CTR Lombardia Milano, sez. XIX, 22.05.2018 n. 2331
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
Il contenzioso ha ad oggetto una cartella di pagamento (n. (…)) contenente una ripresa fiscale a titolo di IRPEF e altro, per Euro 31.807,41.
Gli argomenti posti a base della richiesta di dichiarazione di nullità/inesistente/annullamento della cartelle erano: omessa notifica degli atti prodromici alla emissione delle cartelle; nullità della notifica per essere stata effettuata a mezzo PEC; mancato dettagliato conteggio di interessi e aliquote applicate; carenza di motivazione; difetto di sottoscrizione del responsabile del procedimento; carenza di potere in capo al firmatario degli atti impositivi.
Si era costituita Equitalia (a cui oggi è subentrata l’AE Riscossione ritualmente costituita) contestando e replicando puntualmente alle eccezioni sollevate.
I giudici di primo grado respingevano gli argomenti della contribuente, condannandola al pagamento delle spese processuali rilevando: la piena legittimità della notifica effettuata a mezzo PEC; che l’emissione della cartella originava da un controllo automatizzato e successiva liquidazione ai sensi degli artt. 36bis D.P.R. n. 600 del 1973 e, come tale, non necessitava né dell’invio di un avviso di accertamento né dell’invio di un avviso bonario previsto solo se sussistono incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, e non quando si è in presenza di imposte autoliquidate dal contribuente; che la cartella risultava redatta in conformità del modello approvato ex art. 25 D.P.R. n. 602 del 1973 Ministero Finanze; che il tasso di interessi è noto e conoscibile per essere determinato ex lege; che la censura sul difetto di potere del firmatario degli atti impositivi non può essere generica, ma la parte che la solleva deve provare e documentare la fondatezza di quanto sostiene (e in più le pronunce della Suprema Corte da ultimo n. 22810/2015, richiamate, hanno risolto la questione); che il termini di prescrizione per le cartelle originate da crediti erariali il termine è 10 anni.
Propone appello la società contribuente lamentando: il difetto di motivazione e l’omessa pronuncia su punti decisivi della controversia; riproponendo le eccezioni di nullità della notifica effettuata a mezzo PEC dall’Agente di Riscossione; eccependo la prescrizione in quanto si tratta di tributi del 2009 per i quali vale il termine di prescrizione quinquennale; ribadendo la illegittimità per mancata prova della regolare notifica della comunicazione bonaria, obbligatoria, a seguito di controllo automatizzato in violazione altresì dello Statuto del Contribuente; per difetto di motivazione e di sottoscrizione della cartella e le ulteriori eccezioni già proposte in primo grado, compresa la carenza di potere in capo al sottoscrittore dell’atto impositivo; eccepisce altresì la intervenuta prescrizione delle pretese a titolo di sanzioni e interesse
L’appellante chiede altresì la sospensiva rappresentando, quanto al periculum la circostanza dello scarso volume di affari e della situazione di difficoltà economica in cui versa la contribuente. A fronte di un importo richiesto di Euro 31.807,41.
Si è costituita l’AE Riscossione ribadendo la legittimità del proprio operato. In particolare: la notifica a mezzo PEC è normativamente prevista e, peraltro, la parte non indica alcuno specifico pregiudizio ai suoi diritti di difesa connesso alla ipotizzata violazione; anche con riferimento alla tipologia del file da trasmettere (estensione .pdf anziché .p7m) gli argomenti prospettati dalla controparte sono inconferenti; il termine di prescrizione è decennale, così come chiarito dalla Suprema Corte in diverse occasioni.
L’appello è infondato e, pertanto, non merita accoglimento.
Le citate norme di cui allo Statuto del Contribuente (art. 6 comma 5 L. n. 212 del 2000) sono del tutto inconferenti nel caso di specie, non sussistendo alcuna incertezza su aspetti rilevanti della dichiarazione, sicché nessuna comunicazione di irregolarità o avviso bonario doveva essere inoltrata. Con sentenza n. 10033 del 2011 la Suprema Corte ha già chiarito che in tema di riscossione delle imposte sul reddito, la cartella di pagamento, nell’ipotesi di liquidazione dell’imposta ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, costituisce l’atto con il quale il contribuente viene a conoscenza per la prima volta della pretesa fiscale e come tale deve essere motivata; tuttavia, nel caso di mera liquidazione dell’imposta sulla base dei dati fomiti dal contribuente medesimo nella propria dichiarazione, nonché qualora vengano richiesti interessi e sovrattasse per ritardato od omesso pagamento, il contribuente si trova già nella condizione di conoscere i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche della pretesa fiscale, con l’effetto che l’onere di motivazione può considerarsi assolto dall’Ufficio mediante mero richiamo alla dichiarazione medesima (Cass. n. 26671 del 2009).
