CTP Salerno, sez. V, 25.06.2018 n. 2488


Svolgimento del processo

La T. Spa con sede legale in N. I., in persona del legale rapp.te p.t. sig. M.C., come in atti rapp.ta e difesa, ha proposto ricorso nei confronti dell’Agenzia delle Entrate – Riscossione nonché dell’Agenzia delle Dogane e Monopoli di Salerno per l’annullamento della cartella di pagamento n. (…) notificata a mezzo Pec in data 24.08.2017, relativa ad atto di contestazione e irrogazione sanzioni per l’anno 2014, in riferimento a dichiarazione di consumo E.E presentata in data 1 aprile 2014, con un solo giorno di ritardo, per problemi legati al cattivo funzionamento della firma digitale.

La cartella di pagamento era stata già pagata dalla ricorrente in quanto inserita in un piano di rateizzo, per cui si chiedeva la restituzione della somma versata, per i motivi di cui appresso:

  1. A) Nullità della cartella esattoriale allegata alla PEC notificata sotto forma di documento informatico non essendo firmata digitalmente: essendo il file della cartella scelto dall’agente della riscossione un file “pdf”, che non aveva l’estensione “p7m” tipica dei file firmati digitalmente, non era garantita l’immodificabilità ed integrità del documento informatico.
  2. B) Nullità per mancata produzione dell’originale e/o di copia conforme.
  3. C) Riduzione della sanzione per palese incongruità (art. 7 Lgs. n. 472 del 1997) in quanto non era giustificabile, per la dichiarazione era stata presentata con un solo giorno di ritardo, l’applicazione della sanzione massima di Euro 3.000,00 e potendo la stessa, in caso di sproporzione tra tributo e sanzione, in base al comma 4 essere ridotta fino alla metà del minimo.

L’Agenzia delle Dogane ha eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva per le questioni attinenti la notifica della cartella, di competenza dell’Agente della Riscossione, e evidenziato che non poteva essere rimessa i discussione in sede di giudizio l’obbligazione tributaria, considerato che l’impugnata cartella era conseguente ad atto di contestazione prot. (…) del 20.04.16 n. 248 regolarmente notificato alla società in data 27.04.2016 e divenuto definitivo in quanto mai impugnato, e difeso nel resto la correttezza del proprio operato, chiedendo il rigetto del ricorso con vittoria di spese.

L’Agenzia delle Entrate – Riscossione ha difeso la legittimità della notifica a mezzo Pec e sostenuto l’insussistenza dell’obbligo di produzione dell’originale della cartella, eccependo il proprio difetto di legittimazione passiva in materia di riduzione delle sanzioni, e chiedendo pertanto il rigetto del ricorso con vittoria di spese.

Acquisite memorie di replica prodotte da parte ricorrente in data 27.04.2018, all’odierna udienza, ascoltati i difensori delle parti presenti, il Collegio decide come da dispositivo.

Motivi della decisione

Non appare fondata l’eccepita nullità della cartella notificata a mezzo PEC, in quanto la notificazione era stata effettuata ai sensi dell’articolo 26 del D.P.R. n. 602 del 1973, che prevedeva espressamente la notifica mediante posta elettronica certificata, con le modalità di cui alle disposizioni del decreto n. 68/2005, artt. 5 e 6. In tal caso la ricevuta di avvenuta consegna forniva al mittente la prova che il messaggio era effettivamente pervenuto all’indirizzo elettronico dichiarato dal destinatario e a certificare il momento di avvenuta consegna.

Parte ricorrente ha sostenuto, sulla scorta di sentenze emesse in tal senso sull’argomento, l’illegittimità della cartella di pagamento emessa in formato “pdf’ in quanto inidonea ad identificare l’autore del messaggio e quindi la paternità dell’atto, in quanto soltanto il file con estensione “p7m” avrebbe potuto attestare la certificazione della firma.

Sulla controversa questione è intervenuta di recente la Corte di Cassazione che, con ordinanza n. 3805 del 16 febbraio 2018, ha stabilito il principio secondo il quale non solo la trasmissione del file in formato PDF è legittima, poiché rispetta la norma dell’art. 19 bis (Notificazioni per via telematica eseguite dagli avvocati) della L. n. 53 del 1994, che prevede al comma 1 e al comma 2 che l’atto sia notificato via PEC in formato PDF, ma è sufficiente che l’attestazione di conformità all’originale informatico sia apposta nella documentazione che in tal caso sostituisce la mancanza di firma digitale.

Nella stessa ordinanza, la Suprema Corte richiama l’applicazione del principio della sanatoria per il raggiungimento dello scopo sancita dalle SS.UU. con sentenza 7665 del 18 aprile 2016. A tal proposito occorre evidenziare che l’asserzione, circa la valutazione della corrispondenza tra il file allegato in formato PDF e il suo originale, è liberamente valutabile dal giudice ex art. 116 c.p.c. ed è elemento importante per stabilire la reale conoscenza o la mancata conoscenza dell’atto di cui si è destinatario.

