Con questo breve intervento si sono voluti analizzare le possibili ripercussioni sulle procedure esecutive immobiliari sospese per l’emergenza sanitaria, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 121/2021 pubblicata in data 22/6/2021.

Che tipo di interesse può sorgere in capo al Comune su tale esito?

E’ noto che i Comuni e, in genere, gli enti locali non gestiscono mai crediti rilevanti, ma se muniti di titolo, è chiaro che possono depositare atti di intervento in procedure da altri promosse (in genere parliamo di banche).

L’interesse di studiare gli effetti di tale sentenza, pertanto, è sorto per comprendere quali effetti, ovviamente qui da intendersi come effetti di carattere processuale, si ripercuotono in procedure dove i Comuni vi abbiano interesse, perché, appunto, hanno depositato atti di intervento.

Ma vediamo nello specifico in quale contesto si inserisce questa sentenza.

Come tristemente noto, nel marzo del 2020 è stato emanato un D.L. 18/20 recante “Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per le famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da Covid-19”, per fronteggiare lo stato di emergenza sanitaria.

Nello specifico, la sentenza in questione ha emesso un giudizio di legittimità costituzionale sulla proroga della sospensione delle procedure esecutive immobiliari, in origine introdotta dall’art. 54-ter.                                               

Questo articolo ha disposto che “Al fine di contenere gli effetti negativi dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, in tutto il territorio nazionale è sospesa, per la durata di sei mesi a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, ogni procedura esecutiva per il pignoramento immobiliare, di cui all’articolo 555 del codice di procedura civile, che abbia ad oggetto l’abitazione principale del debitore”

Detta disposizione ha previsto una sospensione generalizzata di alcune procedure esecutive immobiliari (a differenza del dettato di cui all’art. 83 relativo al processo civile, ben più particolareggiato) senza, tuttavia, disporre alcunché in ordine alla riassunzione o alla sua eventuale omissione, facendo inevitabilmente ritenere che la riattivazione della procedura dovesse avvenire secondo le regole del codice di procedura civile. 

Ciò posto, la durata della misura sospensiva in origine prevista dall’art. 54-ter in mesi 6, sarebbe dovuta cessare ad ottobre del 2020: tale misura, tuttavia, è stata prorogata dapprima dall’art. 4, 1° comma del D.L. 137/2020 fino al 31/12/2020 e, in seguito, dall’art. 13, comma 14 del D.L. 183/2020 fino al 30/06/2021, lasciando invariato il contenuto dell’art. 54-ter.

Ed è proprio la legittimità di tale ultimo articolo che è stato posto al vaglio della Corte Costituzionale: nel gennaio del 2021, infatti, dubitando sulla bontà della norma in esame, il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto ha ritenuto di esaminare la natura della sospensione disposta in questa fase emergenziale, sollevando questione di legittimità costituzionale dell’art. 54-ter del D.L. 18/20 in riferimento agli artt. 3, 24, 47, 111 e 117 della Costituzione.

Secondo il giudice rimettente, il Legislatore non avrebbe ponderato adeguatamente i contrapposti interessi (quelli del debitore esecutato e del creditore) né l’incidenza negativa di questa misura di sospensione adottata per un tempo così prolungato, non essendo giustificata sia con riferimento alla situazione debitoria dell’esecutato, sia con riferimento alla crisi economica derivante dall’emergenza sanitaria, non essendo consentito al giudice di vagliare la relativa incidenza sulla vita dell’esecutato.

Tuttavia, a prescindere dalle motivazioni che hanno portato anche il Giudice delle esecuzioni immobiliari del Tribunale di Rovigo a dubitare della legittimità della norma in questione, la Corte Costituzionale ha accolto le osservazioni di detti giudici, dichiarando, pertanto, “l’illegittimità costituzionale dell’art. 13, comma 14, del decreto-legge 31 dicembre 2020 n. 183, poiché la seconda proroga delle procedure esecutive immobiliari di cui al citato art. 13 era irragionevole e sproporzionata rispetto al bilanciamento degli interessi in causa.

Quali gli effetti della dichiarazione di incostituzionalità sulle procedure immobiliari pendenti.

