CORPO ARTICOLO –Con deliberazione 3 agosto 2023 n. 386 ARERA ha introdotto due sistemi di perequazione nel settore dei rifiuti urbani, previsti per la copertura dei costi afferenti a due differenti fattispecie: la gestione dei rifiuti accidentalmente pescati ed il riconoscimento delle agevolazioni per eventi eccezionali e calamitosi.

La nuova disciplina è in vigore già a partire dal 1° gennaio 2024, ma sinora sembra sia stata vista dagli operatori come un elemento di secondo piano, questo probabilmente  a causa dell’attenzione rivolta prevalentemente alle altre novità introdotte dall’Autorità in materia di Piani Finanziari e di adeguamento dei contratti. Nonostante l’apparente scarsa attenzione riservata a tali componenti, va osservato come in realtà si tratti di elementi piuttosto rilevanti stante il fatto che la loro introduzione coinvolge direttamente tutti i Comuni, così come tutti i contribuenti TARI a livello nazionale. 

ARERA dal canto suo ha già stabilito la misura dell’esborso che ogni cittadino dovrà versare contestualmente al pagamento della Tassa Rifiuti per l’anno 2024, pari complessivamente ad 1,60 € per ciascuna utenza. 

Queste voci di costo sono state introdotte per assicurare una copertura finanziaria adeguata per situazioni specifiche che possono comportare costi aggiuntivi significativi per la gestione dei rifiuti, al di là di quelli previsti nel tradizionale Piano Economico Finanziario (PEF).

Ma vediamo in dettaglio cosa contengono le due nuove voci di costo istituite dalla delibera n. 386/2023/R/rif dell’ARERA e che compariranno negli avvisi di pagamento TARI per l’anno 2024:

  • Componente UR1,a (0,10 euro/utenza): Questa voce è destinata a coprire i costi per la gestione dei rifiuti accidentalmente pescati e dei rifiuti volontariamente raccolti, nonché i relativi costi di gestione. Ciò potrebbe includere la pulizia delle acque e delle aree in seguito a incidenti di inquinamento o alla raccolta di rifiuti abbandonati in luoghi pubblici o naturali.
  • Componente UR2,a (1,50 euro/utenza): Questa voce è finalizzata a coprire i costi per la gestione dei rifiuti in caso di eventi eccezionali e calamitosi. Si tratta di situazioni straordinarie che richiedono interventi speciali e urgenti per la rimozione e lo smaltimento dei rifiuti, ad esempio in seguito a disastri naturali come alluvioni, terremoti o altri eventi che comportano un accumulo eccezionale di rifiuti.

Come accennato in premessa, l’obiettivo di queste nuove voci di costo è quello di garantire una copertura finanziaria adeguata per affrontare sfide specifiche nel settore dei rifiuti, che potrebbero non essere pienamente coperte dal tradizionale Piano Economico Finanziario (PEF). Queste disposizioni mirano a migliorare l’efficienza e l’efficacia della gestione dei rifiuti, promuovendo nel contempo pratiche sostenibili e rispettose dell’ambiente.

In merito all’introduzione di queste componenti perequative va innanzitutto posto in luce come la possibilità di aggiornare annualmente le componenti UR1,a e UR2,a, in coerenza con l’andamento dei quantitativi di rifiuti accidentalmente pescati, dei rifiuti volontariamente raccolti e delle effettive necessità di copertura di costi per eventi eccezionali e calamitosi è una pratica comune e razionale. L’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (ARERA) può valutare regolarmente l’efficacia delle tariffe e apportare eventuali aggiornamenti in base all’evoluzione delle condizioni e delle esigenze nel settore dei rifiuti. Questo permette di garantire che le tariffe riflettano in modo adeguato e attuale le spese effettive sostenute per la gestione dei rifiuti e per la copertura di situazioni eccezionali che possono emergere nel corso del tempo.

