Cass. Pen., sez. III, 08 .06.2021, n. 22294


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SARNO Giulio – Presidente –

Dott. RAMACCI Luca – Consigliere –

Dott. SOCCI Angelo M. – rel. Consigliere –

Dott. GAI Emanuela – Consigliere –

Dott. SCARCELLA Alessio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

Svolgimento del processo

  1. Con sentenza della Corte di appello di L’Aquila del 7 novembre 2019 è stata confermata la decisione del Tribunale di Chieti dell’11 giugno 2018 che aveva condannato G.L. alla pena di anni 2 e mesi 6 di reclusione per il reato di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art 10 perché nella qualità (…) al fine di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto, occultava o comunque distruggeva le scritture contabili della G. s.r.l. inerenti agli anni di imposta (OMISSIS); accertato il (OMISSIS).
  2. L’imputato ha proposto ricorso in cassazione, per i motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1.
  3. 1. Violazione di legge (art. 157 c.p.) per l’omessa dichiarazione dell’estinzione del reato per prescrizione.

Il giudicante in maniera apodittica e priva di elementi probatori ritiene la fattispecie dell’occultamento (reato permanente) e non quella della distruzione (reato istantaneo) delle scritture contabili. Il Tribunale aveva ritenuto che la condotta nell’imputazione era in via principale quella dell’occultamento, mentre quella della distruzione solo in via alternativa; ma questo non è rilevante in quanto l’imputazione ripete solo la formula della norma. La Corte di appello invece inverte l’onere della prova e ritiene configurato l’occultamento per mancanza della prova della distruzione.

Comunque, prendendo come momento conclusivo dell’esercizio della condotta la data del (OMISSIS) ad oggi il reato sarebbe prescritto, anche per l’occultamento.

La dichiarazione dei redditi per gli anni in oggetto ((OMISSIS)) era stata regolarmente presentata e pertanto il reato di occultamento non sarebbe comunque configurabile (Cassazione n. 39243/2018).

La distruzione sarebbe avvenuta prima del (OMISSIS) e pertanto il reato risulta prescritto.

  1. 2. Mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione. La condanna è frutto di una scarsa se non inesistente attività istruttoria; manca anche l’escussione dei militari che hanno compiuto gli accertamenti. All’udienza del giorno 11 giugno 2018 doveva essere escusso il teste dell’accusa C.F., che aveva effettuato gli accertamenti di P.G., ma su pressione del giudicante il P.M. rinunciava all’escussione con opposizione della difesa.

Solo con l’escussione del teste F. in appello la Corte condannava l’imputato in assenza di adeguata e logica motivazione.

Ha chiesto pertanto l’annullamento della sentenza impugnata.

Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile perché i motivi di ricorso sono manifestamente infondati, generici, e ripetitivi dei motivi di appello, senza critiche specifiche alle motivazioni della sentenza impugnata. Inoltre, il ricorso, articolato in fatto, valutato nel complesso richiede alla Corte di Cassazione una rivalutazione del fatto, non consentita in sede di legittimità.

La decisione della Corte di appello (e la sentenza di primo grado, in doppia conforme) contiene adeguata motivazione, senza contraddizioni e senza manifeste illogicità, sulla responsabilità dell’imputato, in relazione all’assenza di consegna della documentazione fiscale per un lungo periodo (anni di imposta (OMISSIS) e (OMISSIS)) alla richiesta della Guardia di Finanza in sede di ispezione; il comportamento omissivo dell’imputato, per la sentenza della Corte di appello, risulta dimostrativo della finalità di evadere le imposte (dolo specifico) e presuppone l’occultamento delle scritture contabili. Infatti, la fattispecie contestata nell’imputazione è quella dell’occultamento e in via subordinata della distruzione.

Del resto, “In tema di reati tributari, l’accertamento del dolo specifico richiesto per la sussistenza del delitto di cui al D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 10 (occultamento o distruzione di documenti contabili al fine di evasione) presuppone la prova della produzione di reddito e del volume di affari, che può desumersi, in base a norme di comune esperienza, dal fatto che l’agente sia titolare di un’attività commerciale” (Sez. 3, n. 51836 del 03/10/2018 – dep. 16/11/2018, M, Rv. 27411001). Nessun dubbio sulla produzione dei redditi della società in oggetto, come si desume proprio dalla presentazione delle dichiarazioni IVA e per le imposte dirette.

Inoltre, questa Corte di Cassazione ha evidenziato come la contestazione (quando prevede entrambe le condotte nell’imputazione) deve ritenersi principalmente di occultamento e compete all’imputato dimostrare la distruzione in luogo dell’occultamento e la data della distruzione: “La condotta del reato previsto dal D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 10 può consistere sia nella distruzione che nell’occultamento delle scritture contabili o dei documenti di cui è obbligatoria la conservazione, in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi o del volume di affari, con conseguenze diverse rispetto al momento consumativo, giacché la distruzione realizza un’ipotesi di reato istantaneo, che si consuma con la soppressione della documentazione, mentre l’occultamento consistente nella temporanea o definitiva indisponibilità della documentazione da parte degli organi verificatori – costituisce un reato permanente, che si protrae sino al momento dell’accertamento fiscale, dal quale soltanto inizia a decorre il termine di prescrizione. Nella fattispecie, relativa alla contestazione dell’occultamento o comunque della distruzione delle scritture contabili, la S.C., nel ritenere che detta contestazione concernesse in via principale l’occultamento, ha osservato che l’imputato, per avvalersi della dedotta maturazione della prescrizione in conseguenza della qualificazione della condotta come distruttiva, avrebbe dovuto dimostrare sia la circostanza che la documentazione contabile era stata distrutta, e non semplicemente occultata, sia l’epoca di tale distruzione” (Sez. 3, n. 14461 del 25/05/2016 – dep. 24/03/2017, Quaglia, Rv. 26989801; vedi anche Sez. 3, n. 46049 del 28/03/2018 – dep. 11/10/2018, CARESTIA CHRISTIAN, Rv. 27469702).

