Corte di Appello di Bologna, sez. I, 17.10.2018 n. 2624
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
B.T. e B.A. proponevano opposizione ex art. 615 co 2 cpc innanzi al Tribunale di Piacenza avverso l’esecuzione c.d. “esattoriale” intrapresa da Equitalia Emilia Nord spa mediante avviso di vendita immobiliare sull’immobile sito in Piacenza, in via E., per il mancato pagamento di un debito complessivo di euro 15.569,53 facente capo alla Sig.ra B.
Gli opponenti deducevano l’impignorabilità delle suddette unità immobiliari in quanto rientranti nel fondo patrimoniale istituito tra i due coniugi all’atto del matrimonio e sostenevano che il debito erariale della sig.ra B. fosse estraneo ai bisogni famigliari, con conseguente impignorabilità degli stessi ai sensi dell’art. 170 cpc.
Chiedevano, altresì, che venisse cancellata l’ipoteca trascritta sulle stesse unità immobiliari.
Il Giudice dell’Esecuzione sospendeva la procedura e fissava il termine di 60 giorni per l’introduzione del giudizio di merito, ritualmente introdotto dagli opponenti.
Nella fase di merito i coniugi B—B. ribadivano i motivi di diritto inerenti la disciplina del fondo patrimoniale e chiedevano oltre alla estinzione della procedura esecutiva e la cancellazione dell’ipoteca anche la condanna di Equitalia ex art. 96 c.p.c.
Si costituiva in giudizio Equitalia Emilia Nord spa, eccependo preliminarmente la tardività della spiegata opposizione e l’incompetenza del giudice adito per i crediti tributari posti all’origine della procedura esecutiva de qua, e contestando nel merito le deduzioni avversarie.
Il Tribunale di Piacenza in accoglimento parziale della domanda degli attori, con sentenza n. 708 del 26/10/2010, dichiarava la nullità dell’avviso di vendita immobiliare notificato a B.T. in data 28/04/2009; dichiarava l’illegittimità dell’iscrizione ipotecaria effettuata da Equitalia sui beni immobili del fondo patrimoniale costituito con atto pubblico del 21/10/2005 ed annotato il 14/11/2005 nei registri dello stato civile del Comune di A.; disponeva la cancellazione della predetta ipoteca a cura e spese di Equitalia; condannava Equitalia al pagamento delle spese di lite; rigettava la domanda di risarcimento dei danni ai sensi dell’art. 96 c.p.c. e dell’art. 59 dpr 602/73, svolta dagli opponenti sigg.ri B. e B.
A sostegno della propria motivazione assumeva il Tribunale da un lato che la giurisdizione del Tribunale risulta confermata dall’art. 57 co. 1 dpr 602/73 che ammette la proponibilità della opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c. per le questioni concernenti la pignorabilità dei beni.
Dall’altro che la costituzione del fondo patrimoniale era opponibile all’iniziativa dell’Agente di riscossione in quanto il fondo patrimoniale era stato annotato a margine dell’atto di matrimonio avvenuto nel 2005, ben prima dell’iscrizione ipotecaria e che comunque i debiti di cui si tratta (tasse automobilistiche, tasse di registro, ICI, sanzioni per violazioni del codice della strada, sanzioni amministrative), per loro natura, devono considerarsi estranei ai bisogni della famiglia.
Con atto di citazione in appello, Equitalia impugnava la predetta sentenza chiedendo in via preliminare dichiararsi il difetto di giurisdizione del giudice di primo grado in relazione alla iscrizione ipotecaria; in via principale riconoscere la legittimità dell’operato di Equitalia, affermando la piena legittimità della procedura esecutiva opposta, con vittoria di spese.
Si costituivano in giudizio gli appellati chiedendo nel merito il rigetto dell’appello. Proponevano a loro volta appello incidentale reiterando la richiesta di condanna ex art. 96 c.p.c. di Equitalia.
Nelle more l’appellante diveniva Agenzia Delle Entrate- Riscossione (già Equitalia Centro S.p.A. e già Equitalia Emilia Nord S.p.a.).
All’udienza del 6.2.2018 le parti precisavano le proprie conclusioni e la causa veniva trattenuta in decisione con l’assegnazione dei termini ex art. 190 c.p.c.
Motivi della decisione
L’appello così come proposto va rigettato
Come primo motivo parte appellante lamenta il difetto di giurisdizione del Tribunale, a favore della commissione tributaria, siccome in caso di tributi rimane la competenza – rectius giurisdizione- del giudice tributario.
Tale eccezione non è pertinente.