Quanto alla prospettata nullità per nullità/inesistenza/illegittimità degli atti prodromici, trattasi di una eccezione formulata in modo del tutto generico e priva di qualunque supporto documentale e logico; tanto più considerato quanto appena riferito in ordine ai controlli automatizzati.
Quanto alla asserita nullità della notifica per essere stata effettuata direttamente dal concessionario per la riscossione a mezzo posta, è sufficiente richiamare l’art. 26 comma 1 D.P.R. n. 602 del 1973 per dimostrare la regolarità del procedimento di notifica della cartella; che può essere notificata direttamente dal concessionario -senza affidamento a soggetti abilitati – a mezzo posta e senza necessità di compilazione di alcuna relata. In tale senso le consolidate pronunce della Cassazione; per tutte “In tema di riscossione delle imposte, la notifica della cartella esattoriale può avvenire anche mediante invio diretto, da parte del concessionario, di lettera raccomandata con avviso di ricevimento, in quanto la seconda parte del comma 1 dell’art, 26 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, prevede una modalità di notifica, integralmente affidata al concessionario stesso ed all’ufficiale postale, alternativa rispetto a quella della prima parte della medesima disposizione e di competenza esclusiva dei soggetti ivi indicati. In tal caso, la notifica si perfeziona con la ricezione del destinatario, alla data risultante dall’avviso di ricevimento, senza necessità di un’apposita relata, visto che è l’ufficiale postale a garantirne, nel menzionato avviso, l’esecuzione effettuata su istanza del soggetto legittimato e l’effettiva coincidenza tra destinatario e consegnatario della cartella, come confermato implicitamente dal penultimo comma del citato art. 26 D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, secondo cui il concessionario è obbligato a conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione dell’avvenuta notificazione o con l’avviso di ricevimento, in ragione della forma di notificazione prescelta, al fine di esibirla su richiesta del contribuente o dell’amministrazione” (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 6395 del 19/03/2014 Sez. 5, Sentenza n. 14327 del 19/06/2009).
Quanto alla notifica a mezzo PEC, l’art. 26 D.P.R. n. 602 del 1973 prevede espressamente la possibilità di valersi di tale strumento (posta elettronica certificata) rinviando per le modalità tecniche al decreto 68/2005. Per di più la notifica di un documento elettronico (come la cartella di pagamento) non richiede una attestazione di conformità, prevista dal Codice dell’Amministrazione Digitale (D.Lgs. n. 82 del 2005) unicamente per le copie informatiche di documenti analogici (art. 22) e per le copie analogiche di documenti informatici (art. 23), e non ad esempio per le copie informatiche di documenti informatici. Ne consegue che l’invio a mezzo PEC della cartella esattoriale ben può essere qualificato come invio del documento informatico originale, o di una sua copia informatica. La validità della notifica presuppone solamente che l’atto sia messo a disposizione del destinatario e la disponibilità nella sua casella di posta elettronica certificata soddisfa questo requisito. Quanto al formato telematico del file, la sua eventuale irritualità non comporta la nullità della notifica perché essa ha comunque prodotto il risultato della conoscenza dell’atto e quindi garantito il raggiungimento dello scopo legale (Cass. SU 7665/2016). In ogni caso il carattere immodificabile .p7m richiamato dalla parte riguarda le ipotesi in cui è prevista e disciplinata in modo specifico la procedura di notificazione di atti giudiziari che prevedono la firma digitale; si tratta infatti del formato che presiede alla firma e rende l’atto unico e non modificabile. Ma la cartella di pagamento è un atto che deriva dagli estratti di ruolo e che non necessita di alcuna firma in calce, richiamando solo gli estremi della posizione del contribuente e la sua posizione debitoria. Né si può automaticamente traslare nell’ambito della procedura amministrativa fiscale una disposizione prevista per il processo civile telematico. La fonte normativa dell’obbligo di utilizzo del formato .p7m è l’art. 12 del Provv. 28 dicembre 2015 del DG per i sistemi informativi automatizzati (DGSIA) del Ministero Giustizia, in base all’art. 11 DM Giustizia n. 44 del 21.02.2011. Già la disposizione richiamata ammette sia il formato PAdES-BES (o PAdES Part 3, ossia Pdf/A) sia quello CAdES-BES (ossia p7m). Ma soprattutto, il formato .p7m risponde alla esigenza di garantire la provenienza certa del documento tramite l’apposizione della firma digitale, ed assicurare la non modificabilità del documento. E queste esigenze sono certamente soddisfatte rispetto a files nati originariamente in pdf. Posto che la cartella di pagamento per sua natura non è atto oggetto di sottoscrizione, non si vede per quale ragione dovrebbe pretendersi l’estensione del file p7m che serve proprio alla certificazione della firma digitale. In tale direzione si è già espressa la giurisprudenza di merito (CTP Nuoro con sentenza del 07.02.2018; CTP Modena con sentenza n. 54/2018).
