Nella prima parte del presente articolo recentemente  pubblicato su questa rivista, si è dato conto della necessità per i comuni di adeguare i propri regolamenti tributari alle prescrizioni dettate da ARERA e  contenute nel Testo unico per la regolazione della qualità del servizio di gestione dei rifiuti urbani (TQRIF) approvato in allegato alla delibera 15/2022/R/rif.

In tale precedente scritto in particolare si è affrontato il tema di come ARERA nell’espletare le funzioni di Autorità di regolazione e controllo del ciclo dei rifiuti ad essa attribuite dal legislatore con la Legge 205/2017, abbia, attraverso l’emanazione della Delibera n. 15/2022, dettato previsioni che in alcuni casi si pongono in contrasto con la normativa prevista dal legislatore nazionale in materia di TARI. In questi mesi infatti i comuni si sono trovati ad affrontare il difficile compito di dover conciliare disposizioni fra loro in conflitto. L’obiettivo è quello di dotarsi di regolamenti che contengano prescrizioni che non risultino contrarie alla norma, pur adeguandosi nel contempo alle direttive dettate dall’Autorità regolatoria. Come detto, nella prima parte dell’articolo poc’anzi citata,  ci si era soffermanti in particolare sulle difficoltà di conciliare la disposizione contenuta nell’art. 6 del TQRIF in merito al termine per la presentazione della richiesta di attivazione del servizio, il quale, lo ricordiamo,  viene fissato da ARERA in 90 giorni solari dall’inizio dell’occupazione, mentre la normativa tributaria dettata dal comma 684 della legge 147/2013 prevede la presentazione della dichiarazione TARI entro il 30 giugno dall’inizio dell’occupazione. Si rimanda pertanto alla prima parte dell’ articolo per tutte le questioni già oggetto di approfondimento in merito alla compatibilità fra queste due specifiche previsioni, oltre che per le considerazioni già esposte circa la qualifica ed il rango dei provvedimenti ARERA all’interno dell’ordinamento ed al loro rapporto nell’ambito della gerarchia delle fonti con la normativa TARI ed con i regolamenti comunali.

Va premesso che la necessità di trattare ora il  presente argomento a quasi più di un anno dall’entrata in vigore delle regole in materia di qualità del servizio contenute nel TQRIF è data dal fatto che le disposizioni dettate da ARERA con la delibera n. 15/2022 esplicano i loro effetti a partire dal 1° gennaio 2023 e che, in conseguenza  della norma sul c.d. “sganciamento” del termine di approvazione dei regolamenti e delle tariffe TARI previsto dal Dl 228/2021 convertito dalla legge 15/2022 i comuni possono approvare PEF, regolamenti e tariffe TARI entro il 30 aprile di ogni anno, anziché entro il 31 dicembre dell’anno precedente come da regime ordinario. La medesima norma, lo ricordiamo, stabilisce però che se il termine per l’approvazione dei bilanci di previsione dei comuni slitta ad una data superiore al 30 aprile, si applica il termine più lungo. Pertanto, visto il nuovo slittamento al 31 luglio 2023 ex Dm Interno 30 maggio 2023 del termine per l’approvazione del bilancio di previsione, i comuni hanno ora tempo fino tale data per adeguare i propri atti regolamentari alle disposizioni dettate da ARERA. Atti i cui aggiornamenti se approvati entro il temine indicato assumono efficacia dal 1° gennaio 2023, consentendo agli enti che ancora non lo avessero fatto, di allinearsi anche formalmente alle regole dettate dall’Autorità in materia di qualità del servizio rifiuti.

Fatta questa premessa va precisato che l’obiettivo che si intende perseguire con il presente contributo è quello di fornire ulteriori indicazioni utili in merito all’opportunità per gli enti di modificare i propri regolamenti comunali e questo non tanto a fini puramente formali o esclusivamente per mettersi al riparo da possibili sanzioni irrogate da parte dell’Autorità in caso di inadempienza, quanto piuttosto per consentire agli enti stessi di poter assorbire le novità imposte da ARERA nei relativi regolamenti ed integrarle poi nella prassi operativa senza che queste comportino eccessive difficoltà nella successive fasi di gestione del tributo.  Tali indicazioni vengono qui fornite sia in riferimento agli aspetti regolatori della qualità che richiedono l’aggiornamento dei regolamenti ma che non si pongono in netto contrasto con la normativa TARI, sia facendo riferimento ed andando ad evidenziare le criticità cui inevitabilmente gli enti andranno incontro nell’aggiornare le previsioni che invece presentano profili di incongruenza con la normativa tributaria.