L’effetto di una simile pronuncia, in base al combinato disposto di cui all’art. 136 Cost. e dell’art. 30 L. 87/1953, comporta la cessazione dell’efficacia della norma di legge dichiarata incostituzionale con effetti erga omnes e, circostanza più rilevante, eliminano la norma ex tunc.

Ciò vuol dire che le pronunce di accoglimento della Corte Costituzionale, avendo effetto retroattivo, inficiano fin dall’origine la validità e l’efficacia della norma dichiarata contraria alla Costituzione, con il solo limite delle situazioni giuridiche “consolidate” per effetto di eventi che l’ordinamento giuridico riconosce idonei a produrre tale effetto, quali le sentenze passate in giudicato, l’atto amministrativo non più impugnabile, la prescrizione e la decadenza (Cass. civ. sez. III 28 luglio 1997 n. 7057). 

E’ chiaro, quindi, che una norma che sia stata dichiarata illegittima è tale sin dall’origine, ossia fin dalla sua entrata in vigore;  

Orbene, sulla base di quanto sopra, con la pronuncia in esame la Corte Costituzionale ha sostanzialmente affermato che la seconda proroga degli effetti sospensivi della procedura esecutiva immobiliare avente ad oggetto l’abitazione principale del debitore (quella prevista dall’art. 13, comma 14 D.L. 183/20 per effetto della quale la sospensione di cui all’art. 54-ter D.L. 18/20 si protraeva dal 1°gennaio 2021 al 30 giugno 2021) è incostituzionale, per cui la sospensione delle procedure esecutive immobiliari si è esaurita il 30/06/2021.

Quali le conseguenze e le modalità di prosecuzione di una procedura esecutiva immobiliare sospesa.

E’ comprensibile come gli effetti della dichiarata incostituzionalità abbiano destato non poca agitazione negli operatori del diritto, considerati i tempi ristretti per reagire ad una simile decisione resa il 22 giugno, ossia solo pochi giorni prima dell’ultima proroga ritenuta legittima, quella, cioè, del 30 giugno 2021. 

In alcuni settori, quale ad esempio quello delle NPL, si è assistito ad una corsa contro il tempo per evitare decadenze di qualsiasi genere, avendo i legali ricevuto disposizione di depositare la riassunzione entro il 30 giugno, optando, così, per la via cautelativa e prudenziale.

Quindi laddove le procedure esecutive immobiliari siano state riassunte entro il 30 giugno da parte dei creditori procedenti, è evidente che nessuna ripercussione di carattere processuale si è determinata, per cui, anche per il credito del Comune intervenuto non si è verificata alcuna preclusione.

Ma non tutti i creditori si sono attivati in tal senso, quindi è possibile che nell’ambito di una procedura esecutiva immobiliare in cui sia intervenuto un Comune,  qualche debitore esecutato abbia promosso opposizione all’esecuzione, chiedendo al Giudice l’estinzione della procedura. 

In questo contesto, il Comune che deve fare?

La cosa migliore sarà attendere l’esito dell’opposizione, che potrà avere due risvolti: 

  • quello positivo per l’esecutato, che si vedrà accogliere la richiesta di estinzione della procedura e, in questo caso, il Comune dovrà solo attendere che il creditore procedente si riattivi per promuovere un nuovo giudizio esecutivo, dove potrà ridepoistare un atto di intervento per il credito maturato nei confronti del debitore esecutato o
  • quello negativo per l’esecutato, nel caso in cui si veda rigettare l’opposizione. In tal caso, la procedura esecutiva andrà avanti senza interruzioni e il Comune, all’esito di una vendita capiente, parteciperà alla distribuzione delle somme riscosse all’esito della vendita.

Sostanzialmente per i Comuni, che si potrebbero trovare coinvolti in questi scenari, non cambia nulla dal punto di vista processuale, poiché non essendo creditori procedenti, non dovranno sobbarcarsi eventuali nuove spese di procedura, nel caso in cui la procedura dovesse essere dichiarata estinta, né, a maggior ragione, qualora la procedura dovesse proseguire all’esito negativo di un’opposizione fondata sul dictat della sentenza esaminata. 

Avv. Raffaella Ponari Deslarzes