Cass., sez. II, ord., 6 febbraio 2019, n. 3506
Svolgimento del processo
1 Il Tribunale di Parma con sentenza 23.5.2016, in parziale accoglimento dell’appello di Parma Gestione Entrate spa, ha dichiarato legittima l’ingiunzione di pagamento di una somma di danaro emessa R.D. n. 639 del 1910, ex art. 2, dalla predetta società quale concessionaria per la riscossione delle entrate del Comune di Parma contro F.P. in relazione ad infrazioni al Codice della Strada.
2 Contro tale decisione la parte soccombente ricorre per cassazione sulla base di sei motivi.
Resistono con separati ricorsi la società concessionaria e il Comune di Parma.
Sono pervenute memorie.
Motivi della decisione
1 Col primo motivo la parte ricorrente denunzia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione dell’art. 339 c.p.c., comma 3 e art. 113 c.p.c., dolendosi della mancata dichiarazione di inammissibilità dell’appello, proposto contro una sentenza pronunziata secondo equità.
2 Col secondo motivo si deduce violazione dell’art. 112 c.p.c. (violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato) rilevandosi che il Tribunale, per respingere l’eccezione di inammissibilità del gravame, aveva richiamato di ufficio l’art. 339 c.p.c., comma 2.
3 Col terzo motivo la parte ricorrente denunzia ancora errata applicazione dell’art. 339 c.p.c., perchè la sentenza di primo grado non conteneva violazione dei principi regolatori della materia, neppure prospettate nell’atto di appello.
Questi tre motivi, tutti attinenti alla appellabilità della sentenza e quindi suscettibili di unitaria trattazione, sono privi di fondamento.
Innanzitutto, perchè spetta al giudice di merito verificare anche di ufficio l’ammissibilità dell’appello, individuando ovviamente la normativa di riferimento (e tale rilievo neutralizza subito la seconda censura); in secondo luogo perchè con l’appello si lamentava, tra l’altro, la violazione di un principio regolatore della materia dell’affidamento a terzi delle concessioni per riscossione delle entrate comunali, il principio cioè della applicabilità della normativa in vigore al momento del rilascio della concessione stessa, in mancanza di diverse previsioni di legge. La sentenza, dunque, seppure emessa secondo equità, era appellabile per espressa previsione di legge (art. 339 c.p.c., comma 2) e quindi la conclusione del Tribunale si rivela corretta.
4 Col quarto motivo la parte ricorrente denunzia erronea e/o falsa applicazione degli artt. 10 e 15 preleggi e dell’art. 73 Cost., comma 3, criticando la sentenza del Tribunale per avere ritenuto che al momento della costituzione (23.1.2006) della Parma Gestione Entrate spa del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 52, comma 5, lett. b, non prevedeva per le società a capitale prevalentemente pubblico l’iscrizione all’albo di cui al successivo art. 53. Svolge quindi una lunga riflessione sulla portata della novellazione della norma (per effetto della legge finanziaria 2008) e sulle fonti della attività impositiva evidenziando, attraverso riferimenti normativi, l’errore del Tribunale nell’avere ricompreso nella categoria dei “fatti antecedenti la sua entrata in vigore” l’accertamento di una violazione avvenuto nel 2013.
5 Col quinto motivo si denunzia ex art. 360 c.p.c., n. 3, erronea e/o falsa applicazione dell’art. 52 (come modificato della L. 24 dicembre 2007, n. 244, art. 1, comma 224, lett. a) e del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 53.
Questi due motivi, suscettibili di esame unitario per il comune riferimento al tema della validità della concessione sono privi di fondamento.
Il D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 52 (Potestà regolamentare generale delle province e dei comuni) detta, al comma 5, i criteri informatori dei regolamenti relativi all’accertamento e alla riscossione dei tributi e delle altre entrate e, nel testo in vigore ratione temporis, stabilisce, tra l’altro, che “b) qualora sia deliberato di affidare a terzi, anche disgiuntamente, la liquidazione, l’accertamento e la riscossione dei tributi e di tutte le altre entrate, le relative attività sono affidate:”…. alle società per azioni o a responsabilità limitata a prevalente capitale pubblico locale previste della citata L. n. 142 del 1990, art. 22, comma 3, lett. e), i cui soci privati siano prescelti tra i soggetti iscritti all’albo di cui all’art. 53”.
L’art. 53, stabilisce a sua volta al comma 1, che “Presso il Ministero delle finanze è istituito l’albo dei soggetti privati abilitati ad effettuare attività di liquidazione e di accertamento dei tributi e quelle di riscossione dei tributi e di altre entrate delle province e dei comuni”.
La legge finanziaria del 2008 (della L. n. 244 del 2007, art. 1, comma 224) ha modificato del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 52, comma 5, la lett. b, prevedendo – per quanto rileva che anche le società debbano essere iscritte all’albo.
