Convegno Pontremoli, 21 febbraio 2020

“Prime riflessioni sulla riscossione delle entrate locali mediante accertamento esecutivo, ai sensi della L. 160/19”

 

SOMMARIO: 

Parte Prima: §. 1 Premessa. §. 2 Il fondato pericolo per l’esito positivo della riscossione. §. 3 La riscossione dei cd. “oneri accessori” in caso di affidamento al soggetto preposto alla riscossione nazionale. §. 4 La riscossione dei cd. “oneri accessori” in caso di riscossione svolta dall’Ente locale o dal cd. “concessionario minore”.

Parte Seconda: §. 5 La dilazione di pagamento: raffronto tra la nuova normativa e l’art. 19 DPR 602/1973. §. 6 La dilazione di pagamento: problematiche di giurisdizione. §. 7 Le esenzioni in favore di enti locali e concessionari. 

  • . 5 La dilazione di pagamento: raffronto tra la nuova normativa e l’art. 19 DPR 602/1973

Ai sensi dell’art. 1, comma 794, Legge 160/2019, l’avviso di accertamento ed il connesso provvedimento di irrogazione delle sanzioni non sono suscettibili di acquistare efficacia di titolo esecutivo quando siano emessi per somme inferiori a 10 euro (limite riferito all’intero debito dovuto, anche derivante da più annualità). 

Il debito inferiore a tale soglia rimane comunque a carico del soggetto moroso e può essere oggetto di recupero con la successiva notifica di atti che superino cumulativamente tale soglia.

L’art. 1, comma 795, Legge 160/2019 contiene una disposizione analoga a quella dell’art. 1, 1, comma 544, Legge 28 dicembre 2012 n. 228, pur con alcune parziali deroghe.

Quest’ultimo stabilisce infatti che “In tutti i casi di riscossione coattiva di debiti fino a mille euro ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, intrapresa successivamente alla data di entrata in vigore della presente disposizione, salvo il caso in cui l’ente creditore abbia notificato al debitore la comunicazione di inidoneità della documentazione ai sensi del comma 539, non si procede alle azioni cautelari ed esecutive prima del decorso di centoventi giorni dall’invio, mediante posta ordinaria, di una comunicazione contenente il dettaglio delle iscrizioni a ruolo”.

L’art. 1, comma 795, Legge 160/2019 pone una norma del tutto analoga, con l’unica deroga relativa alla durata del termine (i.e.: sessanta giorni, anziché centoventi giorni).

Esso prevede inoltre che, per il recupero di importi fino a 10.000 euro, dopo che l’atto di cui al comma 792 è divenuto esecutivo e prima di attivare una procedura esecutiva e cautelare, gli enti devono inviare un sollecito di pagamento con cui si avvisa il debitore che il termine indicato nell’atto è scaduto e che, se non si provvede al pagamento entro trenta giorni, saranno attivate le procedure cautelari ed esecutive.

Pertanto, in sintesi:

  • per la riscossione di importi fino a 1.000 euro, non si potrà procedere ad azioni cautelari o esecutive prima del decorso di sessanta giorni dall’invio, mediante posta ordinaria, di una comunicazione contenente il dettaglio degli importi di cui all’avviso di accertamento esecutivo;
  • per la riscossione degli importi superiori a 1.000 euro e fino a 10.000 euro, non si potrà procedere ad azioni cautelari o esecutive prima del decorso di trenta giorni dall’invio di un sollecito di pagamento con cui si avvisa il debitore che il termine indicato nell’atto esecutivo è scaduto e che, se non si provvede al pagamento entro il predetto termine di trenta giorni, saranno attivate le procedure cautelari ed esecutive. 

La norma in esame, a differenza dell’art. 1, comma 544, Legge 228/2012, non specifica le modalità di invio di tale comunicazione che tuttavia, per analogia, si ritiene possa essere inviata mediante posta ordinaria.

In entrambi i casi, restano aperte le problematiche relative alla prova dell’invio di tali comunicazioni, posto che l’invio mediante posta ordinaria non consente in alcun modo la prova dell’avvenuta spedizione, né tanto meno quella della sua ricezione da parte del destinatario, dalla quale computare il termine previsto ex lege per l’inizio delle azioni cautelari ed esecutive.

