Il legislatore a mezzo del comma 1091 dell’art. 1 Legge 30 dicembre 2018, n. 145 (legge di Bilancio 2019), ha introdotto, o forse sarebbe più corretto dire reintrodotto, la possibilità di accantonare una quota del gettito tributario derivante dall’attività di accertamento relativa ai tributi IMU e TARI al fine di poterla utilizzare per il potenziamento dell’ufficio deputato alla gestione delle entrate.
Tale istituto si ritiene possa essere un valido strumento d’incentivazione del personale addetto all’attività di accertamento, utile al fine del raggiungimento di obiettivi di miglioramento della gestione delle entrate tributarie e del relativo tasso di riscossione. La norma consente ai comuni di riconoscere al proprio personale dipendente un’incentivazione economica che si concretizza nell’attribuzione a titolo di trattamento economico accessorio di una quota parte del maggior gettito accertato e riscosso, derivante dal recupero dell’evasione tributaria relativa ai tributi IMU (imposta municipale unica) e TARI (tassa sui rifiuti), nonché della lotta all’evasione erariale.
Preliminarmente va osservato come l’intervento normativo dalla sua introduzione abbia certamente alimentato una maggiore attenzione verso le attività di accertamento e controllo tributario degli enti locali ma, come accennato in apertura, non si tratta di una vera e propria novità, bensì della reintroduzione di una disciplina già presente sebbene con diversa formulazione nel nostro ordinamento. L’art. 59, comma 1, lett. p), D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, infatti, consentiva ai comuni di prevedere con apposita norma regolamentare l’attribuzione di compensi incentivanti al personale addetto dell’ufficio tributi, prevedendo la possibilità di destinare una percentuale del gettito dell’imposta comunale sugli immobili ICI al potenziamento degli uffici tributari del comune.
Detta possibilità, prevista come detto nel periodo di vigenza dell’ICI, è poi decaduta in seguito all’introduzione dell’IMU (art. 13, D.L. 6 dicembre 2011, n. 201), atteso che la norma istitutiva del nuovo tributo nulla prevedeva a riguardo. Proprio per questa ragione si può parlare di una riproposizione di quanto già esistente fino 2011 anche se, la nuova normativa in materia di incentivi al personale dell’ufficio tributi per recupero evasione IMU e TARI differisce in maniera piuttosto marcata dalla disciplina dell’incentivazione dell’ICI; l’attuale previsione normativa infatti si basa essenzialmente sulle maggiori riscossioni e prevede che il diritto al relativo riconoscimento dell’incentivo sia subordinato al rispetto dei termini temporali di approvazione del bilancio di previsione e del rendiconto della gestione, elementi non presenti nella disciplina in vigore durante il periodo di vigenza dell’ICI.
L’attuale disposizione normativi in termini letterali prevede infatti quanto segue: “Ferme restando le facoltà di regolamentazione del tributo di cui all’articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, i comuni che hanno approvato il bilancio di previsione ed il rendiconto entro i termini stabiliti dal testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, possono, con proprio regolamento, prevedere che il maggiore gettito accertato e riscosso, relativo agli accertamenti dell’imposta municipale propria e della TARI, nell’esercizio fiscale precedente a quello di riferimento risultante dal conto consuntivo approvato, nella misura massima del 5 per cento, sia destinato, limitatamente all’anno di riferimento:
- al potenziamento delle risorse strumentali degli uffici comunali preposti alla gestione delle entrate,
- e al trattamento accessorio del personale dipendente, anche di qualifica dirigenziale, in deroga al limite di cui all’art. 23, comma 2, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75.
La quota destinata al trattamento economico accessorio, al lordo degli oneri riflessi e dell’IRAP a carico dell’amministrazione, è attribuita, mediante contrattazione integrativa, al personale impiegato nel raggiungimento degli obiettivi del settore entrate, anche con riferimento alle attività connesse alla partecipazione del comune all’accertamento dei tributi erariali e dei contributi sociali non corrisposti, in applicazione dell’articolo 1 del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248. Il beneficio attribuito non può superare il 15% del trattamento tabellare annuo lordo individuale. La presente disposizione non si applica qualora il servizio di accertamento sia affidato in concessione.”
Analizzando il contenuto della norma in oggetto si osserva innanzitutto come la possibilità di riconoscere incentivi al personale per il recupero dell’evasione in materia di IMU e TARI è demandata all’autonomia dell’Ente che, con delibera di Giunta Comunale, ne approva il regolamento. A tal proposito è da ritenere infatti che il regolamento sugli incentivi rientri nella categoria dei regolamenti sull’ordinamento degli uffici e dei servizi e pertanto ai sensi dell’art. 48, comma 3, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 di competenza dell’organo esecutivo dell’ente.
Al fine di riepilogare le condizioni per il riconoscimento degli incentivi viene utile richiamare quanto enunciato dalla Corte dei conti Sez. controllo Emilia-Romagna nella deliberazione n. 1/2023/PAR che in tale occasione è stata chiamata ad esprimere il proprio parere, ai, sensi dell’art. 7, comma 8, della legge 5 giugno 2003 n. 131, proprio in ordine al riconoscimento al personale comunale degli incentivi di cui all’art.1, comma 1091, della legge 30 dicembre 2018, n. 145.