Relativamente alle caratteristiche distintive della componente UR1,a, si osserva in particolare, come la definizione fornita riguardo ai “rifiuti accidentalmente pescati” è conforme alle disposizioni normative esistenti. Si tratta di rifiuti raccolti in mare, nei laghi, nei fiumi e nelle lagune dalle reti durante le operazioni di pesca, nonché quelli raccolti occasionalmente in tali ambienti con qualunque mezzo. È importante notare che, secondo la legge 60/22, questi rifiuti sono considerati rifiuti urbani ai sensi dell’articolo 183, comma 1, lettera b-ter) del decreto legislativo 152/06, ma non possono essere imputati ai costi tradizionali della TARI secondo il Piano Economico Finanziario (PEF). Pertanto, la definizione fornita chiarisce l’ambito di azione dei rifiuti accidentalmente pescati e sottolinea la necessità di considerarli separatamente dai rifiuti tradizionalmente gestiti attraverso la TARI. Questo chiarimento è fondamentale per la corretta applicazione delle nuove componenti tariffarie e per assicurare che i costi associati a tali rifiuti siano adeguatamente coperti nel contesto della TARI.

La corretta definizione dei “rifiuti volontariamente raccolti” poi  è anch’essa essenziale per garantire una gestione appropriata e sostenibile dei rifiuti, specialmente in contesti ambientali delicati come i corpi idrici. Si tratta di rifiuti raccolti attraverso sistemi di cattura appositi, purché tale raccolta non interferisca con le funzioni eco-sistemiche dei corpi idrici, e durante le campagne di pulizia del mare, dei laghi, dei fiumi e delle lagune. Come per i rifiuti accidentalmente pescati, anche i rifiuti volontariamente raccolti sono considerati rifiuti urbani ai sensi dell’articolo 183, comma 1, lettera b-ter) del decreto legislativo 152/06, ma non possono essere finanziati con la TARI derivante dal Piano Economico Finanziario (PEF) MTR2. È importante comprendere che questa definizione mira a distinguere i rifiuti raccolti in contesti specifici e attraverso modalità diverse da quelli gestiti attraverso il tradizionale PEF TARI. Assicurare una corretta classificazione e copertura finanziaria per i rifiuti volontariamente raccolti è infatti essenziale per garantire una gestione adeguata e sostenibile dei rifiuti, specialmente in contesti ambientali delicati come i corpi idrici.

Questa distinzione consente di assicurare che i costi associati alla gestione dei rifiuti volontariamente raccolti siano adeguatamente coperti e finanziati in modo appropriato, senza gravare sulle tariffe stabilite nel contesto del PEF TARI. In questo modo, si favorisce una gestione responsabile e sostenibile dei rifiuti, che tenga conto delle particolari esigenze ambientali e delle diverse modalità di raccolta e gestione dei rifiuti.

Ulteriore aspetto da tenere in considerazione è attiene al fatto che le componenti perequative vengono applicate ad utenza, dove il termine “utenza” si riferisce alla definizione fornita dall’articolo 2, comma 1, lettera c) del D.M. 20 aprile 2017. Secondo questa definizione, un’utenza comprende le unità immobiliari, locali o aree scoperte operative, adibite a qualsiasi uso, che sono suscettibili di produrre rifiuti urbani e/o assimilati e che possono essere attribuite, per qualsiasi motivo, a una persona fisica o giuridica, o a un “utente”.

In altre parole, un’utenza è un’entità identificabile (come una singola abitazione, un negozio, un ufficio, un’area scoperta, ecc.) che è collegata a un’utilizzazione specifica del servizio di gestione dei rifiuti urbani e assimilati. Le componenti perequative vengono quindi applicate su base di queste unità, in modo da riflettere in modo equo e proporzionato il costo del servizio di gestione dei rifiuti per ciascun utente.

