CTR Toscana, sez. VI, 08.07.2019 n. 1094


 Svolgimento del processo

Con l’appello parte contribuente, contestata la sentenza impugnata, avanza numerose eccezioni che, in sintesi, si possono ricondurre al difetto di motivazione dell’atto impositivo e, nel merito, al mancato riconoscimento delle agevolazioni ICI prima casa.

Il comune di Vicchio si costituisce in giudizio e in primis contesta l’ammissibilità dell’appello per violazione dell’art. 53 D.Lgs. n. 546 del 1992 e dell’art. 366 n. 3 c.p.c. Nel merito ribadisce la legittimità degli avvisi di accertamento.

Con successiva memoria l’appellante contesta le argomentazioni di controparte.

Motivi della decisione

In primis deve essere valutata l’eccezione di inammissibilità dell’appello sollevata dal comune resistente: l’eccezione a norma dell’art. 53 D.Lgs. n. 546 del 1992 è priva di fondamento, in quanto l’appello espone chiaramente i punti di critica della sentenza impugnata, mentre la eccessiva prolissità, non può essere considerata tale da meritare la censura di inammissibilità dell’appello, al più può essere considerata fastidiosa.

Prima di procedere all’esame del merito della controversia, deve essere valutata la eccezione di carenza di motivazione degli avvisi di accertamento, riproposta in appello. Gli avvisi di accertamento, redatti secondo modalità standardizzate, considerato anche la funzione che assumono, di “provocatio ad opponendum” riportano tutti gli elementi necessari a conoscere la pretesa dell’ente impositore e ad esercitare il diritto alla difesa. Né è dimostrazione la tempestiva proposizione del ricorso introduttivo e la completezza delle argomentazioni difensive rappresentate. Ad abbundantiam, si deve, oltretutto, osservare che nel ricorso introduttivo l’eccezione non è stata proposta. Non è quindi proponibile in questa sede.

La controversia deve essere, pertanto valutata sul merito: vale a dire si deve stabilire se al Signor D. spetta o meno l’agevolazione i ai fini ICI prevista per la casa di abitazione. Vale la pena rammentare che in merito, esiste una linea di demarcazione netta fra la normativa che riguarda l’ICI e l’IMU, linea differenza che è anche illuminante al fine di dare una corretta lettura della presente controversia. Per l’IMU il legislatore ha indicato che i coniugi, ancorché non legalmente separati, possono godere dell’esenzione qualora abbiano residenza e dimora abituale in comuni diversi. L’eventualità non è prevista per l’ICI, ma nella fattispecie, comunque interessa, prima di tutto stabilire se l’abitazione per cui il comune di Vicchio ha emesso gli accertamenti, costituisca o meno, il luogo dove oltre alla residenza, il contribuente ha la dimora abituale.

Intanto, è chiaro, in quanto risulta dagli scritti difensivi, della stessa parte contribuente, che non è l’abitazione di tutto il nucleo familiare, la moglie separata di fatto, ma non legalmente, non abita nell’abitazione di cui sopra. Ma dalle stesse, confuse, difese di parte contribuente non appare certo che lo stesso contribuente abiti prevalentemente nell’abitazione di V. e, risulta proprio dal tentativo di confutare quanto dedotto dal comune in relazione ai consumi, ove ammette chiaramente (dopo averne spiegato gli umani motivi, privi di interesse ai fini fiscali) di non condividere l’abitazione con il coniuge e con il figlio. Dal coniuge non risulta legalmente separato. Pertanto l’agevolazione non spetta, in quanto l’abitazione non è quella dell’intero nucleo familiare. In sostanza l’esenzione (relativa all’ICI) sulla prima casa è applicabile soltanto se il contribuente e i suoi familiari vi dimorano abitualmente, ovvero, detto in altri termini, se quel nucleo familiare “vive effettivamente” in quell’immobile. A contrario, in tutti quei casi in cui non vi e l’unità “in concreto” (la dimora abituale appunto di cui all’articolo 43 cod. civ.) del nucleo familiare, non può essere applicata l’esenzione. Eventuali eccezioni ulteriori debbono intendersi assorbite, l’appello viene respinto con la conseguenza che gli accertamenti risultano legittimi.

Le spese di giudizio, liquidate come da dispositivo seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Respinge l’appello. Condanna l’appellante al rimborso delle spese di questo grado di giudizio che liquida in complessivi Euro 500.

Firenze, il 30 novembre 2018.


 

COMMENTO

Mentre per l’IMU il Legislatore ha indicato che i coniugi, ancorché non legalmente separati, possono godere dell’esenzione qualora abbiano residenza e dimora abituale in comuni diversi (art. 13, comma 2, D.L. 06.12.2011 n. 201, convertito con modificazioni in Legge 22.12.2011 n.214, così come interpretato anche dall’art. 6 della Circolare del Ministero dell’Economia e delle Finanze 18.05.2012 n. 3/D), analoga eventualità non è invece prevista per l’ICI.

La riduzione relativa all’ICI sulla prima casa (art. 8 D.lgs. 30.12.1992 n. 504) è quindi applicabile soltanto se il contribuente e i suoi familiari dimorano abitualmente nell’immobile o, in altri termini, se il nucleo familiare del contribuente “vive effettivamente” in quell’immobile. A contrario, in tutti quei casi in cui non vi è l’unità “in concreto” del nucleo familiare (ossia non ricorrono i requisiti della “dimora abituale” di cui all’art. 43 c.c.), non può essere applicata l’agevolazione.

Sulla base di tali principi, l’appello del contribuente viene respinto, risultando pacifico che l’immobile non fosse la “dimora abituale” dell’intero nucleo familiare (dal momento che la moglie, separata di fatto, anche se non legalmente, non vi risiedeva) e non risultando neppure certo che esso fosse tale per il contribuente.