Nel tentativo di offrire un’analisi dettagliata degli aspetti di cui la delibera n. 15/2022 si occupa e che dovrebbero di conseguenza essere recepiti nei regolamenti del tributo TARI possiamo individuare i punti di seguito indicati come quelli di principale rilevanza.

Innanzitutto il già citato termine di 90 giorni entro il quale presentare la dichiarazione TARI (di inizio/variazione/cessazione), qualora il comune intenda indicare nel regolamento comunale una data diversa rispetto a quella del 30 giugno prevista dalla normativa tributaria ed adeguarsi a quanto disposto dall’ art. 6 del TQRIF. Senza dilungarci troppo nell’esame di tale fattispecie che è stata ampiamente trattata nel precedente scritto, appare però doveroso puntualizzare, che in tal caso il regolamento dovrà prevedere l’obbligo per gli utenti di presentare la richiesta di attivazione del servizio entro 90 giorni solari dalla data di inizio del possesso o della detenzione dell’immobile. Nel regolamento seguendo le prescrizioni ARERA dovranno anche essere specificate anche le modalità con cui tale richiesta dovrà pervenire all’ente. Modalità che potranno essere a mezzo posta, via e-mail o mediante sportello fisico e online, utilizzando sempre l’apposito modello messo a disposizione sul sito del gestore del servizio, in modalità anche stampabile e compilabile online.

Stessa predisposizione regolamentare dovrà essere prevista ai sensi dell’art. 10 del medesimo allegato alla Delibera 15/2022, relativamente alle istanze di variazione e cessazione TARI. Anche le dichiarazioni di variazione e cessazione per ARERA soggiacciono infatti a termini de modalità dichiarative simili a quelle per l’iscrizione, ovvero entro 90 giorni solari dalla data in cui è intervenuta la variazione o la cessazione.

Ulteriore aspetto da tenere in considerazione è poi la decorrenza delle suddette variazioni, sia in riduzione quanto in aumento, del tributo dovuto sulla base delle indicazioni dell’Autorità. L’art. 11 del TQRIF infatti, recante “Contenuti minimi della risposta alle richieste di variazione e di cessazione del servizio”, declina in maniera diversa le situazioni in cui la variazione del servizio comporta una riduzione dell’importo da addebitare piuttosto che un aumento del tributo dovuto.

  • Nel primo caso, la variazione produce effetti dalla data in cui è intervenuta la variazione stessa, qualora la richiesta sia presentata entro il termine di 90 giorni (art. 10 comma 1 TQRIF), mentre gli effetti anche ai fini tributari decorrono dalla data di presentazione della richiesta se la stessa viene presentata successivamente a tale termine.
  • Le richieste che portano ad un aumento dell’onere a carico del contribuente invece producono sempre effetti con riferimento alla data in cui è intervenuta la variazione. Variazione che come precisato sopra, in ogni caso è da presentare sempre entro 90 giorni solari dalla data in cui la stessa è intervenuta.

Il Titolo III del TQRIF negli articoli che vano dal 13 al 18 tratta poi della classificazione delle richieste scritte dell’utente che secondo ARERA sono distinte in reclami scritti, richieste scritte di informazioni e richieste scritte di rettifica degli importi dovuti. Il TQRIF in tali articoli si occupa di definire in maniera dettagliata la “procedura” di presentazione da parte degli utenti di tali richieste, i tempi di risposta da parte dell’ente che sono diversificati a seconda della tipologia di richiesta, ed i contenuti minimi di tale risposta, anch’essi diversificati a seconda della diversa tipologia di richiesta in base alla classificazione proposta dalla stessa ARERA. Tali aspetti si ritiene siano da considerarsi puramente operativi e pertanto ad avviso di chi scrive sarebbe più opportuno il loro inserimento all’interno della carta della qualità del servizio piuttosto che nel regolamento TARI. Nulla vieta comunque che l’ente possa codificare nel proprio regolamento anche simili prescrizioni, che in ogni caso non sembrano presentare profili di particolare problematicità, né delineano profili di incongruenza rispetto alla normativa tributaria trattandosi di questioni che non sono contemplate tra quelle disciplinate dal legislatore.

