Convegno Lerici: L’impatto delle recenti novità normative sulla Fiscalità locale.


SOMMARIO: 1. L’ambito temporale di applicazione della norma. 2. Il divieto di giuramento. 3. L’ammissione della prova testimoniale scritta anche senza l’accordo delle parti. 4. Le modalità operative della testimonianza scritta. 5. La portata innovativa della disposizione. 6. Rapporti tra la prova testimoniale scritta e l’atto pubblico. 7. Ulteriori problematiche sollevate dalla nuova disposizione.

 

  1. L’ambito temporale di applicazione della norma.

Novità di rilievo apportata dalla Legge 31 agosto 2022, n. 130 in materia di processo tributario è rappresentata dall’integrale sostituzione del comma 4 dell’art. 7 D.lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 (avvenuta ad opera dell’art. 4, comma 1, lettera c), della predetta Legge 130/2022).

Tale modifica è destinata a trovare applicazione ai ricorsi tributari (inclusi i ricorsi-reclami ex art. 17-bis D.lgs. 546/1992) che siano stati notificati a decorrere dalla data di entrata in vigore della Legge 31 agosto 2022 n. 130, e dunque ai ricorsi (e ricorsi-reclami) notificati a decorrere dal 16 settembre 2022

La disposizione non può quindi essere estesa, nemmeno per via di interpretazione analogica, ai giudizi già incardinati (anche mediante la sola notifica del ricorso o del ricorso-reclamo ex art. 17-bis D.lgs. 546/1992) alla data del 16 settembre 2022.

In tal senso si esprime l’art. 8, comma 3, Legge 31 agosto 2022 n. 130, secondo cui “Le disposizioni di cui all’articolo 4, comma 1, lettere c), d), g) e h), si applicano ai ricorsi notificati a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge”.

  1. Il divieto di giuramento.

In base alla nuova disposizione dell’art. 7, comma 4, D.lgs. 546/1992, resta fermo il divieto assoluto della prova per giuramento, sia decisorio (ossia il giuramento che una parte deferisce all’altra per farne dipendere la decisione totale o parziale della causa), sia suppletorio (ossia il giuramento deferito d’ufficio dal giudice ad una delle parti al fine di decidere la causa, quando la domanda o le eccezioni non sono pienamente provate, ma non sono neppure del tutto sfornite di prova, e ricorre dunque la situazione di cd. “semiplena probatio”), sia estimatorio (ossia quella particolare sotto-categoria del giuramento suppletorio, che è deferito dal giudice ad una delle parti al fine di stabilire il valore della cosa domandata, quando non sia possibile accertarlo altrimenti).

Ciò appare coerente con la tendenziale indisponibilità dell’obbligazione tributaria (sancito già anteriormente all’entrata in vigore della Costituzione dall’art. 13 R.D. 23 dicembre 1923 n. 3269, ed ulteriormente “consacrato”, seppure in forma implicita, dalle norme di cui agli artt. 23, 53 e 97 Costituzione), rispetto alla quale non può essere ammesso un mezzo di prova, quale il giuramento, che anche le disposizioni civilistiche limitano espressamente alle cause aventi ad oggetto diritti di cui le parti possono liberamente disporre (in base al combinato disposto degli artt. 2737 e 2731 c.c.).

  1. L’ammissione della prova testimoniale scritta anche senza l’accordo delle parti.

Con la nuova formulazione dell’art. 7, comma 4, D.lgs. 31 dicembre 1992 n. 546, viene invece attenuata la precedente preclusione relativa alla prova testimoniale, che viene ammessa, seppure soltanto nella forma della testimonianza scritta di cui all’art. 257-bis c.p.c.

Tale tipologia di prova, in base alla nuova formulazione dell’art. 7, comma 4, D.lgs. 546/1992, può essere ammessa dalla Corte di giustizia tributaria, “ove lo ritenga necessario ai fini della decisione e “anche senza l’accordo delle parti.