Per mezzo di tale delibera la Corte ha ricordato che al fine del riconoscimento degli incentivi IMU e TARI sopra descritti, il Comune deve:
- aver approvato un proprio regolamento, quale fonte individuata dal legislatore idonea a determinare – nell’an e nel quantum – la destinazione delle risorse disponibili (pari ad una percentuale del maggiore gettito accertato e riscosso, nella misura massima del 5 per cento);
- destinare gli incentivi esclusivamente a due differenti finalità individuate dalla norma:
- potenziamento delle risorse strumentali degli uffici comunali preposti alla gestione delle entrate;
- trattamento accessorio del personale dipendente;
- utilizzare le risorse così individuate limitatamente all’anno di riferimento, per tale dovendosi intendere l’annualità successiva a quella in cui è stato accertato a consuntivo il maggiore gettito;
- attribuire la quota destinata al personale impiegato nel raggiungimento degli obiettivi del settore entrate sulla base dei criteri fissati dalla contrattazione integrativa.
- attribuire il beneficio ad ogni singolo dipendente in misura non superiore al 15 per cento del trattamento tabellare annuo lordo individuale.
- avere approvato il bilancio di previsione ed il rendiconto entro i termini stabiliti dal TUEL.
Andando ad analizzare nel dettaglio tali requisiti si evidenzia in primo luogo come in ogni caso, gli incentivi sono destinabili esclusivamente al personale impiegato nel raggiungimento degli obiettivi precedentemente determinati del settore entrate ed esigono che la gestione sia diretta da parte del Comune ovvero che non si tratti di servizio di accertamento delle imposte esternalizzato in concessione. Solo qualora ricorrano tutte le predette condizioni, ad avviso della Corte dei conti, sarà possibile erogare la quota destinata al trattamento accessorio, nella misura così determinata, al personale impiegato nelle attività di cui trattasi.
Sempre in riferimento al personale interessato alla percezione dell’incentivo poi, la norma prevede che lo stesso sia individuato nel personale impiegato nel raggiungimento degli obiettivi del settore entrate, anche con riferimento alle attività connesse alla partecipazione del comune all’accertamento dei tributi erariali e dei contributi sociali non corrisposti, ricomprendendo pertanto tutti i dipendenti coinvolti, anche se non assegnati esclusivamente alle attività inerenti la gestione all’IMU o alla TARI. Il personale coinvolto dovrà in ogni caso risultare da apposito progetto obiettivo riguardante il settore tributi ed entrate.
Anche il personale dirigenziale, ovvero i dipendenti incaricati di “posizione organizzativa”, possono essere destinatari del compenso incentivante, in aggiunta alla retribuzione di posizione ed eventualmente di risultato. In tal senso si è espressa l’ARAN-Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni, che con orientamento CFL65 del 23 dicembre 2019, ha evidenziato che:
- l’art. 67, comma 3, lett. c), del CCNL delle Funzioni Locali del 21 maggio 2018, espressamente stabilisce che, all’interno del Fondo, le risorse variabili possono essere incrementate con quelle derivanti da disposizioni di legge che prevedano specifici trattamenti economici in favore del personale, da utilizzarsi secondo quanto previsto dalle medesime disposizioni di legge;
- in tale ampia e generale indicazione possono essere riportati anche le risorse di cui all’art. 1, comma 1091, Legge n. 145/2018, sussistendo entrambi i presupposti richiesti dalla clausola contrattuale: si tratta di risorse rinvenienti da specifiche disposizioni di legge e, in base alle stesse, sono espressamente finalizzate anche al trattamento economico accessorio del per- sonale, secondo le quantità e le modalità ivi previste.
La stessa ARAN del resto aveva già chiarito con nota RAL n. 1117 dell’8/02/2012 che relativamente ai titolari di posizione organizzativa, in generale, non esiste un’incompatibilità assoluta tra la retribuzione di risultato e gli altri compensi che, per espressa previsione contrattuale, possono essere loro riconosciuti. Tale indennità, pertanto, può essere prevista in aggiunta a quella di posizione e risultato, ben potendo la stessa cumularsi con il trattamento accessorio della retribuzione di risultato, a titolo di incentivo ex art. 1, comma 1091, Legge n. 145/2018. Tale posizione è stata ulteriormente ribadita sempre dall’ARAN nell’orientamento applicativo AFL51 del 17 aprile 2022, ove è stata chiarita, appunto, l’applicabilità della quota del 5% del maggior gettito, accertato e riscosso in materia di IMU e TARI anche in capo ai dirigenti.
Come visto poi, l’incentivo in oggetto non può superare il tetto del 15% del trattamento tabellare annuo previsto per ciascuno dei dipendenti interessati. Tale tetto massimo adatta il compenso al rapporto orario del dipendente e permette di definire diversi limiti a seconda del settore coinvolto. L’importo spettante è erogabile in deroga al limite di cui all’art. 23, comma 2, D.Lgs. 25 maggio 2017, n. 75 secondo cui, a decorrere dal 1° gennaio 2017, l’ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, delle amministrazioni pubbliche non può superare il corrispondente importo determinato per l’anno 2016. Lo stesso va ovviamente erogato al netto della quota da destinare al potenziamento delle risorse strumentali degli uffici preposti alla gestione delle entrate.