Nell’ipotesi di cartella esattoriale, l’incontestabilità della dedotta origine informatica della cartella notificata in relazione al formato del file informatico adottato, non è idonea argomentazione al fine di attribuire alla mera scansione del documento la sua modificabilità rispetto al file nativo digitale e, quindi, di per sé, la non conformità al codice dell’amministrazione digitale, atteso che può soddisfare il requisito legale della sicurezza, ai sensi dell’art. 20, comma 1 bis del D.Lgs. n. 82 del 2005, anche una copia scansionata che riconosca sufficienti caratteristiche di “qualità, sicurezza, integrità ed immodificabilità” del documento.

Non appare quindi necessaria, nel caso di specie, la produzione di originale o copia conforme in quanto, per lo specifico protocollo utilizzato nella procedura di trasmissione via PEC, che comprendeva le firme digitali incrociate dei gestori, è possibile affermare che il documento ricevuto dal destinatario era esattamente lo stesso di quello inviato dal mittente.

Per quanto attiene alla richiesta riduzione delle sanzioni, la cartella era conseguente ad atto di contestazione prot. (…) del 20.04.16 n. 248 notificato alla società in data 27.04.2016, come comprovato dalla documentazione allegata dall’Ufficio delle Dogane, e divenuto definitivo per mancata impugnazione.

Per ottenere la riduzione della sanzione, la parte avrebbe dovuto quindi aderire alla definizione agevolata, col pagamento della sanzione ridotta ad un terzo entro 60 giorni dalla notifica dell’atto di contestazione, che invece, una volta divenuto definitivo, non consente di riproporre le stesse richieste all’atto della ricezione dei successivi atti di riscossione, quali la cartella esattoriale impugnata.

Va per tali ragioni rigettato il proposto ricorso, e disposta la compensazione delle spese di giudizio, in considerazione di particolarità novità della esaminata.

P.Q.M.

La Commissione rigetta il ricorso e compensa le spese.

Salerno, il 18 maggio 2018.


 

COMMENTO

Con la pronuncia in commento, la Commissione Tributaria Provinciale di Salerno si pronuncia nuovamente sulla validità della notifica di una cartella mediante posta elettronica certificata, pur in presenza di un file non sottoscritto digitalmente, e quindi avente l’estensione finale “.pdf”, anziché “.p7m”.

In particolare, la circostanza che la cartella di pagamento “nasca” come documento informatico non è di per sé idonea a far ritenere che la mera scansione del documento risulti modificabile rispetto al file nativo digitale e che sia quindi difforme dalle prescrizioni del D.lgs. 07.03.2005 n. 82 (cd. “Codice dell’Amministrazione Digitale”).

L’art. 20, comma 1-bis, di tale Decreto dispone infatti che “Il documento informatico soddisfa il requisito della forma scritta e ha l’efficacia prevista dall’articolo 2702 del Codice civile quando vi è apposta una firma digitale, altro tipo di firma elettronica qualificata o una firma elettronica avanzata o, comunque, è formato, previa identificazione informatica del suo autore, attraverso un processo avente i requisiti fissati dall’AgID ai sensi dell’articolo 71 con modalità tali da garantire la sicurezza, integrità e immodificabilità del documento e, in maniera manifesta e inequivoca, la sua riconducibilità all’autore. In tutti gli altri casi, l’idoneità del documento informatico a soddisfare il requisito della forma scritta e il suo valore probatorio sono liberamente valutabili in giudizio, in relazione alle caratteristiche di sicurezza, integrità e immodificabilità. La data e l’ora di formazione del documento informatico sono opponibili ai terzi se apposte in conformità alle Linee guida”.

In base alla predetta norma, pertanto, la valutazione circa la conformità tra la copia scansionata dell’atto, allegata in formato “.pdf” al messaggio di posta elettronica certificata, da un lato, ed il suo originale, dall’altro, è rimessa al libero apprezzamento del giudice ex art. 116 c.p.c., in relazione alle caratteristiche di sicurezza, integrità e immodificabilità del documento informatico trasmesso.

La pronuncia in commento conclude quindi per la non necessità della produzione in originale o in copia conforme della cartella notificata mediante posta elettronica certificata in quanto, per lo specifico protocollo utilizzato nella procedura di trasmissione via p.e.c., comprendente le firme digitali incrociate dei gestori, risultava possibile affermare che il documento ricevuto dal destinatario fosse esattamente lo stesso di quello inviato dal mittente.

In ogni caso, la pronuncia in commento ribadisce altresì l’ulteriore principio della sanatoria per raggiungimento dello scopo dell’atto, ritenuto applicabile alla notifica mediante posta elettronica certificata da giurisprudenza ormai consolidata, sia di legittimità (Cass. civ., SS.UU., 18.04.2016 n. 7665; Cass. civ., sez. I, 31.08.2017 n. 20625; Cass. civ., sez. VI-1, ord., 28.09.2017 n. 22784 e Cass. civ., sez. VI-5, ord., 16.02.2018 n. 3805), sia di merito (CTR Lombardia Milano, sez. XIX, 22.05.2018 n. 2331, già commentata su questa Rivista).