Convegno Lerici, 05 aprile 2019

“LE ENTRATE LOCALI  tra procedimenti deflattivi, sanzionatori e responsabilità erariale”

Riparto di competenze in materia di scarichi

Il presente contributo tratta di un particolare profilo in materia di scarichi idrici, relativo alla competenza ad irrogare le sanzioni previste dalla legge in caso di scarico effettuato in assenza della relativa autorizzazione.

Il dato normativo di riferimento è contenuto nell’art. 135 del Decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, che al riguardo dispone che all’irrogazione delle sanzioni amministrative pecuniarie provveda la Regione (o la Provincia Autonoma) nel cui territorio è stata commessa la violazione.

Il T.U. Ambiente ha abrogato l’art. 56 del d.lgs 11 maggio 1999, n. 152, norma che pure prevedeva in termini generali la competenza regionale in materia, ma che faceva anche espressamente salva l’eventuale diversa disposizione sul punto della stessa Regione.

Si è sostenuto che il legislatore abbia così inteso vietare la possibilità per la Regione di delegare agli enti locali il potere in questione; con conseguente illegittimità della legge regionale che, come avveniva in Liguria fino al 2017 e come avviene ancora oggi in molte altre parti di Italia, preveda tale delega.

La questione è stata ripetutamente affrontata dal Tribunale della Spezia in questi anni.

Va preliminarmente precisato, sotto il profilo processuale, che l’ipotetico vizio del provvedimento impugnato deve essere dedotto dalla parte sin dall’atto introduttivo del giudizio di opposizione.

Nella specie, infatti, a venire in possibile rilievo sarebbe un vizio di incompetenza relativa e non assoluta.

Può richiamarsi al riguardo Cass., ord. N. 28108 del 5.11.2018, secondo cui: “In tema di opposizione a sanzioni amministrative ricorre il vizio di incompetenza assoluta dell’amministrazione quando l’atto emesso concerne una materia del tutto estranea alla sfera degli interessi pubblici attribuiti alla cura dell’amministrazione alla quale l’organo emittente appartiene, mentre si ha incompetenza relativa nel rapporto interno tra organi o enti nelle cui attribuzioni rientra, sia pure a fini e in casi diversi, una determinata materia. Soltanto il primo vizio è rilevabile d’ufficio dal giudice, comportando esso l’inesistenza del provvedimento, laddove il secondo deve essere dedotto dalla parte esclusivamente con il ricorso introduttivo, unitamente alle ragioni poste a base dello stesso”.

Ciò detto, in un primo momento il Tribunale della Spezia, in buona sostanza argomentando a contrario dal nuovo testo di legge (letto in contrapposizione con quello precedentemente vigente), ha ritenuto viziata l’ordinanza ingiunzione emessa dal Comune.

Tra le tante pronunce, si riporta la motivazione della sentenza n. 496/2016:

“Va, anzitutto, premesso che la disciplina degli scarichi idrici, per costante giurisprudenza della Corte Costituzionale (si veda ad esempio, tra le tante, la sentenza n. 133/2012), va collocata nell’ambito della “tutela dell’ambiente e dell’ecosistema”, essendo, pertanto, di competenza esclusiva statale, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione.

L’art. 135 del d.lgs 152/2006 è dunque la norma di riferimento in materia; essa stabilisce che: “In materia di accertamento degli illeciti amministrativi, all’irrogazione delle sanzioni amministrative pecuniarie provvede, con ordinanza-ingiunzione ai sensi degli articoli 18 e seguenti della legge 24 novembre 1981, n. 689, la regione o la provincia autonoma nel cui territorio e’ stata commessa la violazione, ad eccezione delle sanzioni previste dall’articolo 133, comma 8, per le quali e’ competente il comune, fatte salve le attribuzioni affidate dalla legge ad altre pubbliche autorità”.

Detto che la previsione di cui all’art. 133 comma 8 riguarda sanzioni amministrative diverse da quelle oggetto di causa e che nella specie, dunque, essa non viene in rilievo, va evidenziato che la norma in esame corrisponde solo in parte a quella previgente, ossia l’art. 56 del d.lgs 11 maggio 1999 n. 152 (che è stato abrogato dall’art. 175 c. 1 lett. bb) del dlgs 152/2006).

L’art. 56 appena citato, in materia di “competenza e giurisdizione”, faceva salve eventuali diverse disposizioni delle Regioni e dalle Province Autonome; l’art. 135, invece, come visto, non ha ribadito tale possibilità.

