specie” avrebbe dovuto essere “applicata la disciplina dettata dai commi 1, 2 e 2 bis dell’art. 68 del D.L. n. 18/2020, convertito in legge con modificazioni dalla L. 27/2020…”. Secondo la ricorrente, il primo giudice non avrebbe applicato al caso di specie le disposizioni di legge promulgate per l’emergenza epidemiologica da COVID – 19, disposizioni che, sempre secondo l’interpretazione della ricorrente, andrebbero lette in combinato con la normativa dettata dall’art. 12 del D.Lgs. n. 159/2015. Questa ultima disposizione stabilisce, in caso di sospensione dei termini di versamento, un corrispondente periodo di sospensione dei termini di prescrizione e di decadenza in materia di “liquidazione, controllo, accertamento, contenzioso e riscossione a favore degli enti impositori, degli enti previdenziali e assistenziali e degli agenti della riscossione…”.
1.1 Il primo motivo è fondato.
1.1.1 Va premesso che, secondo la pacifica giurisprudenza espressa da questa Corte di legittimità, l’esistenza di una causa di sospensione della prescrizione, sebbene non dedotta nelle fasi di merito, non integrando un’eccezione in senso stretto, è rilevabile d’ufficio ed anche in sede di legittimità, purché le relative circostanze siano risultanti dagli atti già ritualmente acquisiti nel precedente corso del processo (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 21929 del 15/10/2009; Sez. 2 – Ordinanza n. 27998 del 31/10/2018).
1.1.2 Ciò posto, occorre ricordare che l’art. 67, D.L. n. 18 del 2020 (cd. Decreto “Cura Italia”, emanato per fronteggiare l’emergenza pandemica da COVID 19) ha disposto la sospensione dall’8 marzo al 31 maggio 2020 dei termini relativi alle attività di liquidazione, di controllo, di accertamento, di riscossione e di contenzioso, da parte degli uffici degli enti impositori; ha, altresì, sospeso per il medesimo periodo i termini per fornire risposta alle istanze di interpello, ivi comprese quelle da rendere a seguito della presentazione della documentazione integrativa, di cui all’articolo 11 della legge 27 luglio 2000, n. 212, all’articolo 6 del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 128, e all’articolo 2 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147.
1.1.2 Inoltre, il comma 4 del sopra citato art. 67 ha stabilito che, con riferimento ai termini di prescrizione e decadenza relativi all’attività degli uffici degli enti impositori, si applica, anche in deroga alle disposizioni dell’articolo 3, comma 3, della legge 27 luglio 2000, n. 212, l’articolo 12, commi 1 e 3, del decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 159. L’art. 68 del D.L. n. 18 del 2020 si correla a tale generalizzata sospensione anche per quanto attiene ai termini di versamento dei carichi affidati all’Agente della riscossione.
1.1.3 Occorre pertanto interpretare la normativa sopra citata nel senso che i termini di sospensione si applicano non soltanto in relazione a quelle attività da compiersi entro l’arco temporale previsto dalla norma, ma anche con riguardo alle altre attività, nel senso che si determina uno spostamento in avanti del decorso dei termini per la stessa durata della sospensione. In tal senso depone il dato letterale della disposizione dettata dall’art. 67 e l’espresso richiamo alla disposizione di carattere generale prevista dall’art. 12, comma 1, D.Lgs. n. 159 del 2015, il quale stabilisce che le disposizioni in materia di sospensione dei termini di versamento dei tributi, a favore dei soggetti interessati da eventi eccezionali, comportano altresì, per un corrispondente periodo di tempo, relativamente alle stesse entrate, la sospensione dei termini previsti per gli adempimenti anche processuali, nonché la sospensione dei termini di prescrizione e decadenza in materia di liquidazione, controllo, accertamento, contenzioso e riscossione a favore degli enti impositori, in deroga alle disposizioni dell’articolo 3, comma 3, della legge 27 luglio 2000, n. 212.
