Cons. Stato, Sez. V, 23 settembre 2024, n. 7719


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8632 del 2021, proposto da Comune di Portici, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati … e …, con domicilio eletto presso lo studio …;

contro

…s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato …., con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, Sez. I, n. 1660 del 2021, resa tra le parti;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della … s.p.a.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 23 aprile 2024 il Cons. Stefano Fantini e uditi per le parti gli avvocati … e …;

Svolgimento del processo

1.-Il Comune di Portici ha interposto appello nei confronti della sentenza 12 marzo 2021, n. 1660 del Tribunale amministrativo regionale della Campania, sez. I, che ha accolto il ricorso di B.B. s.p.a. avverso la deliberazione del Consiglio comunale di Portici n. 16 in data 28 marzo 2018, concernente la “approvazione delle tariffe TARI-tassa sui rifiuti per l’anno 2018”, pubblicata nell’albo pretorio dal 30 marzo al 14 aprile 2018, nella parte in cui determina la nuova tariffa TARI per la categoria “banche ed istituti di credito” (all. Tabella C, cat. (…)).

Con il ricorso in primo grado la B.B. ha dedotto l’illegittimità della deliberazione comunale nell’assunto che emergerebbe dall’allegato “Tabella C” una sproporzione arbitraria e illegittima, tale per cui le banche e gli istituti di credito producano in media sei volte più di rifiuti rispetto a qualsiasi altra categoria di attività, con conseguente applicazione di una tariffa incongrua; la delibera impugnata avrebbe modificato il prelievo sui rifiuti da tassa (basata su di un criterio di corrispettività) ad imposta sul reddito, in violazione della L. n. 147 del 2013.

  1. – La sentenza appellata, dopo avere ricostruito l’evoluzione della disciplina generale della “tariffa integrata ambientale”, e poi della TARI (tassa sui rifiuti), istituita con la L. n. 147 del 2013 (ed enucleante quale presupposto del tributo il possesso o la detenzione a qualsiasi titolo di locali o aree scoperte operative suscettibili di produrre i rifiuti urbani), ha accolto il ricorso nella considerazione della emersione di un deficit motivazionale della scelta di assoggettare le utenze non domestiche, appartenenti alla categoria (…) (banche), ad una imposizione, di importo molto elevato e non sostenuta da plausibili ed adeguate evidenze; “il potere dell’ente locale di determinare la tariffa non può all’evidenza sfuggire a qualsiasi forma di controllo e non può pertanto essere sottratto all’obbligo di motivazione e, soprattutto, nell’ambito di un intervallo, delimitato da un minimo ed un massimo, l’amministrazione comunale di Portici avrebbe dovuto esaustivamente esplicitare le ragioni della scelta dei coefficienti massimi, con particolare riferimento tanto al procedimento logico giuridico seguito, quanto alle modalità di rilevazione dei dati applicati”. La sentenza ha quindi disposto l’annullamento della deliberazione gravata, “con conseguente obbligo del Comune di provvedere nuovamente, tenendo conto nell’esercizio del proprio potere di modulazione tariffaria, dei principi di proporzionalità e ragionevolezza elaborati dalla giurisprudenza”.

3.- Con il ricorso in appello il Comune di Portici ha dedotto l’erroneità della sentenza impugnata, in quanto violerebbe i principi generali in materia di discrezionalità amministrativa (di orientamento politico-amministrativo), l’art. 3 della L. n. 241 del 1990 (non richiedente la motivazione per gli atti generali e regolamentari), nonché il D.P.R. n. 158 del 1999.

  1. – Si è costituita in resistenza la B.B. s.p.a. puntualmente controdeducendo e chiedendo la reiezione del ricorso in appello.
  1. – All’udienza pubblica del 23 aprile 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

1.-L’appello critica la statuizione di primo grado che ha ravvisato il vizio motivazionale della deliberazione comunale di approvazione delle tariffe TARI relative al 2018, con particolare riferimento alla categoria (…) (banche) della “Tabella C”, nell’assunto che spetti ai Comuni, nella determinazione delle tariffe, un’ampia discrezionalità di orientamento politico-amministrativo, avente ad oggetto atti amministrativi generali od a contenuto regolamentare, sottratti all’obbligo di motivazione dall’art. 3 della L. n. 241 del 1990, ed aventi come unico limite sistemico il rispetto dei principi di ragionevolezza e di proporzionalità. Allega l’appellante come sia legittima la distinzione della tariffa imposta alle banche rispetto a quella delle civili abitazioni, avendo le prime, come risulta dalla comune esperienza, una maggiore capacità produttiva di rifiuti.

L’appello è infondato.

