CTR Sicilia Palermo, sez. VIII, 28.06.2018 n. 2683


Svolgimento del processo

La Commissione Tributaria Provinciale di Palermo con sentenza n. 76/11/2013 ha accolto il ricorso della B. s.a.s. in ordine alla non debenza della TARSU/TIA per il 2010, in quanto ha ritenuto provato che la medesima producesse e smaltisse rifiuti speciali.

Avverso la predetta sentenza ha proposto appello il Comune di Roccapalumba lamentando per un verso che l’udienza di trattazione sarebbe stata fissata oltre il termine di 90 giorni dalla concessione del provvedimento, e per questo ha chiesto l’annullamento della sentenza impugnata e la rimessione alla CTP in diversa composizione, per altro verso ha dedotto violazione degli artt. 32 e 24 del D.Lgs. n. 546 del 1992 e dell’artt. 62 e 58 del D.Lgs. n. 507 del 1993.

Il contribuente si è costituito in giudizio ed ha chiesto il rigetto del gravame.

Nella camera di consiglio del 20 giugno 2018, udito il relato, il giudizio è stato posto in decisione.

Motivi della decisione

In via preliminare deve rilevarsi l’infondatezza della censura mossa ai primi giudici, come error in procedendo, per essere stata l’udienza di trattazione di merito fissata oltre il termine di 90 giorni stabilito dall’art. 47 del D.Lgs. n. 546 del 1992.

Il predetto termine, per il cui superamento la norma non prevede alcuna sanzione processuale, ha natura meramente ordinatoria o sollecitatoria, per cui la sua violazione non comporta alcuna conseguenza sulla regolarità del processo e validità della sentenza finale.

Nel merito, il D.Lgs. n. 507 del 1993 che ha subito successive modifiche.

Si tratta di una tassa dovuta al Comune per il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti solidi urbani, applicabile sulla base del costo totale del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti ed impiegando come parametro la superficie dei locali di abitazione e di attività dove possono avere origine rifiuti urbani.

Oggetto della tassazione sono i rifiuti domestici e quelli cosiddetti assimilati, ovvero quelli derivanti da attività economiche, artigianali, industriali che possono essere assimilati, previo apposito provvedimento del Comune che ne definisce qualità e quantità.

La normativa in materia di TARSU è stata modificata, inizialmente dall’art. 49D.Lgs. n. 22 del 1997, che ha introdotto la tariffa di igiene ambientale (TIA1) e, successivamente, dall’art. 238D.Lgs. n. 152 del 2006, che ha introdotto la tariffa integrata ambientale (TIA2).

L’applicazione delle disposizioni citate è stata oggetto di numerose proroghe e di diversi interventi normativi.

Nel caso in esame, la questione controversa concerne l’esenzione dalla TARSU, relativamente al Comune interessato per l’anno 2010 della società contribuente, dovendosi accertare se la predetta azienda, in base al regolamento comunale, produceva rifiuti speciali tossici o nocivi che non ne consentivano la tassazione.

I primi giudici hanno ritenuto provata la produzione e smaltimento di rifiuti speciali sull’intera area occupata dalla ditta B. s.a.s., impresa artigiana operante nel settore manifatturiero della produzione di manufatti in metallo interscambiabili per macchine agricole nell’area artigianale di contrada Cazzanelli in territorio del Comune di Roccapalumba, attraverso la produzione in udienza di copia del registro di carico dei rifiuti speciali in lavorazione dal 2003 al 2013 e delle bolle di accompagnamento per lo smaltimento dei rifiuti e scarti industriali.

In tema di contenzioso tributario, il termine previsto dall’art. 32 del D.Lgs. 31 dicembre, n. 546, per il deposito di memorie e documenti deve ritenersi perentorio, pur non essendo dichiarato tale dalla legge, in quanto diretto a tutelare il diritto di difesa della controparte ed a realizzare il necessario contraddittorio tra le parti, e tra queste ed il Giudice (ex multis Cass.26741/2013, Cass. 11929/2011, Cass. 12396/2009, Cass. 28598/2008, Cass. 138/2004); pertanto la mancata produzione entro 20 giorni liberi prima dell’udienza non consente al giudice di primo grado di poter considerare quel documento per la propria decisione.

I predetti documenti, però, sono stati ulteriormente e tempestivamente depositati dalla contribuente in questo grado di appello.

Orbene, il richiamato art. 58, comma 2, infatti, espressamente prevede e consente la produzione di nuovi documenti in appello, con la conseguenza che, nel processo tributario, mentre prove ulteriori, rispetto a quelle già acquisite nel giudizio di primo grado, non possono essere disposte in grado d’appello, salvo che la parte dimostri di non averle potute fornire nel precedente grado di giudizio, i documenti possono essere liberamente prodotti anche in sede di gravame, ancorché preesistenti al giudizio svoltosi in primo grado (Cass. n. 22776/2015; n. 3661/2015), a nulla rilevando l’eventuale irritualità della loro produzione in primo grado (Cass. n. 22776/2015; n. 23616/2011).