Quanto alla prospettata carenza di motivazione delle cartelle, l’eccezione è parimenti infondata. A parte il fatto che si tratta di una cartella che origina da una liquidazione automatizzata, la cartella è conforme al modello ministeriale approvato e legale.
Quanto alla prospettata nullità per difetto di sottoscrizione delle cartelle, la Suprema Corte, da ultimo con ordinanza del 22.01.2018 n. 41545, ha ribadito che quando non è in dubbio la riferibilità della cartella alla Autorità da cui promana la mancata sottoscrizione non incide in alcun modo sulla validità della cartella.
Quanto la difetto di legittimazione del sottoscrittore dell’atto impositivo, è sufficiente richiamare l’art. 42 D.P.R. n. 600 del 1973 e le pronunce della Corte Costituzionale n. 37 del 17.03.2015 e della Suprema Corte n. 220 del 2014. In definitiva ciò che conta per la validità dell’atto è la sua certa riferibilità all’Ufficio da cui promana ossia all’organo titolare del potere nel cui esercizio è stato adottato.
Quanto alla prospettata eccezione di prescrizione, la Suprema Corte ha già chiarito che la prestazione tributaria, attesa l’autonomia dei singoli periodi di imposta e delle relative conseguenti obbligazioni, non può considerarsi una prestazione periodica, dal momento che ogni anno il debito deriva da una nuova e autonoma valutazione della sussistenza dei presupposti impositivi. Ne consegue che il termine di prescrizione del relativo diritto di credito dell’Erario è di dieci anni (per tutte Cass. n. 701 del 2014). Né risulta decorso il termine di prescrizione per la riscossione delle sanzioni e degli interessi laddove la notifica della cartella è del 31.08.2016 (per stessa ammissione della parte privata) e l’oggetto della pretesa è riferibile all’anno di imposta 2012.
La condanna alle spese segue la soccombenza e la E.S.I. srl deve essere condannata alla rifusione delle spese di lite, a favore dell’Ufficio costituito, con riguardo a questo grado di giudizio; spese che si liquidano in complessivi Euro 1.900, oltre al 15% a titolo di rimborso spese generali.
P.Q.M.
La Commissione Tributaria Regionale
RIGETTA
L’Appello della parte contribuente, conferma la sentenza n. 2511 del 13.12.2017 depositata il 29.03.2017 della Commissione Tributaria Provinciale di Milano sezione 23;
CONDANNA
La E.S.I. srl alla rifusione delle spese di lite con riferimento a questo grado di giudizio a favore della costituita Agenzia delle Entrate- Riscossione; spese che si liquidano in complessivi Euro 1.900, oltre al 15% a titolo di rimborso spese generali.
Milano, il 23 aprile 2018.
COMMENTO
La cartella di pagamento può essere notificata a mezzo posta direttamente dal Concessionario (oggi: Agente della Riscossione), senza affidamento a soggetti abilitati e senza la necessità di compilazione di alcuna relata di notifica.
Infatti, l’art. 26, comma 1, seconda parte, DPR 29.09.1973 n. 602 prevede una modalità di notifica integralmente affidata al Concessionario stesso ed all’ufficiale postale, alternativa rispetto a quella della prima parte della medesima disposizione, che è invece riservata esclusivamente ai soggetti ivi indicati.
In caso di “spedizione diretta” a mezzo posta, la notifica si perfeziona con la ricezione del destinatario alla data risultante dall’avviso di ricevimento, senza necessità di un’apposita relata. E’ infatti l’ufficiale postale a garantire, nell’avviso di ricevimento, l’esecuzione effettuata su istanza del soggetto legittimato e l’effettiva coincidenza tra destinatario e consegnatario della cartella, come confermato implicitamente dal penultimo comma dell’art. 26 D.P.R. 29.09.1973 n. 602, secondo cui il Concessionario è obbligato a conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione dell’avvenuta notificazione o con l’avviso di ricevimento, in ragione della forma di notificazione prescelta, al fine di esibirla su richiesta del contribuente o dell’Amministrazione.
In senso conforme si vedano, tra le altre, Cass. civ., sez. V, 19.06.2009 n. 14327; Cass. civ., sez. V, 27.05.2011 n. 11708; Cass. civ., sez. V, 19.09.2012 n. 15746; Cass. civ., sez. V, 04.04.2013 n. 8321; Cass. civ., sez. V, 19.03.2014 n. 6395; Cass. Civ., SS.UU., 28.09.2016 n. 19071; Cass. civ., sez. V, 18.11.2016 n. 23511; Cass. civ., sez. VI-5, ord., 16.05.2017 n. 12217; Cass. civ., sez. VI-3, ord., 04.09.2017 n. 20747; Cass. civ., sez. II, ord., 28.11.2017 n. 28399; Cass. civ., sez. VI-5, ord., 01.02.2018 n. 2549; Cass. civ., sez. VI-5, ord., 21.02.2018 n. 4275; Cass. civ., sez. VI-5, ord., 03.04.2018 n. 8086.