Appare tuttavia doveroso tenere in considerazione il fatto che sul territorio nazionale non vi sia affatto un’uniformità di traduzione del concetto di utenza, all’interno della gestione della TARI. Alcuni enti consentono la dichiarazione congiunta di abitazione e pertinenza anche se con riferimenti catastali diversi, sommando la superficie complessiva, mentre altri pretendono la suddivisione in base all’identificativo catastale (in questi casi un’utenza deve corrispondere con una unità immobiliare). Tuttavia in ambito di identificazione delle utenze ai fini dell’applicazione delle componenti perequative ci troveremmo in presenza di una differenza sostanziale: il soggetto che ha si trovi ad aver dichiarato distintamente un’abitazione ed un locale adibito a pertinenza verrebbe a pagare distintamente e pertanto due volte le componenti perequative mentre il soggetto che ha dichiarato un’unica utenza domestica comprensiva delle superfici adibite ad abitazione e locali pertinenziali, le pagherebbe una solta volta. Onde ovviare a problematiche di disparità di trattamento come quelle sopra descritte la soluzione non può che essere quella di considerare una unica utenza in entrambi i casi visti sopra. Per quanto riguarda le utenze domestiche si potrebbe applicare lo stesso concetto già espresso in passato dal Dipartimento delle finanze del MEF in merito alla non duplicabilità della tariffa variabile in caso di abitazione e locali accessori: In relazione alle problematiche innanzi evidenziate, è essenziale soffermarsi sul contenuto della locuzione di utenza domestica che deve intendersi comprensiva sia delle superfici adibite a civile abitazione sia delle relative pertinenze. Nell’ambito delle utenze non domestiche andrebbe seguito il medesimo ragionamento, sempre per evitare la disparità di trattamento tra Comuni che considerano tali utenze sulla base dell’attività prevalente e Comuni che invece esigono la distinzione sulla base dell’attività effettivamente svolta all’interno delle diverse frazioni dell’immobile. Nel primo caso si prenderebbe in considerazione una sola utenza, mentre nel secondo caso ne avremmo tante quante sono le differenti destinazioni d’uso. Anche in questo caso occorre considerare l’utenza come l’unità produttiva di rifiuti contraddistinta dal medesimo punto di accesso, ubicata nello stesso immobile e detenuta o condotta dallo stesso soggetto passivo  Non sarebbe infatti sensato considerare “utenza” ciascuna porzione della medesima attività produttiva.

Cercando di collocare tale definizione nella prassi dell’Ufficio Tributi,  per consentire ai Comuni la concreta applicazione di tali addizionali in sede di predisposizione degli avvisi di pagamento TARI per l’anno 2023,  l’utenza può essere considerata come l’unità di base per la tassazione della TARI. In pratica, corrisponde al “punto di conferimento” dei rifiuti, che può essere un’abitazione con tutte le sue pertinenze (come garage, cantine, box, ecc…), oppure un’utenza non domestica come un negozio, un’azienda, un ufficio o qualsiasi altra struttura, considerando che le relative aree sono state suddivise per destinazione d’uso ma che comunque costituiscono un’unica utenza di conferimento dei rifiuti.

Quindi, anche se si tratta di un’abitazione con pertinenze o di un’utenza non domestica con diverse destinazioni d’uso, esse vengono considerate come un’unica unità per la conferma dei rifiuti. Ciò significa che il carico tributario annuale della TARI viene ripartito su base di queste unità, garantendo una tassazione equa e proporzionata in base all’utilizzo effettivo del servizio di gestione dei rifiuti.

La Delibera 386/2023/R/Rif, come indicato, non specifica dettagli sulla concreta applicazione o sulla natura giuridica delle nuove voci di entrata legate alla TARI. Tuttavia, stabilisce che le somme calcolate attraverso queste nuove voci devono essere riversate alla Cassa per i servizi energetici e ambientali (CSEA), indipendentemente dal fatto che siano state incassate dagli utenti/contribuenti o meno. Questa disposizione indica che l’obbligo di pagamento e il riversamento dei fondi alla CSEA sono indipendenti dalla reale raccolta delle somme da parte degli utenti/contribuenti. Ciò potrebbe implicare che le autorità locali responsabili della riscossione della TARI sono tenute a trasferire gli importi calcolati tramite le nuove voci direttamente alla CSEA, anche se gli importi non sono stati effettivamente pagati dagli utenti.

