CTR Lombardia Milano, sez. V, 07.05.2018 n. 2036


Svolgimento del processo

La Sig.ra S.C. impugnava la cartella di pagamento e il sottostante ruolo, notificatale in qualità di coobbligata, con la quale le veniva richiesto il pagamento di Euro 285.591,36 oltre sanzioni interessi ed oneri di riscossione e così per complessivi Euro 553.515,06, eccependo la violazione del principio del contraddittorio preventivo, il difetto di motivazione del ruolo, la illegittimità della pretesa fiscale, essendo la stessa erede beneficiata.

Si costitutiva l’Ufficio il quale, impugnando le avverse deduzioni, chiedeva il rigetto del ricorso.

Con sentenza n. 10039/15/2015 la C.T.P. di Milano respingeva il ricorso, confermando l’atto impugnato, condannando la contribuente alle spese.

Avverso detta sentenza, con atto depositato in data 28.06.2016, ha proposto appello la sig.ra S.C., chiedendone la riforma sulla base dei seguenti motivi:

1.”Illegittimità della sentenza di primo grado, nella parte in cui non ha ritenuto violato il principio del contraddittorio preventivo”.

Sostiene che erroneamente i primi giudici abbiano ritenuto che nel caso di specie, trattandosi di iscrizione a ruolo, originata da una sentenza, l’Ufficio non avrebbe alcun potere discrezionale e che l’effettuazione del contraddittorio non avrebbe comportato alcun beneficio.

Evidenzia che le somme iscritte a ruolo non riguardavano direttamente e personalmente la contribuente ma la stessa nella qualità di erede beneficiata.

  1. “Illegittimità della sentenza nella parte in cui ha ritenuto motivato il ruolo dedotto in giudizio”.

Lamenta che, anche in questo caso, non sia stato specificato che le somme iscritte a ruolo avevano origine da una contestazione nei confronti del genitore e non nei suoi confronti personalmente e direttamente.

3.”Illegittimità della sentenza nella parte in cui ha ritenuto legittima la iscrizione a ruolo. Illegittimità della pretesa fiscale iscritta a ruolo”.

La sig.ra C. ribadisce di aver accettato l’eredità patema con beneficio di inventario e che, a seguito dei verbali di inventario, la stessa, ai sensi e per gli effetti dell’art. 507 c.c., ha rilasciato tutti i beni ereditari in favore dei creditori.

Lamenta che i primi giudici non abbiano correttamente valutato i documenti di prova sottoposti al loro esame “né correttamente interpretato la normativa”.

Ribadisce che dalla documentazione prodotta, non contestata dall’Ufficio, risulta quanto segue:

– accettazione di eredità con beneficio di inventario;

– inventari redatti dai Notai in Milano A.A. e P.S.;

– comunicazione raccomandata del Dott. A.A. che invitava i creditori conosciuti, tra i quali la Agenzia delle Entrate Direzione Provinciale I di Milano e l’Agente per la riscossione Equitalia Esatri s.p.a., con la quale gli stessi venivano invitati a presentare le dichiarazioni di credito ai sensi degli artt. 503 e 498 c.c.;

– comunicazione del 15.02.2011 con la quale la Equitalia Esatri s.p.a. si insediava nella eredità C. per l’importo di Euro 16.656.403,14, comprensivo dell’importo di Euro 285.591,36 oggetto della cartella di pagamento opposta.

Ribadisce che, essendo stati consegnati i beni al curatore da parte dell’erede, quest’ultimo, ai sensi e per gli effetti dell’ultimo comma dell’art. 507 c.c., resta liberato da ogni responsabilità per i debiti ereditari.

Sostiene, infine, che con la sentenza della CTR Lombardia n.3048/19/2014, posta a base della cartella opposta, i Giudici regionali hanno condannato gli eredi beneficiati “soltanto al pagamento delle spese di lite” e che, avendo “qualificato gli eredi come eredi beneficiari, hanno implicitamente, ma chiaramente, fatto riferimento alla limitazione della responsabilità prevista dall’art. 490 cod. civ.”.

Conclude perché venga accolto l’appello e conseguentemente riformata la sentenza di primo grado ed annullato tanto il ruolo, che la cartella impugnata.

Con memoria del 16.09.2016 si è costituito l’Ufficio che impugna e contestata in toto l’appello chiedendone il rigetto.

In particolare in ordine alla legittimità della pretesa fiscale, l’Ufficio sostiene che l’accettazione dell’eredità con beneficio di inventario non esclude la legittimazione passiva della contribuente, esplicando “i suoi effetti esclusivamente sul piano esecutivo e non su quello della legittimità della iscrizione a ruolo”.