Il trattamento accessorio inoltre dev’essere oggetto di contrattazione integrativa, la norma prevede infatti che la quota destinata al trattamento economico accessorio, al lordo degli oneri riflessi e dell’IRAP a carico dell’amministrazione, è attribuita, mediante contrattazione integrativa, al personale impiegato nel raggiungimento degli obiettivi del settore entrate, anche con riferimento all’impianto e allo sviluppo delle attività connesse alla partecipazione del comune all’accertamento dei tributi erariali e dei contributi sociali non corrisposti, in applicazione dell’art. 1, D.L. n. 203/2005.
Una ulteriore condizione è poi che le risorse devono transitare necessariamente dalla componente variabile del fondo risorse decentrate, atteso che non possono essere erogati trattamenti accessori se non nella misura in cui le relative risorse confluiscano nel fondo. I fondi interessati sono sia quelli del comparto che quelli del personale dirigente atteso che l’incentivazione interessa anche i dirigenti così come interessa anche i titolari di posizione organizzativa. Spetta alle contrattazioni integrative, del comparto e dei dirigenti, attribuire il trattamento economico accessorio al personale interessato che deve essere quello coinvolto nel raggiungimento di obiettivi del settore entrate, includendo nelle relative quote gli oneri riflessi e l’IRAP a carico dell’amministrazione.
Quanto alla quantificazione delle risorse che vanno a costituire il fondo, l’IFEL-Anci con propria nota del 28.2.2019 ha evidenziato che la norma fa espresso riferimento alla riscossione dell’IMU e della TARI non spontanea, ma indotta da azioni dell’amministrazione, per cui il montante di riferimento per determinare la provvista al fondo incentivante è “il maggiore gettito accertato e riscosso, relativo agli accertamenti dell’imposta municipale propria e della TARI, nell’esercizio fiscale precedente”.
Ulteriore condizione per poter erogare l’incentivo ai dipendenti degli uffici tributi è che il servizio di accertamento tributario non sia affidato in concessione a soggetti esterni. Il riconoscimento degli incentivi, è infatti precluso nel caso in cui il servizio di accertamento sia affidato in concessione ai sensi dell’art. 52, comma 5, D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, mentre sono ammessi i servizi di supporto esterni agli uffici, posto che, in tal caso, il titolare della funzione d’accertamento resta il comune.
Ultima condizione posta dal legislatore per l’erogazione dell’incentivo in oggetto è che l’ente abbia provveduto ad approvare il bilancio ed il rendiconto relativi all’anno precedente a quello di riferimento, entro i termini stabiliti dal TUEL.
A tale proposito va segnalato come il rimando ai termini del TUEL aveva fatto ipotizzare, ad alcune sezioni regionali di controllo della Corte dei Conti, che l’eventuale differimento dei termini di approvazione previsti da apposita norma legislativa o con decreto ministeriale, manteneva intatta la necessità di rispettare il termine ordinamentale ai fini dell’applicazione dell’istituto di natura incentivante, rispettivamente fissati al 31 dicembre dell’anno precedente per il bilancio di previsione ed al 30 aprile dell’anno successivo per il rendiconto.
Tuttavia, dirimendo le questioni insorte in ordine ai casi di proroghe legali all’anzidetto termine, la Sezione delle Autonomie della Corte dei conti con deliberazione n. 19/2021/QMIG, ha chiarito che la locuzione “entro i termini stabiliti dal TUEL di cui al d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267”, contenuta nella norma in esame, debba intendersi riferita anche al diverso termine prorogato, per il bilancio di previsione, con legge o con decreto del Ministro dell’interno (ai sensi dell’art. 151, comma 1, ultimo periodo, del TUEL) e, per il rendiconto, con legge”. Conseguentemente, i termini da considerare sono anche quelli stabiliti per effetto di eventuali proroghe.
Resta fermo in ogni caso il requisito della necessaria approvazione di bilancio e rendiconto entro i termini ordinamentali seppur prorogati per poter provvedere all’erogazione degli incentivi in parola. Il mancato rispetto di tali termini infatti ha come conseguenza l’impossibilità di erogare l’incentivo anche qualora si siano verificate tutte le altre condizioni legali e contrattuali cui la stessa è condizionata. La ratio di tale norma appare di difficile comprensione, non essendo in genere i dipendenti assegnati all’ufficio tributi direttamente responsabili della mancata approvazione da parte dell’ente dei documenti contabili. L’erogazione dell’incentivo viene infatti così legata non solo al raggiungimento di risultati nell’attività accertativa, ed in particolare ai risultati nell’attività di riscossione delle entrate recuperate mediante l’attività di accertamento ma anche al rispetto dei termini per l’approvazione di documenti contabili come bilanci e rendiconti che in non hanno alcuna correlazione con l’operato degli addetti del settore entrate.
Dott. Francesco Foglia