CTR Liguria, sez. VI, 31.10.2018 n. 1424
FATTO
Il signor R.G. aveva impugnato dinanzi alla Commissione tributaria provinciale della Spezia l’iscrizione di ipoteca sull’immobile di proprietà, in relazione alla morosità di dodici cartelle di pagamento emesse da Equitalia Nord S.p.a. per un importo totale di € 23.838,74.
Le censure sollevate con il ricorso introduttivo erano intese a denunciare la nullità della notifica della comunicazione di iscrizione ipotecaria e la non pignorabilità del bene.
La Commissione tributaria provinciale, con sentenza della seconda Sezione n. 533/2/15 del 10 aprile 2015, depositata il successivo 15 maggio, ha disatteso la prima censura e accolto la seconda, alla luce della “manifesta sperequazione esistente tra il carico complessivo del debito e il probabile valore dell’immobile ipotecato”.
Le spese del giudizio di primo grado sono state compensate tra le parti in causa.
La sentenza è stata impugnata dapprima dal contribuente (R.G.A. n. 1665/2015) che chiede unicamente la riforma della statuizione inerente alla compensazione delle spese.
Quindi, è stata impugnata anche dall’agente della riscossione (R.G.A. n. 82/2016) che contesta, nel merito, la correttezza della pronuncia del giudice di prime cure, poiché nel caso di specie non è stato violato il limite di 20.000 euro previsto dall’art. 77 del d.P.R. n. 602/1973 per l’iscrizione di ipoteca.
L’Ufficio non si è costituito nel giudizio di appello instaurato dal contribuente.
Nel parallelo giudizio instaurato dall’Ufficio, si è costituito il signor G. che controdeduce nel merito e insiste per la condanna alle spese del giudizio di primo grado.
All’udienza pubblica del 12 ottobre 2018, previa trattazione orale, gli appelli sono stati trattenuti in decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Va innanzitutto disposta la riunione degli appelli proposti contro la stessa sentenza.
Ciò premesso, occorre scrutinare prioritariamente l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate in quanto fondato su motivi di impugnazione inerenti al merito della questione controversa.
Come accennato in premessa, è contestata l’iscrizione di ipoteca sull’immobile del debitore, in conseguenza del mancato pagamento di cartelle esattoriali per un importo complessivo di € 23.838,74.
Ha ritenuto il primo giudice che la legittimità dell’iscrizione vada esclusa in ragione della manifesta sperequazione esistente fra il (probabile) valore dell’immobile ipotecato e l’importo del debito.
Tale conclusione non può essere condivisa in quanto contrastante con il chiaro tenore letterale delle disposizioni che regolano la materia.
Infatti, l’art. 77, comma 1-bis, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, stabilisce che “l‘agente della riscossione, anche al solo fine di assicurare la tutela del credito da riscuotere, può iscrivere la garanzia ipotecaria di cui al comma 1, anche quando non si siano ancora verificate le condizioni per procedere all’espropriazione di cui all’art. 76, commi 1 e 2, purché l’importo complessivo del credito per cui si procede non sia inferiore complessivamente a ventimila euro”.
Secondo l’art. 76, comma 1, lett. C), dello stesso d.P.R., l’agente della riscossione “può procedere all’espropriazione immobiliare se l’importo complessivo del credito per cui procede supera centoventimila euro”.
Ne consegue che, nel caso di un credito compreso tra ventimila e centoventimila euro, è legittima l’iscrizione della garanzia ipotecaria sull’immobile del debitore, con la sola funzione di evitare che il bene venga sottratto alla riscossione in quanto non sussistono le ulteriori condizioni per avviare l’azione esecutiva esattoriale.
Né può ritenersi che l’agente della riscossione fosse onerato a giustificare, con apposito supporto motivazionale, la scelta di iscrivere la garanzia ipotecaria su un bene avente valore ampiamente superiore all’importo del debito, poiché i margini di discrezionalità in materia sono stati interamente consumati dal legislatore.