Conclude, pertanto, per il rigetto dell’appello con conferma della sentenza di primo grado e vittoria di spese.

In data 15.02.2018 la sig.ra C. con nota in pari data, ha depositato documenti ed in particolare il decreto di chiusura, relativo alla procedura eredità rilasciata, del Tribunale di Milano del 20.03.2017 con la quale, dato atto che il Curatore ha provveduto a corrispondere il complessivo importo di Euro.207.403,37 a Equitalia e Servizi di Riscossione, ha dichiarato “chiusa la procedura dell’eredità rilasciata da C.B. a seguito del rilascio da parte degli eredi ….. in data 28.3.2011 … per mancanza di attivo”.

Alla udienza del 12.03.2018, sentiti per la contribuente gli Avv.ti Zoppini e Borzomì e per l’Ufficio il Dott. Giuseppe Mazzara, i quali si sono riportati alle proprie difese; udito il relatore, l’appello è stato deciso.

Motivi della decisione

L’appello, fondato, merita accoglimento.

La Commissione ritiene di dover esaminare congiuntamente i motivi di appello, strettamente connessi, con particolare riferimento al motivo sub 3.

Dalla documentazione in atti risulta in maniera inconfutabile che l’appellante S.C., ai sensi e per gli effetti dell’art. 484 e segg. c.c., aveva accettato l’eredità del padre C.B. detto B., con beneficio di inventario e successivamente rilasciato, ai sensi e per gli effetti dell’art. 507 c.c., tutti i beni ereditari a favore dei creditori e tra questi, in primo luogo, l’Agenzia delle Entrate Direzione Provinciale I di Milano.

Tanto non è contestato, né opposto da parte dell’A.F. la quale, pur riconoscendo espressamente tale circostanza, continua a sostenere, del tutto infondatamente, che sussisterebbe la legittimazione passiva della odierna appellante.

Per disposizione normativa – art. 507 ultimo comma c.c. che cosi detta: “eseguita la consegna egli – l’erede- resta liberato da ogni responsabilità per i debiti ereditari”- l’appellante, erede beneficiata, non può essere chiamata a rispondere dei debiti ereditari.

Dalla documentazione in atti, già prodotta nel giudizio di primo grado, risulta quanto segue:

1) atto di accettazione di eredità con beneficio di inventario del 17.02.2000;

2) verbale di inventario redatto in data 15.05.2000 dal Nota in M. A.A.;

3) redatto in data 28.07.2000 dal Dott. P.S., notaio in M., coadiutore del Notaio Dott. A.A.;

4) raccomandata del 13.01.2000 con la quale il Notaio A. invitava i creditori – e tra questi in particolare l’Agenzia delle Entrate Direzione Provinciale I di Milano e l’agente per la riscossione Equitalia Esatri s.p.a., a presentare ai sensi e per gli effetti degli artt. 503 e 498 c.c. le dichiarazioni di credito;

5) comunicazione del 15.02.2011 con la quale la Equitalia Esatri s.p.a. notificava al Dott. A. di insediarsi all’eredità per l’ammontare complessivo di Euro 16.656.403,14, somma nella quale risultava ricompreso l’importo di Euro 285.591,36 di cui alla cartella di pagamento opposta, oggetto del presente giudizio.

6) Atto di “Rilascio dei beni ai creditori” del 28.03.2011 con il quale gli eredi di C.B. e tra questi l’odierna appellante, rilasciavano, ai sensi e per gli effetti dell’art. 507 c.c., ai creditori tutti i beni ereditari.

7) Il Tribunale di Milano provvedeva, in data 05.04.2011 a nominare il curatore dell’eredità rilasciata nella persona dell’Avv. Paola Grossini.

Sempre dalla documentazione in atti risulta che il curatore dell’eredità rilasciata ha provveduto a vendere all’asta i beni rilasciati ed il ricavato è stato utilizzato per il pagamento delle spese della procedura e del curatore e la corresponsione di Euro.207.403,37 ad Equitalia Servizi s.p.a..

8) Con decreto del 20.03.2017 il Tribunale di Milano ha dichiarato “chiusa la procedura dell’eredità rilasciata da C.B. detto B. …. a seguito di rilascio da parte degli eredi C.S., C.V. e M.A.M. in data 28.3.2011 con atto notaio A.A. rep. (…), curata dalla dott.ssa Paola Grossini per mancanza di attivo”.