Infatti, come correttamente sottolineato dal giudice di primo grado, il presente giudizio attiene ad una controversia di esecuzione forzata scaturita da un pignoramento immobiliare di un bene conferito in fondo patrimoniale, regolarmente annotato a margine dell’atto di matrimonio in data 14/11/2005 e quindi ben prima della iscrizione ipotecaria effettuata da Equitalia in data 07/04/2009.
La giurisprudenza a sezioni unite della Suprema Corte ha statuito che la cognizione delle Commissioni Tributarie per le controversie aventi ad oggetto le entrate tributarie, si riferisce solo alle cause nelle quali viene dedotto come oggetto specifico della domanda il rapporto tributario e che la giurisdizione tributaria viene meno, di fronte agli atti di esecuzione forzata che hanno appunto inizio con il pignoramento (Cass. S.U. 19/11/2007 n. 23832).
Orbene nel caso di specie la maggior parte del credito della sig.ra B. non ha natura tributaria e, comunque, in ogni caso, la giurisdizione del Tribunale, risulta confermata dall’art. 57 co. 1 dpr 602/73 che ammette la proponibilità della opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c. per le questioni concernenti la pignorabilità dei beni.
Per cui tale motivo va rigettato.
Quale secondo motivo parte appellante sostiene altresì la legittimità della iscrizione ipotecaria in quanto atto cautelativo svincolato dalla fase esecutiva.
La giurisprudenza delle sezioni unite della Suprema Corte statuisce che l’ipoteca prevista dall’art. 77 dpr 602/73, rappresentando un atto preordinato e strumentale rispetto alla espropriazione immobiliare, soggiace agli stessi limiti per quest’ultima stabiliti, dovendosi quindi ritenere l’illegittimità della sua iscrizione sui beni comunque impignorabili rispetto ai crediti azionati. (Cass. S.U. 22/02/2010 n. 4077).
Orbene nel caso di specie non si discute sulla fondatezza della pretesa tributaria portata dalle cartelle esattoriali ma, unicamente, della possibilità dell’agente di riscossione di agire esecutivamente su un bene immobile conferito nel fondo patrimoniale e del correlativo diritto dei coniugi a non subire l’esecuzione forzata sul bene immobile conferito nel fondo.
L’art. 167 cod. civ. prevede che “ciascuno o ambedue i coniugi, per atto pubblico … possono costituire un fondo patrimoniale, destinando determinati beni, immobili a far fronte ai bisogni della famiglia”.
La norma citata è stata oggetto di numerose pronunce giurisprudenziali secondo cui: “E’ evidente che l’impignorabilità del bene costituito in fondo patrimoniale consegue al vincolo di destinazione. L’art. 170 cod. civ. non consente l’esecuzione (e dunque la pignorabilità) sui beni del fondo per debito che il creditore conosceva essere stato contratto per scopi estranei ai bisogni della famiglia ed ammette l’esecuzione per debiti estranei solo quando il creditore non conosceva tale estraneità, ossia credeva che il debito fosse contratto per sopperire a quei bisogni.” (Cass. civ. sez. III, 30/05/07 n. 12730; Cass. sez. III, 31/05/06 n. 12998)
Pertanto ai fini della impignorabilità dei beni costituiti nel fondo patrimoniale il debito deve essere contratto per scopi estranei ai bisogni della famiglia e la circostanza deve essere conosciuta dal creditore.
Il debito fiscale e tributario, si considera sempre estraneo ai bisogni della famiglia, così come evidenziato dalla giurisprudenza della Cassazione ha stabilito che “i debiti tributari oggetto delle cartelle esattoriali, così come le sanzioni le quote dei consorzi di bonifica, o le violazioni al codice della strada, devono ritenersi estranei ai bisogni della famiglia, con conseguente impignorabilità dei beni conferiti nel fondo patrimoniale, anche qualora detti bisogni dovessero essere intesi in senso estensivo, ricomprendendovi le esigenze volte al pieno soddisfacimento ed all’armonico sviluppo della famiglia nonché al potenziamento della sua capacità lavorativa” (Cass. 05/06/2003 n. 8991)
I coniugi, pertanto, possono destinare determinati beni immobili al soddisfacimento dei bisogni della famiglia mediante la costituzione di un fondo patrimoniale. Sui predetti beni il creditore non può agire in esecuzione, se non per le obbligazioni contratte dai coniugi nell’esclusivo interesse della famiglia.
Anche in ordine al significato da attribuire al concetto di obbligazioni contratte o meno nell’interesse della famiglia, la giurisprudenza ha affermato che: “le obbligazioni risarcitorie da illecito civile, così come quelle a titolo di sanzione pecuniaria di natura penale o amministrativa, devono ritenersi estranee ai bisogni della famiglia, siccome volte a riparare la lesione di un interesse giuridicamente tutelato o a scontare una sanzione”. (Cass. 11230/2003). Le somme richieste da Equitalia, nel caso di specie, corrispondono a sanzioni pecuniarie di natura amministrativa, quindi relative ad obbligazioni estranee ai bisogni della famiglia che rendono impignorabili i beni conferiti nel fondo patrimoniale.