Sussistevano, in definitiva, i presupposti per dare luogo alla legittima iscrizione dell’ipoteca sull’immobile del contribuente, sicché l’appello dell’Agenzia delle Entrate è fondato e deve essere accolto.
A questo punto risulta superfluo scrutinare l’impugnativa del contribuente che si è limitato a contestare la compensazione delle spese del giudizio di primo grado, nonostante l’esito a lui favorevole.
Va rilevata, tuttavia, l’infondatezza dell’unica doglianza ivi sollevata, atteso che la statuizione compensatoria era sorretta da specifica motivazione (riferita al “rapido evolversi della normativa sull’espropriazione immobiliare e iscrizione d’ipoteca”) che non può essere considerata irragionevole o arbitraria.
Le stesse ragioni evidenziate dal giudice di prime cure inducono a disporre la compensazione delle spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
La Commissione tributaria regionale di Genova, sezione 6, riunisce i ricorsi in epigrafe.
Accoglie l’appello di Equitalia Nord S.p.a. e respinge l’appello del contribuente.
Per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, conferma la legittimità della contestata iscrizione ipotecaria.
Spese compensate.
IL RELATORE IL PRESIDENTE
COMMENTO
In riforma della pronuncia di prime cure, la sentenza in commento dichiara legittima l’iscrizione di ipoteca adottata a tutela di un credito superiore a ventimila euro, anche se inferiore a centoventimila.
Viene quindi respinta la tesi del contribuente secondo cui, in presenza di un credito inferiore a centoventimila euro, l’ipoteca risulterebbe illegittima, in conseguenza della preclusione dell’azione esecutiva immobiliare da parte dell’agente della riscossione.
La pronuncia in commento aderisce quindi all’orientamento, ormai consolidato anche in sede di legittimità, secondo cui l’ipoteca costituisce una misura autonoma e potenzialmente alternativa all’espropriazione immobiliare, non necessariamente preordinata a quest’ultima (Cass. civ., Sezioni Unite, 18.09.2014 n. 19667 e n. 19668).
Tale autonomia risulta confermata dalla previsione di due soglie minime di credito “differenziate” per poter iscrivere ipoteca esattoriale– ventimila euro, ex art. 77 DPR 602/1973- e per poter procedere ad esecuzione forzata esattoriale immobiliare – centoventimila euro, ex art. 76 DPR 602/1973.
Pertanto, le limitazioni alla pignorabilità dei beni immobili, previste dall’art. 76 DPR 602/1973, non sono automaticamente estensibili all’ipoteca.
In applicazione di tale principio, varie pronunce di merito hanno già statuito che la cd. “prima casa” del debitore, ossia l’immobile ad uso abitativo in cui quest’ultimo ha la propria residenza anagrafica, pur non essendo assoggettabile ad espropriazione (art. 76, comma 1, lettera a), DPR 602/1973), può invece essere oggetto di ipoteca ex art. 77 DPR 602/1973 (in tal senso, CTP Reggio Emilia, sez. II, 12.08.2015 n. 340; CTP Frosinone, sez. III, 10.07.2017 n. 573; CTR Piemonte, sez. VI, 07.03.2018 n. 494; CTR Toscana Firenze, sez. IV, 15.05.2018 n. 927, quest’ultima già commentata in questa Rivista).
Del medesimo principio fa applicazione anche la sentenza in commento, ribadendo l’autonomia delle due misure- l’una esecutiva e l’altra cautelare- anche sotto il profilo della soglia minima di credito necessaria per procedervi.
Viene infine respinta anche la doglianza del contribuente relativa ad un’asserita sperequazione tra il presunto valore dell’immobile ipotecato ed il credito per cui era stata adottata la misura cautelare, sull’assunto che, per legge, qualunque credito di valore superiore a ventimila euro legittimi l’iscrizione di ipoteca, senza alcun margine di discrezionalità.