I commi da 796 a 801 dell’art. 1 Legge 160/2019 disciplinano la dilazione del pagamento, sul modello di quanto prescritto dall’art. 19 D.P.R. 29 settembre 1973 n. 602, pur con alcune significative differenze. 

Tale disciplina è peraltro destinata ad applicarsi solo “in assenza di una apposita disciplina regolamentare” che, laddove adottata, risulta prevalente.

L’istituto della dilazione di pagamento può riguardare qualsiasi tipologia di debito, sia tributario che extra-tributario. 

Tuttavia, secondo quanto chiarito dal Ministero dell’Economia e delle Finanze in occasione di un recente seminario Telefisco, sono escluse dall’applicazione dell’istituto le sanzioni amministrative derivanti da violazioni al Codice della Strada.

La ratio di tale esclusione si rinviene nel carattere speciale della norma di cui all’art. 206 D.lgs. 285/1992 (“riscossione dei proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie”), come tale non assoggettabile alla disciplina generale in materia di riscossione delle entrate locali, di cui all’art. 1, commi 792 e ss., Legge 160/2019.

Parimenti, è esclusa la possibilità di dilazione del pagamento delle tasse automobilistiche

Ai sensi dell’art. 1, comma 784, Legge 160/2019, gli enti coinvolti nella riforma della Legge di bilancio 2020 sono infatti le Province, le Città metropolitane, i Comuni, le Comunità montane, le Unioni di Comuni ed i Consorzi degli Enti locali. 

Non sono invece interessate dalla nuova normativa le Regioni, titolari dei crediti relativi alle tasse automobilistiche (cd. “bolli auto”).

La nuova disciplina della dilazione è inoltre applicabile solo quando la riscossione venga gestita in proprio dagli Enti locali oppure affidata ad uno dei soggetti di cui all’art. 52, comma 5, lettera b), D.lgs. 446/1997.

Qualora, invece, la riscossione dei tributi e delle entrate locali sia affidata all’Agente nazionale della riscossione (secondo quanto consentito dall’art. 2 D.L. 193/2016, convertito in Legge 225/2016), la disciplina applicabile continuerà ad essere esclusivamente quella di cui all’art. 19 D.P.R. 29 settembre 1973 n. 602.

Tale conclusione si ricava dall’art. 1, comma 785, Legge 160/2019, secondo cui “in caso di affidamento, da parte degli enti, dell’attività di riscossione delle proprie entrate all’agente della riscossione, si applicano esclusivamente le disposizioni di cui al comma 792”.

In base all’art. 1, comma 796, Legge 160/2019, l’ente creditore o il soggetto affidatario, su richiesta del debitore, concede la ripartizione del pagamento delle somme dovute fino ad un massimo di settantadue rate mensili, a condizione che il debitore versi in una situazione di temporanea e obiettiva difficoltà.

Quest’ultima si verifica quando il contribuente si trova in una situazione tale da non pregiudicare irrimediabilmente l’adempimento dell’obbligazione, ma che tuttavia non gli consente l’adempimento in un’unica soluzione alla scadenza del termine di pagamento.

La ripartizione del pagamento è concessa secondo scaglioni differenti in base agli importi, ed in particolare secondo il seguente schema:

  1. fino ad euro 100,00: nessuna rateazione;
  2. da euro 100,01 a euro 500,00: fino a quattro rate mensili;
  3. da euro 500,01 ad euro 3.000,00: da cinque a dodici rate mensili;
  4. da euro 3.000,01 ad euro 6.000,00: da tredici a ventiquattro rate mensili;
  5. da euro 6.000,01 ad euro 20.000,00: da venticinque a trentasei rate mensili;
  6. oltre euro 20.000,00: da trentasette a settantadue rate mensili.

Occorre a questo punto segnalare una prima differenza tra la normativa in esame e quella di cui all’art. 19 D.P.R. 602/1973.

Quest’ultima disposizione stabilisce infatti che l’Agente della riscossione:

  • deve concedere la ripartizione del debito, sulla base della sola dichiarazione del contribuente di versare in temporanea situazione di obiettiva difficoltà, se il debito è inferiore o pari a 60.000 euro;
  • può concedere la ripartizione del debito di importo superiore ad euro 60.000, se il contribuente documenta la propria temporanea situazione di obiettiva difficoltà.