La sentenza, invero, pur parlando di “deficit motivazionale”, ha inteso censurare un’istruttoria inadeguata sul piano metodologico e delle rilevazioni fattuali nell’imposizione alle banche di una tariffa con importo molto elevato, rilevando che una siffatta scelta non può restare immune da qualsivoglia forma di controllo giurisdizionale, quanto meno parametrato alla ragionevolezza, anche in comparazione con le altre categorie; inoltre ha rilevato una sproporzione non giustificata tra i coefficienti applicati nella “Tabella C” tra utenze qualificate come “uffici” (n. 11) e quelli relativi alle “banche ed istituti di credito” (n. 12), senza possibilità di riconoscere una coerenza con i parametri dettati dal regolamento n. 158 del 1999, pure assunti a riferimento.

Può dunque dirsi che la sentenza abbia ravvisato l’assenza di una “giustificazione” ragionevole nella previsione di una tariffa, per la categoria (…), pari ad euro 67,04 al mq. per la quota fissa (concernente le componenti essenziali del costo del servizio), e ad euro 55,58 al mq. per la quota variabile (rapportata alla quantità di rifiuti conferiti al servizio e all’entità dei costi di gestione), come appare più evidente all’esito di una comparazione con la similare categoria (…) (uffici, agenzie), contemplante una quota fissa di euro 11,45 al mq. e una quota variabile di euro 8,31 al mq., (comparazione) tale da evidenziare un rapporto bene superiore a quello di 1 a 3 consentito anche applicando le deroghe massime.

Tale esito appare al Collegio condivisibile, anche in considerazione del fatto che l’art. 69, comma 2, del D.Lgs. n. 507 del 1993 stabilisce che “ai fini del controllo di legittimità, la deliberazione deve indicare le ragioni dei rapporti stabiliti tra le tariffe, i dati consuntivi e previsionali relativi ai costi del servizio discriminati in base alla loro classificazione economica, nonché i dati e le circostanze che hanno determinato l’aumento per la copertura minima obbligatoria del costo ovvero gli aumenti di cui al comma 3” (questi ultimi riguardando i casi di dissesto dichiarato o di deliberazione costituente atto dovuto a seguito di rilievi di legittimità o in ottemperanza a decisione definitiva).

Tale disposizione all’evidenza contiene un elemento di limitazione della portata della sottrazione all’obbligo di motivazione degli atti generali definita in via generale dall’art. 3 della L. n. 241 del 1990, e richiamata da una parte della giurisprudenza (cfr., tra le altre, Cons. Stato, V, 22 marzo 2023, n. 2910); ed infatti per la norma generale da ultimo richiamata può escludersi l’obbligo di motivazione nella determinazione delle tariffe (potere esercitato dal Comune ai sensi dell’art. 65, comma 2, del D.Lgs. n. 507 del 1993), ma sussiste invece l’esigenza di indicare (melius, giustificare), onde consentire un controllo di legittimità, le ragioni dei rapporti stabiliti tra le tariffe a mente di quanto disposto dall’art. 69, comma 2, dello stesso corpus legislativo.

In definitiva, la delibera impugnata evidenzia criteri determinativi delle tariffe relative alle utenze non domestiche non coerenti e proporzionali con i coefficienti previsti nelle tabelle 3a e 4a di cui all’allegato 1 del D.P.R. n. 158 del 1999, almeno relativamente alle tariffe concernenti le già esaminate categorie 12 e 11 (ma anche con riferimento alle categorie 22 e 27, rispettivamente ristoranti e ortofrutta); al contempo è ravvisabile l’ulteriore profilo di illegittimità della violazione dell’art. 69 del D.Lgs. n. 507 del 1999, richiedente che la deliberazione di tariffa giustifichi le ragioni dei rapporti stabiliti tra le tariffe, i dati consuntivi e previsionali relativi ai costi del servizio, onde garantire la possibilità di un controllo di legittimità.

  1. – La reiezione dell’appello, in ragione della peculiarità della controversia, integra le ragioni che per legge consentono la compensazione tra le parti delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Compensa tra le parti le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Conclusione

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 aprile 2024 con l’intervento dei magistrati:

Diego Sabatino, Presidente

Stefano Fantini, Consigliere, Estensore

Marina Perrelli, Consigliere

Gianluca Rovelli, Consigliere

Annamaria Fasano, Consigliere


MASSIMA: L’aumento delle tariffe Tari per determinate categorie di attività deve essere motivato e avere una giustificazione. Le tariffe devono essere ragionevoli e devono essere comparate con quelle deliberate per altre utenze non domestiche. Devono anche essere indicati i dati che hanno comportato l’aumento per la copertura dei costi.