Nel caso in giudizio nessuna dimostrazione è stata fornita dall’imputato sulla distruzione dei documenti.

Il reato pertanto risulta permanente e alla data della decisione della Corte di appello non risultava prescritto. Infatti, “In tema di reati tributari, il delitto di occultamento della documentazione contabile ha natura di reato permanente, in quanto la condotta penalmente rilevante si protrae sino al momento dell’accertamento fiscale, che coincide con il “dies a quo” da cui decorre il termine di prescrizione” (Sez. 3, n. 5974 del 05/12/2012 – dep. 07/02/2013, PG in proc. Buonocore, Rv. 25442501).

L’inammissibilità del ricorso esclude la valutazione della prescrizione maturata dopo la sentenza impugnata: “L’inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 c.p.p. (Nella specie la prescrizione del reato maturata successivamente alla sentenza impugnata con il ricorso)” (Sez. U, n. 32 del 22/11/2000 – dep. 21/12/2000, D. L, Rv. 217266).

  1. 1. La presenza delle dichiarazioni IVA e delle Imposte dirette non consente di ritenere ricostruita l’attività della società in modo completo, in quanto le dichiarazioni provengono dalla stessa società e la documentazione fiscale, da conservare obbligatoriamente, serve proprio al controllo delle dichiarazioni: “In tema di reati tributari, il delitto di cui al D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 10  tutelando il bene giuridico della trasparenza fiscale, è integrato in tutti i casi in cui la distruzione o l’occultamento della documentazione contabile dell’impresa non consenta o renda difficoltosa la ricostruzione delle operazioni, rimanendo escluso solo quando il risultato economico delle stesse possa essere accertato in base ad altra documentazione conservata dall’imprenditore e senza necessità di reperire aliunde elementi di prova” (Sez. 3, n. 20748 del 16/03/2016 – dep. 19/05/2016, Capobianco, Rv. 26702801).
  2. Del tutto generico il motivo sulla mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione della sentenza, in quanto si richiama l’omessa escussione di un teste di P.G. (C.F.) nel dibattimento di primo grado, ma la sentenza di appello evidenzia come il teste sia stato poi escusso in appello (“Il processo veniva istruito con l’esame dei testi C.F. e F.C. il quale esibiva gli atti relativi al processo verbale”). Nel ricorso in cassazione si reitera il motivo di appello senza confrontarsi con la motivazione della sentenza impugnata.

Alla dichiarazione di inammissibilità consegue il pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma di Euro 3.000,00 e delle spese del procedimento, ex art. 616 c.p.p..

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 19 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 8 giugno 2021


COMMENTO: In tema di occultamento o distruzione delle scritture contabili, delitto previsto e punito dall’articolo 10 del D.Lgs. 74 del 2000, è meritevole di nota la recente sentenza della Corte di Cassazione, Sez. III, n. 22294 del 8 Giugno 2021. 

In tale sentenza gli Ermellini  analizzano le condotte alternative dell’occultamento e della distruzione delle scritture contabili, prestando particolare attenzione all’istituto della prescrizione. 

La questione giuridica non è di scarso interesse giuridico, rilevando ai fini della decorrenza dei termini la natura del reato e l’istante in cui esso si consuma.                                            

A tal riguardo i giudici della Suprema Corte, ribadendo un orientamento già presente in giurisprudenza, stabiliscono che: “La condotta del reato previsto dall’art. 10 del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, può consistere sia nella distruzione che nell’occultamento delle scritture contabili o dei documenti di cui è obbligatoria la conservazione, in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi o del volume di affari, con conseguenze diverse rispetto al momento consumativo, giacché la distruzione realizza un’ipotesi di reato istantaneo, che si consuma con la soppressione della documentazione, mentre l’occultamento – che consiste nella temporanea o definitiva indisponibilità della documentazione da parte degli organi verificatori – costituisce un reato permanente, che si protrae sino al momento dell’accertamento fiscale, dal quale soltanto inizia a decorrere il termine di prescrizione.”                               

I giudici di legittimità fanno un ulteriore passo in avanti, stabilendo che in caso di contestazione della fattispecie punita dall’articolo 10 del D.Lgs. 74 del 2000, tale contestazione riguarda in via principale la condotta dell’occultamento, reato continuato, mentre compete all’imputato provare la condotta –  a lui più favorevole ai sensi dell’art. 157 c.p. – della distruzione.

La recente sentenza statuisce non solo che l’imputato dovrà dimostrare la distruzione delle scritture contabili, ma anche il momento preciso di tale distruzione.

A tal riguardo la Suprema Corte statuisce: “Inoltre, questa Corte di Cassazione ha evidenziato come la contestazione (quando prevede entrambe le condotte nell’imputazione) deve ritenersi principalmente di occultamento e compete all’imputato dimostrare la distruzione in luogo dell’occultamento e la data della distruzione…”

 

Francesco Paolo Ledda

Avvocato