Commissione Tributaria Regionale della Sardegna, sez. V, 09.09.2019 n. 480


Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ricorso iscritto al n. 972/2009 del Registro appelli della Commissione la P.C.S.- Gruppo di V.V. impugna la sentenza n. 207/05/2009 del 12 giugno – 17 luglio 2009 della CTP di Cagliari.

La CTP di Cagliari ha respinto il ricorso della P.C.S.-Gruppo di V.V. avverso avviso di accertamento del Comune di Cagliari in materia di ICI per l’anno 2002.

La ricorrente è una ONLUS e sostiene di avere diritto all’esenzione dal tributo di cui si tratta perché destinato allo svolgimento di attività assistenziale.

Il primo Giudice ha ritenuto che l’attività svolta sia attività retribuita e, quindi, non spetti l’esenzione.

La contribuente propone appello per i seguenti motivi: insiste nel sostenere il diritto all’esenzione perché l’attività svolta non avrebbe natura esclusivamente commerciale, ma, al contrario, presenti aspetti di finalità di solidarietà sociale che consentono l’esenzione.

L’appellante richiama anche la circolare ministeriale del 26 gennaio 2009, n. 2, secondo cui si intendono svolte con modalità non esclusivamente commerciali le attività convenzionate o contrattualizzate per le quali sono previste rette nella misura fissata in convenzione…La circolare parla poi di prestazioni non orientate alla realizzazione di profitti.

L’appellante quindi riferisce come le entrate da attività commerciale rappresentino il 19,65% del totale dei ricavi, mentre le attività istituzionali producono l’80,35% dei ricavi.

E’ verificato, pertanto, il requisito della prevalenza dell’attività istituzionale rispetto a quella commerciale.

L’appellante rileva, poi, la netta prevalenza dei soggetti assistiti in convenzione con il Comune di Cagliari, rispetto ai soci utenti.

Conclusivamente, l’appellante chiede che la CTR, in riforma della sentenza impugnata, voglia, in via principale, annullare l’avviso di accertamento in epigrafe e, comunque, dichiarare non assoggettabili ad ICI gli immobili di cui si tratta; in via subordinata, disapplicare le sanzioni; con vittoria di spese e onorari del doppio grado.

Si è costituito con controdeduzioni il Comune di Cagliari che con dovizia di citazioni giurisprudenziali, contesta l’atto d’appello e ne chiede il rigetto, con vittoria di spese de giudizio.

La Commissione ritiene che l’appello non sia meritevole di accoglimento.

La questione dell’assoggettabilità ad I.C.I. degli immobili di proprietà degli Enti religiosi ha costituito oggetto di numerose decisioni tanto della giurisprudenza di merito, quanto di quella di legittimità e anche della Corte di Giustizia UE, che ha individuato un orientamento pressoché unanime, dal quale questa Commissione non intende discostarsi, non rinvenendo ragioni sufficienti.

Per la Corte di cassazione si indicano le sentenze n. 16728 del 2010 In tema d’imposta comunale sugli immobili, deve essere escluso dall’esenzione un fabbricato nel quale un ente religioso svolga un’attività a dimensione Imprenditoriale anche se non prevalente essendo la predetta esenzione prevista in via generale solo per gli immobili destinati direttamente ed in via esclusiva allo svolgimento di determinate attività tra le quali quelle dirette all’esercizio del culto ed alla cura delle anime, alla formazione del clero e dei religiosi, a scopi missionari, alla catechesi e all’educazione cristiana mentre per gli immobili in cui si svolgono attività diverse dalla religione e dal culto è necessario verificare se tali attività, ancorché esercitate da enti religiosi siano svolte per lo scopo istituzionale protetto ai sensi dell’art. 7 primo comma lett. c) del D.Lgs. n. 504 del 1992 nella formulazione anteriore alle modificazioni introdotte dalla L. n. 248 del 2005. (Nella fattispecie l’esenzione è stata esclusa per un fabbricato gestito da un ente religioso destinato a “casa religiosa di ospitalità”), e n. 5041 del 2015, nonché nn. 14225 e 14226 del 2015.

Se pure sussiste il requisito soggettivo, manca il requisito oggettivo, la cui presenza deve essere accertata in concreto, verificando che l’attività cui l’immobile è destinato, pur rientrando tra quelle esenti, non sia svolta con le modalità di un’attività commerciale.