In sintesi, mentre la delibera non specifica ulteriori dettagli sulla natura giuridica o sull’attuazione pratica delle nuove voci di entrata, stabilisce chiaramente l’obbligo di trasferire i fondi alla CSEA, indipendentemente dalla riscossione effettiva da parte degli utenti/contribuenti. Ai fini della gestione contabile delle componenti perequative l’aspetto più rilevante è infatti rappresentato dalla determinazione del valore complessivo delle stesse in sede di riversamento a CSEA: somme accertate (ovvero bollettate) o somme effettivamente incassate? E’ evidente come l’orientamento cha traspare dalla lettura delle disposizioni di ARERA sia fortemente penalizzante per gli equilibri di competenza e di cassa del bilancio comunale che si troverebbe a fare da “cassa” a CSEA, dovendo anticipare somme non ancora incassate o addirittura, seppure in casi che dovrebbero essere residuali, che andranno a costituire crediti inesigibili. Il problema non è dunque solo di in termini di “cassa” ma anche di competenza in quanto, come sappiamo e come probabilmente sfugge ad ARERA, lo stanziamento accertato della TARI comporta sempre un accantonamento al fondo crediti di dubbia esigibilità che, a questo punto, dovrebbe essere previsto anche per la posta in entrata corrispondente alle componenti perequative. In questo modo quella che secondo ARERA dovrebbe costituire un’operazione a saldo zero diverrebbe per gli enti un ulteriore motivo di difficoltà di quadratura della parte corrente del bilancio. La portata negativa del riflesso conseguente sulla gestione di cassa rischia di porre in particolare difficoltà gli enti che già oggi che si trovano in situazioni di tensione di liquidità. L’eventuale contabilizzazione delle componenti perequative ARERA basata sull’emissione delle liste di carico andrebbe inoltre ad appesantire la gestione delle somme a residuo che conseguentemente si andranno a formare.

Per quanto riguarda poi l’attuazione pratica delle nuove componenti tariffarie per la preparazione degli avvisi di pagamento del 2024, è opportuno menzionare la comunicazione IFEL datata 13/02/2024, che riporta quanto segue dopo un confronto con l’Autorità:

  • Le due componenti perequative sono indicate in “euro per utenza all’anno” e pertanto devono essere considerate frazionabili, proprio come la TARI o la tariffa corrispettiva. In altre parole, se un’utenza è attiva per sei mesi, le due componenti perequative devono essere calcolate dividendo il loro valore per due. Questa frazionabilità deriva dalla previsione di applicare la misura della componente “all’anno e per utenza”. Altrimenti, se la stessa utenza (come una casa con pertinenze) è associata per sei mesi a un utente e per gli altri sei mesi a un altro utente (cosa comune nei casi di locazione), sarebbe soggetta al pagamento di una componente perequativa doppia (una per l’utente A e l’altra per l’utente B). Quindi, è necessario frazionarla in modo che la stessa utenza sia soggetta all’importo annuo previsto per ciascuna componente perequativa e per ciascuna singola utenza.
  • Le due componenti perequative menzionate entrano in vigore dal 1° gennaio 2024 e sono quindi applicabili alle utenze attive durante l’anno 2024. Ciò significa che se un Comune invia avvisi di conguaglio per gli importi dovuti nel 2023 nei primi mesi del 2024, le due componenti perequative non devono essere incluse. I Comuni e i gestori possono richiedere l’intero importo con l’avviso o la fattura emessa dopo il 1° dicembre, data dalla quale è possibile richiedere il pagamento in base alle tariffe approvate per l’anno in corso, in conformità all’art. 15-bis del d.l. 34/2019. Di conseguenza, se l’importo della TARI o della tariffa corrispettiva viene rateizzato in due o più rate durante l’anno, il gestore della tariffa non è tenuto a frazionare le due componenti perequative e può richiederne il pagamento completo con l’ultima rata, purché questa sia emessa nell’anno di riferimento.