Stesso discorso può essere fatto valere per il Titolo IV del TQRIF che agli artt. 19, 20, 21 e 22 si occupa dei punti di contatto con l’utente disciplinando aspetti quali i requisiti minimi dello sportello fisico e di quello online oltre all’obbligo di istituire un servizio telefonico gratuito per l’utenza tramite numero verde. Anche in questo caso valgono le considerazioni appena enunciate per le previsioni del Titolo III, trattandosi di aspetti puramente organizzativi che non sono oggetto di specifica disciplina da parte della normativa TARI.

Passando in rassegna i contenuti del Titolo V del TQRIF, evidenziamo come i successivi art. 23 e 26 del TQRIF contengano invece previsioni inerenti le modalità di versamento della TARI e pertanto rientrano ovviamente nel campo delle previsioni che hanno risvolti ai fini dell’adeguamento regolamentare dell’ente. Nello specifico, l’art. 23 prevede che il termine di scadenza debba essere fissato in almeno venti giorni solari decorrenti dalla data di emissione del documento di riscossione. Sia il termine di scadenza quanto la data di emissione, poi, devono essere indicati in maniera chiara nella bolletta di pagamento. Detto termine di scadenza deve essere ovviamente rispettato solo in caso di pagamento in un’unica soluzione o della prima rata; eventuali ritardi occorsi nella consegna del documento di riscossione non possono essere in nessun caso imputati all’utente.

Con il citato art. 26 viene poi disciplinato  il versamento periodico e rateale della bolletta che, in ogni caso, deve essere inviata all’utenza almeno una volta all’anno e può contemplare diverse scadenze, secondo le modalità ed i contenuti prescritti agli articoli 4, 5, 6, 7 e 8 del TITR precedentemente emanato da ARERA, fatta salva la possibilità per il gestore, in accordo con l’Ente territorialmente competente, di emettere più documenti, comunque con cadenza non superiore a quella bimestrale. 

Rispetto alla necessità dell’ente ad allinearsi in merito alle indicazioni di ARERA circa il versamento del tributo, meno semplice e sicuramente meno scontato appare invece l’allineamento alla previsione contenuta nell’art. 27 del TQRIF riferita alla possibilità di rateizzazione dei versamenti ordinari per le particolari casistiche indicate dall’Autorità stessa. Tale facoltà infatti non è espressamente contemplata dalla normativa tributaria e gli enti, salvo rare eccezioni, in genere non avevano in passato previsto e regolamentato la possibilità di rateizzare gli importi richiesti per mezzo degli avvisi di pagamento bonari.

A norma dell’art. 27 TQRIF infatti la rateizzazione è prevista nelle seguenti fattispecie:

  • utenti beneficiari del bonus sociale per disagio economico previsto per il settore elettrico e/o gas e/o idrico;
  • utenti con difficoltà socio-economiche;
  • utenti a cui sono pervenute bollette/fatture con importi che superano del 30% la media dei documenti degli ultimi due anni.

Tornando all’art. 24 del testo unico in commento, lo stesso stabilisce poi che il gestore del servizio di bollettazione della TARI deve garantire all’utente almeno una modalità di pagamento gratuita dell’importo dovuto per la fruizione del servizio. Garantire la gratuità del versamento, in questo caso significa concretamente mantenere la possibilità di pagare con F24, oltre che attraverso la piattaforma dei pagamenti di PagoPA a cui negli ultimi anni gli enti erano stati indirizzati a rivolgersi per la regolazione di tutti i pagamenti nei propri confronti. A tal proposito, nel caso in cui l’ente preveda una modalità di pagamento onerosa, non può essere addebitato un onere maggiore a quello sostenuto dal gestore stesso per l’utilizzo di detta modalità.

Sempre l’art. 27, al punto 6 dispone poi che non possono essere applicati interessi previsti da legge qualora l’importo addebitato superi del 30% il valore medio delle bollette emesse nei due anni precedenti a causa di prolungati periodi di sospensione dell’emissione dei documenti di pagamento per cause imputabili al gestore.

Il successivo art. 28 tratta invece le modalità di rimborso.  ARERA in merito ha previsto che nel caso in cui l’ente abbia verificato l’esistenza di un credito a seguito della richiesta scritta di rettifica, lo stesso ente debba procedere ad accreditare l’importo erroneamente addebitato senza ulteriori richieste da parte dell’utente.

