Commissione Tributaria Provinciale di Salerno, sez. VII, 20.08.2019 n. 2364


Svolgimento del processo – Motivi della decisione

V.A. ha impugnato l’ingiunzione di pagamento della somma di Euro 538,20, notificata da S. s.p.a. il 18.9.2018, a seguito di mancato pagamento della TARSU per l’anno 2012.

Con il primo motivo, il ricorrente ha dedotto l’inammissibiliutà della procedura di esecuzione, in quanto azionata da una società privata, da ritenersi priva del potere di accertamento.

Con il secondo motivo ha rappresentato che l’ingiunzione fiscale ha valore meramente “accertativo” e perciò non consente di iniziare l’esecuzione, se dopo l’iscrizione a ruolo delle somme dovute.

Da ultimo ha dedotto l’illegittimità dell’ingiunzione per mancata allegazione dell’avviso di accertamento ed ha eccepito la prescrizione del credito tributario.

La S. s.p.a., costituitasi in giudizio, ha ribadito la legittimità del proprio operato ed ha chiesto il rigetto del ricorso.

L’impugnazione è infondata.

Il primo motivo è palesemente infondato, atteso che l’ingiunzione di pagamento costituisce l’oggetto dell’incarico di riscossione conferito dall’ente impositore, che può valersi indifferentemente di un soggetto pubblico o privato.

Va disatteso anche il secondo motivo, atteso che l’ingiunzione fiscale è espressione del potere di accertamento e di autotutela della pubblica amministrazione ed ha natura giuridica di atto amministrativo che, cumulando in sé le caratteristiche del titolo esecutivo e del precetto, e legittimando, in caso di mancato pagamento, la riscossione coattiva mediante pignoramento dei beni del debitore, integra un atto liquidatorio e non un nuovo atto impositivo, in quanto si pone a valle dell’avviso di accertamento e non lo sostituisce, con la conseguenza che, una volta che quest’ultimo sia divenuto definitivo, il rapporto giuridico tributario deve considerarsi esaurito (cfr. Cass., Sez. 5 – , Ordinanza n. 10896 del 18/04/2019).

Quanto alla prescrizione, è qui sufficiente fare richiamo all’atto di notifica dell’avviso di accertamento presupposto dell’ingiunzione, che l’interessato risulta aver regolarmente ricevuto in data 29.11.2016, come si evince dalla ricevuta postale: si è pertanto verificato l’effetto interruttivo del termine, con la conseguenza che il termine di prescrizione non è decorso.

Ne consegue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese in favore della controparte, che si liquidano in Euro 300,00, oltre accessori di legge.

P.Q.M.

La Commissione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese in favore della controparte, che liquida in Euro 300,00, oltre accessori di legge.

Salerno, il 8 luglio 2019.


 

COMMENTO

Viene respinto l’assunto di parte ricorrente secondo cui l’ingiunzione fiscale avrebbe valore meramente “accertativo” e non consentirebbe  quindi di iniziare l’esecuzione, se dopo l’iscrizione a ruolo delle somme dovute.

La pronuncia in commento applica l’ormai consolidato principio per cui l’ingiunzione fiscale costituisce espressione del potere di auto-accertamento e di autotutela della Pubblica Amministrazione ed ha natura giuridica di atto amministrativo che cumula in sé le caratteristiche del titolo esecutivo e del precetto e che legittima, in caso di mancato pagamento, la riscossione coattiva mediante pignoramento dei beni del debitore. Essa, pertanto, integra un atto liquidatorio e non già un nuovo atto impositivo, in quanto si pone a valle dell’avviso di accertamento e non lo sostituisce. Di conseguenza, una volta che l’avviso di accertamento sia divenuto definitivo, il rapporto giuridico tributario deve considerarsi esaurito (Cass. civ., sez. V, ord., 18.04.2019 n. 10896. Nel medesimo senso anche Cass. civ., sez. VI-5, ord., 24.05.2017 n. 13132, secondo cui, in tema di ICI, una volta divenuto definitivo l’avviso di accertamento per mancata opposizione, il rapporto giuridico tributario deve considerarsi esaurito, sicché la successiva ingiunzione fiscale non integra un nuovo atto impositivo ma un atto liquidatorio, con conseguente irrilevanza dello “ius superveniens“).

Viene quindi ribadita l’alternatività tra gli strumenti dell’iscrizione a ruolo e della cartella di pagamento (D.P.R. 29.09.1973 n. 602), da un lato, e quello dell’ingiunzione fiscale (R.D. 14.04.1910 n. 639), dall’altro, con conseguente infondatezza dell’assunto di parte ricorrente secondo cui quest’ultima costituirebbe un mero atto accertativo e necessiterebbe della preventiva iscrizione a ruolo, per poter dare luogo all’espropriazione forzata.

La pronuncia in commento, pur non menzionandolo espressamente, fa altresì applicazione dell’art. 4, comma 2-sexies, D.L. 24.09.2002 n. 209, inserito dalla Legge di conversione 22.11.2002 n. 265, secondo cui “I comuni e i concessionari iscritti all’albo di cui all’articolo 53 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, di seguito denominati «concessionari», procedono alla riscossione coattiva delle somme risultanti dall’ingiunzione prevista dal testo unico di cui al regio decreto 14 aprile 1910, n. 639, secondo le disposizioni contenute nel titolo II del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, in quanto compatibili”.

Tale norma rende evidente come l’ingiunzione fiscale costituisca non già un atto di accertamento, bensì un titolo esecutivo per la riscossione coattiva utilizzabile dai Comuni e dai concessionari cd. “minori”, in alternativa al ruolo e alla cartella di pagamento, utilizzabili in via esclusiva dall’Agente nazionale della riscossione (già Equitalia S.p.A., oggi divenuta Agenzia delle entrate riscossione S.p.A.).