Se ne desume che la legge statale oggi esclude ogni facoltà per la Regione di incidere sul sistema di competenze come delineato dall’art. 135 citato, mentre la clausola di salvezza presente nell’ultima parte della norma de qua non può che essere riferita ad eventuali, ulteriori (ad oggi assenti) norme dello Stato (e non anche a norme regionali, preesistenti o successive).

Analoga interpretazione è stata già fornita da questo Tribunale, nonché da altra giurisprudenza di merito (cfr. Tribunale di Verona, sez. III civ., sentenza del 4.6.2013).

Può ulteriormente evidenziarsi che le stessa Conferenza dei presidenti delle Regioni e delle Province Autonome, nel parere del 19.7.2006 sullo schema di decreto legislativo modificativo del d.lgs 3 aprile 2006 n. 152, richiese (cfr. allegato A), senza esito, che l’art. 135 venisse emendato, al fine di far salva “l’eventuale diversa allocazione delle funzioni operata dalla legislazione regionale”; con ciò appunto presupponendo un’interpretazione della norma analoga a quella qui sostenuta.

Deve a questo punto darsi conto dell’art. 42 della legge della Regione Liguria 16 agosto 1995 n. 43 (che detta “Norme in materia di valorizzazione delle risorse idriche e di tutela delle acque dall’inquinamento”) e, in particolare, del suo comma 2, laddove prevede che le sanzioni amministrative siano comminate “dall’Autorità competente al rilascio dell’autorizzazione” (competenza al rilascio che la medesima legge regionale, in conformità ripartisce tra Comune e Provincia).

Si tratta di disposizione di cui, da ultimo, è stata anche fornita interpretazione autentica (ex art. 22 L.R. n. 41/2014), sostenendosi che essa sia da intendersi riferita anche alle sanzioni amministrative pecuniarie previste proprio dall’ art. 135 del d.lgs. 152/2006.

Ebbene, tale normativa regionale – antecedente al d. lgs. 152/2006 (considerato che la L.R. n. 41/2014, in quanto meramente interpretativa, non può aver innovato il quadro normativo richiamato) – non può trovare applicazione, atteso che, come visto, la specifica materia è stata già in via successiva disciplinata nella sua interezza.

Da questa irrilevanza discende anche che non vi potrebbe essere luogo per un’eventuale questione di legittimità della stessa, ai sensi dell’art. 117 della Costituzione.

Parte convenuta ritiene che ove il sistema dovesse essere interpretato nel senso appena esposto, l’art. 135 codice ambiente dovrebbe ritenersi in conflitto con gli artt. 118, 5, 97 e 76 della Costituzione.

Le questioni di illegittimità costituzionale sollevate sul punto sono, però, tutte, manifestamente infondate.

In relazione all’asserito eccesso di delega (ex art. 76 cost.), basterà osservare che la legge 308/2004, all’art. 1, comma 8, prevedeva che i decreti legislativi di riordino, coordinamento e integrazione delle disposizioni legislative in materia avrebbero dovuto conformarsi, tra gli altri, al criterio direttivo della “certezza delle sanzioni in caso di violazione delle disposizioni a tutela dell’ambiente” (lett. b), nonché garantire “una più efficace tutela in materia ambientale anche mediante il coordinamento e l’integrazione della disciplina del sistema sanzionatorio, amministrativo e penale… (lett. i).

L’intervento legislativo operato nel 2006, volto ad accentrare la potestà sanzionatoria, sotto questo particolare profilo, appare, pertanto, immune da vizi.

Passando, quindi, alla presunta violazione degli art. 5 e 97 Cost. (principi di decentramento e buona amministrazione), parte convenuta evidenzia l’assenza di fatto di una rete di uffici e strutture regionali per l’esercizio di funzioni di controllo e repressione delle violazioni alle norme sugli scarichi.

L’art. 135, comma 1, qui in esame, fa, però, esclusivo riferimento all’autorità competente all’applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie in materia (attraverso l’emanazione dell’ordinanza ingiunzione), non già all’organo di vigilanza che esegue l’accertamento e contesta la violazione amministrativa (materia che trova altrove nel testo di legge la propria disciplina).

Si tratta, all’evidenza, di due piani distinti da non sovrapporre.

Nessun principio di rango costituzionale, d’altra parte, impone la necessaria corrispondenza tra l’organo che effettua il controllo (e/o che rilascia autorizzazioni) e l’organo competente ad emettere la sanzione.