In sostanza, il comune potrebbe procedere seguendo due diversi schemi operativi tra loro alternativi:

  1. a) detraendo l’importo accertato come non dovuto in occasione dell’emissione del primo documento di riscossione utile;
  2. b) mediante rimessa diretta, qualora l’importo da accreditare sia di importo superiore a quello richiesto con il documento di riscossione.

Oltre alle modalità di rimborso, ARERA fissa anche il termine temporale entro cui tali pratiche dovrebbero essere evase indicando tale termine in 120 giorni. La tempistica entro la quale i comuni sono tenuti a restituire agli utenti gli importi erroneamente versati e non dovuti è però in evidente contrasto con quanto previsto in tal senso dalla normativa tributaria.  L’istanza di rimborso infatti attiva un vero e proprio procedimento amministrativo ai sensi della 241/90 con indicazione esplicita nel comma 164 dell’articolo 1 della Legge 296/2006 del termine ultimo di conclusione del procedimento, comprensivo della liquidazione del rimborso, individuato in 180 giorni dalla data di presentazione dell’istanza. Nello specifico l’art. 28.1 del TQRIF parla di rettifica degli importi indicati in bolletta, mediante accredito di eventuali crediti a favore del contribuente, con possibilità di compensazione nella prima bolletta utile. In merito va rilevato come ARERA abbia ben definito tale tempistica, specificando che “ il tempo di rettifica è il tempo intercorrente tra la data di ricevimento da parte del gestore della richiesta scritta di rettifica inviata dall’utente relativa ad un documento di riscossione già pagato o per il quale è stata richiesta la rateizzazione ai sensi dell’Articolo 27 e la data di accredito della somma erroneamente addebitata”.

A parere di chi scrive, non si ritiene sia particolarmente opportuno per l’ente adeguare le disposizioni regolamentari a quelle dettate da ARERA in materia di tempi di rimborso e contenute nell’art. 28.3 TQRIF, posto che i 120 giorni indicati dall’Autorità non tengono conto delle tempistiche necessarie agli enti per il disbrigo di tali pratiche. Come visto per ARERA, il tempo necessario per provvedere alla rettifica viene individuato come il tempo intercorrente tra la data di ricevimento da parte del gestore della richiesta scritta di rettifica inviata dall’utente e relativa ad un documento di riscossione già pagato e la data di effettivo accredito della somma che risulta essere stata versata in eccesso. Abbreviare tale lasso di tempo significa di fatto costringere gli enti ad effettuare l’istruttoria necessaria per l’evasione delle pratiche di rimborso entro una tempistica che non sempre è compatibile con i limiti organizzativi e di dotazione organica degli uffici tributi, soprattutto nel caso degli enti di minori dimensioni. Ogni ente pertanto dovrebbe valutare attentamente l’ipotesi di adeguarsi a questa specifica tempistica dettata da ARERA tenendo a mente quali sono le caratteristiche organizzative della propria struttura. Gli uffici meglio organizzati e maggiormente strutturati infatti potranno in tal modo migliorare sicuramente il servizio reso al cittadino rendendo più celeri le pratiche di rimborso, mentre gli enti meno organizzati e di minori dimensioni, che spesso fanno già fatica a rispettare i termini temporali dettati dalla norma, adeguando i propri regolamenti al termine di 120 giorni dettato dal TQRIF, rischiano poi di fatto di mettersi in una condizione di inadempienza circa il rispetto di un termine recepito nel dettato regolamentare del proprio ente.

Quelli appena enunciati sono i principali aspetti derivanti dall’applicazione del TQRIF che, come detto, necessitano di attenzione al fine del recepimento all’interno dei regolamenti comunali. Accanto ad essi andrebbero poi considerati ed analizzati ulteriori aspetti legati alla effettiva misurazione degli standard di qualità del servizio al fine di rispondere agli obblighi di registrazione e comunicazione di tali risultati a ARERA previsti dal Titolo XIII del TQRIF. Questi ultimi ovviamente non hanno dirette conseguenze sugli assetti regolamentari del singolo ente, ma comunque incidono sugli aspetti organizzativi ed operativi degli uffici deputati alla gestione del tributo e pertanto appare opportuno riservare la loro trattazione ad una successiva ed eventualmente più approfondita trattazione.

Dott. Francesco Foglia