Di regola, il creditore non ha un vero e proprio obbligo di ricevere la prestazione del debitore, ma ha certamente l’onere di cooperare all’adempimento del debitore.

In altri termini, egli non è obbligato a cooperare, ma, se non lo fa, perde il vantaggio della prestazione e, inoltre, può incorrere in ulteriori conseguenze svantaggiose, quali, in particolare, la sua costituzione in mora.

Il creditore è in mora quando, senza motivo legittimo, non riceve il pagamento offertogli nelle forme di legge o non compie quanto è necessario affinché il debitore possa adempiere l’obbligazione (art. 1206 c.c.).

Costituiscono motivi legittimi di rifiuto della prestazione offerta dal debitore:

  • la mancanza della legittimazione a ricevere;
  • l’inesattezza della prestazione (cd. “adempimento parziale”, ex art. 1181 c.c.).

Gli effetti della mora non si producono in modo automatico per il rifiuto o la mancata cooperazione da parte del creditore, ma solo se il debitore offre la sua prestazione rispettando alcune particolari modalità, ossia:

  • con offerta solenne o formale, che presenti i requisiti di cui all’art. 1208 c.c.; in particolare deve essere redatta da un pubblico ufficiale (notaio o ufficiale giudiziario).

Le concrete modalità con cui l’offerta deve compiersi possono variare a seconda del tipo di prestazione dovuta: si distinguono, a tal proposito, l’offerta reale (se l’obbligazione ha ad oggetto denaro, titoli di credito o cose mobili da consegnare al domicilio del creditore: in tali casi l’offerta è “reale” perché la res debita è effettivamente esibita e messa a disposizione del creditore da parte del pubblico ufficiale) e l’offerta per intimazione (se l’obbligazione ha ad oggetto cose mobili da consegnare in un luogo diverso dal domicilio del creditore, un bene immobile o una prestazione di fare);

  • con offerta secondo gli usi: è quella fatta nelle forme d’uso, senza le formalità previste per l’offerta solenne.

Per le prestazioni di fare, l’offerta secondo gli usi che consista nell’intimazione al creditore di ricevere la prestazione, è sufficiente a produrre la mora del creditore (art. 1217 c.c.); negli altri casi l’offerta secondo gli usi non è sufficiente a mettere in mora il creditore, ma è necessario anche il deposito delle cose dovute, con messa a disposizione del creditore; il deposito deve essere accettato dal creditore o convalidato dal giudice ex art. 1214 c.c.

La mora creditoria comporta i seguenti effetti (art. 1207 c.c.):

 

  • quando il creditore è in mora, è a suo carico l’impossibilità della prestazione sopravvenuta per causa non imputabile al debitore;
  • il debitore dovrà corrispondere al creditore solo gli interessi e i frutti percepiti fino al momento della costituzione in mora;
  • il creditore è pure tenuto a risarcire i danni derivati dalla sua mora e a sostenere le spese per la custodia e la conservazione della cosa dovuta;
  • se si tratta di rapporti obbligatori a prestazioni corrispettive, si trasferisce a carico del creditore il rischio dell’impossibilità sopravvenuta della prestazione: se durante la mora la prestazione diventa impossibile per causa non imputabile al debitore, egli non solo è liberato dall’obbligazione che si estingue, ma conserva il diritto alla controprestazione, che il creditore deve comunque eseguire.

 

Gli effetti della mora del creditore si producono dal giorno dell’offerta solenne.

Se l’offerta è secondo gli usi, gli effetti si producono dal giorno del deposito.

La mora del creditore si estingue:

  1. con l’accettazione della prestazione da parte del creditore;
  2. con l’estinzione dell’obbligazione per una causa non imputabile né al creditore, né al debitore.

La liberazione coattiva del debitore dal vincolo obbligatorio è tutelata da due diversi istituti: il deposito liberatorio (artt. 1210 – 1215 c.c.) ed il sequestro liberatorio (art. 1216 c.c.).

Se il creditore rifiuta di accettare l’offerta formale, il debitore può eseguire il deposito della prestazione dovuta.

Eseguito il deposito, quando questo è accettato dal creditore o è dichiarato valido con sentenza passata in giudicato, il debitore non può più ritirarlo ed è liberato dalla sua obbligazione.

Per la validità del deposito è necessario:

  • che sia stato preceduto da un’intimazione notificata al creditore con l’indicazione della data e del luogo in cui la cosa offerta sarà depositata;
  • che il debitore abbia consegnato la cosa, con gli interessi e i frutti dovuti fino al giorno dell’offerta nel luogo indicato dalla legge o, in mancanza, dal giudice;
  • che sia redatto dal pubblico ufficiale un processo verbale da cui risulti la natura delle cose;
  • che, in caso di non comparizione del creditore, il processo verbale di deposito gli sia notificato con l’invito a ritirare la cosa depositata.

Il deposito che ha per oggetto somme di denaro può eseguirsi anche presso un istituto di credito. Esso non produce effetto se il debitore lo ritira prima che sia stato accettato dal creditore o prima che sia stato riconosciuto valido con sentenza passata in giudicato.

Dopo l’accettazione o la convalida del deposito, l’obbligazione si estingue, insieme a garanzie, privilegi ed ulteriori accessori.

Il sequestro liberatorio (art. 1216 c.c.) si verifica quando il creditore rifiuti il possesso di un immobile, a seguito di un’offerta formale per intimazione.

Il debitore, dopo l’intimazione al creditore, può ottenere dal giudice la nomina di un sequestratario. In questo caso, egli è liberato dal momento in cui ha consegnato al sequestratario la cosa dovuta.

Nonostante la lettera della norma, si ritiene che, ai fini del sequestro, sia sufficiente un’offerta nelle forme d’uso. Il sequestro è valido dopo l’accettazione del creditore o una sentenza passata in giudicato.