Peraltro si evidenzia come il fondo patrimoniale sia stato costituito dalla ricorrente all’atto delle nozze nel lontano 2005, ben prima delle iscrizioni a ruolo da parte di Equitalia, circostanza idonea questa a fugare ogni dubbio sulla reale intenzione della ricorrente di salvaguardare i bisogni della costituenda famiglia.
E sul punto la giurisprudenza ormai consolidata, estende il divieto di esecuzione anche per i crediti anteriori alla costituzione del fondo: “Con riguardo a beni conferiti in fondo patrimoniale, l’art. 170 c.c. – secondo cui l’esecuzione sui beni del fondo e sui frutti di essi non può aver luogo per debiti che il creditore conosceva essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia – non limita il divieto di esecuzione forzata ai soli crediti (estranei ai bisogni della famiglia) sorti successivamente alla costituzione del fondo. Ne consegue che detto divieto estende la sua efficacia anche ai crediti sorti prima di tale data, ferma restando in questo caso la possibilità per il creditore di agire in revocatoria ordinaria, qualora ne ricorrano i presupposti, al fine di far dichiarare l’inefficacia nei propri confronti dell’atto costitutivo del fondo patrimoniale” (Cass. Civ. 09/04/1996, n. 3251).
Residua al creditore la possibilità di agire per ottenere la revoca dell’atto costitutivo del fondo patrimoniale, in presenza dei presupposti di inefficacia previsti per l’azione revocatoria ordinaria.
Infine, il fondo patrimoniale costituito dalla ricorrente nel quale risulta conferito l’immobile esecutato, è stato annotato sugli atti civili ai fini della valida opponibilità ai terzi: “La costituzione del fondo patrimoniale prevista dall’art. 167 c.c. per l’opponibilità ai terzi del vincolo, impone l’annotazione a margine dell’atto di matrimonio, mentre la trascrizione imposta per gli immobili dall’art. 2647 c.c. risponde ad una funzione di pubblicità-notizia e non sopperisce al difetto di annotazione nei registri dello stato civile, che non ammette deroghe o equipollenti, restando irrilevante la conoscenza che i terzi abbiano acquisito altrimenti”. (Cass. civ. 15/03/2006 n. 5684, vita not. 2006, 2, 796).
Appare pertanto evidente l’impignorabilità del bene immobile sottoposto ad esecuzione forzata da parte di Equitalia, in quanto compreso nel fondo patrimoniale e considerata la natura del debito fiscale- tributario, estranea ai bisogni della famiglia.
Per cui anche tale motivo va rigettato.
Analogamente va rigettato l’appello incidentale proposto dai sigg.ri B. e B. relativo alla responsabilità ex art. 96 c.p.c. e art. 59 dpr 602/73 nei confronti di Equitalia non ritenendo la Corte la sussistenza di ogni profilo di responsabilità processuale aggravata dell’Agente di riscossione, ai sensi dell’art. 96 co. 1 e 2 cpc e dell’art. 59 dpr 602/73.
In particolare la mancanza del requisito della colpa grave, richiesto dall’art. 96 co. 1 cpc in alternativa alla mala fede, è fondata sulla giustificabile rappresentazione che la natura tributaria di parte del debito della sig.ra B. rendesse legittima l’azione esecutiva intrapresa da Equitalia Emilia Nord.
Inoltre non risulta allo stato integrata alcuna delle fattispecie previste dall’art. 96 co. 2 cpc in quanto, nel caso di specie, non può dirsi integrato il presupposto dell’inesistenza del diritto per cui si è iscritta l’ipoteca ex art. 77 dpr 602/73 ovvero è stata iniziata l’esecuzione esattoriale, dovendosi ritenere incontroverso il debito erariale di B.T., indicato nelle numerose cartelle di pagamento.
Infine appare inapplicabile al previsione di cui all’art. 59 dpr 602/73, che subordina l’azione risarcitoria contro l’Agente di riscossione al compimento dell’esecuzione forzata esattoriale-
Il rigetto dell’appello incidentale proposto dagli appellanti ha avuto una limitata incidenza sul resto del procedimento, da giustificare la soccombenza totale degli appellanti; ne consegue che le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo, facendo applicazione dei principi dettati dal D.M. 55/2014 e successive modifiche, che ha stabilito le modalità di determinazione del compenso professionale per l’attività svolta.
P.Q.M.
La Corte di Appello di Bologna, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone:
- rigetta l’appello principale proposto da Agenzia Delle Entrate- Riscossione (già Equitalia Centro S.p.A. e già Equitalia Emilia Nord S.p.a.)