Pertanto, nella prima delle suddette fattispecie, la concessione della dilazione costituisce un obbligo per l’Agente della Riscossione, privo di qualsiasi apprezzamento discrezionale. Correlativamente, nessun onere di documentazione e/o prova è posto a carico del contribuente, il quale può limitarsi ad allegare la propria situazione di temporanea obiettiva difficoltà.

Diversamente, nella seconda ipotesi la concessione della rateazione è subordinata ad un apprezzamento discrezionale dell’Agente della riscossione circa la congruità della documentazione presentata dal contribuente, al fine di dimostrare la propria situazione di obiettiva difficoltà. Correlativamente, per il contribuente non è più sufficiente la mera allegazione della propria situazione di obiettiva difficoltà, ma è necessaria una documentazione e/o prova della stessa.

Proprio al fine di regolamentare tale discrezionalità, assicurando la parità di trattamento dei contribuenti, l’Agente nazionale della riscossione ha elaborato diversi documenti di prassi (i.e.: Circolari), al fine di determinare in che modo i contribuenti debbano provare la propria temporanea situazione di obiettiva difficoltà economica, quando intendano chiedere la rateazione di un debito di importo superiore ad euro 60.000.

In particolare, per le persone fisiche e le imprese individuali soggette a regimi fiscali semplificati, è necessaria la certificazione relativa all’Indicatore della situazione economica equivalente (cd. “I.S.E.E.”) del nucleo familiare.

Per le imprese individuali soggette a regime fiscale ordinario e per tutte le tipologie di società, sono necessari copia dell’ultimo bilancio approvato e depositato presso il Registro delle imprese e il prospetto per la determinazione dell’indice di liquidità e dell’Indice Alfa. 

L’Indice di liquidità è un parametro utilizzato dagli analisti di bilancio per stabilire la maggiore o minore capacità dell’impresa di farsi carico di impegni finanziari nell’immediato con le proprie disponibilità di liquidità immediata o differita. 

Si calcola sommando la liquidità immediata con la liquidità differita e dividendo il relativo risultato per l’importo delle passività correnti (i.e.: liquidità immediata + liquidità differita / passività correnti). 

Se tale indice è uguale o superiore a 1, non sussiste il requisito della temporanea situazione di obiettiva difficoltà; diversamente, se il risultato è compreso tra 0,5 e 1, tale requisito sussiste. 

L’Indice Alfa consiste invece nel rapporto tra il debito complessivo e il valore della produzione moltiplicato per 100 e, ad oggi, serve unicamente a determinare il numero massimo delle rate concedibili.

Una simile previsione non è contenuta nell’art. 1, comma 796, Legge 160/2019, probabilmente anche in considerazione del fatto che raramente i crediti dell’ente locale superano la cifra di 60.000 euro.

Resta tuttavia aperta la problematica dell’esistenza di un margine di discrezionalità dell’Ente locale o del soggetto affidatario della riscossione, nell’ambito della concessione della rateazione. 

Esso parrebbe escluso dall’utilizzo dell’espressione “su richiesta del debitore, concede la ripartizione del pagamento” (e non “può concedere”), mentre potrebbe ritenersi sussistente in base alla locuzione “a condizione che il debitore versi in una situazione di temporanea e obiettiva difficoltà”. Tale ultima locuzione farebbe infatti pensare alla necessità di una condizione oggettiva, che debba essere accertata dall’Ente locale o dal concessionario (e che quindi, preliminarmente, debba essere documentata dal contribuente che presenta la richiesta).

Pertanto, la prima problematica, che la disciplina della dilazione dei crediti locali presenta, è senza dubbio quella di determinare se la situazione di temporanea e obiettiva difficoltà possa essere ritenuta sussistente sulla base della sola dichiarazione del contribuente (e, quindi, senza necessità di accertamento da parte dell’ente locale o del concessionario) oppure, al contrario, se comporti un obbligo di accertamento da parte dell’ente o del concessionario (e quindi, necessariamente, un preliminare onere di documentazione da parte del contribuente). Qualora si dovesse propendere per la seconda soluzione, si aprirebbe altresì la questione delle modalità attraverso cui tale documentazione debba essere fornita.

Altra differenza tra l’art. 1, comma 796, Legge 160/2019 e l’art. 19 D.P.R. 602/1973 consiste nel fatto che quest’ultima norma esclude espressamente dalla dilazione di pagamento le spese di notifica. 