Infine, in relazione alla presunta violazione dell’art. 118 Cost., si osserva che la norma, in materia di conferimento delle funzioni amministrative, contiene una riserva di legge (statale o regionale, a seconda), non potendo, dunque, sindacarsi l’esercizio della discrezionalità del legislatore centrale che in materia di propria esclusiva competenza abbia ritenuto di non ammettere la facoltà di subdelega da parte della Regione”.

Contestualmente, presso altri Tribunali è maturato un orientamento di segno opposto, che ha tentato di interpretare sistematicamente il silenzio sul punto dell’art. 135 del T.U Ambiente alla luce dei principi costituzionali in tema di rapporti tra legislazione statale e regionale e di organizzazione amministrativa.

Di seguito, i passaggi di interesse nella sentenza n. 1082/2016 del Tribunale di Genova:

“….la Regione Liguria, con legge regionale n.41/2014, all’art.22 ha recentemente chiarito le competenze della Città Metropolitana in materia, fornendo l’interpretazione autentica (che, come è noto, ha efficacia retroattiva) dell’art.42, comma 2, lett. b) della L.R. 43/1995 … “1. L’art. 42, comma 2 lettera b) della l.r. 43/1995 e successive modificazioni ed integrazioni è da intendersi riferito anche alle sanzioni previste dall’art.135 del decreto legislativo 3 aprile 2006 n.152 ( norme in materia ambientale) e successive modificazioni ed integrazioni, essendo riferite al rilascio delle autorizzazioni agli scarichi di cui alla l.r. 43/1995 e successive modificazioni e integrazioni”….. Ora, a prescindere dalle valutazioni circa l’effettiva portata e in merito alla tecnica redazionale prescelta dal legislatore regionale con la norma cd di interpretazione autentica (che fa riferimento a norme che sono state emanate successivamente alla norma di cui si assume la interpretazione), la delega attuata si ritiene legittima e tutt’ora vigente in quanto in linea con i precetti costituzionali. Ciò in forza delle puntuali considerazioni di seguito esposte già fatte proprie dalla giurisprudenza di merito (vedi in particolare Trib. Teramo 10.12.2014 n.1815, di cui si riportano ampi stralci, che dà conto che tale orientamento interpretativo è stato condiviso dalla Corte d’Appello dell’Aquila nella sentenza n.1187 emessa in data 18/11/2014). Partendo dal dato normativo degli artt. 117 e 118 Cost. ed evidenziato che la competenza esclusiva in materia statale di “tutela dell’ambiente e dell’ecosistema” è diretta alla individuazione di una disciplina unitaria ed omogenea che superi gli interessi locali e regionali e porta all’adozione di una normativa volta a stabilire “standard minimi di tutela” volti ad assicurare – come anche di recente si è ribadito – una tutela “adeguata e non riducibile all’ambiente”, “non derogabile dalle Regioni” (da ultimo sentenza Corte Costituzionale n.187 del 2011), neppure a statuto speciale o dalle Province autonome (sentenza Corte Costituzionale n.234 del 2010), deve evidenziarsi quanto stabilito nel decreto 152/2006. In particolare l’art.3-quinquies del Decreto Legislativo 3 Aprile 2006 n.152 (“norme in materia ambientale”) rubricato “Principi di sussidiarietà e di leale collaborazione” dispone, nel testo novellato dall’art.1, comma 4 D. lgs. n.128 del 2010 che “1. I principi contenuti nel presente decreto legislativo costituiscono le condizioni minime ed essenziali per assicurare la tutela dell’ambiente su tutto il territorio nazionale. 2. Le Regioni e le Province autonome di Treno e Bolzano possono adottare forme di tutela giuridica dell’ambiente più restrittive, qualora lo richiedano situazioni particolari del loro territorio, purchè ciò non comporti un’arbitraria discriminazione, anche attraverso ingiustificati aggravi procedimentali. 3. Lo Stato interviene in questioni involgenti interessi ambientali ove gli obiettivi dell’azione prevista, in considerazione delle dimensioni di essa e dell’entità dei relativi effetti, non possano essere sufficientemente realizzati dai livelli territoriali inferiori di governo o non siano stati comunque effettivamente realizzati. 