Si veda quanto affermato dalla Corte di cassazione, con la sentenza n. 4502 del 2012: In tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), l’esenzione prevista dall’art. 7, comma primo, lett. i), del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, è subordinata alla compresenza di un requisito oggettivo, rappresentato dallo svolgimento esclusivo nell’immobile di attività di assistenza o di altre attività equiparate, e di un requisito soggettivo, costituito dal diretto svolgimento di tali attività da parte di un ente pubblico o privato che non abbia come oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali (art. 87, comma primo, lett. c), del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, cui il citato art. 7 rinvia). La sussistenza del requisito oggettivo deve essere accertata in concreto, verificando che l’attività cui l’immobile è destinato, pur rientrando tra quelle esenti, non sia svolta con le modalità di un’attività commerciale. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto, In relazione all’attività di gestione da parte dell’INPDAP di immobile di proprietà adibito a casa di soggiorno per anziani, ex-dipendenti pubblici, e loro congiunti, che, pur essendovi un diretto utilizzo dell’immobile da parte dell’ente per lo svolgimento delle proprie funzioni istituzionali di carattere previdenziale e assistenziale, fosse comunque necessario accertare in concreto l’esclusione del carattere commerciale dell’attività, verificando che la retta, pagata dagli ospiti della struttura, non costituisse un contributo inidoneo a coprire, per una parte significativa, i costi effettivi di gestione).

La prova del requisito oggettivo spetta al soggetto che pretende l’applicazione della norma di esenzione dal tributo.

Le attività – latamente assistenziali – svolte dalla Congregazione sono svolte a pagamento da parte degli ospiti o, per gli ospiti in convenzione, da parte del Comune o dell’ente pubblico che assicura il pagamento della retta.

Non può, in ogni caso, attribuirsi rilevanza al fatto che la gestione dei servizi erogati operi in perdita, in quanto l’erogazione di un servizio verso un corrispettivo, quale è la “retta”, costituisce esercizio di una attività commerciale, indipendentemente dal risultato economico della stessa.

Quanto alla domanda di disapplicazione delle sanzioni per oggettiva incertezza delle disposizioni, la Commissione osserva che il potere del giudice tributario di disapplicare le sanzioni sussiste quando la disciplina normativa da applicare si articoli in una pluralità di disposizioni che presentino un contenuto concettualmente difficoltoso per l’incertezza del suo effettivo significato.

Certamente, nel caso di specie, il susseguirsi di interventi legislativi ha portato il legislatore a distinti e anche contrastanti interventi di interpretazione autentica, ma oramai da tempo il problema è stato risolto in giurisprudenza e soprattutto dopo l’intervento del Giudice dell’Unione. Pertanto, anche tale domanda deve essere respinta.

Conclusivamente, l’appello è respinto e la soccombenza comporta la condanna dell’appellante alla rifusione delle spese del grado a favore del Comune di Cagliari, che si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

La Commissione tributaria regionale della Sardegna, quinta sezione, definitivamente pronunciando, respinge l’appello e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata e l’atto impugnato. Condanna parte appellante al pagamento, a favore del Comune di Cagliari, delle spese del giudizio che liquida in Euro 1.500,00.

Così deciso in Cagliari, nella camera di consiglio del 13 luglio 2018.


 

COMMENTO

La pronuncia in commento respinge l’appello di una ONLUS volto ad ottenere, in riforma della sentenza di primo grado, l’annullamento dell’avviso di accertamento ICI notificatole dal Comune di Cagliari. A fondamento della propria richiesta, parte appellante assume di avere diritto all’esenzione dal pagamento dell’ICI ex art. 7, comma 1, lettera i), D.lgs. 30.12.1992 n. 504, in quanto l’immobile assoggettato ad imposizione sarebbe stato utilizzato per lo svolgimento di un’attività assistenziale.

La Commissione Tributaria Regionale della Sardegna respinge l’appello, ritenendo che, per poter fruire dell’esenzione richiesta, sia necessaria la ricorrenza di due presupposti, l’uno soggettivo e l’altro oggettivo.

Nella fattispecie concreta, solo il primo dei predetti requisiti poteva ritenersi integrato, essendo la ONLUS appellante inquadrabile tra i soggetti di cui all’art. 73 (già 87), comma 1, lettera c), del Testo unico delle imposte sui redditi, di cui al D.P.R. 22.12.1986 n. 917 (che comprende “gli enti pubblici e privati diversi dalle società, i trust che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale nonché gli organismi di investimento collettivo del risparmio, residenti nel territorio dello Stato”), norma richiamata dall’art. 7, comma 1, lettera i), D.lgs. 504/1992.