Tale esclusione non è invece riprodotta nell’art. 1, comma 796, Legge 160/2019: stante il generale principio per cui ubi lex voluit, dixit, si dovrebbe intendere che la dilazione dei crediti locali possa essere concessa anche per quanto riguarda le spese di notifica degli atti.

A norma dell’art. 1, comma 797, Legge 160/2019 l’Ente, con deliberazione adottata a norma dell’art. 52 D.lgs. 446/1997, può ulteriormente regolamentare condizioni e modalità di rateizzazione delle somme dovute, fermo restando il limite di una durata massima non inferiore a trentasei rate mensili per debiti di importi superiori ad euro 6.000,01.

Analogamente a quanto prescritto dall’art. 19 D.P.R. 602/1973, il successivo comma 798 dell’art. 1 Legge 160/2019 stabilisce che, in caso di comprovato peggioramento della situazione di difficoltà economica del debitore, la dilazione concessa può essere prorogata per una sola volta, per un eguale periodo e fino ad un massimo di settantadue rate mensili o per il periodo massimo disposto dal regolamento dell’ente, a condizione che non sia intervenuta decadenza dalla rateazione richiesta.

Non è invece riprodotta, nell’ambito della rateazione locale, la previsione dell’art. 19, comma 1-ter, D.P.R. 602/1973 secondo cui il debitore ha facoltà di chiedere che il piano di rateazione preveda, in luogo di rate costanti, rate variabili di importo crescente per ciascun anno. 

Tale previsione è stata introdotta nell’ambito della dilazione dei crediti dell’Agente nazionale della riscossione, sul modello dei piani di rientro di alcuni mutui bancari, al fine di agevolare il debitore (il quale, nell’immediato, può fruire di una rata più bassa, destinata a crescere di importo solo in un secondo momento, quando la situazione patrimoniale del debitore potrebbe essere migliorata). 

Tale previsione non viene invece riprodotta nei commi 796-802 dell’art. 1 Legge 160/2019: di conseguenza, sempre in forza del principio per cui ubi lex voluit, dixit, deve ritenersi che i piani di dilazione concessi dagli enti locali e dai concessionari della riscossione debbano necessariamente prevedere rate di importo costante (salva diversa previsione regolamentare dell’Ente).

L’art. 1, comma 799, Legge 160/2019, analogamente all’art. 19, comma 1-quater, primo periodo, D.P.R. 602/1973 prevede che, una volta ricevuta l’istanza di rateazione, l’ente creditore o il soggetto affidatario della riscossione possa adottare le misure cautelari dell’ipoteca (art. 77 DPR 602/1973) o del fermo amministrativo (art. 86 DPR 602/1973) solo:

  • in caso di mancato accoglimento della richiesta;
  • ovvero di decadenza dai benefici della rateazione.

A differenza dell’art. 19, comma 1-quater, secondo periodo, D.P.R. 602/1973, la norma nulla dispone sulla “sorte” delle procedure cautelari (i.e.: ipoteche e fermi amministrativi) già avviate, disponendo invece che “sono fatte comunque salve le procedure esecutive già avviate alla data di concessione della rateazione”.

Non viene quindi riprodotta la previsione dell’art. 19, comma 1-quater, terzo periodo, D.P.R. 602/1973, secondo cui, a seguito della presentazione della richiesta, fatta eccezione per le somme oggetto di verifica ex art. 48-bis DPR 602/1973 per le quali non può essere concessa la dilazione, non possono essere avviate nuove azioni esecutive fino all’eventuale rigetto dell’istanza e, in caso di relativo accoglimento, il pagamento della prima rata determina l’impossibilità di proseguire le procedure di recupero coattivo precedentemente avviate, a condizione che non si sia ancora tenuto l’incanto con esito positivo o non sia stata presentata istanza di assegnazione, ovvero il terzo non abbia reso dichiarazione positiva o non sia stato già emesso provvedimento di assegnazione dei crediti pignorati. 

Il silenzio della norma sul punto lascia quindi aperte due essenziali problematiche.

La prima: se l’Ente locale o il soggetto affidatario possano avviare nuove procedure esecutive nelle more tra la presentazione dell’istanza di dilazione da parte del contribuente e l’emissione del provvedimento che decide su tale istanza.

La seconda: quale “sorte” abbiano le procedure esecutive già in corso, una volta concessa la dilazione del pagamento e pagata la prima rata.