4. Il principio di sussidiarietà di cui al comma 3 opera anche nei rapporti tra Regioni ed enti locali minori. Qualora sussistano i presupposti per l’esercizio del potere sostitutivo del Governo nei confronti di un ente locale, nelle materie di propria competenza la regione può esercitare il suo potere sostitutivo”….. Con riguardo alla disciplina – che qui viene in rilievo – della disciplina degli scarichi l’art. 101 (Criteri generali della disciplina degli scarichi) del decreto in parola dispone che “2. Ai fini di cui al comma1, le Regioni, nell’esercizio della loro autonomia, tenendo conto dei carichi massimi ammissibili e delle migliori tecniche disponibili, definiscono i valori-limite di emissione, diversi da quelli di cui all’Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, sia in concentrazione massima ammissibile sia in quantità massima per unità di tempo in ordine ad ogni sostanza inquinante e per gruppi o famiglie di sostanze affini. Le Regioni non possono stabilire valori limite meno restrittivi di quelli fissati nell’Allegato 5 alla parte terza del presente decreto”…… Con particolare riferimento alla materia sanzionatoria, l’art.135 comma 1 dispone che “In materia di accertamento degli illeciti amministrativi, all’irrogazione delle sanzioni amministrative pecuniarie provvede, con ordinanza-ingiunzione ai sensi degli articoli 18 e seguenti della legge 24 Novembre 1981 n.689, la Regione o la Provincia autonoma nel cui territorio è stata commessa la violazione, ad eccezione delle sanzioni previste dall’art.133 comma 8 per le quali è competente il comune, fatte salve le attribuzioni affidate dalla legge ad altre pubbliche autorità”. L’accertamento se la delega della regione Liguria ad emanare sanzioni in materia di tutela delle acque possa ritenersi legittima nel vigente ordinamento non può che passare inevitabilmente ed in via pregiudiziale per la verifica in merito alla sussistenza del potere di delega ed alla costituzionalità della norma che ciò consente nonché, a ciò connesso, della Legge Regionale, pacifico essendo che la normativa regionale, se in contrasto con quella statale dettata in materia di competenza esclusiva o concorrente, non è suscettibile di disapplicazione ma, al più, di dichiarazione di incostituzionalità, con relativo onere in capo al giudicante di sollevare la relativa questione (cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n.2771 del 28/03/1997). Il vaglio di cui sopra a parere della scrivente ha esito positivo: sul punto si riportano le puntuali ed esaurienti considerazioni contenute nella sentenza del Tribunale di Teramo 10.12.2014 n.1815 sopra citata: “La Corte delle Leggi ha ripetutamente stabilito che la disciplina unitaria del bene complessivo ambiente, rimessa in via esclusiva allo Stato, viene a prevalere su quella dettata dalle Regioni o dalle Province autonome, in materia di competenza propria, ed in riferimento ad altri interessi. Ciò comporta che la disciplina ambientale, che scaturisce dall’esercizio di una competenza esclusiva dello Stato, investendo l’ambiente nel suo complesso, e quindi anche in ciascuna sua parte, viene a funzionare come un limite alla disciplina che le Regioni e le Province autonome dettano in altre materie di loro competenza, per cui queste ultime non possono in alcun modo derogare o peggiorare il livello di tutela ambientale stabilito dallo Stato (cfr. Corte Cost., sent. 246/2006; Corte Cost. Sent. n.378/2007). E’ allora da osservare che non vale ad impedire che il legislatore regionale intervenga in un determinato ambito il semplice fatto che detto ambito interferisca con la materia dell’ambiente, posto che il limite di intervento regionale è costituito dal rispetto dei principi regolatori stabiliti dal legislatore statale in tema di soglie minime di tutela dell’ambiente, di guisa che una legge regionale potrebbe stabilire dei livelli più elevati di tutela dell’ambiente, ma giammai derogare agli standard di tutela previsti dal legislatore nazionale……….al punto che vi è chi ritiene che, a seguito dei molteplici interventi interpretativi della Corte Costituzionale, la stessa materia dell’ambiente sia nei fatti una materia a legislazione concorrente. Ciò posto, va allora osservato che la materia della tutela delle acque è ambito che non coincide ma interferisce con quella dell’ambiente, atteso che attiene direttamente alla utilizzazione del bene ambiente….ed in via mediata la tutela dell’ambiente. Pertanto, in