Ne consegue che non possono non ritenersi valutabili i documenti in questione, acquisiti al fascicolo processuale, in quanto comunque prodotti in grado di appello (Cassazione n. 27474/2016) atteso che “il giudice d’appello può fondare la propria decisione sui documenti tardivamente prodotti in primo grado, purché acquisiti al fascicolo processuale in quanto tempestivamente e ritualmente prodotti in sede di gravame entro il termine perentorio di cui all’art. 32, comma 1, del D.Lgs. n. 546 del 1992, di venti giorni liberi prima dell’udienza, applicabile in secondo grado stante il richiamo, operato dall’art. 61 del citato decreto, alle norme relative al giudizio di primo grado” (Cass. n. 3661/2015 cit.).

Il motivo di appello, sul punto, pertanto non può trovare accoglimento.

Nel merito, tuttavia, il gravame appare fondato

La sentenza non specifica le superfici relative alla attività commerciale e amministrativa e quelle destinate alla lavorazione dove potrebbero essere anche prodotti rifiuti tossici – posto che risulta non contestato che su una superficie coperta di complessivi mq. 2312, ben 1156 sono adibiti a deposito, mq. 191,70 ad uffici e solo mw. 260 occupati da macchinari fissi -, avendo comunque il Comune applicato la riduzione della tariffa considerando tassabile al 50% la superficie.

Nel caso di specie non viene in rilievo la eventuale produzione di rifiuti speciali non pericolosi, assimilabili agli urbani in forza di delibera comunale, ma l’eventuale produzione di rifiuti tossici, nocivi o pericolosi, non soggetti a tassazione.

Ai fini della determinazione della predetta superficie non tassabile il comune può individuare nel regolamento categorie di attività produttive di rifiuti speciali tossici o nocivi alle quali applicare una percentuale di riduzione rispetto alla intera superficie su cui l’attività viene svolta” (art. 62, commi 1 e 3), così come previsto dal regolamento del Comune interessato.

Va a tal proposito ribadito che, per pacifica giurisprudenza (Cassazione, Ordinanza n.3799 del 16/2/2018), in tema di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, spetta al contribuente l’onere di fornire all’amministrazione comunale i dati relativi all’esistenza e alla delimitazione delle aree in cui vengono prodotti rifiuti speciali non assimilati a quelli urbani (da lui smaltiti direttamente, essendo esclusi dal normale circuito di raccolta), che pertanto non concorrono alla quantificazione della superficie imponibile, in applicazione dell’art. 62, comma 3, del D.Lgs. n. 507 del 1993, posto che, pur operando anche nella materia in esame il principio secondo il quale spetta all’amministrazione provare i fatti che costituiscono fonte dell’obbligazione tributaria (nella specie, l’occupazione di aree nel territorio comunale), per quanto attiene alla quantificazione del tributo, grava sull’interessato (oltre all’obbligo di denuncia ai sensi dell’art. 70 del D.Lgs. n. 507 del 1993) un onere di informazione, al fine di ottenere l’esclusione delle aree sopra descritte dalla superficie tassabile, ponendosi tale esclusione come eccezione alla regola generale, secondo cui al pagamento del tributo sono astrattamente tenuti tutti coloro che occupano o detengono immobili nel territorio comunale (Cass. n. 21250 del 2017, conf. Cass. n. 4766 del 2004, Cass. n. 17703 del 2004, Cass. n. 13086 del 2006, Cass. n. 17599 del 2009, Cass. n. 775 del 2011).

Sotto tale profilo la semplice produzione di copia del registro di carico dei rifiuti speciali in lavorazione dal 2003 al 2013 e delle bolle di accompagnamento per lo smaltimento dei rifiuti e scarti industriali non soddisfa il suddetto onere probatorio, in quanto non contribuisce alla corretta delimitazione delle aree interessate alla produzione dei predetti rifiuti, elemento fondamentale per la corretta quantificazione del tributo.

Ne consegue che l’appello fondato e va accolto.

La condanna alle spese segua la soccombenza.

P.Q.M.

La Commissione Tributaria Regionale per la Sicilia – Sez. VIII accoglie l’appello del Comune di Roccapalumba e, per l’effetto, annulla la sentenza impugnata. Condanna la B. s.a.s. al pagamento delle spese legali in favore del Comune di Roccapalumba che liquida in Euro 1.000,00.

Manda alla segreteria per la comunicazione alla parti.

Così deciso in Palermo, nella camera di consiglio del 20 giugno 2018.