Non viene invece ritenuto sussistente il requisito oggettivo (la cui prova incombe sul contribuente, che invoca l’esenzione), relativo all’esercizio, nell’immobile per il quale l’esenzione viene richiesta, di un’attività assistenziale, e non già commerciale.

L’esercizio di un’attività commerciale non può infatti essere escluso per il solo fatto che la gestione del servizio erogato operi “in perdita”. Al contrario, l’erogazione del servizio verso un corrispettivo (costituito da una “retta”) porta di per sé a concludere per il carattere commerciale, e non già assistenziale, dell’attività esercitata nell’immobile, indipendentemente dal risultato economico della gestione (in termini di utile, pareggio o perdita di bilancio).

La pronuncia in commento si conforma all’indirizzo giurisprudenziale ormai consolidatosi sul punto, in particolare con riferimento agli immobili di proprietà di enti religiosi (si vedano, ex multis, Cass. civ., sez. V, 16.07.2010 n. 16728; Cass. civ., sez. V, ord., 11.11.2011 n. 23584; Cass. civ., sez. V, 13.03.2015 n. 5041; Cass. civ., sez. V, 08.07.2015 n. 14225 e n. 14226; Cass. civ., sez. V, ord., 05.09.2019 n. 22223). Questi ultimi beneficiano di una generale esenzione dal pagamento dell’ICI unicamente per gli immobili di loro proprietà destinati in maniera diretta ed esclusiva allo svolgimento di determinate attività, quali l’esercizio del culto, la cura delle anime, la formazione del clero e dei religiosi, gli scopi missionari, la catechesi e l’educazione cristiana; diversamente, per gli immobili nei quali si svolgano attività diverse dalla religione e dal culto, si rende necessario verificare in concreto se tali attività, ancorché esercitate da enti religiosi, siano svolte per uno scopo istituzionale protetto (con conseguente esenzione dall’ICI) oppure per uno scopo commerciale “di lucro” (con conseguente debenza del tributo).

Analogamente, non spetta l’esenzione dall’ICI per l’esercizio di attività di religione o di culto, quando la presenza in loco degli alloggi dei religiosi sia strumentale allo svolgimento di un’attività didattica avente natura oggettivamente commerciale, perché esercitata dietro il pagamento di una retta, che non si discosti nell’ammontare da quelle di mercato (Cass. civ., sez.VI-5, ord., 03.05.2017 n. 10754).

Analoghi principi sono stati ribaditi anche in riferimento ad enti previdenziali o assistenziali di carattere non religioso. In particolare, è stata esclusa l’esenzione di cui all’art. 7, comma 1, lettera i), D.lgs. 504/1992 in favore di un immobile di proprietà dell’INPDAP adibito a casa di soggiorno per anziani, ex dipendenti pubblici, e loro congiunti: infatti, pur essendovi un diretto utilizzo dell’immobile, da parte dell’ente, per lo svolgimento delle proprie funzioni istituzionali di carattere previdenziale ed assistenziale, restava comunque necessario escludere in concreto il carattere commerciale dell’attività esercitata. Tale esclusione non poteva realizzarsi in presenza del pagamento di una retta pagata dagli ospiti della struttura ed in grado di coprire, almeno per una parte significativa, i costi della gestione (Cass. civ., sez. V, 21.03.2012 n. 4502).

Nella fattispecie presa in esame dalla pronuncia in commento, la presenza di tale orientamento giurisprudenziale ormai univoco porta la Commissione Tributaria Regionale della Sardegna a respingere anche il motivo di appello formulato in via subordinata dalla ONLUS contribuente, volto ad ottenere la disapplicazione delle sanzioni amministrative irrogate. Il potere del giudice tributario di disapplicare le sanzioni non penali previste dalle leggi tributarie (art. 8 D.lgs. 31.12.1992 n. 546) sussiste infatti solo quando la disciplina normativa da applicare si articoli in una pluralità di disposizioni, che presentino un contenuto concettualmente difficoltoso per l’incertezza del suo effettivo significato. Tale situazione non viene ritenuta ravvisabile nel caso di specie, malgrado la successione di interventi legislativi spesso contrastanti, proprio in ragione dell’ormai univoco orientamento giurisprudenziale in materia.

Dott.ssa Cecilia Domenichini

Unicusano-Roma