linea di principio, non è impedito al legislatore regionale di intervenire nella materia della tutela delle acque dall’inquinamento purchè si adegui ai principi ordinatori espressi dalla normativa nazionale. Va allora risolto l’interrogativo del se il potere di delega delle funzioni amministrative ovvero il divieto di delega in ordine alla applicazione delle sanzioni amministrative rientri tra i principi fondamentali stabiliti dal legislatore nazionale all’art.56 del decreto legislativo n.152 del 1999 in tema di tutela delle acque pubbliche, tale da spiegare un’efficacia cogente e limitativa per l’intervento delle Regioni. Ebbene, che il legislatore nazionale del 1999 ed il successivo intervento del 2006 abbiano voluto dettare norme cogenti ed inderogabili in materia di applicazione ed irrogazione delle sanzioni è soluzione che, a parere di questo giudicante, va del tutto esclusa. Invero, il sopra citato art.56 del decreto legislativo n.152 del 1999, nella parte in cui indica le autorità competenti, in tema di accertamento degli illeciti amministrativi nelle materie anzidette, all’irrogazione delle sanzioni amministrative pecuniarie, non può avere una tale efficacia – come peraltro ritenuto da Cass. Sez. 1, sentenza n.8511 del 22/04/2005 – atteso che “una simile disposizione, individuando tali autorità nella “Regione” o nella “Provincia autonoma” ed espressamente facendo salve le competenze del “Comune” per le sanzioni previste dall’art.54 commi ottavo e nono, nonché “le attribuzioni affidate dalla legge ad altre pubbliche autorità”, non appare diretta a realizzare nel settore un interesse “unitario” che richieda attuazione su tutto il territorio nazionale, così da produrre effetti di vincolo assoluto e generalizzato all’esplicazione della potestà legislativa delle regioni (Cass. 24 Febbraio 2004, 3620), là dove, cioè, non è ravvisabile alcun elemento il quale denoti che il legislatore statale, ispiratosi ad evidenti criteri di promovimento delle autonomie locali e del decentramento amministrativo, abbia voluto impedire che, nelle singole legislazioni regionali, intervenissero “altre pubbliche autorità”, di competenza territoriale più circoscritta, diverse da quelle previste e regolate dall’ordinamento generale”. Già, pertanto, nel tenore dispositivo dell’art. 56, il legislatore aveva semplicemente individuato, in linea di massima, la Regione come organo competente all’emanazione delle sanzioni in discussione non prevedendo detta competenza come inderogabile ma dando alle regioni la facoltà di delegare tali funzioni amministrative ad altre pubbliche autorità in ossequio al principio di sussidiarietà già introdotto all’epoca per via legislativa (l. 112/98). Sicchè era ben possibile che una regione si avvalesse del potere di delega ed un’altra no. In altre parole è chiaro l’intento del legislatore del 1999 di non prevedere un regime di competenza unitario in capo alle Regioni ovvero ad altri enti locali, ma quello di conferire alle varie Regioni la libertà di meglio allocare funzioni amministrative rispetto alle esigenze differenziate, semplicemente invitando le stesse ad avvalersi del potere di delega alla stregua del principio di sussidiarietà. La circostanza che il tema del riparto della competenza nell’applicazione delle sanzioni amministrative non sia una materia che il legislatore ha considerato come principio cardine della materia, come tale inderogabile, consente di ritenere che in tale ambito – e cioè della individuazione del soggetto competente ad emanare l’ordinanza ingiunzione – il legislatore regionale abbia la libertà di individuare il soggetto competente purchè ciò non comporti unalesione dei livelli minimi stabiliti in tema di protezione dell’ambiente. Poste tali indubitabili premesse, deve ulteriormente osservarsi che tali principi non risultano mutati a seguito dell’intervento dell’art.135 del decreto legislativo n.152/2006. Ed, infatti, che la semplice soppressione dell’inciso “salvo diversa disposizione delle Regioni o delle Province autonome” possa avere implicitamente elevato la materia della competenza ad emanare le ordinanze ingiunzioni di cui all’art.133 a “principio fondamentale” della materia nel senso di stabilire un divieto inderogabile di delega e di diversa