La disciplina, indubbiamente più rigorosa, che la legge finanziaria 2008 ha introdotto vale però per l’affidamento a terzi delle attività di accertamento e riscossione di tributi ed entrate e opera quindi ai fini del rilascio di nuove concessioni (o di rinnovo di concessioni) dopo la sua entrata in vigore, ma non fa venir meno, in difetto di una specifica norma transitoria, le concessioni in corso rilasciate nel vigore della precedente disciplina che – lo si ripete – limitava – sempre per quanto interessa l’iscrizione all’albo ministeriale ai soli soci privati delle società per azioni o a responsabilità limitata a prevalente capitale pubblico locale.
Del resto – come sottolineato dalla difesa della società controricorrente – il D.L. n. 185 del 2008, art. 32, comma 7 bis, quinto periodo, aveva previsto la decadenza degli affidamenti per le società tenute all’adeguamento finanziario (tra cui peraltro, per espressa esclusione contenuta nel terzo periodo, non rientravano le società a prevalente partecipazione pubblica), ma tale norma non è mai entrata in vigore, per effetto del D.L. n. 207 del 2008, art. 42, comma 7 septies, come modificato dalla Legge di Conversione n. 14 del 2009.
Nel caso in esame, il giudice di merito ha posto in rilevo che “Parma Gestione Entrate, prima della entrata in vigore della modifica legislativa in discussione, non solo è stata costituita, ma ad essa è stato anche affidato il servizio di riscossione del quale si controverte” (v. sentenza impugnata) e da tale premessa ha tratto il convincimento della legittimità della concessione in corso interpretando la norma novellata nel senso che essa, lungi dal richiedere un obbligo, al momento della sua entrata in vigore, di iscrizione all’albo di tutti i concessionari ai fini della continuazione delle concessioni preesistenti, dispone che al momento della partecipazione a nuove gare, l’iscrizione all’albo di cui all’art. 53, debba essere posseduta non soltanto dal socio privato, ma anche dalle società miste.
Questa conclusione, come si vede, è in linea con la previsione normativa e pertanto resiste alla critica della parte ricorrente che confonde, invece, la portata della novella legislativa ancorandola – erroneamente – alla data degli atti di riscossione piuttosto che al rilascio delle nuove concessioni dopo la sua entrata in vigore.
6 Col sesto ed ultimo motivo, infine, si denunzia violazione della L. n. 244 del 2007, art. 1, comma 224, ribadendosi la tesi del difetto di legittimazione all’utilizzo dello strumento dell’ingiunzione fiscale ex R.D. n. 639 del 1910.
Anche questo motivo è infondato.
La questione di diritto che la doglianza pone alla Corte non è nuova ed è stata affrontata con diverse pronunce, ove si è affermato che ai fini del recupero delle somme dovute a titolo di sanzione amministrativa per violazione delle norme del codice della strada, i Comuni possono avvalersi della procedura di riscossione coattiva tramite ingiunzione, di cui al R.D. n. 639 del 1910, anche affidando il relativo servizio ai concessionari iscritti all’albo di cui al D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 53, essendo tale affidamento consentito dal D.L. n. 209 del 2002, art. 4, comma 2 sexies, del quale non è intervenuta l’abrogazione – pure inizialmente disposta dal D.L. n. 70 del 2011, art. 7, comma 2, conv. con mod. nella L. n. 106 del 2011 – non essendo entrate in vigore le disposizioni cui essa era subordinata (cfr. Sez. 2 -, Ordinanza n. 22710 del 28/09/2017 RV 645567; Sez. 2, Sentenza n. 26736 de113/11/2017 e, da ultima Sez. 2, Sentenza n. 24722 dell’8/10/2018 che si è discostata dalla originaria proposta ex art. 380 bis c.p.c.).
Con le citate pronunce è stato ricostruito il panorama normativo di riferimento nei termini seguenti: la possibilità per i Comuni di avvalersi, per la riscossione dei tributi e delle altre entrate, della procedura di riscossione coattiva tramite l’ingiunzione di cui al R.D. n. 639 del 1910, era stata attribuita dal D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 52, comma 6, in forza del quale era prevista anche la possibilità di affidare ad altri soggetti la riscossione dei tributi e di tutte le altre entrate (l’art. 52, comma 5 individua tali soggetti e i requisiti che debbono possedere).
Questa norma è stata abrogata dalla L. n. 244 del 2007, art. 1, comma 224, lett. b.