- L’accoglimento del primo motivo determina l’assorbimento della seconda doglianza, con la quale si censura la pronuncia impugnata per aver dichiarato applicabile anche ai crediti di natura tributaria un termine di prescrizione di durata quinquennale.
P.Q.M.
accoglie il primo motivo; dichiara assorbito il secondo motivo; cassa il decreto impugnato in relazione
al motivo accolto e rinvia al Tribunale di Roma che, in diversa composizione, deciderà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 28 novembre 2024.
COMMENTO – Durante l’emergenza sanitaria da COVID-19, la gestione dei termini di prescrizione e decadenza ha sollevato questioni giuridiche di particolare complessità. L’intervento normativo più rilevante in materia è stato senza dubbio il D.L. n. 18/2020, il cosiddetto Decreto “Cura Italia”, che ha introdotto una serie di sospensioni generalizzate dei termini per consentire agli enti impositori di fronteggiare le difficoltà operative causate dalla pandemia. Questo articolo si propone di analizzare in dettaglio l’Ordinanza n. 960/2025 della Corte di Cassazione, che ha fornito un primo importante chiarimento sull’applicazione e la portata delle norme di sospensione dei termini previste nel suddetto Decreto “Cura Italia”.
Prima di affrontare la questione giurisprudenziale va ricordato come il Decreto emergenziale in questione ha introdotto due principali articoli rilevanti in tema di sospensione dei termini: l’art. 67 e l’art. 68, ciascuno con una portata specifica e distinta.
L’ Art. 67 dispone infatti una sospensione generale dall’8 marzo al 31 maggio 2020 dei termini relativi alle attività di liquidazione, controllo, accertamento, riscossione e contenzioso degli enti impositori. Si tratta di una sospensione di atta a “congelare” determinate attività, ossia i termini che scadono in questo intervallo temporale vengono differiti, riprendendo il loro corso alla fine del periodo di sospensione.
L’ Art. 68 poi integra quanto previsto dall’art. 67 ma si concentra sui termini di versamento dei carichi affidati all’Agente della riscossione, prevendendo una sospensione più ampia che riguarda anche i termini di prescrizione e decadenza. In particolare, l’art. 68 stabilisce che il periodo di sospensione non solo congela i termini durante l’intervallo temporale indicato, ma comporta uno spostamento in avanti pari alla durata della sospensione stessa. Tale previsione si fonda sul rinvio all’art. 12 del D.Lgs. n. 159/2015, che disciplina la sospensione dei termini in caso di eventi eccezionali.
Questa distinzione tra i due articoli è fondamentale per comprendere come le disposizioni si integrino e si applichino a fattispecie diverse. Mentre l’art. 67 ha un’applicazione generale per tutte le attività accertative, l’art. 68 si estende specificamente ai termini prescrizionali e decadenziali, con un effetto più ampio e prolungato.
Fatta questa debita premessa, andando ad analizzare il caso specifico, l’Ordinanza n. 960/2025 prende le mosse da una controversia tra l’Agenzia delle Entrate – Riscossione e il Fallimento (Omissis). Nel caso di specie, il Tribunale di Roma aveva rigettato una domanda di insinuazione al passivo presentata dall’Agenzia, ritenendo prescritto il credito vantato. L’Agenzia delle Entrate ha quindi impugnato il decreto sostenendo che la sospensione dei termini prevista dall’art. 68 fosse applicabile anche alla fattispecie in esame.
La Suprema Corte, accogliendo il ricorso, ha chiarito che la sospensione emergenziale si applica anche ai crediti non erariali e comporta una proroga dei termini di prescrizione.