allocazione è conclusione che appare smentita da molteplici dati sistematici. Ciò posto, la debolezza del dato implicito testuale e del criterio dell’”ubi tacuit noluit” sono evidenti a fronte della contrapposta ed altrettanto valida osservazione per cui, qualora il legislatore, mutando rispetto al passato, avesse voluto stabilire un “principio fondamentale” del divieto di delega, lo avrebbe indubbiamente specificato, non potendosi ritenere che un tale principio fondamentale limitativo della potestà legislativa concorrente regionale possa essere stabilito per via implicita. Altro dato ermeneutico contrario alla tesi sostenuta da parte opponente è lo stesso tenore letterale dell’art. 135 nella parte in cui, pur non ripetendo l’inciso del previgente art. 56 contiene una clausola di salvezza “fatte salve le attribuzioni affidate dalla legge ad altre pubbliche autorità”. E’ agevole osservare in proposito che, ove il legislatore avesse voluto introdurre un principio di inderogabile competenza regionale di applicazione delle sanzioni in materia di igiene idrica con l’intento di omogeneizzare il riparto di attribuzioni, avrebbe certamente evitato di prevedere una norma di salvaguardia che conservasse l’allocazione delle attribuzioni amministrative sanzionatorie a diversi livelli…… In altre parole, che il legislatore del 2006 abbia voluto, da un lato conferire alle Regioni ampia autonomia normativa ed organizzativa in materia di tutela delle acque pubbliche e, dall’altro, con la semplice soppressione dell’inciso contenuto nell’art.56, privare le Regioni stesse del potere di conferire ad altri enti la funzione di accertare e comminare sanzioni per il mancato rispetto della normativa medesima è soluzione ermeneutica che appare poco ragionevole e contraria al sistema complessivo: si avrebbe un rigido accertamento del potere sanzionatorio in capo alle regioni non coerente con la dichiarata finalità di allocare in maniera diffusa la potestà di concorrere allo stabilimento delle norme di tutela e di organizzare il potere di controllo amministrativo. Ma l’argomento che, a parere di questo giudicante, sembra maggiormente deporre per la conservazione in capo alle regioni del potere di delega di accertamento ad emanazione delle sanzioni amministrative è costituito da un’interpretazione costituzionalmente orientata della novella 2006. Ed infatti, l’opzione interpretativa che vorrebbe l’abrogazione della potestà di delega delle regioni e l’introduzione di un divieto in materia sarebbe contrastante con il disposto dell’art.118 della Costituzione che prevede (come visto diversamente dal testo precedente che attribuiva alle Regioni od allo Stato secondo il c.d. principio del parallelismo, le funzioni amministrative nelle stesse materie in cui gli stessi avevano l’esercizio della potestà legislativa), il conferimento agli enti locali più vicini al cittadino (di norma ai comuni o province) i poteri e le funzioni amministrative, salva l’attribuzione ad enti sovraordinati (Regioni o Stato), qualora necessitino di un esercizio unitario ovvero riguardino interessi che trascendono la realtà locale. Ebbene, ritenere che il legislatore all’art.135 del decreto legislativo n.152/2006 abbia voluto impedire che le funzioni amministrative di accertamento ed emanazione delle sanzioni fosse derogabile dalle Regioni, stabilendo un rigido divieto in tal senso, se non sorretta da dichiarate e sussistenti ragioni di unitarietà delle attribuzioni a tutela dell’ambiente, si scontrerebbe con un vizio di costituzionalità che imporrebbe la rimessione alla Corte delle Leggi. E tuttavia la questione di costituzionalità dell’art. 135 in parola non può essere ritenuta non manifestamente infondata soccorrendo l’opzione ermeneutica alternativa – nel senso della insussistenza di un tale divieto di delega – maggiormente conforme sia ai principi costituzionali che a quelli ordinamentali propri del settore della tutela della igiene idrica. Per tutte queste ragioni deve concludersi che la possibilità delle Regioni di stabilire disposizioni in tema di competenza all’accertamento ed emanazione delle sanzioni amministrative di cui all’art.133 del decreto legislativo n.152/2006 non sia venuta meno per effetto dell’intervento dell’art.135 del medesimo decreto”.