Emerge quindi già una prima differenza rispetto all’omologo istituto del Codice di procedura civile, laddove l’art. 257-bis c.p.c. stabilisce che il giudice possa ammettere la testimonianza scritta solo “su accordo delle parti”.

Quest’ultimo, peraltro, secondo la prevalente giurisprudenza di merito, può essere raggiunto anche in un momento successivo rispetto a quello dell’ammissione delle prove, laddove l’esigenza e l’opportunità delle dichiarazioni scritte emergano in conseguenza di sopravvenienze processuali, e sempre a condizione che il teste da escutere e i capitoli da proporre al testimone siano stati ritualmente ammessi al processo, nel rispetto delle preclusioni processuali (in tal senso Tribunale di Milano, sez. IX, ordinanza 11 dicembre 2013).

La differenza tra la previsione del Codice di procedura civile e quella dell’art. 7, comma 4, D.lgs. 546/1992 trova spiegazione ancora una volta nella diversa natura dei diritti in contestazione.

L’art. 257-bis c.p.c. richiede necessariamente per l’ammissione della testimonianza scritta l’accordo delle parti, che naturalmente assumerà valenza differente a seconda che la controversia, nella quale la testimonianza scritta deve essere assunta, abbia ad oggetto diritti disponibili dalle parti oppure diritti dei quali le parti non possono disporre.

Nel primo caso, il giudice dovrà infatti tendenzialmente prendere atto dell’accordo delle parti ed ammettere la testimonianza scritta, mentre nel secondo potrà eventualmente respingerla, tenuto conto appunto della “natura della causa” e di “ogni altra circostanza” relativa alla fattispecie concreta.

Nell’ambito del processo civile, la testimonianza scritta su accordo delle parti trova dunque il proprio campo di applicazione “privilegiato” nelle controversie aventi ad oggetto diritti disponibili dalle parti, quali sono tendenzialmente tutti i diritti patrimoniali, sia reali (es.: proprietà e altri diritti reali “minori”) che obbligatori (es.: diritti di credito, di natura sia contrattuale che extra-contrattuale). Si tratta, naturalmente, della preponderante maggioranza delle cause civili. 

Qualora si controverta invece di diritti indisponibili dalle parti (es.: cause relative a questioni di stato e capacità delle persone o relative al diritto agli alimenti), la testimonianza scritta, seppure non radicalmente vietata, dovrà essere ammessa dal giudice con particolare “parsimonia”, previa attenta ponderazione della natura (appunto, indisponibile) del diritto in contestazione e di ogni altra circostanza relativa alla fattispecie concreta.

Nell’ambito del processo tributario, richiedere l’accordo delle parti per l’assunzione della testimonianza scritta sarebbe dunque risultato privo di senso, posto che il processo tributario ha per definizione ad oggetto diritti dei quali le parti non possono liberamente disporre, rispetto ai quali anche il processo civile “limita” la valenza dell’accordo tra le parti e richiede la ponderazione del giudice sulla “natura della causa” e su “ogni altra circostanza”.

Pertanto, l’art. 7, comma 4, D.lgs. 546/1992, partendo dal presupposto del carattere necessariamente indisponibile dei diritti in questione nell’ambito del processo tributario, sceglie di ammettere la testimonianza scritta a prescindere da qualsiasi “accordo” delle parti in tal senso ed affidando invece al giudice la valutazione circa la necessità di tale mezzo istruttorio ai fini della decisione.

  1. Le modalità operative della testimonianza scritta.

Per quanto riguarda le concrete modalità di assunzione della testimonianza scritta, il nuovo testo dell’art. 7, comma 4, D.lgs. 546/1992 rinvia integralmente all’art. 257-bis c.p.c. e, conseguentemente, anche alla relativa norma di attuazione di cui all’art. 103-bis disp. att. c.p.c., entrambe introdotte ad opera della Legge 18 giugno 2009 n. 69 ed applicabili al rito civile a decorrere dal 4 luglio 2009.

In caso di ammissione della suddetta prova, sarà quindi onere della parte, che ha richiesto l’assunzione della testimonianza scritta,  predisporre il modello di testimonianza in conformità agli articoli ammessi e provvedere alla sua notifica al testimone.