E’ poi intervenuto il D.L. n. 248 del 2007, art. 36, comma 2, a norma del quale, “la riscossione coattiva dei tributi e di tutte le altre entrate degli enti locali continua a potere essere effettuata con a) la procedura dell’ingiunzione di cui al R.D. 14 aprile 1910, n. 639, seguendo anche le disposizioni contenute nel titolo 2^ del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, in quanto compatibili, nel caso in cui la riscossione coattiva è svolta in proprio dall’ente locale o è affidata ai soggetti di cui del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 52, comma 5, lett. b); b) la procedura del ruolo di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, se la riscossione coattiva è affidata agli agenti della riscossione di cui del D.L. 30 settembre 2005, n. 203, art. 3, convertito, con modificazioni, dalla L. 2 dicembre 2005, n. 248”.
Il D.L. n. 70 del 2011, art. 7, comma 2, convertito, con modifiche, dalla L. n. 106 del 2011, ha disposto al comma 2, lett. gg septies che “in conseguenza delle disposizioni di cui alle lett. da gg-ter) a gg-sexies”…
1) il D.L. 24 settembre 2002, n. 209, art. 4, convertito, con modificazioni, dalla L. 22 novembre 2002, n. 265, i commi 2-sexies, 2-septies e 2-octies sono abrogati;
3) il D.L. 31 dicembre 2007, n. 248, art. 36, il comma 2, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 febbraio 2008, n. 31, è abrogato”.
Tale abrogazione non è poi di fatto avvenuta per effetto di un gioco di rinvii dell’entrata in vigore delle disposizioni a cui era subordinata la abrogazione medesima (v. D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, art. 10, comma 13 octies e D.L. 29 dicembre 2011, n. 216, art. 29, comma 5 bis, come convertito dalla legge (“L’abrogazione delle disposizioni previste del D.L. 13 maggio 2011, n. 70, art. 7, comma 2, lett. gg-septies), nn. 1) e 3), convertito, con modificazioni, dalla L. 12 luglio 2011, n. 106, acquista efficacia a decorrere dalla data di applicazione delle disposizioni di cui alle lett. gg-ter) e gg-quater) del medesimo comma 2”).
E’ poi intervenuta la legge n. 44/2012 che ha convertito il D.L. n. 16 del 2012: in particolare, l’art. 5 comma 8-bis ha disposto che “del D.L. 13 maggio 2011, n. 70, art. 7, comma 2, convertito, con modificazioni, dalla L. 12 luglio 2011, n. 106 e successive modificazioni, la lett. gg-septies) è sostituita dalla seguente:
“gg-septies) nel caso di affidamento ai soggetti di cui al D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 52, comma 5, lett. b), la riscossione delle entrate viene effettuata mediante l’apertura di uno o più conti correnti di riscossione, postali o bancari, intestati al soggetto affidatario e dedicati alla riscossione delle entrate dell’ente affidante, sui quali devono affluire tutte le somme riscosse. Il riversamento dai conti correnti di riscossione sul conto corrente di tesoreria dell’ente delle somme riscosse, al netto dell’aggio e delle spese anticipate dal soggetto affidatario, deve avvenire entro la prima decade di ogni mese con riferimento alle somme accreditate sui conti correnti di riscossione nel mese precedente””.
Come si vede il legislatore del 2012 ha inserito alla lett. gg septies un testo diverso che non contempla più l’abrogazione del D.L. n. 248 del 2007, art. 36.
Conseguentemente, sempre per effetto del meccanismo descritto (nuova formulazione della lett. gg septies e mancata riproduzione delle abrogazioni) è rimasto in vigore del D.L. n. 209 del 2002, art. 4, il comma 2 sexies (pure destinato, come si è visto, alla soppressione) a norma del quale “i comuni e i concessionari iscritti all’albo di cui del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 53, di seguito denominati “concessionari”, procedono alla riscossione coattiva delle somme risultanti dall’ingiunzione prevista dal testo unico di cui al R.D. 14 aprile 1910, n. 639, secondo le disposizioni contenute nel titolo 2^ del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, in quanto compatibili”.
Tirando le fila di questo percorso ricostruttivo obiettivamente complicato, deve ritenersi corretta la decisione impugnata sulla legittimazione della società concessionaria ad utilizzare lo strumento previsto dal R.D. n. 639 del 2010 e gli sforzi interpretativi della parte ricorrente, per quanto apprezzabili, non sono idonei a sorreggerne una diversa conclusione.
Il ricorso va perciò respinto, ma la indiscutibile complessità della ricostruzione normativa in materia e l’assenza di un intervento chiarificatore del giudice di legittimità al momento della proposizione del ricorso costituiscono, ad avviso del Collegio, gravi ed eccezionali ragioni di compensazione delle spese del presente giudizio.
Sussistono le condizioni per il pagamento del doppio contributo unificato.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.
Dà atto della sussistenza delle condizioni per il pagamento del doppio contributo unificato.
Così deciso in Roma, il 23 ottobre 2018.