Se la prima delle problematiche sopra rappresentate si presta facilmente ad una risposta negativa, dettata quanto meno da ragioni di “prudenza”, la seconda appare di soluzione non altrettanto agevole.

Da un lato, la previsione secondo cui “sono fatte comunque salve le procedure esecutive già avviate alla data di concessione della rateazione” sembra escludere radicalmente un arresto delle stesse per il solo fatto che sia stata concessa la rateazione o, addirittura, pagata la prima rata.

D’altra parte, tuttavia, una simile soluzione potrebbe ragionevolmente dare luogo ad una questione di legittimità costituzionale della nuova normativa per violazione del diritto di difesa in giudizio (art. 24, comma 2, Costituzione) e del principio di uguaglianza (art. 3 Costituzione), riservando ai debitori dell’Ente locale o del concessionario un trattamento deteriore rispetto a quello che l’art. 19, comma 1-quater, terzo periodo, D.P.R. 602/1973 prevede per i debitori dell’Agente nazionale della riscossione.

I commi 796-801 dell’art. 1 Legge 160/2019 non riproducono neppure la previsione dell’art. 19, comma 1-quinquies, D.P.R. 602/1973, che disciplina il cd. “piano straordinario” di rateazione, fino a centoventi rate mensili (anch’esse prorogabili per una sola volta, per un eguale periodo), attivabile quando il contribuente si trovi “per ragioni estranee alla propria responsabilità, in una comprovata e grave situazione di difficoltà legata alla congiuntura economica”.

La dilazione dell’ente locale o del concessionario prevede dunque unicamente il ricorso al “piano ordinario”, fino ad un massimo di settantadue rate mensili (e salva la diversa previsione regolamentare).

La scelta di non prevedere la possibilità di un “piano di rateazione straordinario”, analogo a quello di cui all’art. 19, comma 1-quinquies, D.P.R. 602/1973, risulta probabilmente motivata dalla generale maggior esiguità dei crediti locali rispetto a quelli erariali (e dalla conseguente mancata necessità di prevedere piani di dilazione di così ampia durata). 

Anche tale scelta, tuttavia, potrebbe prestarsi ad eventuali censure di incostituzionalità, per disparità di trattamento tra i debitori “erariali” e quelli “locali”, a svantaggio di questi ultimi, con conseguente possibile violazione dell’art. 3 Costituzione.

L’art. 1, comma 800, Legge 160/2019 regola la fattispecie della decadenza dalla rateazione, la quale si verifica automaticamente in caso di mancato pagamento, dopo espresso sollecito, di due rate anche non consecutive nell’arco di sei mesi nel corso del periodo di rateazione (mentre, ai sensi dell’art. 19, comma 3, D.P.R. 602/1973, l’analoga fattispecie della decadenza si realizza in caso di mancato pagamento di cinque rate, anche non consecutive, in tutto il periodo della rateazione, e senza che sia richiesto l’espresso sollecito al debitore).

Parzialmente analoghe all’art. 19, comma 3, D.P.R. 602/1973 sono le conseguenze della decadenza, nel senso che, per entrambe le norme, quest’ultima si verifica automaticamente e l’intero importo ancora dovuto diviene riscuotibile in un’unica soluzione.

L’art. 1, comma 800, Legge 160/2019 prevede inoltre che, in caso di decadenza, il debito non possa più essere rateizzato

Sotto tale aspetto, la norma si differenzia dall’art. 19, comma 3, lettera c), D.P.R. 602/1973, secondo cui “il carico può essere nuovamente rateizzato se, all’atto di presentazione della richiesta, le rate scadute alla stessa data sono integralmente saldate. In tal caso, il nuovo piano di dilazione può essere ripartito nel numero massimo di rate non ancora scadute alla medesima data. Resta comunque fermo quanto disposto dal comma 1-quater”.

Nell’ambito della dilazione dei crediti locali, non viene neppure riprodotta la disposizione dell’art. 19, comma 3-bis, D.P.R. 602/1973, che autorizza il debitore a non versare le rate successive, a seguito dell’emissione di un provvedimento amministrativo o giudiziale di sospensione totale o parziale della riscossione, emesso in relazione alle somme che costituiscono oggetto della dilazione, con facoltà per il debitore di chiedere, allo scadere della sospensione, il pagamento dilazionato del debito residuo, comprensivo degli interessi fissati dalla legge per il periodo di sospensione, nello stesso numero di rate non versate del piano originario o in altro numero, fino ad un massimo di settantadue.