Il modello di testimonianza deve essere conforme al modello approvato con decreto del Ministro della giustizia, che individua anche le istruzioni per la sua compilazione, da notificare unitamente al modello, secondo quanto previsto dal D.M. 17 febbraio 2010, entrato in vigore il 16 marzo 2010

Quest’ultimo, sottoscritto in ogni suo foglio dalla parte che ne ha curato la compilazione, deve obbligatoriamente contenere i requisiti prescritti dall’art. 103-bis disp. att. c.p.c., ossia:

    • l’indicazione del procedimento al quale si riferisce;
    • l’indicazione dell’ordinanza di ammissione da parte del giudice procedente;
    • idonei spazi per l’inserimento delle complete generalità del testimone, dell’indicazione della sua residenza o del suo domicilio e, ove possibile, di un suo recapito telefonico;
    • l’ammonimento al testimone di cui all’art. 251 c.p.c.;
    • la formula del giuramento di cui all’art. 251 c.p.c.;
  • l’avviso in ordine alla facoltà o all’obbligo di astenersi dalla testimonianza  ai sensi degli artt. 200, 201 e 202 c.p.p. (rispettivamente: segreto professionale, segreto d’ufficio e segreto di Stato);
  • lo spazio per la sottoscrizione obbligatoria del testimone;
  • le richieste di cui all’art. 252, comma 1, c.p.c., ivi compresa l’indicazione di eventuali rapporti personali con le parti e la trascrizione di quelli ammessi;
  • l’avvertenza che il testimone deve rendere risposte specifiche e pertinenti a ciascuna domanda e deve altresì precisare se ha avuto conoscenza dei fatti oggetto della testimonianza in modo diretto oppure indiretto.

Il testimone deve rendere la deposizione compilando il modello di testimonianza in ogni sua parte, con risposta separata per ciascuno dei quesiti, precisando a quali quesiti non sia eventualmente in grado di rispondere e indicando la ragione di tale impossibilità.

Il testimone dovrà poi sottoscrivere la deposizione, apponendo la propria firma autenticata su ciascuna delle facciate del foglio di testimonianza

L’art. 103-bis disp. att. c.p.c. prevede in proposito che al termine di ogni risposta venga apposta la sottoscrizione del testimone, di seguito e senza lasciare spazi vuoti; stabilisce inoltre che le sottoscrizioni debbano essere autenticate da un segretario comunale o dal cancelliere di un ufficio giudiziario. A seguito dell’estensione di tale norma anche al processo tributario, tale facoltà potrebbe ragionevolmente essere estesa anche al Segretario della Corte di Giustizia Tributaria. 

Al fine di non gravare il testimone di costi economici per l’assolvimento del proprio obbligo giuridico di testimonianza, l’art. 103-bis disp. att. c.p.c. conclude precisando che l’autentica delle sottoscrizioni del testimone è in ogni caso gratuita, nonché esente dall’imposta di bollo e da ogni altro diritto.

Una volta sottoscritto con le predette modalità, il foglio di testimonianza deve poi, alternativamente, essere spedito in busta chiusa con plico raccomandato oppure consegnato presso la cancelleria (nel processo tributario: segreteria) del giudice.

La mancata spedizione o consegna del foglio di testimonianza nel termine stabilito dal giudice comporta la possibilità per il testimone di essere condannato dal giudice ad una pena pecuniaria compresa tra 100,00 e 1.000,00 euro (art. 255, comma 1, c.p.c.).

Qualora il testimone si avvalga della facoltà di astensione di cui all’art.  249 c.p.c. (che, a propria volta, richiama gli artt. 200, 201 e 202 c.p.p., rispettivamente in materia di segreto professionale, segreto d’ufficio e segreto di Stato), avrà comunque l’obbligo di compilare il modello di testimonianza, indicando le proprie generalità complete ed i motivi dell’astensione.

Dott.ssa Cecilia Domenichini

Unicusano- Roma