In aggiunta ai chiarimenti forniti da IFEL, è importante sottolineare un ulteriore aspetto procedurale legato alla natura giuridica delle nuove voci di entrata, che al momento non è stato chiarito dalle interpretazioni ministeriali. A differenza del TEFA, le componenti perequative non costituiscono un aumento della TARI, bensì rappresentano voci di entrata aggiuntive, la cui origine giuridica potrebbe non essere considerata di natura tributaria. Questa considerazione solleva una questione che dovrebbe essere approfondita nelle sedi opportune.

Tale elemento di incertezza riguarda la gestione pratica della procedura di riscossione delle componenti perequative. Se fosse possibile considerarle entrate tributarie, sarebbe applicabile, come per la TARI, tutta la normativa concernente il ravvedimento operoso, il calcolo delle sanzioni e le disposizioni generali di cui alla legge 296/2006. In caso contrario, simile alla riscossione della TARIP, si dovrebbe applicare la normativa civilistica, con la complicazione aggiuntiva riguardante l’applicazione o meno dell’IVA su tali voci.

In attesa di eventuali chiarimenti su tali aspetti di seguito andiamo ad indicare la
procedura dettagliata per il versamento delle due componenti di entrata perequativa, che vedono il Comune come principale esecutore:

  1. L’Autorità ha istituito presso la Cassa per i servizi energetici e ambientali (CSEA) due conti distinti:
  • Il Conto UR1, che riceverà le somme relative alla componente perequativa UR1,a per la gestione dei rifiuti accidentalmente pescati e dei rifiuti volontariamente raccolti.
  • Il Conto UR2, che riceverà le somme per la copertura delle agevolazioni per eventi eccezionali e calamitosi, derivanti dalla componente perequativa UR2,a.
  1. Entro il 31 ottobre di ogni anno, il gestore della raccolta può richiedere al Comune competente per l’ambito tariffario il riconoscimento dell’importo CSM,a, relativo ai costi sostenuti nell’anno precedente per la gestione dei rifiuti accidentalmente pescati e dei rifiuti volontariamente raccolti.
  2. L’Ente competente trasmette entro il 30 novembre di ogni anno l’importo CSM,a, già validato, al gestore dell’attività di gestione tariffe e rapporto con gli utenti, per la comunicazione alla CSEA.
  3. Entro il 31 gennaio dell’anno successivo, il gestore dell’attività di gestione tariffe e rapporto con gli utenti comunica alla CSEA, conformemente all’articolo 47 del d.P.R. 445/2000, i dati e le informazioni necessari per la valorizzazione e il controllo degli importi derivanti dall’applicazione delle componenti perequative, nonché degli importi CSM,a, opportunamente validati dall’Ente competente. Gli importi vengono calcolati come segue:
    • Importo IUR1,anet per i rifiuti accidentalmente pescati e volontariamente raccolti: IUR1,anet = UR1,a x (Nutenzea – CSM,a)
  • Importo IUR2,a per gli eventi eccezionali e calamitosi: IUR2,a = UR2,a x Nutenze
  1. Se il risultato di tali importi è positivo, entro il 15 marzo dell’anno successivo il gestore dell’attività di gestione tariffe e rapporto con gli utenti versa alla CSEA gli importi calcolati.
  2. Se il risultato di tali importi è negativo, entro il 31 maggio dell’anno successivo il gestore dell’attività di gestione tariffe e rapporto con gli utenti riceve dalla CSEA gli importi così determinati.

Rileviamo infine come a decorrere dal 2024 sussista l’onere per gli enti impositori,  di informare i contribuenti sull’applicazione di tali maggiori componenti. Sul punto è chiara la Deliberazione ARERA 386/2023 che all’articolo 2 stabilisce che nei documenti di riscossione debba essere fornita separata evidenza degli importi addebitati con riferimento alle singole componenti perequative ed impone ai soggetti Gestori della Tariffa di inserire nell’avviso di pagamento, relativamente a ciascuna delle componenti perequative, l’indicazione distinta degli importi (espressi in euro), del valore unitario (espresso in euro/utenza), nonché della finalità per cui tali componenti sono state istituite.

Dott. Francesco Foglia