Nel silenzio della Legge sul punto, sembra quindi doversi intendere che gli eventuali provvedimenti amministrativi o giudiziali di sospensione non possano incidere sul versamento delle rate del piano di dilazione dei crediti locali. Anche tale mancata previsione potrebbe ragionevolmente dare luogo a censure di incostituzionalità per violazione del diritto di difesa in giudizio (art. 24, comma 2, Costituzione), finendo di fatto per vanificare gli effetti del provvedimento di sospensione quando sia in corso una dilazione di pagamento, e del principio di eguaglianza (art. 3 Costituzione), rispetto al tertium comparationis dell’art. 19, comma 3-bis, D.P.R. 602/1973.

La disciplina della dilazione di pagamento termina quindi con la norma di cui all’art. 1, comma 801, Legge 160/2019, secondo cui le rate mensili nelle quali il pagamento è stato dilazionato scadono nell’ultimo giorno di ciascun mese indicato nell’atto di accoglimento dell’istanza di dilazione. 

Si tratta di una norma analoga a quella dell’art. 19, comma 4, D.P.R. 602/1973, rispetto alla quale manca tuttavia la previsione che autorizza il pagamento delle rate anche mediante domiciliazione sul conto corrente indicato dal debitore.

Anche tale facoltà, peraltro, ben potrà essere inserita nella disciplina regolamentare della rateazione, che gli Enti locali possono adottare ai sensi dell’art. 1, comma 797, Legge 160/2019, e che risulterà prevalente sulla normativa di legge.

  • . 6 La dilazione di pagamento: problematiche di giurisdizione

In merito alle eventuali controversie sul provvedimento di diniego della rateazione, l’art. 19 D.P.R. 602/1973 aveva dato luogo, in passato, ad alcune problematiche di giurisdizione.

Si era infatti sostenuto, in passato, che la giurisdizione in materia spettasse in via esclusiva al giudice amministrativo, posto che la rateazione può spesso riguardare crediti di natura eterogenea, soggetti a giurisdizioni differenti (in tal senso di era espressa la Direttiva del Gruppo Equitalia DSR/NC/2008/12 del 27 marzo 2008).

Tale orientamento appare tuttavia ad oggi superato dalla giurisprudenza, secondo cui il provvedimento di diniego della rateazione deve essere impugnato dinanzi al giudice competente (i.e.: fornito di giurisdizione) per la tipologia di credito oggetto della rateazione (i.e.: giudice tributario per il credito tributario; giudice ordinario per il credito patrimoniale).

In tal senso si è espressa la stessa Corte di legittimità con almeno due significativi precedenti.

Il primo ha affermato che “Le controversie instaurate a seguito di impugnazione del diniego di rateazione del debito tributario, implicando la decisione in ordine alla spettanza di un’agevolazione attinente alla fase della riscossione di tale debito, appartengono alla giurisdizione delle commissioni tributarie, a nulla rilevando la circostanza che la decisione sulla relativa istanza debba essere assunta in base a considerazioni estranee alle specifiche imposte e tasse dovute” (Cass. civ., Sezioni Unite, 1° luglio 2010 n. 15647).

La predetta pronuncia argomenta infatti che l’art. 19 DPR 602/1973 costituisce una “disposizione destinata a venire incontro alle necessità del debitore, per il quale rappresenta quindi un’ “agevolazione“, che anche nel linguaggio comune ha, per l’appunto, il significato di aiuto, favore, facilitazione” e che “la giurisdizione tributaria si estende ormai a qualunque controversia in materia d’imposte e tasse e, dunque, anche a quelle in tema di agevolazioni o riscossione che non attengano al momento della esecuzione in senso stretto o alla restituzione di somme per le quali non residui più alcuna questione sull’an, il quantum o le modalità di esecuzione del rimborso”.

Il secondo precedente di legittimità, analogamente, afferma che “Sussiste la giurisdizione del giudice tributario sulle controversie aventi ad oggetto il diniego opposto al contribuente all’istanza di rateazione delle imposte iscritte a ruolo” (Cass. civ., Sezioni Unite, ord., 14 marzo 2011 n. 5928).

Tale conclusione viene motivata sull’assunto che la giurisdizione tributaria “si estende ormai a qualunque controversia in materia di imposte e tasse che non attenga al momento della esecuzione in senso stretto o alla restituzione di somme per le quali non residui più alcuna questione sull’an il quantum o le modalità di esecuzione del rimborso”.