Questo principio è stato enunciato nella seguente massima: “I termini di sospensione previsti dall’art. 68 del D.L. n. 18/2020 si applicano non solo alle attività da compiersi entro il periodo indicato dalla norma, ma determinano altresì uno spostamento in avanti del decorso dei termini di prescrizione e decadenza per una durata corrispondente al periodo di sospensione, conformemente a quanto previsto dall’art. 12, comma 1, del D.Lgs. n. 159/2015.”
Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto che l’applicabilità dell’art. 68 fosse centrale per risolvere la questione, essendo questa norma finalizzata a disciplinare gli effetti sui termini di prescrizione e decadenza, andando oltre la portata generale dell’art. 67, che si limita a sospendere i termini per le attività accertative.
In quelli che possono essere ritenuti i passaggi fondamentali dell’Ordinanza la Suprema Corte ha affermato innanzitutto l’estensione della sospensione ai crediti non erariali; la normativa emergenziale infatti ha una portata ampia e si applica a tutte le attività accertative, indipendentemente dalla natura del credito. La Corte sul punto ha evidenziato che il richiamo all’art. 12 del D.Lgs. n. 159/2015 include anche i crediti di natura non erariale, sottoposti a prescrizione quinquennale.
In secondo luogo poi è stata posta in evidenza la rilevabilità d’ufficio della sospensione. La sospensione dei termini di prescrizione e decadenza, anche se non dedotta nelle fasi di merito, può essere infatti rilevata d’ufficio purché emergente dagli atti già acquisiti nel processo. Questo principio, già sancito in precedenti pronunce (Cass., Sez. 2, Sentenza n. 21929/2009; Ordinanza n. 27998/2018), è stato ribadito con forza dalla Suprema Corte.
Infine la pronuncia in commento si sofferma sugli effetti della sospensione. La Corte ha chiarito in proposito, che i termini di sospensione non si limitano a congelare il decorso nel periodo indicato, ma determinano uno spostamento in avanti del termine finale per un periodo equivalente alla durata della sospensione stessa.
La Corte ha chiarito che l’art. 68, a differenza dell’art. 67, introduce una disciplina più estesa sotto il punto di vista degli effetti giuridici, in quanto determina una proroga dei termini prescrizionali e decadenziali, anziché una mera sospensione temporanea. Questo aspetto è stato determinante nella decisione della controversia, poiché ha consentito di riconoscere la validità dell’azione dell’ente impositore nonostante il decorso del termine originario.”
L’importanza e soprattutto la delicatezza della questione relativa alla sospensione emergenziale dei termini era stata del resto riconosciuta anche in altre pronunce di merito e legittimità. Ad esempio, l’Ordinanza n. 18672/2021 con cui la Corte di Cassazione ha affermato che la sospensione disposta dall’art. 67 del D.L. n. 18/2020 si applica sia ai termini di pagamento sia a quelli relativi agli adempimenti processuali.
In modo analogo, la Sentenza n. 7893/2022 ha sottolineato che la proroga dei termini si estende anche agli accertamenti già in corso al momento dell’entrata in vigore della normativa emergenziale, garantendo un equilibrio tra le esigenze degli enti impositori e quelle dei contribuenti.
L’orientamento espresso dalla Corte di Cassazione nell’Ordinanza n. 960/2025 ha ricadute significative anche nel campo di applicazione dei tributi locali, dove si registra un notevole contenzioso legato alla corretta applicazione delle norme dilatorie introdotte nel periodo emergenziale.
La corretta applicazione degli artt. 67 e 68 del D.L. n. 18/2020 richiede un’attenta analisi della natura dell’attività accertativa o di riscossione interessata. L’art. 67, come visto, sospende i termini per attività accertative che si sarebbero concluse durante il periodo emergenziale, mentre l’art. 68 proroga il termine finale, ampliando il tempo a disposizione degli enti per agire sui crediti. Questa distinzione assume particolare rilievo nel contesto delle attività di riscossione e accertamento posta in essere anche dai tanti Enti locali, comuni in primis, che hanno fatto affidamento su tali termini per portare a termine le attività di verifica ed accertamento nei confronti dei propri contribuenti.