Con la chiusura della procedura per mancanza di attivo, risulta in maniera chiara ed inequivocabile che non è emerso un eventuale attivo da distribuire tra gli eredi, tenuto conto che dalla liquidazione di tutti i beni ereditari sono stati ricavati soli Euro 218.125,99 importo che è servito alla copertura delle spese e compensi al curatore e a corrispondere alla Equitalia Servizi di Riscossione Euro 207.403,37.

Dal momento che risultano rispettate tutte le formalità e procedure previste dagli artt. 484 e segg. c.c., relative alla accettazione con beneficio di inventario e che dai creditori, ed in particolare dall’A.F. e dall’agente della riscossione non sono state fatte valere cause di decadenza dal beneficio di inventario e inoltre che non risulta si sia verificata alcuna ipotesi che determina la decadenza dal beneficio di inventario, consegue la fondatezza dell’appello e la illegittimità della pretesa fiscale avanzata dall’A.F..

Alla luce delle suesposte motivazioni, l’appello è accolto e, in totale riforma della sentenza della C.T.P. di Milano n. 10039/15/2015, accerta e dichiara la illegittimità della pretesa fiscale, annullando gli atti consequenziali impugnati.

Per il principio della soccombenza, condanna l’Agenzia delle Entrate Direzione Provinciale I di Milano alle spese del doppio grado di giudizio che, visto il D.M. n. 55 del 2014, si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Commissione Tributaria Regionale di Milano Sezione V^, nel giudizio proposto dalla sig.ra S.G.A.C. contro Agenzia delle Entrate Direzione Provinciale I di Milano, avverso la sentenza della C.T.P. di Milano n. 10039/15/2015 così provvede: “Accoglie l’appello e in totale riforma della sentenza della C.T.P. di Milano n. 10039/15/2015, accerta e dichiara la illegittimità della pretesa fiscale, annullando gli atti consequenziali impugnati.

Condanna l’Agenzia delle Entrate Direzione Provinciale I di Milano alle spese del doppio grado di giudizio che liquida in Euro.6.000,00 oltre rimborso forfettario, Cassa ed IVA come per legge, oltre contributo unificato di primo e secondo grado”.

Milano, il 12 marzo 2018.


 

COMMENTO

Viene accolto l’appello della contribuente, che contestava la propria legittimazione passiva in ordine ai debiti fiscali del proprio padre, la cui eredità era stata da lei accettata con beneficio di inventario (artt. 484 e ss. c.c.), con rilascio dei beni ereditari in favore dei creditori (art. 507 c.c.), ivi inclusi l’Agenzia delle Entrate e l’Agente della Riscossione.

A seguito di tale operazione, era stato nominato un curatore dell’eredità rilasciata, e la relativa procedura era stata successivamente chiusa per insufficienza di attivo, con un pagamento solo parziale dell’Agente della Riscossione.

Quest’ultimo non era quindi legittimato ad emettere cartella di pagamento nei confronti dell’erede beneficiata la quale, dopo la consegna dei beni ereditari al curatore dell’eredità rilasciata, restava liberata da ogni responsabilità per i debiti ereditari (art. 507, ultimo comma, c.c.), ivi inclusi quelli fiscali.

La pronuncia in commento risulta solo apparentemente in contrasto con il prevalente indirizzo giurisprudenziale, secondo cui l’erede con beneficio di inventario, che abbia dismesso l’eredità in favore dei creditori, è il solo legittimato ad impugnare l’avviso di accertamento relativo all’imposta di successione, in quanto, dopo che i creditori siano stati soddisfatti, percepisce l’eventuale attivo residuo, sul quale grava l’imposta di successione (Cass. Civ., sez. I, 08.10.1991 n. 10512; Cass. Civ., sez. I, 11.11.1991 n. 12027; CTP Ferrara, sez. I, 10.04.2017 n. 136; contra Cass. Civ., sez. V, 21.02.2008 n. 4419, secondo cui l’erede beneficiato ed il curatore dell’eredità rilasciata hanno una legittimazione concorrente a tale impugnazione); egli, pertanto, rimane proprietario dei beni ereditari anche dopo il rilascio e, pur essendo liberato da ogni responsabilità per i debiti ereditari, non diventa estraneo alle situazioni giuridiche inerenti al patrimonio ereditario, ma, al contrario, conserva la legittimazione e l’interesse ad agire o a resistere in ordine a tutte le pretese destinate ad incidere sul patrimonio ereditario (incluse quelle erariali).

La pronuncia in commento si esprime invece in termini di vera e propria esclusione della legittimazione passiva dell’erede beneficiata, unicamente perché la procedura di curatela dell’eredità rilasciata risultava già conclusa per insufficienza di attivo, con conseguente esclusione di ogni eventuale residuo attivo in favore dell’erede beneficiata medesima.