Depositato in Cancelleria il 6 febbraio 2019
COMMENTO
Il 6/2/2019 la sezione seconda della Cassazione civile ha emesso l’ordinanza n. 3506-19 con la quale ha deciso il ricorso di legittimità promosso nei confronti della Concessionaria della riscossione del Comune di Parma, costituita come società mista a partecipazione maggioritaria pubblica. Il ricorso era stato avviato nel 2016 dalla destinataria di una ingiunzione fiscale emessa dalla suddetta Concessionaria per una precedente violazione delle norme del codice della strada. Il giudice di Pace aveva dato ragione alla ricorrente ritenendo fondata l’eccezione dei legali che avevano asserito la carenza di legittimazione a riscuotere con ingiunzione fiscale della Concessionaria dopo l’entrata in vigore della legge 244/2007, che all’art.1 comma 224 aveva introdotto la necessità del requisito della iscrizione all’Albo dei concessionari per i soggetti di cui all’art.52 del D.Lgs. 15/12/1997, n.446. Nel ricorso in secondo grado, tuttavia, il Tribunale aveva però dato ragione alla Concessionaria motivando la propria decisione con un ragionamento logico-giuridico coerente con il principio fondamentale di non retroattività della legge sancito nelle preleggi e nella Costituzione. In mancanza di una disposizione transitoria specifica, la norma citata della Finanziaria 2008 ha introdotto l’obbligo dell’iscrizione all’Albo dei concessionari per le sole società di nuova costituzione o per le concessionarie già avviate che intendessero partecipare a nuove gare di affidamento del servizio di riscossione successivamente all’entrata in vigore della legge. La Suprema Corte ha sposato completamente il ragionamento svolto dal Tribunale dell’appello affermando testualmente: “La legge finanziaria del 2008 (art.1 c.224 della legge 244/2007) ha modificato la lett.b del comma 5 dell’art.52 del decreto legislativo 15/12/1997, n.446, prevedendo che anche le società (di riscossione ndr) debbano essere iscritte all’albo. La disciplina, indubbiamente più rigorosa, che la finanziaria 2008 ha introdotto vale però per l’affidamento a terzi delle attività di accertamento e riscossione di tributi ed entrate e opera quindi ai fini del rilascio di nuove concessioni ( o di rinnovo di concessioni) dopo la sua entrata in vigore, ma non fa venir meno, in difetto di una specifica norma transitoria, le concessioni in corso rilasciate nel vigore della precedente disciplina, che- lo si ripete- limitava- sempre per quanto interessa – l’iscrizione all’albo ministeriale ai soli soci privati delle società per azioni o a responsabilità limitata a prevalente capitale pubblico locale”. La pronuncia fa quindi da “apripista” sull’argomento, dato che la stessa Corte ha ammesso nella motivazione di compensazione delle spese tra le parti che vi era assenza di un intervento chiarificatore del giudice di legittimità al momento di proposizione del ricorso.
Nella stessa ordinanza la Cassazione, riprendendo le stesse argomentazioni contenute in altre tre ordinanze n. 3504-3505-3507 depositate lo stesso 6 febbraio, ha trattato anche il tema della legittimità dell’ingiunzione fiscale come strumento di riscossione delle entrate degli enti locali.
Anche in questo caso è stato esattamente mutuato il percorso logico giuridico del Tribunale di Parma, che ha compiuto un interessante e completo excursus nel complicato e martoriato percorso di successione di norme nel tempo, che hanno abrogato sulla carta ma non di fatto la norma che ha consacrato l’ingiunzione come strumento di riscossione. Al termine della ricostruzione storica dei molteplici passaggi normativi che hanno riguardato l’ingiunzione fiscale la Corte conclude così: “ Conseguentemente…è rimasto in vigore il comma 2 sexies dell’art.4 del D.L. n.209/2002 a norma del quale “i comuni e i concessionari iscritti all’albo di cui all’art.53 del d.lgs. 15/12/1997, n. 446, di seguito denominati concessionari, procedono alla riscossione coattiva delle somme risultanti dall’ingiunzione prevista dal testo unico di cui al regio decreto 14 aprile 1910, n.639, secondo le disposizioni contenute nel titolo II del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n.602, in quanto compatibili.” La Corte in fondo alle motivazioni esposte sancisce un riconoscimento esplicito – riferendosi alla correttezza della decisione del Tribunale di Parma- della legittimazione della società concessionaria ad utilizzare lo strumento previsto dal R.D. n.639/1910.
Le suddette pronunce debbono quindi essere considerate pietre miliari per tutte le società concessionarie che presentino caratteristiche analoghe a quelle della Concessionaria interessata dal contenzioso predetto.
Dott.ssa Giulia Fava
(Coordinatore Operativo – Parma Gestione Entrate)