La competenza dell’ente locale delegato ad emettere ordinanza ingiunzione è stata successivamente affermata anche dalla Corte di Appello di Genova (tra le altre, con la sentenza n. 717/2017), che  allo scopo ha utilizzato argomentazioni ulteriori. Anche in questo caso, dunque, può essere utile riportare la relativa motivazione:

“… l’art. 135, comma 1, del d.lgs. n. 152/2006 stabilisce che la Regione è competente per l’accertamento e l’irrogazione delle sanzioni amministrative in materia di tutela delle acque, ma non esclude che tale attribuzione possa essere delegata dalla Regione agli altri enti territoriali. Sul punto si è recentemente espressa questa Corte di merito con la sentenza n. 706/2017 in data 6/6/2017, in base alla quale “la Regione Liguria, con la Legge Reg. 43/1995, vigente l’art. 56 d.lgs. 152/1999, ha stabilito all’art. 42 c.2 lettera b) che le sanzioni amministrative previste al c.1 (i.e. in materia di scarichi) sono comminate dall’autorità competente al rilascio dell’autorizzazione e, quindi, nel caso in esame dalla Provincia, che ha tale potere autorizzativo ex artt. 8 e 9 Legge Reg. 43/1995. Certamente, con detta legge la Regione ha attribuito alle Province un potere sanzionatorio in materia di tutela delle acque.   Con la successiva Legge regionale n. 41/2014, la Regione Liguria ha stabilito all’art. 22 (rubricato: interpretazione autentica dell’art. 42 comma 2 lettera b): “l’art.42 comma 2 lettera b) della l.r. 43/1995 e successive modificazioni e integrazioni è da intendersi riferito anche alle sanzioni amministrative pecuniarie previste dall’art. 135 del decreto legislativo 3 aprile 2006 n.152  e successive modificazioni e integrazioni, essendo riferite al rilascio delle autorizzazioni agli scarichi di cui alla l.r. 43/1995 e successive modifiche e integrazioni.” E’ chiaro, quindi, che anche dopo la riforma introdotta dal TU Ambiente, la Regione Liguria ha inteso delegare alle Province tale potere; deve allora esaminarsi se tale delega sia ancora possibile o se sussistano limiti di ordine costituzionale che la impediscano, atteso che il nuovo testo dell’art. 117 comma 2 lett. s) Cost. riserva allo Stato la potestà legislativa esclusiva in materia di “tutela dell’ambiente”, sicchè, secondo la prospettazione dell’appellante, ciò non sarebbe più possibile, non essendo previsto dal nuovo testo dell’art. 135 TU Ambiente.  Deve, però, tenersi presente che, circa la facoltà di delega da parte delle Regioni, la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 28/1996, ha respinto una questione di l.c., in riferimento agli art. 3, 97, 117 e 118 cost., di alcuni articoli di una legge regionale dell’Emilia Romagna (29 gennaio 1987 n. 49 in tema di Applicazione di sanzione amministrativa a carico dei viaggiatori dei servizi pubblici di linea sprovvisti di valido documento di viaggio), secondo i quali compete al direttore dell’Azienda trasporti consorziati – ATC di Bologna che riceve il relativo rapporto, emettere l’atto che irroga la sanzione amministrativa, i cui proventi sono devoluti alla medesima azienda speciale. In tale pronuncia, la Corte ha affermato che: “La disciplina generale delle sanzioni amministrative è contenuta nella suddetta legge n. 689 del 1981, anche per quel che riguarda le competenze sanzionatorie delle regioni. Rispetto alla competenza legislativa regionale in materia, essa opera da legge contenente i principi fondamentali. … la legge n. 689 del 1981 deve intendersi alla luce del principio, numerose volte affermato anche nella giurisprudenza di questa Corte, secondo il quale la competenza sanzionatrice non attiene a una materia a sé, ma accede alle materie sostanziali rispetto alle quali svolge una funzione rafforzatrice dei precetti stabiliti dal legislatore (sentenze n. 115 del 1995; n. 60 del 1993; nn. 401 e 123 del 1992; n. 365 del 1991; nn. 1034 e 740 del 1988). Per questa ragione, che riguarda la configurazione delle competenze tanto legislative che amministrative, è pienamente giustificata, anche se non dovuta in linea generale, la scelta del legislatore  regionale, che i giudici rimettenti contestano, di determinare la competenza amministrativa (accessoria) sulle sanzioni amministrative conseguenti alla violazione delle norme sul trasporto pubblico in coincidenza con la competenza all’esercizio delle funzioni di amministrazione (principali) relative. Pertanto, la norma dell’art. 17, terzo comma, della legge n. 689 del 1981 che attribuisce la competenza sanzionatoria, nel caso di materie di competenza propria o delegata delle regioni, “all’ufficio regionale competente”, non deve essere intesa in modo rigido, tale da escludere la possibilità di delega di tale competenza, analogamente alla delegabilità – prevista dall’art. 118, terzo comma, della Costituzione – delle funzioni amministrative primarie. In altri termini, la prescrizione dell’art. 17 deve intendersi dettata per i casi in cui la funzione sanzionatoria acceda ad una