La pronuncia in questione sembra pertanto destinata a risolvere in favore degli enti impositori la questione, sollevata da alcune Corti di giustizia tributaria, circa l’applicazione della sospensione ex articolo 67 solamente ai termini di decadenza scadenti nel periodo individuato dalla norma oppure a tutti i termini pendenti durante tale periodo.
In merito a questi aspetti, appare doveroso citare la Corte di giustizia tributaria di Lecce, che con ordinanza del 19 novembre 2024, ha rimesso la questione interpretativa alla Corte di Cassazione (lo stesso ha fatto anche la corte di Gorizia, con ordinanza del 13 novembre 2024).
In precedenza, alcuni giudici tributari si erano pronunciati nel senso che la proroga fosse limitata alle annualità in scadenza entro il 2020, come emerge dalle sentenze delle Corti di giustizia di primo grado di Milano (n. 1186/2023), Taranto (n. 1239/2024), Latina (n. 974/2023), Prato (n. 87/2023) e Torino (n. 890/2022), e dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado di Milano (n. 2329/2024).
Altri, invece, come le Corti di giustizia tributaria di primo grado di Catania (sent. n. 7859/2023–255/2024), Ascoli (n. 37/2024), Caltanissetta (n. 343/2024) e di secondo grado della Campania (sentenza n. 7761/2022), hanno sostenuto che la proroga si applichi a tutti gli accertamenti ancora validi nel 2020, ritenendo la stessa necessaria per fronteggiare le difficoltà operative degli enti, causate dalla pandemia.
In attesa della definitiva posizione della Cassazione in merito, si può evidenziare come tale sospensione, con conseguente differimento della scadenza ordinaria dei termini di notifica degli avvisi di accertamento di 85 giorni, riguarderebbe quindi tutti i termini di decadenza per la notifica degli avvisi di accertamento pendenti nel corso del periodo 8 marzo – 31 maggio 2020.
Come esempio, tra quelli non ancora scaduti, (alla data di redazione del presente articolo) si può citare il termine per la notifica degli avvisi di accertamento per omesso versamento dell’IMU dell’anno 2019.
Il termine ordinario per quest’ultimi sarebbe infatti scaduto il 31 dicembre 2024 (31 dicembre del 5° anno successivo a quello in cui il versamento avrebbe dovuto essere effettuato ai sensi dell’articolo 1, comma 161, della legge 296/2006); grazie alla sospensione dettata dall’articolo 67 del Dl 18/2020 la scadenza verrebbe invece fissata al 26 marzo 2025.
La sospensione riguarda anche il termine per la notifica degli avvisi di accertamento IMU e Tari per omessa o infedele presentazione della dichiarazione riferita all’anno 2018.
La tesi della Cassazione rende quindi applicabile tale sospensione a tutti i termini pendenti nel periodo 8 marzo – 31 maggio 2020, come quelli relativi agli omessi versamenti dei tributi locali riferiti agli anni dal 2015 al 2019 (e dal 2014 al 2018 per le omesse/infedeli dichiarazioni).
In conclusione, dall’analisi dell’Ordinanza n. 960/2025 si ricava un importante chiarimento sull’applicazione dell’art. 68 del D.L. n. 18/2020. L’Ordinanza si inserisce in un quadro giurisprudenziale che mira a garantire l’efficacia dell’azione amministrativa anche in contesti emergenziali.
La Corte di Cassazione ha ribadito che la norma determina una proroga dei termini di prescrizione e decadenza pari alla durata della sospensione prevista, fornendo un’interpretazione coerente con il quadro normativo emergenziale.
La decisione della Corte di Cassazione offre un’interpretazione evidentemente chiara e coerente delle disposizioni emergenziali, rappresentando un importante punto di riferimento per gli operatori del diritto tributario.
Dott. Francesco Foglia