- rigetta l’appello incidentale proposto dai sigg.ri B.T. e B.A.
- condanna parte appellante alla rifusione in favore delle parti appellate delle spese di lite del presente grado nella misura di 2/3 che liquida all’intero in complessivi € 1.889,00 oltre al rimborso delle spese forfetarie determinate nella misura del 15%, ex D.M. 55/2014 e successive modifiche, oneri ed accessori come per legge.
Così deciso in Bologna nella Camera di Consiglio della Prima Sezione Civile il 10 luglio 2018.
Il Consigliere Ausiliario Relatore Il Presidente
dott. Eugenio Briatico dott. Mariapia Parisi
COMMENTO
La sentenza in commento respinge l’appello dell’Agente della Riscossione, confermando l’annullamento sia dell’iscrizione ipotecaria ex art. 77 DPR 602/1973, sia dell’avviso di vendita ex art. 78 del predetto Decreto che avevano colpito un bene immobile conferito in fondo patrimoniale.
La Corte di Appello di Bologna qualifica l’ipoteca esattoriale ex art. 77 dpr 602/73 come un atto preordinato e strumentale rispetto all’espropriazione immobiliare, soggetto pertanto ai medesimi limiti stabiliti per quest’ultima (Cass. civ., SS.UU., 22.02.2010 n. 4077).
Si tratta di un’affermazione ampiamente superata dalla successiva giurisprudenza, secondo la quale, al contrario, “l’iscrizione ipotecaria prevista dall’art. 77 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 non costituisce atto dell’espropriazione forzata, ma va riferita ad una procedura alternativa all’esecuzione forzata vera e propria”.
Sulla base di tale presupposto, la giurisprudenza di legittimità ha escluso che l’ipoteca esattoriale debba essere preceduta dalla notifica di un’intimazione ad adempiere ex art. 50, comma 2, DPR 602/1973, prescritta unicamente per poter procedere ad espropriazione forzata allorché sia trascorso oltre un anno dalla notifica della cartella (Cass. civ., SS.UU., 18.09.2014 n. 19667 e n. 19668).
Ancora, sempre sulla base del medesimo presupposto, le misure cautelari del fermo amministrativo e dell’ipoteca esattoriale, che siano relative a crediti extra-tributari, devono essere impugnate non già mediante gli strumenti oppositivi ex artt. 615 e 617 c.p.c., bensì mediante un ordinario giudizio di cognizione avente ad oggetto l’accertamento negativo dei presupposti necessari per l’iscrizione del fermo amministrativo o dell’ipoteca stessi (Cass. civ., SS.UU., 22.07.2015 n. 15354).
Anche l’affermazione della sentenza in commento per cui “il debito fiscale e tributario si considera sempre estraneo ai bisogni della famiglia” appare contraddetta dalla prevalente giurisprudenza di legittimità, secondo cui occorre che l’indagine del giudice si rivolga al fatto generatore dell’obbligazione, a prescindere dalla natura convenzionale o legale di essa.
Secondo il predetto orientamento, il debito fiscale e tributario non è di per sé incompatibile con la necessità di soddisfare i bisogni della famiglia. Pertanto, all’iscrizione ipotecaria esattoriale è astrattamente applicabile la norma di cui all’art. 170 c.c., ma spetta al debitore, che voglia avvalersi del regime di impignorabilità da essa stabilito, provarne i presupposti di applicabilità (si vedano, in tal senso, Cass. civ., sez. V, 29.11.2016 n. 24206; Cass. civ., sez. V, 30.11.2016 nn. 24402, 24404, 24405 e 24406; Cass. civ., sez. V, ord., 31.03.2017 n. 8428; Cass. civ., sez. V, ord., 16.06.2017 n. 15012; Cass. civ., sez. III, 23.08.2018 n. 20998, già commentata in questa Rivista).
Nel caso di specie, ad assumere rilievo dirimente è tuttavia la circostanza che la maggior parte dei crediti azionati dall’Agente di riscossione si riferissero a sanzioni amministrative di carattere personale, e comunque a violazioni fiscali commesse in un’epoca anteriore a quella in cui i coniugi appellati avevano contratto matrimonio e formato così la “famiglia”, i cui bisogni la costituzione del fondo patrimoniale era diretta a tutelare.
Pertanto, nel caso di specie, non era senza dubbio ravvisabile la finalità di soddisfare i bisogni della famiglia, trattandosi di debiti di carattere personale (perché aventi finalità sanzionatoria) o comunque contratti anteriormente alla formazione della famiglia medesima: ciò ha giustificato la conferma, in secondo grado, dell’annullamento dell’iscrizione ipotecaria e dell’avviso di vendita impugnati.