Pertanto, “anche a prescindere dal concetto di “agevolazione”, è fuor di dubbio che la controversia riguarda la fase della riscossione (e non dell’esecuzione) del tributo, concernendo in particolare una “modalità” di riscossione che la legge predispone per l’ipotesi di contribuenti che si trovino in determinate condizioni economicamente “sensibili“. Va, pertanto, confermato che la causa contro il provvedimento di rigetto dell’istanza di rateizzazione di un debito avente, come nella specie espressamente nel ricorso la società ricorrente dichiara che abbia, natura tributaria, rientra nella giurisdizione delle Commissioni Tributarie”.

Nello stesso senso si veda anche, più recentemente, Commissione Tributaria Regionale del Lazio, sez. XXXVIII, 18 febbraio 2014 n. 987 (“la rateizzazione della cartella di pagamento avente ad oggetto debiti di natura tributaria è rimessa alla giurisdizione  delle Commissiono Tributarie, dalla quale esulano esclusivamente le controversie riguardanti gli atti dell’esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento. A prescindere dal concetto di agevolazione, invero, la controversia avverso il diniego di rateazione riguarda la fase della riscossione, e non dell’esecuzione, del tributo, concernendo in particolare una modalità di riscossione che la legge predispone per l’ipotesi di contribuenti che si ritrovino in determinate condizioni economicamente sensibili”).

Analoghe considerazioni appaiono senza dubbio applicabili anche al provvedimento di diniego della rateazione emesso dall’ente locale o dal soggetto affidatario, che sarà quindi impugnabile:

  • davanti al giudice tributario, qualora relativo a crediti tributari;
  • davanti al giudice ordinario, qualora relativo a crediti extra-tributari;
  • davanti ad entrambi, ciascuno per la parte di crediti ad essi spettanti, in caso di provvedimento “misto” (ossia contenente crediti sia tributari che extra-tributari).

Restano invece impugnabili davanti al Giudice amministrativo gli atti a contenuto generale, quali i regolamenti adottati dagli enti ex art. 1, comma 797, Legge 160/2019 per disciplinare le modalità della rateazione applicabili alla generalità dei contribuenti.

 

  • . 7 Le esenzioni in favore di Enti locali e concessionari

Di particolare interesse appaiono infine le norme di cui all’art. 1, commi 809-813, Legge 160/2019, secondo le quali:

  • i conservatori dei pubblici registri immobiliari e del pubblico registro automobilistico eseguono le iscrizioni, le trascrizioni e le cancellazioni dei pignoramenti, delle ipoteche e del fermo amministrativo richieste dal soggetto legittimato alla riscossione forzata in esenzione da ogni tributo e diritto (comma 809);
  • i conservatori sono altresì tenuti a rilasciare in carta libera e gratuitamente al soggetto legittimato alla riscossione forzata l’elenco delle trascrizioni e iscrizioni relative ai beni da loro indicati, contenente la specificazione dei titoli trascritti, dei crediti iscritti e del domicilio dei soggetti a cui favore risultano fatte le trascrizioni e le iscrizioni (comma 810);
  • i competenti uffici dell’Agenzia delle entrate rilasciano gratuitamente al soggetto legittimato alla riscossione forzata le visure ipotecarie e catastali relative agli immobili dei debitori e dei coobbligati e svolgono gratuitamente le attività di cui all’art. 79, comma 2, DPR 602/1973, ossia l’attribuzione della rendita catastale o l’esecuzione della perizia sui terreni a destinazione edificatoria, al fine di determinare il prezzo base d’asta (comma 811);
  • le ordinanze di assegnazione riguardanti tutti i provvedimenti aventi quale titolo esecutivo l’ingiunzione ex R.D. 639/1910 o l’atto di cui al comma 792 sono esenti, o continuano ad essere esenti, dalla registrazione e non devono essere inviate all’Agenzia delle entrate (comma 812);
  • ai trasferimenti coattivi di beni mobili non registrati, l’imposta di registro si applica nella misura fissa di 10 euro. Per i beni mobili registrati, l’imposta provinciale di trascrizione si applica nella misura fissa di 50 euro tranne i casi di esenzione previsti dalla legge (comma 813).

 

Dott.ssa Cecilia Domenichini

Unicusano-Roma