Risulta così definitivamente superato quell’indirizzo della giurisprudenza di merito (tra le altre, CTP Parma, sez. IV, 11.02.2013 n. 18 e CTP Campobasso, sez. II, 21.02.2013 n. 36), che si era pronunciato per l’inammissibilità della “spedizione diretta” della cartella a mezzo posta, sulla base di un argomento letterale (in quanto il secondo periodo dell’art. 26, comma 1, DPR 602/1973, che ammette il ricorso al servizio postale, si porrebbe come un’ideale prosecuzione del primo periodo, che enumera espressamente i soggetti abilitati all’esecuzione della notifica) e di un argomento storico (in quanto l’art. 12, comma 1, D.lgs. 26.02.1999 n. 46 ha modificato il testo del predetto art. 26 DPR 602/1973, eliminando l’inciso “da parte dell’esattore”). In particolare, come evidenziato dalle più recenti pronunce di legittimità sopra richiamate, tale ultimo argomento non può assumere rilevanza decisiva, in quanto la soppressione dell’inciso “da parte dell’esattore”, quale soggetto titolato all’invio diretto, si giustifica in ragione del passaggio dal sistema di esazione a quello del Concessionario- e poi Agente- per la riscossione (Cass. civ., sez. II, ord., 28.11.2017 n. 28399, già citata).
L’art. 26, comma 2, DPR 29.09.1973 n. 602 prevede espressamente la possibilità di notificare la cartella di pagamento mediante posta elettronica certificata, rinviando per le modalità tecniche al D.P.R. 68/2005.
La notifica di un documento elettronico (come la cartella di pagamento) non richiede un’attestazione di conformità, prevista dal Codice dell’Amministrazione Digitale unicamente per le copie informatiche di documenti analogici (art. 22 D.lgs. 82/2005) e per le copie analogiche di documenti informatici (art. 23 del predetto Decreto), e non per le copie informatiche di documenti informatici.
L’invio mediante posta elettronica certificata della cartella può essere qualificato come invio del documento informatico originale, o di una sua copia informatica. La validità della notifica presuppone solamente che l’atto sia messo a disposizione del destinatario e la disponibilità nella sua casella di posta elettronica certificata soddisfa questo requisito.
L’eventuale irritualità del formato telematico del file non comporta la nullità della notifica, perché essa ha comunque prodotto il risultato della conoscenza dell’atto, con conseguente sanatoria per raggiungimento dello scopo legale ex art. 156, comma 3, c.p.c. (in senso conforme Cass. civ., SS.UU., 18.04.2016 n. 7665; Cass. Civ., sez. I, 31.08.2017 n. 20625 e Cass. Civ., sez. V, 16.02.2018 n. 3805; contra CTR Lazio, Sezione Distaccata Latina, sez. XIX, 15.12.2017 n. 7489).
La notifica della cartella di pagamento mediante posta elettronica certificata non richiede l’estensione “.p7m” del file trasmesso.
Infatti, la cartella di pagamento è un atto che deriva dagli estratti di ruolo e che non necessita di alcuna firma autografa in calce, richiamando solo gli estremi della posizione del contribuente e la sua posizione debitoria.
Non si può traslare automaticamente, nell’ambito della procedura amministrativa fiscale, una disposizione prevista per il processo civile telematico, quale l’art. 12 del Provvedimento Ministero della Giustizia 16.04.2014 (emanato in base agli artt. 11 e 34 D.M. Giustizia 21.02.2011 n. 44), il quale ammette peraltro come tra loro del tutto equivalenti sia il formato PAdES-BES – “signed.pdf”-, sia quello CAdES-BES – “.p7m” (si veda, in senso conforme, Cass. Civ., SS.UU., 27.04.2018 n. 10266, già commentata su questa Rivista).
Il formato “.p7m” risponde alle esigenze di garantire la provenienza certa del documento tramite l’apposizione della firma digitale e di assicurare la non modificabilità del documento. Tali esigenze sono certamente soddisfatte rispetto a files nati originariamente in “.pdf”, come la cartella di pagamento.
Posto che quest’ultima non richiede la sottoscrizione autografa, non vi è ragione per pretendere l’estensione del file “.p7m”, che serve proprio alla certificazione della firma digitale.
In senso conforme: CTP Siena, 02.10.2017 n. 202; CTP Siena, 09.01.2018 n. 23; CTP Salerno, sez. V, 25.06.2018 n. 2488; CTP Salerno, sez. VII, 25.06.2018 n. 2585; CTP Salerno, sez. X, 26.06.2018 n. 2575.