funzione di amministrazione esercitata dalla regione, mantenendosi così la corrispondenza, sul piano delle competenze, tra azione e sanzione…”. Va, poi, ricordato che proprio ormai nella vigenza del TU Ambiente, in una controversia in cui si discuteva della giurisdizione dell’AGO in tema di sanzione comminata dalla Provincia di Bergamo ad un Comune in materia di scarichi, il Supremo Collegio (Cass., Sez.Un., 26.3.2015 n.6059) ha avuto modo di affermare che: “Per disposizione del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 135, all’irrogazione delle sanzioni amministrative pecuniarie “provvede, con ordinanza – ingiunzione ai sensi degli articoli 18 e seguenti della L. 24 novembre 1981, n. 689, la regione …”, ma, come evidenziato al paragrafo 1.1, la Regione Lombardia, con la L. n. 26 del 2003, art. 43, comma 1, lett. b)  ha attribuito alle province “l’attività sanzionatoria”; il Supremo Collegio, quindi, ha semplicemente preso atto di tale attribuzione, senza ravvisare, in ciò, alcun profilo di illegittimità. Non pare, quindi, dubbio che alle Regioni competa la possibilità di delega delle competenze che la legge statale assegna loro, e che sia ininfluente che l’art. 135 TU Ambiente presenti o meno l’inciso che vi era nell’art. 56 d.lgs. 152/1999. Ritiene il Collegio, pertanto, che, contrariamente a quanto affermato da parte opponente, la Provincia di Genova, emettendo l’ordinanza ingiunzione in esame, ha esercitato un potere legittimamente conferitole dalla Regione, che, siccome ente delegante, è, comunque, sempre il titolare del potere sanzionatorio. In tale prospettiva si spiega così la ragione per cui nel verbale di accertamento di illecito ambientale che gli opponenti riferiscono di avere ricevuto  recentemente dalla Provincia di Genova, si indica al trasgressore la possibilità di presentare alla Regione Liguria scritti difensivi contro l’accertamento, in quanto tale Ente rimane il soggetto “competente della definizione della sanzione ai sensi dell’art. 135 del d. Lgs 152/2006” senza che ciò escluda una possibilità di delega”. Nella fattispecie in esame l’ordinanza-ingiunzione è stata emessa dal Comune di Ameglia: la Regione Liguria, con la legge reg. n. 43/1995, ha stabilito all’art. 42 c.2 lettera b) che le sanzioni amministrative previste al c.1 (in materia di scarichi) sono comminate dall’autorità competente al rilascio dell’autorizzazione, mentre l’art. 84 legge Regione Liguria n. 18/1999, prevede che “spettano ai Comuni … a) il rilascio delle autorizzazioni ed il controllo degli scarichi provenienti da insediamenti civili e produttivi non recapitanti in pubblica fognatura di cui all’art. 16, comma 2, lett. b) e c), e comma 3, lett. b), legge reg. n. 43/1995”. A dimostrazione della sussistenza, in capo al Comune, della competenza ad emettere l’ordinanza-ingiunzione per cui è causa, si aggiunge come il legislatore regionale abbia chiarito, mediante la norma di interpretazione autentica di cui all’art. 22 legge Regione Liguria n. 41 del 2014 che “l’art.42 comma 2 lettera b) della l.r. 43/1995 e successive modificazioni e integrazioni è da intendersi riferito anche alle sanzioni amministrative pecuniarie previste dall’art. 135 del decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152 e successive modificazioni e integrazioni, essendo riferite al rilascio delle autorizzazioni agli scarichi di cui alla l.r. 43/1995 e successive modifiche e integrazioni.”  Pertanto, anche dopo la riforma introdotta dal TU Ambiente, è possibile la delega dalla Regione agli altri enti territoriali relativamente all’adozione di sanzioni amministrative, non essendovi alcun contrasto tra l’art. 135 del d.lgs. n. 152 del 2006 e gli artt. 42, comma 2, legge Regione Liguria n. 43/1995 e 84 legge Regione Liguria n. 18 del 1999”.

Da ultimo, anche il Tribunale della Spezia (cfr. sentenze n. 303/2018 e 80/2019), dopo aver dato atto della equivocità di fondo del dato normativo di riferimento e del dibattito conseguentemente venutosi a creare nella giurisprudenza sulla questione, ha ritenuto di condividere le argomentazioni espresse dal Tribunale di Genova e dalla Corte distrettuale nelle pronunce sopra riportate, dichiarando la legittimità dell’ordinanza ingiunzione emessa dal Comune in materia.

Va, infine, osservato che per quanto riguarda la nostra Regione per il futuro la questione dovrebbe essere risolta alla luce della emanazione della Legge Regionale 6 giugno 2017 n. 12, che all’art. 24 ha previsto che sia la Regione (e non più l’ente locale) ad irrogare le sanzioni di cui all’art. 135 d.lgs 152/2006, abrogando espressamente l’art. 42 della legge 43/1995 e l’art. 22 della legge 41/2014; per i procedimenti ancora in corso al momento dell’entrata in vigore della legge all’art. 25 comma 2 precisandosi che detti procedimenti saranno portati a termine dalle amministrazioni competenti ai sensi della normativa previgente.

 

Dott. Ettore di Roberto

(Magistrato del Tribunale della Spezia)